Il Contest letterario gratuito di prosa e poesia “geltOUb 2020” è promosso dall’Associazione culturale “Meris in Domu”, dal centro culturale “Nai“ e da “Paradigma Nouu – Il caso editore”
Quando le notizie creano pesantezza:
Quando la comunicazione conduce verso il timore:
Quando scrutando una circostanza, finalmente si offre senso all’altra parte della medaglia:
L’Autore in Evoluzione ha il dovere di vibrare emozioni capaci di accendere intelletti annichiliti.
L’autore in evoluzione
“ha cura per ciò che è in luce”
Il contest letterario geltOUb è arrivato alla settima edizione grazie agli AUTORI IN EVOLUZIONE, ligi al diritto-dovere di comunicare la propria bellezza.
Ma cos’è geltOUb? Zose Paperi intervista Giuseppe Carta QUI
Regolamento:
1.Il tema è IL ROVESCIAMENTO, saranno tuttavia gradite le VISIONI, le VISUALI, le PROSPETTIVE costruttive e tutte le dinamiche che risuonano ritmi di liberazione dalle squisite ma precarie consuetudini, facilmente manipolabili dai tiranni interiori ed esteriori, sempre agghindati coi vestiti della Domenica e nuovi soverchiatori di fresche e genuine emozioni.
Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni ed è un Contest gratuito.
2. La sezione è UNICA (Canzoni-Short Story, Poesia e…) e dovrà essere scritta con massimo 35 strofe o 400 parole.
3. Si partecipa inserendo MASSIMO 4 OPERE sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo questo link: Contacaratteri
Le opere senza nome, cognome e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. NON si partecipa via email.
Spiegazioni dettagliate qui: Come si partecipa al Contest
4. Premio: A SCELTA:
- Pubblicazione li un libro cartaceo di massimo 100 pagine by Paradigma Nouu, il CASO EDITORE
- N° 1 copia dell’Antologia di questo Contest, che sarà pubblicata da Il caso editore Paradigma NOUU
- Un fine settimana di soggiorno presso “Arte di Carta” in Sardegna a Sadali, il meraviglioso paese dell’acqua e di San Valentino, nonché BORGO TRA I PIÙ BELLI D’ITALIA!
Sarà premiato il primo classificato.
5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 31 Marzo 2020 a mezzanotte.
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta da DUE GIURIE, una qualificata e l’altra composta da tutti gli Autori partecipanti, che inviando la propria Opera, si aggiudicano il diritto di diventare Autori in Evoluzione e giurati del Contest. I giurati scelgono le 10 opere preferite in ordine di gradimento e alla fine del contest le potranno indicare a questo link: QUI.
Anche alla mail: giuseppecartablog@gmail.com. Non ci si può auto-votare.
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti ad un invio sollecito, senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione nel profilo facebookhttps://www.facebook.com/geltoub/ oppure via mail: giuseppecartablog@gmail.com indicando nell’oggetto “info contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando)
10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove Opere partecipanti alla Gara Letteraria; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.
11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
12. Alla fine del Contest è prevista un ANTOLOGIA dal titolo “ geltOUbando 2020” Tutte le opere pervenute, che a Nostro insindacabile giudizio dovessero risultare meritevoli di pubblicazione, verranno inserite nell’Antologia, che sarà pubblicata da “PARADIGMA NOUU” Il caso editore.
Per partecipare al Contest geltOUB 2020 senza partecipare all’antologia, occorre darne comunicazione entro la scadenza del contest, fissata per il 31 Marzo 2020 (Siamo di maglia larga)
13. Diritti d’autore: Partecipando al concorso, gli autori concedono al blog il diritto di pubblicare la propria Opera all’interno di giuseppecartablog e dell’Antologia. Gli autori, continuano a tenerne la piena titolarità, senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore, concedendo il diritto in maniera non esclusiva.
Si ringrazia OUBLIETTE MAGAZINE
per il supporto organizzativo!
BUONA PARTECIPAZIONE E BUONA LETTURA DELLE OPERE PARTECIPANTI !
Ordina geltOUb di Giuseppe Carta QUI
P.S.
Acquistare i libri di Giuseppe Carta e le antologie degli Autori In Evoluzione,
non è pericoloso per la salute!
CAPOFILA DELLE PRECEDENTI EDIZIONI:
geltOUb 2019
Mattia Tarantino – La maniglia
geltOUb 2018:
Lea de Cristofaro – I Pazzi –
geltOUb 2017:
-
Giancarlo Economo – Lezione di vita
-
Lorena Carta- Antigu coru pitiu.
geltOUb 2016:
-
Simone Colonna – Il triste rugo
-
Massimo Acciai Baggiani – Beyond the years (Ballata dei giorni futuri)
geltOUb 2015:
- Michela Serra – Ragna-tele
- Teresa Meloni –Frammenti di Universo
geltOUb 2014:
-
Mariposa Han – Il libro / e Enrico Scano – Il bianco e il nero
- Sandro Bozzolo in arte “Baltic men“ – Quel che accade in un momento potrebbe non accadere mai
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Accetto il regolamento
Ne usciremo?
Da qui tutto sembra a quadri
Come i quaranta metri in cui vivo.
Quattro mura con le sbarre alle finestre.
Io ogni tanto vorrei metterci il naso
fra quei riquadri
ma ci metto le mani, le braccia,
finché posso.
Non è facile alzarsi da questa sedia
Ci riesco a malapena per andare a letto.
E meno male che me ne hanno data una!
(i miei ex colleghi, facendo una colletta!)
Almeno adesso posso spostarmi dentro casa.
La russa ormai viene solo una volta ogni due giorni.
Ha paura.
Mi porta la spesa. Mi cucina qualcosa.
Mi fa la doccia.
“La doccia NON MI SERVE!” le grido “Tanto non vado da nessuna parte…”
Lei manco mi guarda.
Io torno alle sbarre.
“Su dai signora, che sennò poi ti ferisci”
Ma che ne sa lei delle mie ferite?
Quelle alle gambe manco le sento, non le ho mai sentite.
Ho solo le cicatrici a ricordarmele.
Le ferite, quelle aperte, le ho sul cuore!
Chissà se continueranno ad arrivarmi quei maledetti soldi ,
quattro soldi che manco bastano a campare.
Che poi la maggior parte li do a lei, la Russa.
Almeno lei ha un motivo per andare avanti: i suoi tre figli.
Non è nemmeno russa, è di uno di quei paesi col nome strano, ma non lo ricordo e allora la chiamo la Russa. Prima mi correggeva poi ci si è abituata.
Preferisco non chiamarla col suo nome, ché poi mi ci affeziono e quella se ne torna al paese suo, da suoi figli.
Il marito la picchiava.
Ha lasciato i suoi tre bambini con la sorella ed è scappata qui in Italia, la terra della speranza.
Sogna di portare qui anche loro. Sognava. Ora vorrebbe tornarsene lì, a casa sua, dai suoi figli.
Come farà?
Prima faceva tre lavori diversi, poi hanno chiuso tutto.
Ora ha solo me.
Come faremo?
Guardo la foto del papa che ho sul letto.
Ieri era in TV.
Ha detto di tenere duro, che il Signore ci aiuterà, che siamo tutti nella stessa barca.
Ho spento la TV.
Ma quale barca?
La mia è di 40 mq, una sedia a rotelle e le sbarre alle finestre.
Mi danno 480€ al mese e sono fortunata! Li divido con la Russa.
Francesco non è la stessa barca!
Dici “Pregate e ne usciremo presto”
Si, speriamo di uscirne, ma io non prego!
Non so se voglio sopravvivere al virus.
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Quest’emergenza terribile è triste per tutti.
Ma per alcuni di noi, quelli più deboli, più soli, spesso dipendenti dall’assistenza domiciliare per vivere, è immensamente più triste!
E lo era anche la vita cosiddetta normale, quella precedente ai giorni del coronavirus…
Quanta verità graffiante in queste sconsolate parole, quanti bisogni umani trascurati.
La sfida del futuro è nella solidarietà collettiva e nell’assistenza dello Stato a chi da sempre è stato lasciato troppo solo.
Trovo questa molto bella, perché di forte impatto emotivo e grande impegno civile.
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Accetto il regolamento
-Piagnucolando-
Dal bicchiere
che gocciola sentenze
inequivocabilmente veritiere,
il giudice magnanimo
concede il tempo di un respiro
per nuova ripartenza
d’adesso possibile.
Non è piagnucolando giustizia
che la si ottiene.
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Assolutamente no, perché il pianto è sacro e non va mai sprecato, come l’acqua salvifica che sgorga da una fonte intatta.
Il nostro pianto va dedicato solo alle tragedie ineluttabili.
“Per tutto il resto c’è Mastercard”… come direbbe un noto spot televisivo.
Oppure – molto più realisticamente – c’è la grande forza della coscienza e dell’impegno solidale e collettivo!
Molto bella!! 😍🌸
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Accetto il regolamento
Raccolgo il bucato
Molte cellule morte
alla ricerca del me girovago.
Senza bara,
adagiate fra le fibre.
In una bretella.
In un gancio.
In una macchia di rossetto.
Nel nylon di una calza.
Dentro un taschino.
Toppa di pezza
di una ignobile carezza.
Son qui sbaragliata.
Da che il vento mi sventola a pezzetti.
Vado lucrando vita.
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Pur nella coscienza della disfatta, non ci si deve arrendere mai – perché, come ci insegnano sopravvissute all’incendio di un bosco, dovunque ci sia un frammento anche minuscolo di vita, è da lì che può rinascere e svilupparsi la speranza…
Un chiaro invito a praticare la speranza cosciente.
Bella!! 😍🌸
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Diego Siconolfi
accetto il regolamento
Resto a casa
Io come te vivo di emozioni. Emozioni nuove di cui necessito perché ne sento bisogno.
Ho sempre infranto le regole, ma si arriva sempre ad un punto dove di qualche regola se ne avverte il bisogno. Ed anche io, adesso, #restoacasa .
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Io come te vivo di emozioni. Emozioni nuove di cui necessito perché ne sento bisogno.
Ho sempre infranto le regole, ma si arriva sempre ad un punto dove di qualche regola se ne avverte il bisogno. Ed anche io, adesso, #restoacasa .
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Un caldo e doveroso appello alla responsabilità collettiva nell’emergenza, e al’importanza di adottare regole necessarie al vivere civile – ora e sempre.
Perché non è infrangendo le regole che si diventa liberi e felici, ma solo eliminando ogni pregiudizio e ogni desiderio di prevaricazione.
Bello! ❤️
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Accetto il regolamento
Nacque in una notte buia e tempestosa, Ma questa è evidentemente Una mia fantasia, è nato troppo lontano da qui, non potevo certo essere la.
Piccolissimo, in fondo alla nascita lo siamo tutti, non poteva definirsi carino, non lo era. Forma indefinita, paffuta, costellata di appendici probabilmente inutili, Ma chi sono io per stabilirlo? Di certo è cresciuto rapidamente, molto più di quello che ci saremmo aspettati, Ma è stato nutrito benissimo con il cibo più prelibato per un essere di quella specie: l’ignoranza.
È cibo per le menti attuali. Coltivato con pervicacia da chi ne fa mercimonio, in modo che le tasche si riempiano magicamente senza troppa fatica.
Altro che arare campi, qui Siamo bravissimi ad arare le menti e, al loro interno, fare entrare tonnellate di notizie false, mezze vere, quasi giuste, ma soprattutto tante. Così tante che poi il nostro piccolo elaboratore primitivo, va in crash irreversibile e comincia a sparare minchiate di ogni genere professandole come verità assolute.
Così curiamo ogni cosa con curcuma, zenzero e noce di macadamia, perché l’ha detto Cracco o chi per lui o chi Con lui,” Mangia che ti fa bene! ”
Ma noi beviamo, Ce la beviamo, Perché bere è facile, nutrire l’intelletto meno.
Distrazione di massa alla base delle moderne guerre, niente bombe, niente carri armati ( qui da noi, altrove servono eccome!)
Blaterazioni! come questa, anch’essa vuota e priva di costrutto, perché non vorrei che si pensasse che ho delle idee, sarebbe pericoloso, molto molto, molto molto pericoloso…
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Accetto il regolamento
Il grembo del verso
È la poesia la buona samaritana
che raccoglie i lembi lebbrosi della mia inquietudine.
Che rimuove o affastella il corpo del mio sogno.
Qualche volta vorrei che dio mi si sedesse accanto
e mi leggesse la sua di poesia.
Potrei fargli zappare il cuore stanco.
Con la sua vanga.
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Lungi dall’essere blasfema, questa bellissima lirica è quasi una preghiera.
Un’invocazione a chi in qualche modo ci ha creato – che sia Dio o il Caso non fa differenza – affinché ogni tanto si prenda cura delle sue creature, impegnandosi a render loro la vita un po’ più sopportabile.
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Grazie ancora Donatella Sarchini. Un commento questo che ha stanato le mie più belle emozioni!
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Emanuela Di Caprio – Accetto il regolamento
Scrigni
Scrigni di carta ingiallita dal tempo
sublimano realtà in folli pensieri,
e le ossa pur caduche, già piegate
aspettano invano un sole sterile.
Come un feto in grembo ostile
non so come girarmi, a tratti
apro un occhio sghembo e triste,
sollevo un ciuffo di capelli
e, come in una recita di teatrino
di periferia, fingo una preghiera atea
che non esiste, ma mi consola.
Parole mi assordano adesso
come echi che oltrepassano oceani
di tempo. E sorridi ancora a me
che incredula ero e ancora resto
ferma e attonita di una gioia ormai antica,
mentre tu già hai attraversato trincee
e altri mondi, rimango e aspetto,
conscia del mio sangue raggelato.
E ancora io continuo a raccontarmi
fole e mai sazia di speranza
non rinuncio ad aspettarti
e quasi ti vedo, piccolo laggiù, all’orizzonte,
oppure sei un miraggio
come fatamorgana del deserto.
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L’attesa, quando non è compensata da attività frenetiche, è un peso lento e inesorabile, che schiaccia i giorni a poco a poco.
Eppure, anche in fondo al vaso di Pandora, si è nascosta e tuttora vive la Speranza.
Molto bella!
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Accetto il regolamento
Piovve anche fuori dagli argini,
piovve oltre le ossa
fino a far male alla carne.
Piovve
per tutti i giorni di nodi in gola,
per gli occhi in orbite aride
e piovve sfogliando le pagine di un libro,
leggendone le righe
macchiate di muffa.
Piovve il disgusto scrostato dai giorni
bagnato dal troppo
inzuppato dal niente,
che cadde dalle mani
capovolti i palmi.
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Molto bella, ma anche molto ermetica, e non sono sicura di essere riuscita a penetrarne il profondo significato.
Posso solo esprime una serie di sensazioni che mi evoca….
Lutto, rimpianto, annientamento della coscienza raggomitolata in un angolo dove nemmeno i ricordi giungono a rischiarare il buio.
Un senso di spaesamento totalizzante, al confine tra verità e
paura.
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Accetto il regolamento
-Sulla tua fronte-
Io, le prime rondini
le ho viste formarsi sulla tua fronte,
s’aggrottavano
stendendo ampie ali
nel cielo dei tuoi giorni
fin sotto le tempie,
in stormo,
pronte a migrare per chissà dove.
Entravano in picchiata
tra le nuvole,
sfiorando il noccioleto,
mentre le tue mani
ne stiravano il lungo volo.
Erano rondini, sì,
e lì sulla tua fronte,
ne ho conosciuto il nome,
portavano i tuoi occhi
dove ormai non vedevi,
oltre il filo spinato dei problemi.
Ricordo, sorridevi,
mi prendevi per mano,
insieme
tornavamo a casa,
e formavi un nido
di meraviglia
dentro la pazienza comoda
di un tuo abbraccio,
sotto il tetto delle tue ciglia.
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Solo una madre riesce a nascondere tra una ruga del volto, un tremito di ciglia, una ciocca scomposta dei capelli, le proprie ansie del futuro e gli scompigli dell’animo.
Sa che deve farlo, per non caricare sui figli qualcosa a loro non compete ancora.
Perché una madre non può mai dimenticare d’esser stata figlia, e quello stato di beatitudine incosciente lo rimpiange ancora.
Bellissima!!
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Lo so che è poco poetico come commento, ma porca miseria come sono belli questi versi. Ero lì con te. Non potevo vedere le rughe sulla fronte del volto di tua madre, ma cavolo sei riuscita a farmi percepire tutto il calore del suo amore in quell’abbraccio sotto il tetto delle sue ciglia. Giuro che amo questa tua poesia.
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Diego Siconolfi
accetto il regolamento
Tra bellezza e tragedia
Cira non era immortale come molti dicevano.
Disincantato e sofferente, Milo, con cinico distacco, avvertì che il seme della scrittura stava già germogliando nel suo animo.
Nonostante il dolore fosse stato impetuoso nell’accarezzare questo ricordo, Cira, pesciolino combattente, aveva spronato chi l’aveva profondamente amata a non vivere più nel passato.
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La scrittura può essere un’ottimo strumento di sopravvivenza e di superamento del dolore, ma purtroppo non è uno strumento con cui tutti abbiamo grande familiarità.
Perché la scuola insegna la lettura, ma introduce poco o per nulla all’attività della scrittura creativa.
Bene o male i famosi “temi in classe” sono sempre stati più che altro il sostituto “in carta e penna” di un’interrogazione orale.
In caso di sondaggio per trovare nuove vie all’istruzione voterei senz’altro per l’introduzione della scrittura creativa come materia di studio – perché sono sicura che fornendo a tutti gli strumenti giusti ciascuno potrebbe sviluppare in autonomia le proprie capacità espressive.
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Giancarlo Economo
Accetto il regolamento
Cammino sempre guardando ovunque intorno a me. E in quell’ovunque mi perdo spesso, beato da tutto ciò che mi circonda.
Quando, poi, rientro nel mio corpo, lo confesso, soffro un poco. Troppo breve il tempo in cui ero nell’ovunque, fuori dalla prigione delle mie carni.
Poi, però, mi rendo conto che anche il mio corpo fa parte dell’ovunque e allora mi rallegro.
Il mio ovunque, che poi, forse, è anche il tuo ovunque, il suo, il nostro ovunque.
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È bello e rasserenante sentirsi ogni tanto parte del Tutto.
È un’esperienza che tutti dovremmo provare, perché aiuta sicuramente a vivere meglio!
Una narrazione che più che un racconto è un mantra interiore, una preghiera rivolta a se stessi.
Mi piace molto! 😀🌸
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Giancarlo Economo
Accetto il regolamento
Il grande padre Oceano
Il sole al tramonto incipriava sparute nuvole, pronto a tuffarsi nelle acque all’orizzonte.
Lei passeggiava accanto a me, distrattamente, tentando di mascherare il suo imbarazzo.
Nella nostra vita ci troviamo a percorrere tratti di strada insieme ad altre anime. E quel percorrere è una forma di dialogo che, anche se silente, è molto più coinvolgente di ogni parola pronunciata.
Rallentai il passo, mentre lei continuò per un breve tratto, poi, voltandosi, mi guardò perplessa.
La risacca si fece sentire: “Stringila forte” sussurrava il grande padre. Ascoltai il suo consiglio.
Dapprima si irrigidì, poi si lasciò cingere.
“Lasciati andare. Non ti ho mai giudicata”.
“Come fai a starmi ancora vicino quando ti ho mollato per strada?”.
“Ma ora sei qui. Sfogati, vedrai che starai meglio”.
Ci sedemmo su una panchina proprio quando il sole, immergendosi nelle acque, tingeva di oro e rosso il cielo e di madreperla il mare.
Presi le sue mani e, dopo un momento di profondo silenzio, iniziò a parlare.
“Ho sempre avuto intorno a me gente che mi diceva che strada dovessi prendere. Non erano consigli ma ordini. Mi sentivo soffocata da tutte quelle parole che mi toglievano ogni volontà. E’ per questo che ti ho mollato. Ero condizionata e, in parte, lo sono ancora. Vorrei ribellarmi, ma ho tanta paura”.
“Ti sei accorta che anche ora avevi allungato il passo, ma poi ti sei fermata per voltarti indietro? Tu stavi camminando più velocemente condizionata dai famosi “ordini” che loro ti avevano imposto come consigli. Ognuno di noi ha un suo modo di andare e questo determina sia il legame esistente tra due persone che passeggiano insieme che la vera natura della persona stessa.
Nel momento in cui ti sei liberata di quelle catene è venuto fuori il tuo vero modo di procedere.
Sì, perché il cammino inteso sia come percorso di vita che come cammino vero e proprio alla fine ci pone sempre di fronte a noi stessi”.
Mi fissò stranita per qualche secondo, poi respirò a fondo, quasi a voler riempire l’anima con quell’aria balsamica come antidoto contro i veleni accumulati negli anni.
Quando si voltò, il suo viso, alla luce flebile di un lampione, era straordinariamente rilassato. Mi abbracciò adagiando la testa sulla spalla. Ero al settimo cielo, soprattutto per lei che finalmente aveva varcato quella soglia.
E mentre eravamo così, stretti come un unico essere:
“Buona evoluzione anime mie!”.
Il grande padre Oceano.
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Il mare prende, il mare dà.
Le onde vanno e vengono nel nostro intimo; a volte approdano felici sulla sabbia accogliente e dorata, a volte invece s’infrangono con forza contro la resistenza pietrificata degli scogli a riva.
Noi siamo barca ma siamo anche tempesta, e nessuno di noi conosce mai abbastanza a fondo il proprio cuore… 😍😍
Un bel racconto, con un finale di grande speranza che mi piace!
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Qui però l’oceano, il mare ha una parte più di sottofondo, diventa la voce della coscienza. Il racconto parla di un passo importante verso l’evoluzione, una liberazione verso la scelta della propria strada e non di quella che ci viene imposta attraverso consigli che poi divengono praticamente ordini e che noi non siamo in grado di contestare per evitare di entrare in contrasto con persone che per vari motivi fanno parte del nostro entourage familiare, di lavoro o di amici. Il tema del racconto è questa liberazione.
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Certamente, Giancarlo!
Ma i protagonisti si sarebbero riconciliati tra loro e con la storia, e il racconto avrebbe avuto lo stesso impatto emotivo, se non ci fosse stato il mare a fare da catalizzatore? 😉😍😍
Ai posteri l’ardua sentenza…
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Donatella, quando l’evoluzione bussa, non puoi fare nulla se non evolvere. A volte nemmeno te ne accorgi. A volte ti scombussola tutto. Qui lei fa un passo avanti. Si libera delle catene del giudizio altrui e lo fa quasi senza rendersene conto, almeno lì per lì. E la riconciliazione è il frutto di quest’evoluzione, logicamente. Se lei non si fosse ribellata tutto sarebbe rimasto come prima. E l’oceano che funzione ha in tutto ciò? Se l’evoluzione quando bussa non puoi fare nulla? Chissà, magari è solo un contorno magico. O fosse la voce della coscienza? Ma questo non sta a me dirlo!
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Accetto il regolamento
Ora potevano stare in piazza
Ora potevano guardare i loro amici
Ora erano sullo stesso livello
Ora respiravano aria pulita
Ora tutti ridevano e cantavano
Ora tutti portavano le loro donne in piazza
Ora up mani e Donne erano uguali
Ora tutti portavano i loro figli in piazza
Ora il dittatore non c’era ora c’era l’amore
Ora tutti cantavano l’Inno della l’Iberta’
L’Inno della democrazia per tutti e tutto il mondo
Ora il popolo era libero e uguale a tutti i popoli.
Ora il dittatore bruciava all’Inferno, mentre
Il popolo risorto seminò il seme dell’Aliberta’
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Se per “il dittatore” intendi il virus, sinceramente dubito che voglia tornarsene stabilmente all’inferno… temo che dovremo in qualche modo conviverci a lungo, anche se in maniera molto meno conflittuale, anche quando avranno individuato una cura e/o un vaccino.
Se invece per “il dittatore” intendi il modo di vivere sbagliato che l’umanità intera ha sviluppato nel corso dei secoli e portato al parossismo in questi ultimi decenni, allora sì, certo che possiamo farci qualcosa, visto che dipende soltanto da noi, e non da un virus mutante che evolve in completa autonomia.
In tal caso la lirica diventerebbe un inno concreto al desiderio di cambiamento, e in quanto tale me gusterebbe mucho!
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Accetto il regolamento
L’ho incontrata in Egitto, ove la terra e’ arancione,
orfana d’erba,vecchia come l’antica
Galassia.
Mi diede appuntamento tra le rovine faraoniche ove ogni roccia e galleria nascondono tesori immensi che condividono con tutti.
L’ho vista in volto ,aveva più’ di quaranta mila anni ma ne mostrava venti.
Com’era belle, bellissima seduta su tutto l’oro Egizio.
Sono stato fortunato,l’ho incontrata dove dorme l’arte.
Se si trattiene il sospiro si sentano gli scalpellini,qui dato da mano maestra che cantano nel scolpire e decorano il marmo antico,dandogli forme umane e animale mai visti.
Oggi conosciamo ancora poco del tesoro Egiziano: il futuro ci riserverà’ altri tesori nascosti.
Oggi ho calcato questa terra ricca di storia.
Ho rubato un pugno di sabbia antica nascosta in una tasca moderna per regalarla
ai giovani d’oggi senza arte.
Grazie antichi maestri Egizi.
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Il Museo Egizio di Torino è un luogo in cui immergersi per una giornata intera.
Questo tuo racconto appassionato mi ha fatto improvvisamente ricordare visita full-immersion indimenticabile!
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Diego Siconolfi
accetto il regolamento
Self-talk
“Stimola ed allarga i tuoi orizzonti, liberati dalle banali consuetudini degli uomini soggiogati dai forti che si nutrono di liquide paure.
Quella che ti sembra l’apocalisse in realtà può essere la tua unica opportunità.
La dura verità è che i sogni ti terrorizzano.
C’è sicurezza nella tua piatta e grigia vita,
in realtà, l ‘hai sempre cercata.
Niente ti ha impedito di realizzare i tuoi sogni, ma solo le tue paure e le tue continue scuse.
Benedici questo terrore, ascolta questo silenzio.
Allarga la visuale e trova la verità nei tuoi desideri.
Fallo adesso prima che i tuoi sogni svaniscano per sempre.”
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Come dire: “carpe diem!”
Prima che sia troppo tardi, prima che la paura paralizzi il corpo e la mente.
Ma, come dice il protagonista del film “L’attimo fuggente”, oggi è già domani, e non si deve mai rimandare nulla per pigrizia, paura o indifferenza.
Perché il nostro peggiore tiranno è il Tempo, e lui non aspetta.
Bella.
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Accetto il regolamento
-Tulipani-
Il primo ha anticipato i tempi,
abbagliato maggiormente da qualche raggio solare
o forse avido nel catturare qualche goccia d’acqua in più.
Gli altri?
Gli altri attendono giorni migliori,
forse come me.
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Sono d’accordo con te: è meglio non aver mai e fretta, perché la fretta è nemica di tutte le cose fatte bene…
E per fare da apripista bisogna sempre avere, oltre che indubbie doti, anche un grande spirito di sacrificio – e spesso anche una buona dose di fortuna.
Una lirica molto breve, ma intensa – carica di autocoscienza Zen.
Bella!
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Grazie!
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il silenzio che segue al grido
distacco allenato addio dedicato
non può essere tutto, indifferenti
balconi ferragosti tramonti
di Aperol Spritz
Accetto il regolamento
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Il tramonto improvviso, con uno strappo secco, della società dell’apericena – incredula dell’abito che cade a terra nel momento di uno spogliarello tanto involontario quanto indesiderato.
I volti increduli, i calici ancora a metà, congelati nel gesto di fuggire all’istante dimenticandosi di salutare.
Molto triste e vera, purtroppo.
Soprattutto per la narrazione dell’incoscienza collettiva.
Bella! 😀🌸
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Accetto il regolamento
-Fatalità-
Mentre privati di memoria trasversale
tramite una evitabile e prevista calamità
la storia si ripete,
è arrivato il momento di fiorire.
Qualcuno afferma che è troppo presto
altri ormai ch’è tardi per aprire gli occhi.
Intollerabili e corrotte soglie cerebrali
innestate con impassibilità
da candide vite nutrite di buio colorato,
senza formalismi e impreparate all’alienante deriva ultima,
sbocciano in recipienti immuni alle possibilità
o catapultano radici e il proprio letame preferito
in respiri conosciuti,
audaci felicità di supposte semplicità
afferrabili
vagabondando salvezze
non apprezzate dall’imperante indolenza.
Altri nel mentre
forse più fortunati chiudono gli occhi,
taluno asserisce per sempre
talaltro narra di cerchi e di spirali,
sospiro nascente
sorridendo vitali coscienze.
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Consapevolezza proattiva versus incoscienza cieca e sterile… tha’s the real problem!
La battaglia tra le opposte fazioni di pensiero è aspra e selvaggia, senza esclusioni di colpi in divenire.
Siamo tutti aggrappati al filo delle nostre comunità sociali, come una pianta è aggrappata con le proprie radici al terreno che la nutre e, quanto più profonde sono le radici, tanto più difficile sarà che grazie a un colpo di vento appena più forte del normale la piantina metta le ali e prenda il volo.
Ma la coscienza in fondo cos’è, se non la capacità di volare con le nostre ali e di insegnare anche agli altri, purché lo desiderino, a volare?
Molto bella, incandescente e vitale!
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-Incartami in un abbraccio-
Sono una cartamodella.
Nel senso che mi aggiro in un mio mondo di carta.
Incarto parole e sogni.
Confeziono promesse che non mantengo.
Perché dovrei?
Se la vita è solo una cartiera!
Difatti
fumo sigarette di carta.
Pago tasse di carta.
Prendo multe di carta.
Leggo e scrivo su carta.
Un giorno finiro’ perfino affissa al muro
su un dozzinale pezzo di carta.
Sono la polverosa libraia di me stessa.
Bulimica di pagine illusorie.
Sono l’ editore della mia stessa anima,
del mio cartaceo ego.
Mi trucco di parole contenziose.
Sorseggio storie improbabili e stolte.
Metto bigodini pur essi di carta.
Indosso vestiti di velina,
rischiando lo strappo.
Ho occhi secchi di cartacrespa.
Sto silenziosa.
nell’ imballaggio ligneo della mia vita.
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Una bellissima metafora di questi tempi artificiali e provvisori. Mai la caducità delle cose umane è stata così prepotentemente evidente come nella nostra epoca che vive di immagini del marketing, di consumi compulsivi e di icone di falsi profeti, che adesso si chiamano “influencer”.
Specialmente la chiusa, più amara che ironica, mi piace molto, perché esprime una presa di coscienza priva di autoinganni, definitiva e sincera, da cui nessuno può chiamarsi fuori – a meno di spogliarsi di tutto, come San Francesco.
Un’analisi che non fa sconti a nessuno e che chiede ai lettori di confutare la tesi scritta tra le righe.
Davvero molto bella!
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Grazie Donatella Sarchini, le tue parole fomentano il mio stupore, la mia ammirazione per te.
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Donatella è un nostro tesoro. In evoluzione!
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Grazie di cuore, Giuseppe!
Il mio desiderio di evoluzione è grande assai, e spero sempre che il mio cammino verso di essa sia adeguato!
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Grazie mille, Antonietta!
Anch’io ammiro molto la tua capacità lirica, così sincera e penetrante!
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Molto bella
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Maria Teresa Dotti, hai in cuore poesie molto belle! Grazie di esplicitarle.
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Grazie Maria Teresa Dotti!
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-Ti penso-
Ti penso,
mentre sfilano cucchiaiate di mostri.
Non giu’ in cantina,
ma su uno schermo
Hanno messo su l’anima di cemento.
Mentre Il cuore e’ rimasto giù nell’attico.
L’ ascensore è carico di germi.
Due sconosciuti di lì a poco nel film si baceranno.
Per disperazione!
Non temono il contagio della tristezza come al tempo della peste.
Anzi!
Si sentono al sicuro.
Restano avvolti nella loro mascherina di cachemire
a fare la quarantena in un sogno di polistirolo.
Ti penso,
mentre mi rilasso sul divano.
Nel gioco solitario dell’inventarti.
Il virus sonnecchia in me.
Piccolo e subdolo.
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Inafferrabile e misteriosa come il nemico invisibile che ci minaccia dal suo nascondiglio buio, ma al tempo stesso vitale e luminosa anche nella disperazione, come l’amore ai tempi del colera.
L’isolamento del corpo diventa prigione dell’anima, ma l’anima ha infinite risorse per spiccare il volo e continuare a volare.
Molto bella!! 😀😀🌸🌸
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La tua lettura amplia i confini del testo, travalica la parola concreta e approda al lido del profondo.
Grazie Donatella Sarchini.
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Wow!
Grazie, Antonietta! ❤️
Sono molto felice di esser riuscita a cogliere in pieno il tuo intimo sentire!
Un abbraccio! 😍🌸
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SOGNO O SON DESTA
Cammino,
per fitti boschi
dove ogni rumore
m’incute paura.
Attraverso ripidi sentieri
fatti di rami spinosi
e siepi sempreverdi.
Sento da lontano
lo scorrere
di un ruscello,
una sorgente
di acqua viva.
Affretto il passo,
odo il bubolar
del gufo,
qualcuno, da lontano,
mi segue.
La paura mi sorprende!
Uno sparviero
vola su di me,
mi chino,
abbasso la testa,
una tartaruga
quatta, quatta,
mi blocca il cammino,
mi fermo…
II respiro
diventa affannoso,
la paura è incalzante,
mi perdo…
Ricomincio a correre.
Una volpe rossiccia
schizza come una saetta
da una cavità.
Che angoscia, che brividi!
Mi accascio per terra…
E’ la fine, sono spacciata!
Drin… drin… drin…
Il trillo della sveglia….
Sogno o son desta?
Quella sveglia
che ho sempre odiato,
mai come allora
ho tanto amato.
Che incubo!!!
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Una bella lirica che ha l’atmosfera di una fiaba, in cui la Natura selvatica è percepita come un’entità pericolosa, pronta a colpire all’improvviso emergendo dagli angoli più reconditi del bosco.
Ma, come per gli incubi che tutti abbiamo sperimentato nell’infanzia, il lieto fine è assicurato dallo svanire del sogno, che al risveglio evapora come una bolla di sapone.
Ne emerge un senso di fiducia nelle certezze concrete della realtà quotidiana, che si oppone al timore delle forze oscure e incontrollabili che potrebbero inconsciamente albergare nell’animo.
È molto interessante dal punto di vista delle dinamiche sogno/realtà, perché mentre gran parte delle persone tende a fuggire la realtà rifugiandosi nei sogni, qui si dipinge la realtà come rifugio salvifico dalle proprie pulsioni imprevedibili dell’animo. 😀🌸
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Donatella Sarchini ti ringrazio per avere commentato la mia lirica ed averla apprezzata. I sogni non sono altro che il riflesso dei nostri pensieri e in essi riversiamo preoccupazioni grandi e piccole, ma per fortuna anche le gioie e le nostre fantasie. Un caro abbraccio!
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Un caro abbraccio anche a te, Grazia! Buona giornata!! 😍🌸
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MOLECOLE NELLA BUFERA
Sembra tutto così
finto e confuso.
Ma credere alla finzione
non è mai salvifico.
Protagonisti
contro la nostra volontà
di un film dove siamo noi gli attori
a scrivere la trama
un giorno dopo l’altro,
come molecole di un gas
che lentamente si espande nell’ambiente.
Molecole malate
dai colori cangianti
per non riconoscerci negli altri
nei meno fortunati che soccombono
a questa impalpabile
e silenziosa furia.
Non sappiamo più leggere il futuro
neanche nei fondi di caffè
perché il caffè rifiuta
di farsi tramite dell’incoscienza.
Alziamo gli occhi
e puntiamoli
contro lo specchio opaco
della nostra incapacità congenita
a gestire al meglio
l’emergenza.
Ancora una volta sarà il caso
a decidere tra la vita e la morte,
e la sopravvivenza
chissà
se riuscirà a insegnare
a chi resta
qualcosa di utile e di nuovo.
(Donatella Sarchini – 15 marzo 2020 – accetto il regolamento)
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SPEZZARE LE CATENE
La ribellione
è un movimento lento
rapido e coerente
come l’operosità
delle formiche.
Discende dalla collina
come un fiume d’erba
che ancora non ha incontrato
il piede vandalo.
Orgogliosa veleggia
contro la volontà del tempo,
che consuma i ricordi
nel mare tiepido
delle nostre più amate fantasie,
per impedir loro di svanire al sole
di una prassi usata
che non ci appartiene,
ma di cui siamo
inconsapevolmente schiavi.
Rompere le catene
comporta coraggio
e dedizione,
e una forza erculea
per sostenere le conseguenze
dell’emarginazione,
per schivare le pietre
di chi invece
si tiene ben strette alla caviglia
le catene,
perché sa che forse
– e nemmeno tanto in fondo-
gli conviene.
Donatella Sarchini
(accetto il regolamento)
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Si! Dedicare energie al timore dell’emarginazione è la prima catena da sciogliere. Energia da dedicare proprio a coloro che hanno bisogno proprio di quel segmento di coscienza, testardamente rifiutato dalla propria parte oscura, che tale vuol restare.
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Hai fatto bingo, Giuseppe!
E’ esattamente ciò che ho desiderato significare.
Grazie mille!
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Bravissima, ecco la ribellione che scende come fiume d’erba, giovane, ben radicata
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Grazie mille, Maria Teresa!
La ribellione è una Dea salvifica, quando procede verso la libertà!
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Accetto il regolamento – PEZZETTI DI CARTA
Dalla cucina, incuranti della caffettiera che borbottava,
proveniva un piacevole aroma di caffè. Silvia, con addosso solo
delle mutandine bianche, era intenta a rovistare nell’armadio
per scegliere i vestiti migliori con cui affrontare la
giornata. Max era ancora sdraiato nel lettone, avvolto dalle
lenzuola vintage. Allungò il braccio verso il comodino per
prendere una penna e la sua agenda. Strappò un foglietto. Era
solito scriverle dei pensierini in dei pezzetti di carta:
“Osservare in silenzio l’inizio della tua giornata, ammirarti
senza dire una parola”. Vasco Rossi dalle frequenze di Radio
Italia SoloMusicaItaliana cantava “Ridere di te”.
Max, qualche ora dopo, passeggiava per le vie del quartiere
multietnico in cui adorava perdersi. In quella tarda mattinata,
tra i profumi dei pranzi che dalle cucine si riversavano in
strada, il tragitto prevedeva: il negozio di alimentari, la
vecchia libreria dell’usato e la bottega delle erbe. Girato
l’ultimo angolo di quelle viuzze, si ritrovò l’arma del suo
assassino puntata in pieno volto.
Per accompagnare la frittura di sardine un vino bianco
eccezionale, un Vermentino, souvenir delle vacanze estive
trascorse in Gallura con Milena. Il telefono squillò, proprio
mentre Malatesta si sedeva a tavola pronto per quella
prelibatezza da gustare. Era il commissario Di Gennaro, uno dei
pochi contatti salvati nella rubrica del suo vecchio cellulare
antiquato. Decise di invitarlo a cena.
I due formavano un’insolita coppia di investigatori:
anarchico il primo, sbirro il secondo. In passato avevano
risolto in maniera impeccabile due casi spinosi. Quello di
Ilenia e Adnan, crivellati dai fascisti, e l’indagine su
Toffolo, ucciso dai Mastella.
Cercava di combattere i poteri forti dall’interno, non temeva
lo scontro con i superiori o con i vertici corrotti.
Disprezzava l’ignoranza voluta e ricercata di molti colleghi, e
poi tutto quel razzismo, maschilismo, servilismo. Una lotta
quotidiana. Questo era Di Gennaro, un uomo che aveva battezzato
il suo gatto Cortázar. Stesso nome dello scrittore argentino
ideatore del glíglico, un idioma giocoso: “Appena lui le
amalava il noema…”. Quel batuffolone di peli grigi sembrava
andarne fiero, e anche Di Gennaro per aver scelto quel nome.
Silvia, con le lacrime che scendevano dagli occhi gonfi e
arrossati, riempiva un piccolo zaino di poche cose essenziali:
un’agenda color vinaccia, il cui contenuto ormai era noto solo a lei, e i numerosi foglietti volanti che lui le scriveva. Un sorriso illuminò
il suo volto, accompagnato subito da diverse lacrime: “è bello baciarti anche i piedi”.
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Accetto il regolamento
-Non è come prima-
Non è come prima, la mia poesia.
Prima che conoscesse
il freddo dell’inverno.
Prima che scordasse,
che d’indaco
si tingono le viole.
Quando,
delle rose,
le bacche
han preso il posto
e il cuore è prigioniero
di una scorza dura.
M’ha graffiato di spine questa poesia…
che del pruno
ha scordato i fiori.
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Versi molto belli, che tagliano come una lama.
La tristezza e il rimpianto sembrano aver messo a dormire ogni speranza.
Ma non tutto è perduto, perché anche, se diversa da prima, la Poesia esiste ancora – ed è su quella che bisogna far leva per rinascere! ❤️
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—Accetto il regolamento—
Su testamentu de unu bagamundu lìeru.
Candu mi mòrgiu
una cosa bollu chi fatzeis
is òrganus bogheimindi
a is bius ddus arregaleis.
Chen”e bara, imboddicheis,
in-d-unu sudàriu is arrestus mius.
In su fogu ghetaiminci
po chi torri cinixu e pruini,
a sut”e unu chercu nou interraiminci.
Po chi a dii e noti, cun basca e frius
una mùsica m’acumpangit su sonnu
ci fetzant pillonis unu niu.
Unu epitàfiu apicau ponei:
“Innoi unu sardu si pàsiat, no prangei
Chi no si fiat mortu, si fiat biu”.
—
Il testamento di un vagabondo libero.
Quando morirò
voglio che facciate una cosa
portatemi via gli organi
e regalateli ai vivi.
Avvolgete i miei resti
in un sudario, senza bara.
Buttatemi nel fuoco,
perché diventi cenere e polvere,
interratemi sotto una nuova quercia.
Affinché giorno e notte, col caldo e col freddo
una musica accompagni il mio sonno,
facciano un nido gli uccelli.
Appendete un epitaffio:
“Qui un sardo si riposa, non piangete
Se non fosse morto, si sarebbe fatto vivo”
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Il profondo desiderio di ritornare alla natura vivendo nuove vite nel corpo di altre vite.
E’ una scelta civile e generosa, di amore verso il prossimo e di intimo ricongiungimento panico nel Tutto.
Mi piace davvero molto, compresa la chiusa dolcemente ironica dedicata ai posteri.
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Molto bella!! 😀🌸
Un testamento spirituale che esprime il desiderio intimo e potente di un ricongiungimento universale con la Natura.
Perché in quanto esseri umani siamo anche noi parte del tutto, e al tutto è doveroso ritornare, quando il cerchio si chiude.
È questa la vera vita eterna, e chi ama la Natura lo sa nel profondo del proprio essere, senza che nessuno abbia mai dovuto insegnarglielo.
La chiusa dal tono disincantato, così leggera e ironica, è un gioiello di semplicità e serenità d’animo, ma anche un accorato appello a chi resta, affinché prenda in mano il testimone e si impegni a correre la vita come un’umana staffetta.
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Grazie Donatella, come al solito hai centrato il senso profondo: spiritualità naturale essenziale.
Tutto il resto è orpello inutile buono per il business e per farci vivere di frustrazioni fino a quel giorno… e anche oltre.
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Accetto il regolamento
Grazie.
Siamo un errore,
perché vogliamo essere giusti.
Giusti perché l’errore/orrore c’è.
Flessibili morbidi
o duri e implacabili.
Solo così il vento non ci spezza.
Vorremmo esistere,
ma in realtà resistiamo.
Si vive oggi
del solo che si farà domani.
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Una disincantata sintesi del modo incosciente e precario con cui l’umanità è solita affrontare la vita, limitandosi a “lasciarsi vivere addosso”.
Riuscire a creare una diffusa coscienza collettiva di ciò sarebbe già un gran passo!
Bella! 😀🌸
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