Contest letterario web gratuito SANTANDER CI RIUSCIRÀ
– Per essere felici, è cosa buona e giusta dedicarsi a circostanze promotrici di felicità–
Il Contest letterario gratuito –SANTANDER CI RIUSCIRÀ– è promosso dall’associazione culturale “Meris in Domu” e dal centro culturale NAI.
“Non gradiva essere seccato da sorrisi inutili e transitori, figuriamoci l’orticaria che qualsiasi sentore di umana lamentela gli provocava!”
da
il Romanzo non Romanzo di Giuseppe Carta,
nato per offrire SPIRAGLI COMUNICATIVI.
La stratificata trama dovrà essere sezionata dai sospiri e dai respiri necessari alla sua decifrazione.
ordinalo QUI
La propensione alla felicità deve essere indirizzata con precisione, pena l’infertilità vitale, concetto da scartare se non si vuole fare ritorno verso la patria di tutte le scuse, appunto la sterile lamentela.
Contest parallelo Double Face
È la capacità di immergersi e fruire delle Opere in Contest, raccontando in lirica compassione la propria esperienza di lettura.
Il Commento più “IMMERSO” vincerà una copia dell’antologia successiva al Contest!
Regolamento:
1.Il tema è libero ma saranno particolarmente graditi i versi che sottendono le direttrici della maturazione, quelli che introducono alla trasformazione della visuale, tutte le parole che l’imperante PENSIERO UNICO vorrebbe negare all’umanità. Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni ed è un Contest gratuito.
2. La sezione è UNICA (Canzoni-Short Story, Poesia e ….) e dovrà essere scritta con massimo 30 strofe o 600 parole.
3. Si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo questo link: Contacaratteri
Le opere senza nome, cognome e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email, ma nel modo sopra indicato all’inizio del punto 3.
Spiegazioni dettagliate qui: Come si partecipa al Contest
4. Premio: A SCELTA:
- Pubblicazione di un testo di massimo 100 pagine. By Paradigma Nouu, il CASO EDITORE
- N° 1 copia dell’Antologia di questo Contest, che sarà pubblicata da IL CASO EDITORE Paradigma NOUU
- Un fine settimana di soggiorno BnB presso “Arte di Carta” in Sardegna a Sadali, il fantastico paese dell’acqua, nominato tra i più bei borghi d’Italia.
Sarà premiato il primo classificato.
5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 24 Dicembre 2018 a mezzanotte.
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta dagli autori che inviano la propria Opera in questo Contest. Gli Autori in Evoluzione alla fine del contestdiventano GIURATI IN VALUTAZIONE, scelgono le 5 operefavorite le elencano in ordine di preferenza .
Le potranno indicare in questo link: QUI. e anche alla mail:giuseppecartablog@gmail.com. Non ci si può auto-votare.
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti ad un invio sollecito, senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione nel profilohttps://www.facebook.com/lamoraledisantander/ oppure via mail giuseppecartablog@gmail.com indicando nell’oggetto “info contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando)
10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email le Opere partecipanti alla Gara Letteraria. Troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.
11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
12. Alla fine del Contest è prevista una raccolta ANTOLOGICA. Tutte le opere pervenute, che a Nostro insindacabile giudizio dovessero risultare meritevoli di pubblicazione, verranno inserite nell’Antologia, che sarà pubblicata da “PARADIGMA NOUU” -Il caso editore-.
Per partecipare al Contest SANTANDER CI RIUSCIRÀ, senza partecipare all’antologia, occorre darne comunicazione entro la scadenza del contest, fissata per il 24 Dicembre 2018 a mezzanotte.
13. Diritti d’autore: Partecipando al concorso, gli autori concedono al blog il diritto di pubblicare la propria Opera all’interno di giuseppecartablog e dell’Antologia. Gli autori, continuano a tenerne la piena titolarità, senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore, concedendo il diritto in maniera non esclusiva.
Si ringrazia OUBLIETTE MAGAZINE per il supporto organizzativo!
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Ancora ti vedo ACCETTO IL REGOLAMENTO
Ancora ti vedo, ti inseguo, ti saluto
in silenzio, portandomi dentro
per sempre il tuo volto di maschio,
ragazzo ormai perso, nei mille recessi
nascosti delle nostre giovinezze.
Ma già io ti amavo e ti pensavo,
così com’eri ti cercavo, nei baratri
dell’inconscio perverso, nelle foibe
paurose della mente esistevi
e non lo sapevo, t’amavo, ti costruivo
e, solo al di là dei tempi, concedesti
di mostrarti all’improvviso.
Questo fato burlone ed irridente
commise la sua beffa più malvagia,
ci avvicinò in un tempo ormai adulto e subito
ti riconobbi, eri tu, angelo dei miei sogni,
arrivato in ritardo, su un convoglio pigro
e lento, dopo una vita di ponti e paesi
e gente a milioni, un treno arrivato sbuffando
all’ultima stazione e tra lo stridore di freni
sostasti già stanco. Eccoti, pavido e silenzioso
scendesti curioso nella mia anima, ritrovato
per un attimo e subito dopo perso per sempre,
beffardo il destino, nell’ultima ora del viaggio,
un raggio, un sorriso già immaginato
è qui all’improvviso, dolce, indeciso,
per poi sparire per sempre.
Emanuela Di Caprio
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Bella questa poesia, di una bellezza iridescente. Col pathos dell’ispirazione essa mostra nitido il lavorio dell’inconscio a cesellar figure. Poi accade che tali costruzioni prendono forma quando
l’ospite del cuore è troppo stanco e provato. Eppure questo amore tanto atteso, come un pellegrino, entra di nuovo timoroso e sosta per un fugace ristoro, lasciando sconcerto in quel sogno sedimentato e qualche tenue bagliore.
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Grazie
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L’amore perfetto è solo l’amore immaginato.
Bisogna accettare l’imperfezione in profondità per poter risslire in superficie e riuscire ad amare davvero…
Molto interessante, riflessiva e possibilista. Mi piace! 😀🌸
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Non è immaginato è successo davvero, è una esperienza personale! Grazie Donatella Sarchini!
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Mi sono commossa molto.
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Grazie cara!
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C’è chi vive mille vite, indossandole come abiti da provare, stropicciare, consumare, o semplicemente mostrare, per poi sentirsi perennemente nudo e trasparente nella propria indomita ed incompresa essenza. Ah, la sensazione di specchiare la nostra anima in un pozzo di energia rigenerante, il lago degli occhi dell’amato, innanzi al quale ogni veste è un inutile orpello da gettare in quanto velo alla nostra innata e più profonda bellezza. Avere la fortuna di provare la sensazione di sentirsi due ed uno ed infinita energia, foss’anche per un attimo. Sentiti privilegiata e serba nel tuo cuore il profumo di quella perfezione che è eterna proprio perché così profondamente toccante e nulla mai la potrà cancellare. ❤
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Bello!
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Versi che toccano il cuore e suscitano una forte emozione. Un destino beffardo, un amore a lungo non vissuto e, nel momento in cui ci viene incontro …
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Piaciuta molto
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Che piacere, ti ringrazio!
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Che bella immersione nell’amore!
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Accetto il regolamento
Il mo(n)do nuovo
Da tempo cercavo avanzi di magia dietro gli angoli delle vie o negli androni dei palazzi, ma tutto intorno solo luci sfavillanti e nastrini dorati. Non trovavo più nemmeno quel confine che divide il rumore dal suono. Solo convenzioni e consumismo.
Proiettavo la mia vita in un mondo che esisteva solo nei miei sogni più reconditi.
Dietro quei luccichii bimbi alla ricerca di cibo tra cumuli di immondizia, anneriti dal fumo letale delle bombe, resi orfani da una guerra che non avrebbero mai compreso, egoismo, indifferenza, violenza e morte.
Questo non era certamente il mondo che volevo. Mi sentivo come un elettrone che provava disperatamente a staccarsi dal suo atomo senza riuscirci, tentativo di una separazione che rimaneva solo pia illusione.
Io, che non avevo mai pregato, iniziai a supplicare Dio di darmi la possibilità di creare un mondo nuovo.
Una notte, dopo essermi coricato, senza poter approdare al sonno, mi ritrovai seduto di fronte a lui. A dividerci un tavolo. Rimasi inebetito anche perché aldilà c’ero sempre io. Quindi è proprio vero che creiamo Dio a nostra immagine e somiglianza.
A quel punto una voce nella mia mente mi chiese cosa volessi.
Una terra da inventare
su un papiro tutto bianco
non più morti in fondo al mare
e l’amore al nostro fianco
Coltivare campi verdi
semi bianchi rossi e neri
i diversi non più persi
acqua pura nei bicchieri
Lascio a te il sangue blu
l’orco nero e il bellimbusto
il potente e il prepotente
chi promette e mai mantiene
Sul tavolo apparve un mazzo di carte mentre la voce proponeva una mano secca a poker e, se avessi vinto, potevo ottenere ciò che desideravo.
Era impensabile che potessi battere Dio. Ma che alternativa avevo?
Annuii e lui servì le carte che lasciai a lungo sul tavolo senza avere il coraggio di controllare cosa avessi. Poi mi decisi e le spizzicai lentamente. Due “7”. Cavolo, avevo perso. D’altronde cosa potevo sperare. Scoprii le carte aspettando che lui facesse altrettanto con le sue, ma, con mia grande sorpresa, si dichiarò sconfitto.
Avevo vinto? Sì, avevo vinto!
Reclamai la vincita e …
Mi ritrovai disteso nel mio letto con la mente in subbuglio per tutto ciò che mi era accaduto ma anche per la preoccupazione dell’enorme difficoltà del progetto per una nuova terra.
Decisi di aprire la finestra per godermi quel mondo vergine, ma …
Tutto era così come era sempre stato. Allora accesi la televisione e al telegiornale le solite terribili notizie. Insomma, mi aveva preso in giro o era stato solo uno stupido sogno? In ogni caso sentii crescere in me un mix di rabbia e delusione. Andai in cucina e afferrai quella bottiglia di cognac, dono di chissà quale Natale.
Fu lì che notai sul tavolo le carte. Era la stessa scena che avevo vissuto nel sogno. Dovetti sedermi perché la stanza aveva preso a girare vorticosamente.
Allora non era stato un sogno! Cosa era successo in realtà?
Riempii il bicchiere con quel liquore ambrato e bevvi tutto d’un fiato, quando notai sotto il mazzo di carte un foglietto.
“Non tutto è ciò che sembra. Sta a noi creare la realtà. Noi sogniamo. Siamo fatti così. Sogniamo fin dentro le ossa, fino alle più piccole cellule”.
E la calligrafia era la mia.
Allora compresi. Non avevo giocato con Dio, ma con me stesso e avevo vinto non un “mondo nuovo” ma un “modo nuovo” di migliorare ciò che mi circonda. Non creare dal nulla, ma agire su ciò che già esiste, lottando per diffondere l’amore.
“Come germoglio
che cerca la luce
il nostro amore
crea nuova vita”
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Un manifesto degli AUTORI IN EVOLUZIONE! Grazie Giancarlo!
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Ma grazie a te anche per avermi aspettato!
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Quando si vive nella stessa emozione, il tempo è una questione comune.
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Quando si vive nella stessa emozione il tempo si ferma e vivi quell’attimo di eterno presente.
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Bellissimo brano, Gil. È difficile per certe sensibilità, non lasciarsi sopraffare dalle brutture del mondo, arrendersi insomma. La forza, la capacità di reazione è in noi e tu hai saputo raccontarcelo tanto tanto bene. Nel nostro piccolo possiamo fare molto, anche se non ci sembra mai abbastanza, anche se ci sembra addirittura inutile e forse anche patetico, invece non è così, è tutto il contrario. Grazie per questo brano positivo, ne avevo bisogno.
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E’ che non servono azioni eclatanti per cercare di cambiare il mondo. Penso che dobbiamo agire nella nostra limitata realtà quotidiana anche con piccoli gesti. Ho cercato di tradurre questo mio pensiero con questo mio racconto. Felice di esserci riuscito e che ti sia piaciuto. P.S.: anche trasmettere positività fa parte di questi piccoli gesti!
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Filosofia pura, che sconfina nel sogno per acquistarne la leggerezza.
Perché le parole, più sono leggere, più penetrano in profondità nel cuore.
E non servono sermoni altisonanti per spiegare agli esseri umani come devono comportarsi per riuscire ad essere davvero umani.
È sufficiente intingere metafore nella poesia, e con quelle dipingere sui muri storie di vita quotidiana, con tutte le sue ansie, speranze e desideri.
Proprio come hai fatto tu, Giancarlo, con questo splendido e vivificante racconto che ci dice ”Guarda, la soluzione è lì davanti, basta tendere una mano per prenderla. Ma senza forzature, senza giri di ciribiciaccole, perché la soluzione è di una semplicità disarmante e implica solo responsabilità e impegno”
Bellissimo racconto, di grande efficacia e impegno civile. ❤️
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Come sempre riesci a “leggere” l’insieme delle mie parole, parole a volta leggere a volte più dure. Grazie Donatella!
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Questo tuo brano mi piace assai anche perché è molto ben scritto, versi compresi. Bravissimo.
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Ti confesso che prima del racconto avevo scritto dei versi con i quali però non riuscivo a trasmettere il mio pensiero. Così ho virato sul racconto sfruttando alcune quartine di quei versi. E mi fa piacere che ti siano piaciuti anche quelli!
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Facile “guardare il mondo da un oblò” come si guarda il mare dalla nave e sentirsi persi nella sua vastità e inermi nel poterne influenzare le maree, ma nell’esatto momento in cui capiamo che il mondo non può cambiare se non cambiamo il nostro punto di vista, che non siamo spettatori inermi innanzi ad una catastrofe, ma autori di ciò che al mondo ci circonda, allora e solo allora il mondo inizierà a cambiare, e lo farà ad iniziare dal nostro piccolo angolino che solo noi possiamo rendere migliore!
Bellissimo sogno ad occhi aperti, che rappresenta la spesso inconscia lotta interiore fra il sentirsi vittima e il divenire protagonisti della nostra vita in tutti i suoi risvolti, anche quelli più scomodi che ci costringono a fare i conti con il resto del mondo e soprattutto con la nostra coscienza, anche quando ci sentiamo infinitamente piccoli e impotenti.
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Marty la tua lettura approfondisce un “sentire” che era mio ma di cui non ero consapevole. Almeno fino ad una profonda crisi che ho attraversato a partire dal 1999 e fino al 2004. E’ quando ho smesso di incolpare gli altri degli episodi negativi della mia vita, quando, come dici tu, ho finito di sentirmi vittima, che ho realmente cambiato il mio punto di vista. E posso dirti che qualche anni più tardi il tutto mi è servito quando mi sono trovato, causa malattia gravissima, ad affrontare 4 mesi di ricovero con tre interventi e 3 crisi che potevano finire davvero male. E l’ottimismo è frutto proprio di quella “conversione”. Ecco perché dico che la tua lettura è andata oltre le righe! Grazie anche a te!
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❤ mi ha emozionato molto questo tuo racconto. grazie di averlo condiviso.
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Bellissimo racconto di una semplicità filosofica disarmante e profonda. Il futuro è nelle nostre mani, noi abbiamo il potere di cambiare le cose, il mondo, se solo lo vogliamo. E’ quello in cui credo con tutte le mie forze, agire su quello che già esiste come hai detto tu, senza aspettarsi che siano gli altri a fare la prima mossa perchè gli altri siamo noi. Abbiamo un mondo da cambiare, da salvare da noi stessi, lottando per diffondere l’amore, ardua impresa ma non impossibile se gli uomini di buona volontà fanno qualcosa. Lo leggerò ai miei nipotini, è troppo bello!!!
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Patrizia mi commuove il fatto che leggerai ai tuoi nipotini questo mio racconto. Felice di aver saputo comunicare ciò che sento e ciò in cui credo. Grazie anche a te!
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ACCETTO IL REGOLAMENTO.
-IO SONO PUREZZA-
TI HO RINCORSO SU STRADE STERRATE
FRA ROVI ED ORTICHE
T’ HO SEGUITO SU PIETRE E SALITE
DI SANGUE E VESCICHE
T’HO RAGGIUNTO NEL NIDO AL TRAMONTO
IMPLORANDOTI AMORE
T’HO ASPETTATO
DESERTO D’AFFETTI ASSETATA D’AURORE
TI SEI PERSO DOMATO DALL’EGO
ACCECATO DAI RUOLI
INCANTATO DA MILLE SIRENE
TU, ENNESIMO ULISSE
SEI PARTITO GIURANDO PROMESSE
MANCANDO AI MIEI GIORNI
LITIGANDO ROVINE DISMESSE
ABBANDONI E RITORNI
COME IL TEMPO
HAI RIDOTTO IN MACERIE
DEL TETTO LA POSA
COME LAVA ASFALTANDOMI IL PETTO
HAI DISTRUTTO OGNI COSA
MAREMOTO IMPROVVISO HAI INONDATO
OLTRE GLI ARGINI E IL PORTO
CANCELLANDO I CONFINI DI CASA
HAI STRACCIATO IL FUTURO
OGGI ANCORE E MURI
SONO TABULA RASA
LE EMOZIONI CHE AVEVO UN RICORDO
MA OGNI CELLULA HA IN SÉ
LA MEMORIA DEL TUTTO
OGNI FIBRA È UNA VITA
OLTRE IL SENSO E IL CONCETTO
PREPOTENTE LEI PURA COMBATTE
PER RIEMERGERE ANCORA
NON V’È MAGMA
CHE POSSA ANNULLARLA
LEI NASCOSTA RESISTE, CONCEPISCE E PROCREA
NEL SUO VENTRE RIGONFIO IL FUTURO
E NON CHIEDE IL PERMESSO A NESSUNO
NÉ CONSENTE CHE TU NEGHI ANCORA IL SUO PASSO
LEI È Lì NELL’ATTESA DI SQUARCIARE FINESTRE
D’INFRANGERE MURI, D’ERODERE MASSI
MENTRE IO RESTO QUI
A COVARE PENSIERI PER FARNE SPARTITI
A SCALDARE GHIACCIAI PER FARNE VIGNETI
A SCAVARE LE ROCCE PER TROVARE SORGENTI
DISSETANDO L’ARSURA CHE SPEZZA IL MIO FIATO
PERSA IN UN FOLLE ANELITO DI RESPIRO
MI STRAVOLGE INCANTANDOMI
IL PROFUMO DELLE GINESTRE
I COLORI DEI FRUTTI MATURI
DELLE GEMME FRA I SASSI
IMMOBILE AVVOLGENTE MOSTRA
NEL SILENZIO IL SACRO
LA PUREZZA NELL’ACQUA CHE SCORRE
IL NUTRIMENTO NEI RAGGI DEL SOLE
IL SOSTEGNO NELLA TERRA SOTTO I PIEDI
LA FORZA IN OGNI ALBERO CHE CI CIRCONDA
È LI INELUTTABILE CHE LENISCE LE FERITE
CICATRIZZA LE DISTANZE, SCIOGLIE I NODI DEL TEMPO
RIEMPIE I POLMONI, ALLUNGA I TENDINI
RAFFORZA LE OSSA, PURIFICA LE VISCERE
ABBRACCIA LE INSICUREZZE, SOSTENENDO LA FRAGILITÀ’
SALVA IL CUORE
MENTRE MI TIENE IN EQUILIBRIO SUI FILI DELL’ANIMA
SUSSURRANDO PAROLE DI PACE
DIFFONDE IL DELICATO PROFUMO DELL’ARMONIA
TINGENDO LA MIA ESISTENZA CON I COLORI DELL’IRIDE
MENTRE PERDEVI LA STRADA CHE PORTA AL MIO CUORE
IL MIO PETTO SI È APERTO AL DIVINO
DELLA LUCE PIÙ PURA HA SVELATO IL CAMMINO
ORA IL TEMPO NON CORRE, NON HO FRETTA
NON DESIDERO NIENTE.
SE D’AMORE TI VESTI DEVI ESSERE PACE
NON RIFLESSO DI LUCE
LE PORTE DEL BUIO NON OSARE VARCARE
NON USCIRE DALL’OMBRA PER LEGARE E SPORCARE
NÉ PER TINGERE IN NERO IL MIO ARCOBALENO
NON MI SERVE IL RANCORE
NON ANELO L’ORGOGLIO NÉ L’EGO
NON CANCELLO LE ORME SULLE STRADE DI SALE
CHE HO SUDATO E MANGIATO ASPETTANDO IL TUO PANE
NON ASSERVO IL TUO VERBO, NON MI PONGO IN CATENE
ORAMAI SONO DEA
SONO LUNA CHE SORGE
UNA STELLA CHE DANZA LONTANA
MENTRE ALLATTO LA PACE
SONO SFERA DI LUCE E CANDORE
CHE SALUTA IL SUO SOLE
IO MI CHINO E MI PIEGO IN PREGHIERA
SOLAMENTE AL DIVINO
SE MI UNISCO AL DOMANI
IL MIO CORPO È PUREZZA
SONO MADRE SDRAIATA ALL’ALTARE
SONO VENTRE ACCOGLIENTE
ORA ATTENDO IL NIRVANA
DESTINATO SOLTANTO A CHI VIBRA
AL MIO STESSO RESPIRO.
MARTINA LORAI MELI
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Bellissima ode passionale, rovente come la lava che si fa strada uscendo dalla bocca rossa di un vulcano.
La terra trema, al cospetto della dea madre, il cui corpo riposa esausto sull’altare.
Se noi donne siamo state scelte per propagare la Vita, ci sarà pur un buon motivo… 😀😀😀
Quasi un monologo teatrale, è una lirica molto bella e coinvolgente! 😀🌸
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Che essenza densa, di emozioni, un fiume vitale che travolge e avvolge. Una energia pura, senza macchia, senza paura di dire io sono questo e molto altro. Io ne sono consapevole e non mi aspetto niente. Voglio solo dirlo a testa alta. Voglio solo dirmelo. Bellissima, onesta.
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Come nel racconto di un cantastorie, con l’ intrinseco ritmo della musica rap, si dipana il percorso tormentato di questo scritto, dove si trema al pensiero dell’ abbandono e si lotta strenuamente per evadere il senso di perdita, come un guerriero, come una santa che implora. Le figure metaforiche riportano tutta l’ onnipotenza riposta
nell’ amato e il potere salvifico che appartiene all’ innamoramento.
È la lirica costruzione di un sogno deflagrato, cui segue una coraggiosa rinascita e la presa di distanza, nel timore che venga violato il proprio arcobaleno. Una spiritualità dilagante sorge e l’accostamento al divino implode. Per uscire da certi tormenti bisogna saper indossare la pace e a nulla valgono i riflessi di luce.
Ho ammirato l’esposizione inerme, interiore nella sua nudita’ di questo percorso, che per me, non ha un registro letterale specifico, e dunque, può essere una fiaba, una filastrocca , una poesia, un dramma teatrale, ma più di ogni altra cosa una canzone urlata per strada da un venditore di almanacchi.
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Mi e’ arrivata forte e intensa. E’ curata nei dettagli, esplosiva, bravissima martina😉
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Diretta e intensa, bravissima martina!😉
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Mi piace veramente tanto questo testo. Appassionato ed estremamente musicale. Unica pecca il maiuscolo. È un testo che arriva dritto al cuore e alla mente anche se scritto in minuscolo.
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Credo che il maiuscolo sia stato scritto apposta per manifestare la nostra diffidenza…
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Interessante questa ipotesi.
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Grazie sono contenta arrivi al cuore. Purtroppo da quando qualcuno ha arbitrariamente deciso che il maiuscolo equivalga ad un urlo, tutti lo interpretano così, ma a me piace perché da chiarezza ai caratteri ed è più facile da leggere anche x chi ha problemi di vista. Non è un maiuscolo urlato è un maiuscolo di amore e di facilitazione affinché il messaggio arrivi a tutti.
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WOW!!!! Ho letto tutto d’un fiato questa lirica forte , vibrante, esplosiva e potente. Un’ode alla donna, alla sua forza e capacità di rinascita. bellissima!!! Brava Martina!
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Forse sbaglierò, ma trovo che i seguenti versi siano il cuore di questa tua stupenda lirica:
SE D’AMORE TI VESTI DEVI ESSERE PACE
NON RIFLESSO DI LUCE
LE PORTE DEL BUIO NON OSARE VARCARE
NON USCIRE DALL’OMBRA PER LEGARE E SPORCARE
NÉ PER TINGERE IN NERO IL MIO ARCOBALENO
Sulla base di questi versi ho riletto il tutto e mi pare che essi siano la chiave di lettura. Un abbandono dovuto
“ALL’EGO
ACCECATO DAI RUOLI
INCANTATO DA MILLE SIRENE”
E, attraversando il dolore da esso causato, ecco che
“IL MIO PETTO SI È APERTO AL DIVINO” e “ORMAI SONO DEA”
e poi i versi finali.
Non sono molto bravo a commentare, per cui spero tu mi possa perdonare per questa mia lettura.
Mi piace moltissimo la tua lirica.
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grazie ❤
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Accetto il regolamento
-Il rosso, il nero, il grigio, il blu di cielo…-
Mille e mille papaveri rossi
nel campo immenso delle stragi annunciate
e denunciate
da cristi utopici e sognanti,
mani intrise di sangue
nell’afferrare fili spinati
rossi di ruggine
che imprigionano, dividono, respingono…
Di che colore è il mercato
l’alta finanza
il nuovo potentato
che tutto crea, tutto distrugge a piacimento
dispone stati, governi, guerre
divisioni?
È nero o grigio?
Di che colore è la metamorfosi
di coloro che fieri
inalberavano la rossa bandiera
della giustizia, dell’uguaglianza,
il rosso colore,
calda bisaccia
di frutti d’amore,
speranza, liberazione degli ultimi
come il messaggio del sangue del Cristo?
Che disincanto…
Nero
non colore,
pausa cromatica,
contrasto che accentua ogni colore
simbolo eterno
cuore di tenebra,
mistica di morte
nei lager dell’orrore
nei barconi dei fratelli neri
come il nostro primigenio padre, ora umanità dispersa…
Anche Michele era immigrato,
la sua bandiera rossa e nera
fiocco nero sul collo,
era tornato nel suo paese nero
viva l’anarchia gridava
e bestemmiava il sacro
ma gli occhi eran di cielo roteavano impazienti morte al tiranno
morte al tiranno!
Ma la nera notte
e il rosso dell’amore tradirono l’intento.
Ahi il rosso dell’amore
ahi la notte scura…
Non uccise
fu ucciso
dai suoi corregionali neri fucilato, sputato.
Il tiranno è salvato !
Nessuno gli cantò
ahi ninnora ahi ninnora
cuccu meu….
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Più che una lirica è un racconto, che si snoda al ritmo di una musica di amore e morte, antica e moderna al tempo stesso.
Il dramma si è svolto cosí velocemente da non aver lasciato tempo e spazio alle lacrime.
Ma certe tragedie si possono commemorare solo con un rispettoso, assoluto silenzio.
Una narrazione potente, di grande impegno civile! 😀🌸
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I simbolismi derivanti dagli effetti cromatici sono qui tradotti in racconto realistico, ideologico e poetico.
La potenza dei colori è stesa come vernice sui drammi e sulle assenze della odierna realtà. E’ vivo lo sconcerto che si prova nell’osservare il combaciarsi di uno stesso colore su universi opposti, come amore, passione e morte Per poi comprendere che non serve mettersi al collo una bandiera come segno distintivo. Ugualmente non si è visti e si finisce talvolta col perire per mano del proprio stesso fratello.
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Grazie mille ad entrambe per le belle e profonde recensioni che ,con raffinatezza,hanno colto il simbolismo umano e sociale dei colori della mia poesia- racconto.Vi abbraccio ❤️
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Grazie a te per questa poesia di profondo spessore.
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La mia passione per la poesia civile mi avvicina molto a questo testo che ha le stesse valenze di un dipinto, dove i colori anche se sovrapposti, confusi e manipolati, emergono, come la verità, la giustizia e l’umanità. Bellissimo il ritmo a volte modificato, come l’acqua, come gli imprevisti, come il respiro del dolore.
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Grazie!
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Grazie a te! La tua poesia ci abbraccia tutti!! 🙂
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Ottimo brano sociale.
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Un quadro essenziale, una tela di sangue graffiata dall’artiglio della morte.
Una sonorità agghiacciante fatta di colori cupi, suoni tetri, parole ripetute fino a martellarti la mente e il cuore. Rosso. Nero. Quante bandiere hanno indossato questi vessilli? Nel nome di quanti regnanti sono stati portati in corteo Amore e Morte? Quanta ipocrisia nascondono le fazioni, il tifo, le verità annunciate e proclamate? Dietro ognuna di esse quanti morti? Pensiamoci!! Grazie!
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Più che una poesia è un dipinto vero e proprio, parole come pennellate forti e drammatiche, incalzante alternanza di colori e simbolismi, rosso e nero, nero e rosso in una danza macabra di sangue e morte, i colori del tempo in cui viviamo. Lirica forte della realtà che ci circonda e ci soffoca con i suoi colori cupi che si alternano ritmicamente fino a non distinguerli più.
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Merry Christmas
Odio i chiassosi
la puzza di cipolla negli aliti stranieri
lo struscio dei tamarri sui metrò.
Amo l’aerobica, il footing e i massaggi
il ragionier Brambilla, peccato che è sposato
gli apericena dove i Vip ti dicon ciao.
Odio i seccatori che bivaccano alla coop
le zingare con i mocciosi fra gli stracci
il cattivo gusto di dormire nei cartoni.
Amo i colpi di sole, le maschere al caffè
i collant che fanno il culo brasiliano
le tisane al finocchio che sgonfiano l’addome.
Mi struggo guardando i scheletrini
le adozioni a distanza, paradiso garantito
le infibulate e le spose bambine.
Mi sveglio energetica come Red Bull
faccio un selfie fra l’erotico e il monello
il broncino un tantino scapigliato.
Guardo voi e voi a specchio guardate me
ho pronto l’albero, le lenticchie e il bambinello
la felicità ha Instagram in garanzia.
Quanto vi amo:
Merry Christmas, Merry Christmas! Merry Christmas!
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In questa poesia vengono proiettate due realta’, entrambe indotte dai meccanismi complessi della nostra epoca: lo status dell’essere umano superficiale e consumista e quello dell’ itinerante povero ed escluso. La voce prevalente qui , come nel reale, appartiene a chi detiene un qualche potere di acquisto e può approvvigionarsi di un mondo vacuo e illusorio, percepito come indispensabile.
Emerge così tutto il paradosso della sacralità natalizia e dei suoi simbolismi contrapposti al disprezzo verso il diverso.
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Menti incartate come regali di Natale, dall’aspetto perfetto, presentabile, brillante. Carta costosa e nastro luccicante. Dentro solo il vuoto. L’intento che si trasforma in scopo, il pacco che vive per sé stesso, per essere, per apparire. Intorno non ci si discosti dal tema. Che stia lontano tutto ciò che non è costoso, luccicante, attinente alla bellezza ed al buon gusto. Il bimbo povero genera la stessa volgare scompostezza dell’ubriacone che dorme nel cartone. Perché la povertà è volgare, attiene al volgo, al popolino, quello che non può permettersi sbriluccicanti regali di Natale, panettone e cotechino, e forse manco un pasto caldo. Ma cosa importa, alla fine non possiamo cambiare le cose, l’importante è vivere ed essere felici con le cose che vogliamo e per il resto basterà ricordarlo nelle nostre preghiere da fare innanzi al crocefisso ed all’altare, foss’anche soltanto la notte di Natale.
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Ironia tagliente, e anche un pizzico di sarcasmo, è quello che si meritano gli attori del teatro mediatico che mette in scena la solita patinata ipocrisia che da tempo – ahimé – colpisce trasversalmente ogni strato del tessuto sociale.
Perché c’è chi di quel teatro dorato è protagonista, chi è comprimario, e chi è in attesa del provino sperando che diano anche a lui/lei una piccola parte
Un’invettiva graffiante ed efficace travestita da Baby Natale in guepière rossa scintillante.
Mi piace molto! 😀🌸
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Mi inchino grata alle tre bellissime recensioni che attente hanno saputo cogliere la molteplicità degli aspetti che ho cercato di comunicare. Grazie di cuore.
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Sono contenta di aver colto l’ intento di questo profondo, civile messaggio.
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Grazie a te, per la tua vivificante ironia!
Ce n’è tanto bisogno, in questo mondo così artificiale e così poco sensibile… 🙂
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Grazie ❤️
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Apparenza, superficialità e ipocrisia natalizia ottimamente esposte.
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Grazie ☺️
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Tania graffiante e sarcastica, adoro il tuo stile dissacrante che mette a nudo la realtà natalizia fatta di apparenze luccicanti che nascondono il vuoto abissale, l’ipocrisia consumista e buonista di chi ha uno status sociale da esibire, si strugge ad arte davanti ai bimbi morti di fame e disprezza chi dorme nei cartoni e puzza di cipolla. Quanti hanno pronti l’albero, le lenticchie e il bambinello e con questo mettono a posto la coscienza. Perfetto ritratto dello spirito natalizio imperante
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Grazie ☺️
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Che originalità! Bella!
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Preghiera
Una forte preghiera
accompagna i miei passi
nei momenti felici
ed altri un pò meno,
con lei svelo
le trame e i misteri,
e trovo risposte
nascoste nel cuore.
Col nuovo anno
rinnovo il mio voto
per la mia vita
e per l’intera umanità,
trasformando il dolore
in una grande occasione
avanzo nel buio
senza timore.
Auguro il meglio
ad ogni persona
perché possa compiere
la sua missione,
ognuno è prezioso
così come è,
ognuno è un gioiello
di rara bellezza.
Buon anno a tutti
con gioia e amore,
serenità, salute
e tutto ciò che vi occorre,
costruiamo assieme
un mondo di pace,
dando senso
a questa esistenza.
Buon anno vi dico
con tutto il mio cuore.
Buon anno!!!
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E Buon Anno sia! 😀
Sperando che le coscienze si sveglino dal torpore in cui le ha precipitate il menefreghismo e l’ignoranza.
Anch’io ho desiderio di sperare ancora, di non lasciarmi abbattere dalla scure della disperazione, che sta mietendo fin troppe vittime anche tra coloro che han sempre fatto della resistenza una bandiera.
Diamo credito, quindi, a quel barlume di scintilla cosciente che alberga ancora in fondo al cuore umano.
E andiamo avanti, come giustamente dici, verso un Nuovo Anno che sta a noi trasformare in un Anno Migliore!
Molto bella nella sua semplicità e dolcezza, che invita a non perdere mai la speranza. 😀🌸
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Grazie Donatella 💗 buon anno nuovo a te e a tutti
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Grazie, e Felice Anno Nuovo anche a te!! 🙂
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Buon anno a te! Hai il Natale nel cuore e lo auguri a tutti. Quanta generosità. Grazie.
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Grazie Claudia 💕💕 tantissimi auguri
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“costruiamo assieme
un mondo di pace,
dando senso
a questa esistenza” Bellissimo augurio! A noi l’impegno di metterlo in atto! Grazie!
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Grazie BluesMarty 😘
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Buon anno a te Maria Rosaria, che sia un anno di risveglio delle coscienze, c’è tanto da fare e uniti possiamo dare un senso alle nostre vite.
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Hai abbandonato la strada
da tua madre tracciata
Troppo lineare
diritta
ti sembrava un segno di sconfitta
Sui tornanti nei quali ti sei avventurata cosa hai trovato?
Hai attraversato paesi
a lei sconosciuti
Assaggiato cibi
di cui a lei non è mai giunto
neanche l’odore
Amato più uomini
di quanti lei abbia mai sognato
Hai tardato a procreare
perché ti spaventava essere
come lei
madre
Ti sei ribellata alla genetica camuffando ogni tratto
di somiglianza
Ma solo ora che
guardandoti allo specchio
intravedi il suo riflesso
comprendi il senso del compromesso fra discendere
e divenire
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Stavo quasi per andare via, per un rapporto acustico idiosincratico con un certo trattare la rima.. son rimasta, son scivolata dentro quei pensieri proprio così come nello specchio della madre quando mi ci son trovata coinvolta.. proprio così .. proprio vero, era paura di diventare lei
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E se il titolo fosse ACCETTO IL REGOLAMENTO?
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Giusto.
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Ahahah! In effetti potrebbe essere adatto come titolo :-).
Ho cercato di rispondere all’invito del contest: “saranno particolarmente graditi i versi che sottendono le direttrici della maturazione, quelli che introducono alla trasformazione della visuale”
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Grazie per il commento che, perdonami, leggo solo ora. So che c’è un comune rifiuto della rima, ma la mia non è una scelta ricercata, anzi cerco anche di evitarla, ma scrivo di getto e mi viene naturale così. Questa poesia è molto intima e personale ma, come tu dimostri, ci sono dinamiche condivise nel rapporto madre figlia…
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Una poesia che espone la complessità del rapporto genitori figli e pone la questione del processo di individuazione. In essa si evince che la madre è il primo specchio per una figlia, laddove specchiarsi é arduo per l’ imprescindibile umana imperfezione riflessa, quando invece si cerca l’ icona incontaminata.
Negli anni della maturazione si lotta tra la tentazione di aderire al modello materno o fuggire, diversificarsi. La smania del volo azzoppato insomma, perché crescere è un compromesso tra il divenire e il sostare. Significa essere un gitano con marcati tratti stanziali.
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Grazie Antonietta. Mi piace come hai interpretato le mie parole…
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Una lirica molto interessante, che affronta il tema critico del distacco dei figli dal solco tracviato a priori dall’eredità genetica dei genitori.
Nel caso del legame madre-figlia questo bisogno di recidere il cordone ombelicale, nel tentativo di rivoluzionare ed annientare il tutto, è ancora
più forte e drammatico.
Perché dai geni non si può prescindere, ma tuttavia si possono piegare alla volontà del cuore.
Emancipazione non significa affatto negazione, perché la Natura è quello che è, e sarebbe ingiusto giudicarla a priori.
Quindi va attuata mediante una sana accettazione del fatto che bene e male sono territori che si intersecano, e la cui linea di confine è labile.
Noi figlie dobbiamo rispetto e amore immenso a nostra madre, che ha resistito alla propria epoca per donarci la possibilità di contribuire a costruire un mondo migliore.
Per quanto possa essere problematico e contraddittorio, il rapporto tra madre e figlia è un campo di battaglia che ha per teatro il corpo della donna in generale, ma anche il suo indomito furore e la sua anima immortale.
Mi piace molto, è proprio una bella lirica, e l’immagine allo specchio nella chiusa è emblematica di tutto questo complicato ma necessario divenire! 😀😀
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Grazie Donatella. E’ proprio come scrivi. Ho cinquant’anni, ho perso mia madre due anni fa. Il più grande amore e il più grande dolore della mia vita. L’elaborazione della perdita è uno scavare profondo che porta alla luce un’infinità di questioni, molte delle quali hanno a che fare con la propria identità. Credo che si diventi veramente adulti (e soli) solo quando si rimane orfani, senza più radici a cui aggrapparsi. Ma scusa, ora sto andando troppo sul pesante 🙂 Ancora grazie!
P.S. Ho letto solo oggi i commenti
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Ognuno di noi nasce con una missione da compiere, peccato che spesso non riusciamo a capire quale sia. Facciamo mille sbagli, ma come siamo bravi a giustificarli, e come siamo pronti invece a puntare il dito sulle azioni altrui, con l’intransigenza di un giudice spietato. Come siamo abili a sentenziare su ciò che non conosciamo e su ciò che a nostro dire non faremo mai. Ma il tempo è il peggior giudice ed il più impietoso contro il quale nulla possiamo e le nostre azioni ci vengono restituite come un boomerang! Madre! L’anima cui ogni figlio dovrebbe rendere grazie. Madre che più è “sbagliata” è più ci offre occasione d’essere migliori. Sia reso grazie ad essa, al latte della vita!
e grazie a te per questo profondo spunto di riflessione!
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Grazie a te cara!
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Bella questa poesia nella quale come in uno specchio ho rivisto me e mia madre, la mia ribellione a un modello che non accettavo e capivo. Poi sono diventata madre anch’io e di colpo ho capito tante cose prima per me incomprensibili ed ho finito per assomigliarle sempre di più. La paura di assomigliarle è svanita, so di essere una donna diversa da lei e allo stesso tempo c’è lei nei miei gesti, nel mio modo di pensare. Le madri tracciano la strada, indispensabile guida per trovare la nostra meta, prima o poi ritroviamo la strada per spesso scoprire che la sua era quella giusta.
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-Gli artisti-
Credo che gli artisti, quelli che non sanno o non vogliono ripetere, ne fabbricare in serie, della vita hanno un senso profondo della praticità. Sanno che in questo mondo non c’è tempo da perdere. Epoche a scaldare banchi di scuola o a costruire ingranaggi per i sistemi che recintano anime. Loro hanno fretta di nascere e di morire. Spesso accade che vivano meno di trent’anni o si tolgano la vita, più per curiosità verso l’altra faccia della Luna, che per quello che i poveri psicologi, chiamano depressione.
Per l’artista la depressione è un momento della vita, un periodo prolifico di riflessione e distacco dalle fatiche, dagli errori e dalle ingiustizie.
Non me ne vogliano tutti quei parassiti legalizzati che fanno “il mestiere”, ma un esempio molto semplice sta nel vederli al buio per un po’ di tempo, per potersi godere uno spicchio di Sole tra le note di “Amazing grace” o di qualsiasi semplice melodia, per poi tornare all’oltre scienza o alle origini e godersi godersi l’umido di una grotta, per poter finalmente abbracciare quel Sole callente, che per anni ti ha arso fin dentro l’anima, con tutti i suoi figli quasi umani. Sempre mattinieri e pronti a divorare la vita come bestie.
Come Santander, l’amico di Giuseppe, all’uscita dal carcere, che ad un certo punto della strada, mentre cammina verso la speranza sente quel motivo rimbalzargli in testa. Come si può vivere senza un fuoco? Cosa accende lo spirito che ci fa lottare ogni giorno? La fame bestiale? L’amore? O solo il sesso come nella primissima gioventù?
Agli artisti basta uno sguardo, un riflesso. Un ombra, un suono con due note o un semplice gesto. Vederli incantanti e pronti a combattere battaglie improbabili, ma vere.
E come i bambini, per metterli a piombo, ci vuole tempo. Bisogna aspettare che la testa si asciughi nel collo.
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Un’interpretazione dell’essere artista che in gran parte condivido, perché parla della vita e del fuoco, dell’essere irrimediabilmente bambini in senso di purezza, curiosità e incanto.
Essere artisti vuol dire essere volontà e destino, aver ricevuto un dono immenso e contemporaneamente una maledizione.
La depressione non è per gli artisti, perché un artista piuttosto si fa uccidere, ma non sarrende mai.
Perché sa per certo che nessuno muore mai davvero, a meno di lasciarsi fagocitare dalla melma dell’indifferenza e della retrazione – cose di cui un artista ha il terrore.
Forse sono le uniche entità che teme davvero, e vive per ingannarle e mandarle a nutrire le loro aride fauci altrove, lottando giorno dopo giorno, finché avrà respiro.❤️
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L’ artista è qui, debellato e al contempo guerriero, col suo sguardo divino e pur punito, neanche fosse l’ultimo dei peccatori.
E’ frettoloso nell’ impastare, per timore che gli venga sottratto il lievito creativo. La sua vita e’ marchiata dall’ istante e dall’ eternità.
L’artista, questo girovago dell’anima, col peso del dono creativo,
tanto piuma, tanto zavorra. Fin tanto che è fra nudisti innocenti riesce a trovare l’ abito giusto per la sua voce.
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Artista. Una parola effimera quanto vuota. Non possiedono arti, ma linguaggi. Si nutrono di emozioni, di attimi, di infinitesimali vibrazioni …”Agli artisti basta uno sguardo, un riflesso. Un ombra, un suono con due note o un semplice gesto” questa è la verità! Hanno un dono che di solito appartiene ai bambini, e non si tratta di osservare il mondo dal loro punto di vista, ma di assorbirlo come spugne, e gonfi della sua essenza tinteggiare ciò che li circonda dei suoi colori. Il resto è preconcetto. Lasciamo che pensino che gli artisti non hanno testa e nel frattempo cambiamo il mondo!
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Riflessione in linea col mio pensiero. Piaciuta!
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-Mastica e sputa-
Girovagare nel tuo sguardo assente
Nutrirmi di briciole dai mille colori
dire basta a un’altalena che dura una vita
cercarti per sorreggere il tuo cinismo,
la tua anima inquieta,
e così semplice allo stesso tempo, teneramente infantile.
Rinunciare a te è come far morire la parte di me più giocosa e viva
Posso camminare senza di te
Posso amare senza di te
Posso essere felice senza di te
Con calma guardo
ma non aspetto più
il tuo sorriso è spento
le tue mani assenti
il mio cuore un po’ invecchiato e stanco.
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E’ il canto del cigno di un amore. La diapositiva della ricerca
di un uscio per attraversare uno sguardo negato e impermeabile.
Un percorso amoroso che si fa odissea di un sentimento testardo, sconfitto, avendo affidato il proprio sogno a un Narciso
con marcati tratti da Peter Pan.
Oggi è sempre più diffusa l’ anoressia affettiva.
In questa bella e amara poesia ne scorgo nitidi i tratti.
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grazie davvero 😉
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L’amara realtà… la trasformazione ciclica di tutto. Anche dei sentimenti… Inutile lottare contro il gelo dell’inverno. Bisogna solo tenersi caldi in attesa della primavera. Anche se l’inverno è un tempo lungo e noioso.
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Nell’inverno ci si può riposare
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…e pensare con tranquillita’☺
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Allora speriamo in un improvvisa primavera😉
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Un’analisi molto triste, sincera e spietata nei confronti di se stessi e della persona amata.
Mi viene in mente la bellissima canzone “Il guerriero” di Mia Martini.
E anche le mille e una storie di amori appassiti senza un perché, senza un motivo valido da prendere a pugni per sconfiggerlo e farlo uscire dal letargo.
Accettare in silenzio la fine di un amore è come dichiararsi vinti in partenza, ma anche combattere contro un mulino a vento arrugginito dalla salsedine è altrettanto frustrante.
È un loop da cui è difficilissimo uscire, e nei rari casi in cui se ne esce è comunque un’esperienza che segna per tutto il resto della vita…
Una poesia dell’irrimediabile, bella e tristissima. ❤️
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ascolterò la canzone, grazie!!!!!
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è davvero questo l’amore? Come si può amare chi non ci ama? Come si può desiderare qualcosa che di fatto non esiste? Eppure l’attesa intrisa del desiderio di un abbraccio d’anima ha la potenza di un uragano che niente può fermare. Un amore fatto di mancanza è capace di aggrapparsi alle nostre viscere e nutrirsi di illusione e briciole fino ad ucciderci o a rendercene schiavi. Una droga contro la quale non v’è scampo se non nell’avvelenarsi ingurgitando amari bocconi di realtà. Una poesia che è già luce in fondo al tunnel!
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bella.. quello che confonde è il titolo… peccato
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L’ha ribloggato su Alessandria today.
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ACCETTO IL REGOLAMENTO
Lo scarabocchio dell’insonne
Nella tragica regolarità delle faccende
c’è sempre qualcosa che stona,
quel gocciolio lento
che rallenta la veglia.
Incessante temere il giorno
in cui si avrà per davvero
qualcosa da dire e sarà cruento.
Sprezzante dello sciupio mi sparerò fuori.
Sentire e dire
hanno orgogli diversi,
quando decidono di parlare
si guardano negli occhi e stanno.
C’è una complicità diversa,
più interna stanotte e
mi piace pensare
di accarezzarti i sogni più bianchi.
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ah questo italiano mi ha convinto, grazie
c’è l’incanto del potere poetico della lingua italiana nel tempo e un sound personalissimo
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Grazie mille soprattutto per aver trovato qui la signora Poesia ❤
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Bellissima!!
Come il suono di una melodia lontana dal richiamo irresistibile.
Non riesco a dire altro, perché è SENSAZIONE PURA e quindi descriverla con altre parole che non siano le sue prorie, è davvero impossibile! ❤️
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Finalmente Lea è riuscita a far desistere Donatella! Siete meravigliose ❤
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Posso solo ringraziarti. Commossa ti ringrazio ❤
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❤️❤️
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Quando si è altrove, in un magico azzurro mentale, lo scroscio del reale stona, ma non distoglie. E la paura che albeggi il giorno normale, di quelli che si susseguono, prosciugati di ogni rivolo di poesia, è in agguato.
Eppur prevale il trarsi fuori per concedere un che di eternita’ al proprio nascosto sentire, così intenso e ammaliante da volersi tradurre in un esplicito dire. Esso sosta tra il coraggio e l’ orgoglio, per non restare imbrigliato nella malia degli occhi. E così gli argini si erodono e si può avanzare nella terra ambita. Per una volta i sogni bianchi non sono inviolabili.
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Bellissimo commento, ❤ grazie.
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Bellissima!
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Claudia ❤
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“Mi piace pensare
di accarezzarti i sogni più bianchi.” semplicemente stupenda! ❤
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Grazie ❤
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-Le tireur-
Prima :
Amo camminare da sola nella città. Sopratutto se ho bevuto il vino rosso. Mi sento bene .
Oggi:
Ma che freddo. Una città morta. La fucilata ha fatto 5 vittime. Non posso dire 6. Non ho il dritto di mettere il terrorismo tra le vittime. Non posso.
Per un caso drammatico io conosco il terrorista ?
Terrore
Io conosco la paura
Ieri:
Lui è morto
Io respiro
Come lui Lei, tu, come tutti
Perché non voglio incontrare la faccia brutta del terrorismo
Non voglio vedere la mia morte
No
O peggio
Quella dei mie bambini
ffirehC è morto,
dove lui è cresciuto
Vicino la casa vuota della sua mamma
Vicino la mia scuola
Esatto
Nella mia zona
Non posso dire vittime
No
Lui era un terrorista
Con lo sguardo pazzo
Lo stesso sguardo del ragazzo di dieci anni.
Lui. O Suo fratello…
Non mi ricordo.
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Una viandante delle proprie emozioni in una città minacciata dal cuore oscuro dell’uomo. Una poesia profonda per chiedersi se fra le vittime c’è anche la mano armata.
Conoscere, per via indiretta, l’attentatore, le sue farneticazioni, il suo non essere sul viale dell’amore.
Si puo’ seminare morte ovunque per le vie della città, anche nei pressi dei luoghi deputati alla vita. Accade quando si cresce come rovi, quando la pazzia sbuca dagli occhi. Cosi’ come non si può essere sicuri su chi sia stato l’ assassino, se il reale attentatore o suo fratello, in un tragico replicarsi di orrore.
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.. non c’è cosa più brutta che giuducare una poesia.. ma se sento una musica mentre la leggo, credo che ci somigli.. continua così.
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L’orrore fatto carne, occhi e vite spezzate.
Senza un perché, senza un motivo se non la logica tragicamente illogica della distruzione e della morte.
Comprendere è molto difficile. Perdonare, quasi impossibile.
Ma perdonare cosa, poi? e chi?, quando a seminare morte e lutto è un ragazzo o una ragazza che appena ieri erano bimbi lanciati a correre e a giocare ridendo tra la polvere delle strade, le macerie e il deserto.
La giovane età dei terroristi mi ha sempre sconvolto.
Carne da macello anch’essi, per i mandanti adulti che sono i veri responsabili.
Far leva su giovani menti e plasmarle per trasformarle in ordigni dell’orrore è la cosa più criminale e vigliacca che si possa commettere.
E se esiste un inferno, saranno essi a finire nel girone più in basso, quello dove la disumanità non ha confini… 😢😢
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Brava Isabella, per aver toccato un argomento così scottante e delicato che riguarda tutti. Un tempo si diceva: non portare mai un essere umano in una condizione in cui non ha più niente da perdere. Credo che questo mondo imposto da pochi, dove il valore di un robot supera quello umano, abbia portato anche questo: esseri umani che si trasformano in macchine di morte. Bello l’impatto rispettoso, riflessivo, personale.
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Un monologo profondamente toccante. Mi sono venuti i brividi. Ero lì tutto il tempo. Mi tremavano le gambe!
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MANTINICAS AMASEDADAS
Come un “Padre-Padrone”
che uccide la “Lìngua-Madre”.
Violentata e umiliata.
Tancada in d-un apostentu
sceti po cultoris abarrada,
o po poetas macus e fertus.
Ti nc’ant bogau amarolla
de custa terra,
chistionada de millant’annus
Cun petiadas in is manus
o cun bregùngia
di essi greza e inferiori.
Su Napoletanu fiat lìngua de Urreis
Su Venetzianu fiat lìngua de Doxis
Su Genovesu fiat lìngua de Doxis
Su Milanesu fiat lìngua de Viscontis
Totus declassaus a dialetus.
S’urrei piemontesu chistionàt frantzesu.
Cavour chistionàt frantzesu.
Stràngius issus puru, po s’italianu!
Totus strociduras de su fiorentinu dialetu
chi oiindi nd’at cancellau totu
is lìnguas italicas
Fortzis chi su Sardu
no est stètiu scritu e
fueddau a innantis de s’italianu?
Lìngua de pòpulu e lìngua de Urreis
Lìngua de Juighis: de Orzocco e Ospitone
in Condaghes e in Carta de Logu
Lìngua de Lionora, Marianu e de s’urrei Barisone.
Lìngua de is tempus colaus, dd’ant tzerriada.
Funt brintaus in sa modernidadi cun sa lingua insoru, is frantzesus.
Is ispanniolus puru.
Is tedescus puru.
Is olandesus puru.
Is portoghesus puru.
Tancada e incotia,
serrada e allogada, posta in-d-unu arrenconi
po no dda biri e no dda intendi prus.
Mantinicas amasedadas,
strocendi a atra genti.
Abetendi chi si donghint
sa nuxedda de pitzus
mancu prus bonus a
si ndi scabulli assolus.
—
SCIMMIE AMMAESTRATE
Come un “Padre-Padrone”
che uccide la “Lìngua-Madre”.
Violentata e umiliata.
Chiusa in una stanza
rimasta solo per cultori,
o per poeti matti e pazzi.
Ti hanno cacciato per forza
da questa terra,
parlata da millant’anni
Con bacchettate sulle mani
o per vergogna
di apparire grezzi e inferiori.
Il Napoletano era lingua di Re
Il Veneziano era lingua di Dogi
Il Genovese era lingua di Dogi
Il Milanese era lingua di Visconti
Tutti declassati a dialetti.
Il re piemontese parlava francese.
Cavour parlava francese.
Straniero anche lui, per l’italiano!
Tutte imitazioni del fiorentino dialetto
che oggi ha cancellato tutte
le lingue italiche.
Forse che il sardo
non è stato scritto
e parlato prima dell’italiano?
Lingua del Popolo e lingua di Re
Lingua di Giudici: de Orzocco e Ospitone
nei Condaghes e nella Carta de Logu
Lingua di Eleonora, Mariano e del Re Barisone.
Lingua dei tempi passati, l’hanno chiamata.
Sono entrati nella modernità con la loro lingua, i francesi.
Anche gli spagnoli.
Anche i tedeschi.
Anche gli olandesi.
Anche i portoghesi.
Chiusa e sigillata,
serrata e conservata, messa in un angolo
per non vederla e non sentirla più.
Scimmie ammaestrate,
che imitano altra gente.
Aspettando che ci diano
le noccioline dall’alto
neppure più capaci
di cavarcela da soli.
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La lingua di un popolo racchiude l’essenza del popolo stesso. Essa scrive nel tempo l’ abc del cuore collettivo.
Il dialetto, poi, smaschera dolcemente la sua anima e tutte le sue specificità. Rivela asperità, dolcezza, oppure propensione alla burla, alla pigrizia, all’ omertà e a tanto altro. La voce di un popolo va preservata e tramandata ai posteri per rendere esplicite le radici. Una poesia questa che denota amarezza e rimpianto per l’ amata lingua non valorizzata come avrebbe meritato.
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L’omologazione che avanza, l’appiattimento delle culture millenarie di popoli, di tradizioni legate alla propria terra. Le differenze che migliorano la cultura dell’uomo ed il suo sviluppo spaventano chi ha il potere di gestire ed influenzare le masse. Nuove forme di “imbarbarimento” impoveriscono l’intelletto dell’uomo.
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Le tradizioni linguistiche e le lingue originare dei popoli andrebbero preservate e tramandate mantenendole vive, e non relegandole semplicemente in uno scrigno al pari di monete d’oro.
Perché l’oro e i tesori sono freddi e morti, mentre una lingua è viva, e interroperne la naturale evoluzione significa davvero ucciderla.
Per fortuna esistono molti luoghi che di fatto sono bilingue, e continuano alla luce del sole questa evoluzione parallela del loro linguaggio locale.
Può darsi che tra non molto anche le attuali lingue nazionali verranno declassate a “dialetti europei”, a favore di una lingua astratta che avrà il ruolo di “lingua universale”, come già sta accandendo in diversi ambiti a favore della lingua inglese.
Ma purtroppo è un effetto collaterale del processo di globalizzazione, e porvi un argine è quasi impossibile, a meno di insegnare quelli che attualmente vengono chiamati “dialetti” anche nelle scuole.
Hai giustamente sollevato una questione importante che coinvolge non solo la lingua, ma anche la storia e l’identità dei popoli, nelle loro complesse individualità da preservare.🙂🌸
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Mi sono sempre chiesta perché a differenza di qualsiasi altra regione dove chiunque usa il proprio dialetto con orgoglio e naturalezza, il sardo pare essere una lingua di vergogna, da nascondere, da usare solo fra le mura di casa. Lingua di vergogna e ignoranza. Quasi un marchio di inferiorità. Io non sono sarda eppure amo questa parlata così musicale e colorata. Amo le immagini che sola fra tutte sa rispecchiare e la semplicità con la quale riesce a raffigurare concetti complicati in poche parole ma molto espressive. Io la farei studiare a scuola, a tutti, perché non vanno mai rinnegate le radici. Una pianta cresce bene quando le sue radici sono forti. Come possiamo evolverci e decidere in che direzione andare, se non abbiamo ben chiaro nemmeno da dove veniamo? Bravo! Bellissima!
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Grazie Marty!
Chi bolis ti imparu a ddu chistionai 😉
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Tema a me molto caro e per il quale lotto. La lingua è l’emblema di un popolo, l’eredità lasciataci dai nostri padri, solo gli ignoranti si vergognano delle proprie radici. Ma la nostra lingua (non dialetto) è un immenso tesoro culturale, una ricchezza da preservare cominciando a insegnare nelle scuole il sardo e la nostra storia sconosciuta a tanti. Quanti sanno chi erano Orzocco, Ospitone, Ampsicora, Mariano e la grande giudichessa Eleonora? Vi siete mai chiesti perchè la storia ufficiale volutamente li ignora? Il tema è complesso e non si può liquidare in due parole. Bravo Ivan, omine balente, scida is mantinicas amasedadas!
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BELLA! COMPLIMENTI!! c’è musica, c’è ricerca, c’è studio e cultura.. M’ESTI PRAXIA MEDA!!!
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… E NON SOLO… c’è profondità di pensiero!
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Gelato
Come dicono qua, un culo bagnato e nessun pesce preso.
La vita è un gelato,
puoi leccarla o lasciartela sciogliere tra le mani.
Il problema è che le cose calde si raffreddano
e quelle fredde si riscaldano.
L’orlo di una scogliera
non è il posto più saggio per allacciarsi le scarpe.
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saper “gustare” il momento senza troppe attese. avere la pazienza di attendere quando necessario.
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a passi brevi nel mondo del verso… deliziosa.
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Non so perché ma ho visualizzato alice e il cappellaio matto che fa un monologo apparentemente ironico, ma profondo, molto profondo. bella assai.
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Un’ode alla capacità di cogliere l’attimo cercando di immaginarsi fulmineamente cosa potrebbe diventare quell’attimo se aspettassimo un secondo in più.
Ma anche un monito a non essere mai incoscienti, a pensare bene a quello che si fa, perché in certi casi ci si mette un attimo a scivolare giù dalla scogliera…
Meglio indossare le scarpe col velcro, per girare il mondo cogliendo gli attimi che offre.
Una efficace sintesi poetica di come affrontare al meglio la vita. Bella! 😀🌸
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-Il sistema sbagliato-
La nostra è un’economia monetaria, basata cioè sulla moneta con la quale facciamo gli scambi, compriamo e vendiamo cose. Almeno in questa parte di mondo non c’è penuria di beni di consumo, di cibo e di servizi, ma i cittadini ne sono privati perché manca nelle loro tasche “il mezzo per gli scambi”, ossia la moneta. Sembra un’assurdità visto che la moneta oggi è tecnicamente illimitata. Vi dicono “non ci sono soldi” ma non vi dicono che abbiamo aderito ad un sistema, che per restare in piedi, ha bisogno di togliere moneta dalle tasche dei cittadini. Quando in una economia i soldi sono insufficienti, affinché essa funzioni bene, siamo in una situazione di rarefazione monetaria. La conseguenza diretta della rarefazione monetaria è la DISOCCUPAZIONE. Perché cos’è un disoccupato se non una persona che offre di lavorare in cambio di un reddito, quindi di soldi, quindi di moneta. Ma se nel circuito economico la moneta è scarsa, “i soldi sono pochi e non bastano”, ci saranno per forza disoccupati! Allora come è possibile pensare di restare in un sistema che impoverisce sistematicamente le persone? Che produce disoccupati, povertà e privazioni? Che uccide il lavoro e le aziende? Per uscire da una situazione di recessione è necessario che lo Stato SPENDA! Ma per spendere deve avere capacità di spesa, cioè deve essere emettitore di moneta, altrimenti come oggi non avrà soldi da spendere. È necessario immettere moneta nel sistema privato e quindi nelle tasche dei cittadini. Il problemi sono legati all’euro e ai Trattati che impongono politiche di rarefazione monetaria per mantenere in vita una moneta che dobbiamo prestarci!!! Per trent’anni abbiamo avuto classi politiche che hanno sempre avallato questo sistema, lo sappiamo. Ma una classe dirigente che tenesse veramente ai cittadini vi parlerebbe solo di questo, finché anche le pietre lo avessero capito. Non mi risulta ad oggi che ci sia questa intenzione, e allora come si fa a credere?
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Infatti stiamo assistendo in tutto il mondo a pericolosi fenomeni di proselitismo politico per fede, non per adesione ragionata e cosciente.
La politica, dopo il tramonto di ogni ideologia si sta trasformando sempre più in religione.
Pertanto, beati coloro che non credono ciecamente, e che riescono ancora a dire che il re è nudo quando è nudo davvero!
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Oggi più di ieri bisogna coltivare assiduamente il dubbio.
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Il problema è che non tutti hanno i mezzi per coltivare dubbi su tutto ciò che ci viene propinato, e non è solo un discorso politico, ma epocale. Io vedo anche persone di cultura fidarsi di certi politici e questo mi sconforta assai e assai.
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Il problema è proprio questo: il credere. Non c’è niente a cui credere se non ai propri occhi. Ci stanno invece manipolando mentalmente al punto che ci fidiamo più di ciò che ci viene detto che di ciò che viene fatto. Siamo burattini in un teatrino in cui comandano il Bianconiglio e il Cappellaio matto e dove i più preferiscono fare la parte di Brucaliffo, non a caso stanno pure legalizzando le droghe leggere! Eppure noi continuiamo a preoccuparci del sistema bancario e dei soldi, e invece che prendere in mano le nostre vite e smettere di asservirle al sistema, stiamo ancora a pensare a come poter fare a portare indietro l’orologio di 30 anni! —-mi ha ricordato uno dei monologhi di Beppe Grillo—quando ancora faceva il comico nei teatri invece che a Montecitorio!
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Parole sante
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-Ricetta della Felicità-
La rana pescatrice si sa, è una tentatrice!
Il calamaro poi, lui si che è un tipo raro!
Si incontrarono per via della patata e ridotti in polpetta sono rimasti intrappolati,
sigillati nella pasta ben tirata!
Aggrovigliati e bel salati hanno fatto un grande tuffo.
Han volteggiano e galleggiato, la salsa rosa abbracciato e deliziato il mio palato!
Oh raviolino, mio amato!
Il mio cuore felice ha ringraziato!
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Buon appetito!
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Deliziosa e ironica. Brava!
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Grazie Tania, mi scuso per il protratto silenzio e colgo l’occasione per manifestarti i complimenti per il tuo modo di scrivere che mi piace davvero tanto! C’è colore e verità! Davvero brava!
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Adoro le filastrocche, non sono per niente facili da comporre! Bella e… ho fame! 😀
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Wow!! La felicità è in tavola!!
Auguriamoci di poterne gustare tanta, di felicità, fino a non sentir più la fame… e di non avere mai l’impulso di ingozzarsi di cibo per compensarne la mancanza cronica.
Una filastrocca molto simpatica, e che fa pensare! 😀🌸
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Ciao Lea, grazie, ma non l’ho fatto di proposito, si è composta da sé in pochi minuti di leggerezza!
Scusami se non ho interagito prima!
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Grazie Donatella! Si, credo davvero che la felicità sia in tavola e ancora di più nel percorso che porta a tavola. La creatività in cucina, tra abbinamenti, colori e profumi porta in sé la felicità!
È un percorso sensoriale appagante dall’inizio alla fine!
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Troppo carina. Il cibo è per me fonte inesauribile di felicità.
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Grazie Claudia! Quindi siamo in due, ci comprendiamo!
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Nonostante non mi piaccia affatto la fine che hanno fatto quel povero calamaro e la rana pescatrice, non posso che complimentarmi con te per la leggiadria di questa ironica ricetta in rima, augurandomi che il prossimo piatto mieta meno vittime…;-)
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Ciao Marti! ti ringrazio per la leggiadria e ironia! Menomale che grazie al calamaro e alla rana ho trovato l’ispirazione. Purtroppo non sono ancora vegana…
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(accettato il regolamento… dei conti)
Caro Tavarish (avevano ragione Santander ma anche Cassius Clay…
un po’ prima d’ora)
sapevo ch’era tutta colpa di un’orchidea
silenzi e trame avvoluti nell’argento reo
di una selene indifferente che se la ride
e se ne sbatte tradendoti con sesso vacuo…
se so, se so, ma non in vero non so niente
(ora) baci filtrati da marchingegni piatti freddi
come iceberg transplutoniani, assiderano e senza limone!
(ora, giusto dietro l’angolo del mondo)
ci vuole l’ecocardiogramma per il pulpito
per comprendere che quel seme d’amore
non rimanga schiacciato da pesi farisaici
per quanto gravino, irreali, virus mentali
(ora, giusto un tempo un po’ più addietro)
dov’è andato l’uomo originale del peccato
da brigante edenico a svezzata capra social
e guardo il pescivendolo e non assomiglia
affatto a Spartaco, può mai un pescespada
avere l’inclinazione di uno xiphos oplita?
ma anche il fruttaiolo con le banane annerite
non ha l’esuberante petto di un Kunta Kinte
e nemmeno di un più selvaggio King Kong
ma anche il sacerdote intriso nei suoi dogmi
non ha la pasta di un Esopo e delle sue fiabe
e poi, tant’altreria di ingegneri, architetti e politici,
che ne sanno della schiavitù di un Cervantes.
(ora, un po’ più dentro l’immaginazione)
Dmitri, caro tavarish, che suono ha il tuo jazz!
Sì, le streghe russe, quella alla…ehm…Margherita,
giusto per intenderci, m’hanno sempre sedotto
Aaah… l’amore, è uno strumento del diavolo.
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Ma che bella la poesia sociale nella modernità! Mi affascina.
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😀😀😀 … è una sfida a trovare il bandolo di una matassa liquida?
… forse un velato invito a bere più (o meno) bevande dionisiache?
… o a sognare storie ad occhi aperti (o chiusi) percorrendo a ritroso la spirale del guscio di una chiocciola fino a raggiungerne l’essenza?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Ogni volta che la rileggo mi viene sempre in mente qualcosa di diverso, anche se non saprei dire cosa.
Un’illusione evocativa, potrei dire.
Oppure un nuovo modo di disegnare percorsi.
Interessante in ogni caso! 😀🌸
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Un giocoliere ironico/dada che racconta l’accatastamento disordinato da cui si fatica a trovare il senso e il bandolo del terzo millennio. Molto vicina al Realismo Terminale. Bravo.
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Bella traversata fra figure mitologiche e minute comparse. Favolistici accostamenti fra eroi datati e uomini omologati. Un paradiso arso dove l’autore si aggira, come un rabdomante, tra fruttaroli, pescivendoli e folle di farisei.
Ma l’ amore per Margherita, e non so perché penso alla canzone di Cocciante, quello no, quello rimane vero.
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Come una freccia affilata giunge fino al segno, profondamente scava e scolpisce quel senso di nebbiosa instabilità di cui tutto ciò che ci circonda si è vestito. Possiamo recitare, fare gli avanguardisti, giocare a mosca cieca, non curarci degli altrui gusti eppure quel senso di amaro rimane e la perplessità che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato pure. Mai giudicare! Ma osservare e scegliere, questo si! E poi, se esistono bene e male, perché mai non dovrei pensare se ciò che vedo porta bene o male? Mai giudicare! Ma osservare e scegliere, questo si!
“l’amore, è uno strumento del diavolo.”—Caro Tavarish…..sei Geniale!
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A SIMULAR SORRISI
Il delirio, dolce estasi di molte notti
svanito sotto la scure delle misure grigie
le parole, pegni d’Anima, ora imbavagliate, la musica tace.
Nel silenzio Morfeo tarda a rapirmi
mi lascia anche lui , sola a far conti
Contare il peso della mia bocca, delle mie carezze
e ancora contare
il fuoco sulla mia pelle e nelle mie parole
E conto uno, due, tre i mille brandelli dei miei voli onirici
(ora mi accorgo voli solitari)
La luce all’alba mi accoglierà
a SIMULAR SORRISI
DISSIMULARE LACRIME
I piedi saldi a calcare le strade
dei percorsi che mi attendono
le mani, solo impercettibili vibrazioni, operose e ferme
la mente lucida, gli occhi asciutti
Il dolore ha mille facce
le rivedrò tutte ogni mattina nello specchio
prima di rinserrarle nello scrigno
le guarderò negli occhi
mi riconoscerò con compassione
avrò amore per le infinite sottili rughe, che la pena disegna sul viso
varcherò i confini
e la dove si incontrano oblio e memoria
fermerò il tempo
sul volo di un aliante
sull’icona dei messaggi
sul tasto invia ricevi
sul rosso in un calice
sulle note malinconiche di una ballata
smetterò di SIMULAR SORRISI
DISSIMULARE LACRIME
Ritroverò l’Anima?
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Bravissima Teresa Addis..👏👏👏👏
Sto pensando che in questo periodo la poesia abita la mia vita
questa la dedico a ogni donna
Il coraggio d’amare
Si! Ci vuole coraggio ad amare
se ami … devi mostrarti così! come sei
devi dismettere gli abiti
non coprirti di madreperla
mostrati nella pelle dell’anima
così … come fa l’acqua
nel suo misterioso corpo che luccica
persino al buio, quando nella notte
ogni bagliore di stella
si precipita mostrando il suo cielo
si! Ci vuole coraggio
a mostrare le spine
i brandelli di carne rotta
le rughe inzuppate di maestrale
e, il deserto interiore
dove solo la poiana
conosce il sentiero
si! Ci vuole coraggio
perché quando sei ferita
non devi per forza perdonare
e, far finta che niente sia successo!
urla! Trema senza ritegno
fai trasparire il tuo rosso rubino
che accende i sentieri del corpo
ogni fuoco che arde
d’amore brucia
rompi gli argini così da essere
antico canto, splendore e intelligenza
bellezza senza confini
sei vasellame scelto da Dio
affinché la vita sia narrata
dal tuo ventre innalzata
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La simulazione – in negativo o in positivo che sia – nasce sempre dall’esigenza di nascondere il dolore.
Ma nell’inganno del dolore può celarsi un’essenza di salvezza, a cui si può chiedere un passaggio per volare in cielo aggrappati alle sue ali… Molto bella! 😀🌸
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La sensazione di inadeguatezza a questo mondo, l’aridità, la solitudine, il tempo che passa e non ritorna. Mostri, che tormentano le nostre notti e spesso i nostri giorni. Pene che ci impediscono di essere perfettamente al passo con le esigenze di questa vita, con le richieste di fermezza, solidità e lucidità mentale che i nostri ruoli ci pretendono. Vite come reclames che rappresentino la perfezione, sorrisi e contenute reazioni per ogni occasione. Farse come e vite che indossiamo al mattino. False come le aspirazioni imposte dagli stereotipi di massa. “SIMULARE SORRISI E DISSIMULARE LE LACRIME”: il primo passo verso il baratro del non ritorno! Siamo anime! Giù le maschere! Mai dimenticarlo! Grazie
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La trama di una vita da ricercare dentro cio’ che si è perso o si è a lungo vagheggiato. Delle estasi, dei deliranti sogni non rimane altro che il grigio. Esso, come insonne sonnambulo, scolora le tormentate notti. Parlare qui del giorno equivale a descrivere la maschera che bisogna indossare la mattina per poter praticare l’ esercizio della vita.
E ancora dei medicamenti quotidiani che consentono di evadere il pressante dolore. Come quando si cede a un buon bicchiere o si cerca un po’ di compagnia attraverso la tastiera.
Ma poi preme sempre all’ orizzonte del cuore la dualità oblio e memoria. Il tempo forse, con un atto clemenza, concederà il privilegio di far ritrovare l’anima smarrita.
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Bella, bella, bella. Il ritrovarsi attraversando il dolore, tra le mille rughe conservando tutto nello scrigno, fino a smettere di simulare sorrisi e dissimulare lacrime. E sì, l’anima l’hai già trovata!
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Mi piace molto! Brava.
Il dolore può creare eccellenti dussimulatori.
Ogni cosa è distorta, diversa da sé e nasconde la verità, troppo fragile per rivelarsi.
Bella bella!
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Errori di lettura.
(Scintilla)
Il corpo in preda alle fiamme
si ribella. Si dimena.
Accende focolai ovunque
come quei razzi d’emergenza
lanciati in estrema difficoltà.
Se non mi vengo a salvare
diventerò una terra di cenere
e lentamente affogherò in questo pantano.
I secondi canditi con moto dolce e irregolare
ticchetteranno le coste. I contorni erosi
ogni riva inghiottita, i porti
dei poeti fantasmi.
E così perdo una mano, metà della bocca
la lunghezza del femore, le giunture degli arti che li fanno muovere.
L’uso emotivo della lingua.
Mi scioglierò
fino a diventare un’acqua che scorre via.
Resterà poco di me.
Sarò una molecola fra tante,
una gocciolina che ti arriverà sul viso
quando guarderai il mare d’inverno.
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Fondersi nella poesia fino ad annullarsi e liquefarsi non è facile… e rasenta lo stoicismo dell’anima.
Però è proprio grazie a quest’intensa fusione che gli incendi citati nella prima strofa si possono circoscrivere e domare, affinché non facciano danni ma al contrario regalino calore al cuore stanco.
Molto bella, di un lirismo nuovo e proiettato verso l’astrazione. Mi piace davvero molto!! 🙂
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Una poesia esistenziale, un introspettivo esercizio di riflessione sull’essere al mondo. Ricerca poetica soave del tormento e dell’ erosione che ci appartiene. Vivere vuol dire perdere pezzi importanti
nel corso degli anni, ma anche saper stanare delle risorse per poter stare al meglio nel proprio spazio vitale. Fantastica è la chiusa
con questo affidare la propria minuscola immortalità a una goccia del proprio sé; deposto su un viso amato.
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Stupenda!
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Tutti assieme, UNITI dall’Olimpo delle EMOZIONI
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Questa bellissima poesie mi si addice molto, attualmente.
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Amore allo stato puro. Quella gocciolina è l’essenza stessa di quell’amore. Molto bella
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Molto bella!
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Grazie a tutti=)
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Che bella! La poesia che danza!
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-L’ epica degli stivaletti-
All’improvviso mi vengono in mente gli stivaletti bianchi.
Me li comprò mio padre. Li guardavo rapita ogni giorno poiché me
ne ero innamorata a prima vista.
E però non potevamo permetterceli, ma mio padre a volte uccideva i suoi problemi con piccole follie.
Entrammo nel negozio e li richiedemmo.
La commessa li tolse dalla vetrina con gesto quasi rituale.
Erano l’ultimo paio di quel modello.
Mio padre cavò di tasca il portafoglio e, nel pagare, pensò che la commessa era proprio una bella signorina.
Mi accorsi che si aggiustava meccanicamente la cravatta.
Gli stivaletti scesero dalla mensola e mi calzarono i sogni.
Decisi che li avrei tenuti da conto. Questo ricordo ne reca tanti altri a latere. Si accompagna al tedio delle macchinose mattine della mia adolescenza priva di paradiso, agli innamoramenti frequenti e sconsiderati di quell’età, alle partite a scacchi col mio io sconquassato e introverso.
Gli stivaletti bianchi erano bellissimi: vantavano un candore innocente che nulla aveva a che vedere col mio piede numero trentanove.
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Un racconto semplice e sincero come un ricordo incastonato nel diadema di guai della propria adolescenza.
È l’età in cui non si ha ancora sufficiente esperienza per affrontare indenni la vita, ma è tutt’altro che un’età ingenua – esattamente come non lo è neanche l’infanzia.
Si costruiscono castelli in aria, è vero – com’è vero che ci si adira, si botta, oppure ci si chiude a riccio per un nonnulla.
Un niente se visto con gli occhi degli adulti, ma è un oceano visto attraverso il cuore e gli occhi di un’adolescente.
Viva gli stivaletti bianchi, quindi! che ti hanno regalato un momento di gioia concreta – squisitamente privata – che ai tempi ebbe dell’incredibile. 😍🌸
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Grazie Donatella Sarchini
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Mi piacerebbe leggere gli altri racconti. Una lettura bellissima, che mi apre la porta ai miei ricordi. Grazie.
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Grazie Lea de Cristofaro
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Che incredibile tuffo nell’inconscio! Il rapporto d’amore con il padre in una donna rappresenta il nucleo più profondo dell’autostima. Rivelatore parlare del numero trentanove di piede, come qualcosa di spropositato; avrebbe creato lo stesso disagio un trentasei. L’ infanzia e gli attori principali intorno ai bambini, definiscono per sempre chi saranno da adulti. Tema da approfondire all’infinito. Congratulazioni Antonietta!
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Voglio dire il mio profondo grazie a Tania Di Malta per aver qui esposto il flusso che intercorreva tra me e mio padre. Mai amore fu per me più dolce.
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I ricordi della nostra infanzia sono pietre miliari sulle quali costruiamo la nostra esistenza. Bello il ricordo di tuo padre che anche se non può permetterselo compra gli stivaletti per farti felice. Gli stivaletti bianchi, hanno un che di magico, di puro, di onirico a dispetto di quel 39 che ti tiene con i “piedi per terra””. Ci si poterebbe scrivere una fiaba! Brava, hai risvegliato in me dolci ricordi.
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Patrizia Falchi, mi hai riportato la dolcezza della fiaba che è in questo ricordo. Te ne sono grata.
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Mi piace come il ricordo di un oggetto comune evochi un universo di emozioni contrastanti come quelle adolescenziali. No, non erano per te un semplice oggetto. Gli stivaletti bianchi erano per te speciali.
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Emozionante per me questo commento. Grazie Diego Siconolfi.
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Emozioni che si ricompensano tra loro
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Mi piace moltissimo questo racconto. Trasmette perfettamente il disagio adolescenziale nel ritrovarsi quasi improvvisamente né carne né pesce, né piccoli, né grandi, alla ricerca spasmodica e spesso dolorosissima di una propria identità, di un posto nel mondo. Parli di te adolescente in pochissime righe pregne di compassione, questo mi commuove almeno quanto quel bel paio di candidi stivaletti numero 39 regalati da tuo padre, alla faccia dei problemi.
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Sì è vero, molto dello spazio narrativo di questo racconto è occupato da mio padre che rimane figura di primo piano anche nel mio cuore. A distanza di tanto tempo ancora mi commuove il ricordo di questo dono fattomi con grande sacrificio economico. Bellissimo il tuo commento, Claudia Magnasco.
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Che bella sensazione sprofondare nei ricordi dell’età adolescenziale. Quel periodo magico in cui ogni bruco si fa crisalide per poi divenir farfalla. Quell’amplificatore di emozioni e innocenti passioni, impregnato di insicurezza e curiosità. Quella laguna blu dell’anima di un tempo evanescente in cui tutto è impossibile essendo ancora possibile. Un balzo indietro nel tempo. ❤
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BluesMarty, ti sono grata di aver colto con tanta profondità le mie emozioni.
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Bellissimo questo pezzo. Un guardarsi dentro sospesi tra la dolcezzadei ricordi e la consapevolezza di oggi.
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Scintilla Elis grazie di aver colto il legame tra il mio passato e il presente.
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Accetto il Regolamento
Ma non ci stai
un bartezzaghi incompiuto
per giunta cosparso
di semi di zucca svuotati
è la prova che mi sto sforzando
e ciononostante
l’unico mare che mi viene in mente
sei tu. Ma non ci stai.
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Molto bella e intensa, questa tua brevissima lirica, Claudia – e anche molto triste.
Ma di una tristezza lucida, che sfiora appena se stessa per raggiungere un’ironia salvifica, che è la sua vera meta.
Il pensiero vola e va, e non lo si può imbrigliare, proprio come non si può ingannare il cuore.
Mi piace molto, perché è un inno all’autocomprensione e alla resilienza; e un simile impegno merita davvero di avere tanta, tantissima fortuna!! ❤️
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Tanta profondità. Meno male che abbiamo Donatella che mi aiuta a dipanare alcuni quesiti interpretativi. Grazie a entrambe ❤
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Claudia per me è assai ermetica e al tempo stesso limpidissima, Giuseppe.
Trovo le sue sintesi emozionali terribilmente efficaci! 🙂
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È un cruciverba, Zose. Non un rebus ❤ Ti adoro, Zose. E adoro te, Donatella, grazie sempre ❤
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Come sempre profonda e sintetica ❤
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Un gioiello!
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Grazie per l’apprezzamento, Tania.
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Grazie Lea! ❤
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La prova che il mare delle emozioni non si può imprigionare, che la mente non si può vuotare, che anche sputando fuori e sfogando ciò che abbiamo dentro, non sempre accade ciò che vorremo accadesse. Mai arrendersi, mai prendersi troppo sul serio. L’ironia spesso è l’unica ciambella di salvataggio quando le cose non vanno come vorremmo<3
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Poche righe. Quello che leggo io è un cruciverba non finito nonostante lo sforzo per finirlo e quel mare da te tanto amato che però non c’è. Triste però consapevole. Ed è la consapevolezza che spesso leggo nei tuoi versi.
Mi piace assai!
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Accetto il regolamento.
CAMERE DI SICUREZZA
di Mixa Fortuna
Silenzio tremante scontato silenzio profondo caustico
Folle silenzio secco silenzio tombale secolare silenzio imposto notturno e diurno silenzio assoluto Silenzio
a scacchi relativo silenzio contrito
silenzio infranto acuto silenzio stordito mestruato accorato silenziosamente accordato silenzio.
C’era l’albero delle cose non dette. C’era chi ne mangiava il frutto, chi si convinceva di non esserne patito, chi eiaculava sui fogli quella porcheria.
(Ha una cassetta di legno sulle gambe. Lui è seduto nel bagno, curvo su un giornale.)
Chissà perché in mezzo ai pensieri sei sbucato di nuovo tu stasera. Le parole vogliono solo parlare con te. Dimmi solo questo (si rivolge alla porta del bagno) perché non ti decidi ad andare?
Ogni volta che mi volto da te arriva in picchiata un rapace, e mi cava il cuore dal petto. Ma quello ricresce e ha voglia di palpitare più di prima, d’irrorarmi le vene e viene di nuovo quel rapace e sfondandomi il petto ne strappa un cuore appena nato.
Senza mai riposo io con te do alla luce un cuore da razziare, senza requie aspetto di ricevere.
Forse a un certo punto tesoro, mia delizia, ho perso le tue tracce, tu certo non me l’hai perdonato o non te ne sei accorto comunque non mi hai chiamato e la solitudine
rapace
ha iniziato a sorvolare la mia testa.
Vorrei poter credere che mi sorprenderai con il tuo amore negli occhi domani e il tuo e il mio amore convergeranno come due che s’incontrano per caso sulla stessa panchina. (apre in uno scatto la cassetta, guarda dentro per un lungo attimo, richiude di scatto)
Mi si storce l’anima. Non voglio guardare fuori. Fuori dove guarda la roba stesa. E io invece lo vedi come sono, io, mi faccio pigliare in volo dalle serpi parlanti e mentre dicevi che volevi stare un momento da solo io vedevo la casa vuota e al davanzale della finestra guardavo la rosa e in quell’attimo tutto
tranne la rosa
tutto
è deserto.
Non ho nulla da rimproverare. C’è chi ascolta perché condivide e chi ascolta perché vuole dividerti. E rendere l’altro utile per se stesso.
Mi hai fatto scoperchiare pietanze raffinate per te. Avresti potuto avvisarmi che avevi solo fame. Avevo quello che faceva al caso tuo, una minestra di ceci delle migliori. Ogni stella mi riporta da te appena butto indietro la testa. In questa notte fredda. Cungelada. Mi manca il respiro. I lombi chiedono spiegazioni. È il loro pianto notturno. Ai sogni desti mandati al diavolo.
Ave Maria tu che sei nei cieli e di lì non ti muovi, dimmi come si fa a restare immobili!
(Lui esce dal bagno. Restringe il cerchio fino a sedersi accanto alla sua sedia. Lei non resiste. Lo abbraccia. Lui ne approfitta. Un groviglio erotico frenetico frettolosamente si conclude con un lungo sospiro di lui che si stacca da lei e torna in bagno. Lei è una statua rigida. Abbruttita, fremente ancora, ma gelida. Sempre immobile. Alterna momenti di pianto convulso in cui entra in stato confusionale a momenti di lucidità in cui parla/:
Sono il galeotto delle ore assicurate
si sta comodi relegati
Il secondino mi tratta bene quando entra a pulire il bugliolo.
Sono il forzato dalle gambe rotonde ho chiesto asilo e mi è stato concesso qui sconto il fio della mia anima incapace
non potevo farcela da sola, un carceriere mi ha offerto la sua forza e il suo piede sulla mia testa.
Si sono erette muraglie tra me e la vita.
Quando cerco di scappare nemmeno allora lui mi tocca
tortura le mie voglie fino a farmele evacuare nel bugliolo.
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Se l’infelicità ha tanti volti, questo mi sembra uno dei peggiori.
Quando un amore è solo un crudele tiro alla fune tra chi è più forte e chi è più debole, non è mica amore.
E’ un semplicemente un crimine, anche senza spargimenti di sangue.
Ma le catene si possono anche spezzare.
Amenoché uno dei due non le abbia scelte inconsciamente, unendo la propria vita a quella di un fabbro di mestiere.
E allora son guai, ma guai davvero seri…
Questo racconto mi fa venire in mente diversi fatti di cronaca in cui la vittima non è nemmeno riuscita a chiedere aiuto.
Chissà quanti secoli dovranno ancora passare perché certi condizionamenti possano esser davvero superati, e certi rapporti evitati come la peste, fin da subito, perché riconosciuti all’istante dal cattivo odore…
Una tristissima testimonianza di quanto complicato sia prevenire o curare certi tipi di violenza perpetrati a danno delle donne da secoli.
Un’interessante pièce teatrale, di grande impatto “vaccinale”, da proporre per il 25 novembre, in occasione del giorno di lotta contro la violenza alle donne! 🙂
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Questo brano mi ha rapita. Ho inciampato all’inizio in una prosa convulsa, dove figure eteree si scontrano con altre taglienti.
Ma poi ho sentito il bisogno di leggere e rileggere per cercare di compenetrare. Ho ascoltato, avviluppata, il palpito di un sentire profondo.
Ho intravisto, nelle parole, il quadro di un incoscio scoperchiato, con tutte le sue sbavature, che rappresenta un sogno nel quale le mostruosità un po’ spaventano, un po’ affascinano. Alla fine il tutto rimane enigmatico come in un delirio, come in una poesia.
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Grazie infinite per le vostre osservazioni, c’è ascolto attento e questo è un dono.
La pièce è qui al suo inizio. Vuole mettere in azione un’anima, che parlando si libera lentamente. Attraverso il soliloquio, che in termini scenici può essere un parlarsi addosso, lei si affranca, riprende il controllo, l’esercizio della linguistica interiore la rimette alla luce, la libera da una relazione a vuoto restituendola alla sua creatività.
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Grazie a te per l’ esercizio di pensiero di cui mi hai fatto dono.
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Attendo con curiosità il completamento della tua pièce, e sarebbe davvero molto bello vederla recitata! 🙂
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Fantastica! L’amore che si fa follia, schiavitù, patema, violenza verso se stessi. L’amore che non è amore ma veleno. Un carro che ti trascina nel baratro calpestandoti la dignità, le viscere, le membra tutte.
Un dramma che avrei voluto non finisse tanto m’ha catturata. Mi lascia assetata di vederlo su un palco insieme al suo prosieguo.
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Molto forte e bellissima proprio nella sua forza e intensità
Cruda, fragile, tormenta di bisogni, sogni e paure.
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Accetto il regolamento
-Responsabilità-
L’altro giorno ho incontrato Dio.
Ha detto che non c’era bisogno
d’incolparlo della mancanza,
verso i sogni
non andare in fondo.
Nascondersi nella morale,
è cosa da umani
accusarlo.
Di non credere più in lui
mi ha suggerito,
senza pensare a malelingue,
che del futuro coraggio,
evidenza di forza saranno.
Gli ho chiesto se posso
essere libero di fare
e mi ha risposto
quello che voglio.
Fantasticando
non ci ho creduto
ma il futuro trattenevo,
finché un amico mi ha reso
quello schiaffo che da tempo
mi doveva.
Allora ho capito.
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La verità può far male, ma è salvifica.
Niente è così potente quanto ciò che ci ferisce anima e corpo per davvero.
Anzi, più il corpo che l’anima, perché il corpo tutti ce l’hanno, ma l’anima non so.
L’anima viaggia. A volte cerca Dio, ma a volte no.
Il corpo si connette all’anima solo quando prova dolore di persona, e proprio per questo avere indietro uno schiaffo dovuto può aprire gli occhi e anche salvare l’anima.
Molto bella!!
Profonda e tagliente come un coltello, usato non per aprire una nuova ferita, ma per estrarre il proiettile che ci abita dentro. 🙂
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Il buon Dio è sempre nell’ immaginario di ognuno, fin da bambini. In questa poesia il Sommo assume sembianze divine perché lo si percepisce disincantato e liberale. Il creativo, dopo aver creato, deve lasciare andare le sue creature. Mi pare che qui ciò avvenga. Dunque il poeta, in questi versi, a sua volta ha creato il Creatore.
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La morale degli uomini e la morale di Dio. L’ evoluzione di un uomo nasce sempre da momenti di crisi. Il tortuoso sentiero verso la consapevolezza implica l’ assumersi delle proprie responsabilità.
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Non avevo letto questa tua lirica quando ho scritto il mio racconto, ma i due scritti potrebbero tranquillamente integrarsi e fondersi, Semplicemente abbiamo colloquiato con la nostra essenza, perché essa è divina. Un confronto che unico può portare ad una maggiore consapevolezza. E chissà se quell’amico non sia un alter ego della coscienza. Mi piace molto!
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Come una marea accarezza la superficie della battigia e al contempo ne spettina i suoi grani coi suoi flutti. Questo è la vita! e domandarsi di per come e quando il senso di tutto cio’ che accade prenda forma e soprattutto perchè così e non in altro modo. E Dio, Dio ovunque e dappertutto e sempre, sempre lui, sempre lì o mai là. Quanto tutto sarebbe più semplice se l’incotrarlo o il credergli ci esimesse dal guadarci allo specchio e puntarci il dito contro per i nostri errori e le nostre scelte, soprattutto quelle sbagliate, soprattutto quelle che ci si ritorcono contro. Ma come l’ondeggiare dei pensieri sulla battigia delle nostre emozioni ci scompiglia il cuore e a volte la mente, così Dio, che pare apparire e scomparire, in un eterno nascondino, a volte ci schiaffeggia ed altre ci consola mostrandoci allo specchio nient’altro che noi stessi nella nostra nuda essenza. Questo è ciò che dovrebbe essere, ma forse lo è solo per chi non credendo crede che questa vita sia di più di un freno a mano tirato, ben di più di uno schiaffo restituito. Ma tu lo sai dire con molte meno parole ed è per questo che Ti adoro! ❤
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Bellissima. Riesci sempre a centrare il cuore.
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Grazie Elis, forse è il cuore che mi centra… o forse non c’entra… ❤
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Accetto il regolamento- Roberto Marzano
20.08
La verità è che nulla è vero
c’ero, io, acceso
sull’altare immondo della concupiscenza
nera notizia gettata in pasto agli ignari
ovatta pregna di sangue catodico
stipata a forza in pertugi irrisi
da clamorose voragini colmate appena
dall’intorpidito pollice sul telecomando.
Lo sporco gioco che propinavano astuti
era solo una angusta, bieca scusa
perché ammutolissero occhi di pietra
dinanzi allo spot delle 20.08
spettatori ingordi dell’altrui disgrazia
un solo brivido pavido d’immedesimazione
duro di freccia aguzza piantata nello sfiato
delle vertebre lombari prone sul divano
poi un vuoto pneumatico
e l’irrefrenabile moto insano
di ingurgitare a grosse cucchiaiate
la nota pietanza “pronta in 1 minuto”
al “gusto-novità”… di carne umana!
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Ogni giorno ci propinano media-pietanze con una percentuale sempre maggiore di condimenti e spezie.
E quando il livello di saturazione è sazio… alè! ecco che corrono già ad alzare l’asticella. Altro giro, tenetevi forte, altro regalo!
Ma per fortuna a non tutti piacciono le spezie di quel genere.
Altrimenti saremmo già morti di cannibalismo tutti quanti.
Per fortuna qualcuno ogni tanto mastica il telecomando e lo riduce in briciole, per evitare problemi gastrici e di digestione.
Non è necessario diventar luddisti per digerire il mondo – però a volte, in casi estremi, aiuta.
Bella, corrosiva. Mi piace molto! 🙂
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Non siamo più inorriditi da una società disumana a cui viene somministrato quotidianamente un forte anestetico culturale.
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È qui rappresentata una lauta parte del mondo mediatico in tutta la sua tragicita’. Quel pusher maledetto che spaccia la droga della bugia a uomini robot, talmente assuefatti, totalmente deprivati del pensiero divergente al cospetto di eroi di cartone, di blasfemi santi, di una pubblicità ruffiana e ingannevole. Le notizie falsate sono oramai pane quotidiano, travisate spesso perche’ la borsa mondiale crolli e
l’uomo più inutile sulla terra non si senta un perdente.
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“la verità è che nulla è vero” – Un profondo senso di solitudine pervade chi si strappa dall’anima la nebbia confusiva dello Spirito del tempo, della mondanità mediatica che si nutre di massa, rendendola commestibile, commerciabilizzabile. Quante volte, troppe volte, siamo noi stessi ingranaggi, rotelline in moto perpetuo e immemore, di quello stesso ingranaggio. Forse ci sono concessi solo brevi attimi sospesi di lucidità e Coscienza, attimi che ci affrettiamo a scacciare con forza e determinazione, ché può far impazzire una visione nitida di Noi che mangiamo i nostri simili, ci nutriamo delle altrui angosce e pene per sentirci al sicuro, per sentirci salvati. Forse lo sguardo poetico svela e dis-vela.
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Mi è venuto in mente lo spot di Save the children, ma potrebbe non azzeccarci nulla. Testo notevole, originale e molto crudo, come piacciono a me i testi che raccontano di questa epoca beffarda e così tanto marcia.
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Parole come carne cruda. La stessa carne macinata, marcescente, flautolenta che subdolamente il mondo par chiedere a gran voce. Eccola, condita fino a renderla commestibile, fino a renderla droga irrinunciabile, fino a renderla essenza stessa della quotidianità. Un abominio cui tutti si adeguino fino a farne silenziosamente parte, mentre un tifo di parte ne canta e decanta le odi e lodi. Grazie per averla messa sul piatto, così che io ricordassi perchè di tale macello non desideri far parte.
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Che spettacolo di poesia! Per adesso, fral le mie preferite!! Complimenti
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L’umanità che involve nelle proprie contraddizione. Ha fame di carne umana, di stragi e poi diventa vegana per urlarlo ai quattro venti e alimentare l’ego, sempre più affamato di Vuoto
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Accetto il regolamento
6/12/2018
-Rosario Di Modica –
Il pensiero unico
Così improvviso, gli occhi spalancati
Il fiato corto, il cuore giunto in gola,
mi sveglio da quei sogni dissennati,
da quel torpore che non mi consola,
che il passo cede a consapevolezza.
Io sono un uomo! E grido nella notte,
a squarciagola; l’urlo di contezza
fende le nubi dense, taglia, inghiotte.
Non fui di me sovrano fino ad ora,
felicemente schiavo di padroni
feroci, occulti. In mente ormai dimora
solo un pensiero: basta coi copioni
da altri segnàti a sangue nel mio libro.
Ma quei paraocchi fecero a me credere
il mondo piatto e triste, e già mi libro
sopra montagne e valli; e mai più cedere.
Ora so quale tragica illusione
quale chimera, quale schiavitù
fosse il cercare soldi o religione
al posto dell’amore o di virtù,
come galline starnazzanti chiuse
in un pollaio in lunga triste attesa,
o come stolte pecore recluse,
la vita a un filo sì sottile appesa.
Non c’è nessuna alternativa, dici.
E ci credevo, Tina, fino a quando
non vidi tutti gli uomini infelici
per quel pensiero unico vagando.
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Grazie Rosario! Un invocazione al risveglio globale, in atto.
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Il pensiero unico oppio dei popoli. Illusioni di felicità in un mare di insoddisfazioni e tristezze. Bisogna cambiare rotta, andare controvento consapevoli delle proprie virtù per poter innalzare con fierezza la bandiera della dignità.
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Mi piace!
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Accetto il regolamento – Davide Lederman
Questo mondo è un’enorme macchina
e ai suoi ingranaggi sono rimasto in mezzo
deve pur esserci una tecnica
per uscirne tutto in un pezzo
o un qualche artifizio artistico
per sfilarmi da intorno al collo
questo giogo capitalistico
o fa tutto parte del protocollo?
Dev’essere un’errore o uno scherzo
su questa biga non c’è servosterzo
forse è un difetto di produzione
forse una strana allucinazione.
Son diventato tutt’a un tratto matto?
Nessun altro ci vede un ricatto?
Mi chiedo se per una distrazione
con lo sguardo fisso su un muro vuoto
senza la forza di mettere a fuoco
o con la testa tra le tinte nuvole
rosse come ghirlande di calendole
non ho fatto abbastanza attenzione
mancando qualche avviso o spiegazione.
E così ora mi ritrovo vuoto
e per quanto il capo mi percuoto
non so com’è che ho perso ogni emozione
ancor non riesco a darmene ragione
da solo io non trovo soluzioni
forse nel libretto delle istruzioni?
è normale sentir male ovunque?
Eppure avevo deciso comunque
che avrei presto dato le dimissioni
non sono tagliato per certe mansioni.
Eppure giorno e notte ho studiato
e per far bene mi sono applicato
e ora cosa mi sta succedendo?
sento che a poco a poco sto svenendo
respiro piano senza far rumore
sperando che non sentano l’odore
della mia irriducibile passione
condannata e in contumacia
nell’angolo di un profondo androne
come una fogna sudicia e marcia
nei meandri della mia coscienza
così ben nascosta che anche io
stento a percepir la sua presenza
sarei anche pronto a dirle addio
se fossi certo che rimasto senza
si affievolisse questa sofferenza
ma solo a pensarci mi muore il cuore.
Continuo a scervellarmi invano
su come cessare questo dolore
ma infine attendo sempre la mano
di qualche improbabile salvatore.
L’infanzia felice è un tempo lontano
rimane solo uno sfuocato alone
come una fotografia sbiadita
come il ricordo di un vecchio cartone.
Riporta i giorni di gioia infinita
di cui era fatta la mia vita
ormai svanita, decostruita.
è veramente così sbagliato
seguire le proprie inclinazioni
e ignorare le imposizioni
di un sistema che mi ha solo sfruttato
che scarta ogni frutto un po’ ammaccato?
Mi chiedo se mi sono solo perso
nella magica melodia di un verso
ma sebbene debole e fioco
ecco che in me si fa strada un fuoco
di genesi rivoluzionaria
c’è un vento diverso nell’aria.
Forse infine una candida mano
ha raccolto il mio flebile richiamo
e nel calore del mio primo amore
vedo il cielo riprender colore
e rianimarsi l’antico bagliore
desiderio di un destino migliore.
Ho finito di mendicar pietà
sono un rifiuto della società
sopravviverò alle sue torture
non baratterò con lei la mia anima
per abbassarmi a un’esistenza anonima
come la più misera delle creature
alle truffe sono ormai avvezzo
la mia felicità non ha prezzo
vivrò ogni singolo giorno al massimo
anche se dovessi essere l’ultimo
a sceglier la strada meno battuta
con il rischio di lasciarla incompiuta.
Il mio cuore un tempo assopito
si è posto un quesito proibito
e affidatosi alla speranza
che ha dato un senso alla mia devianza
attendendo l’alba dopo la notte
viaggia indomito verso nuove rotte.
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Wow!!
Questo tuo uso sincopato, esagerato, e quindi assai ironico e spiazzante della rima mi piace!
Lungi dall’essere un ricalco del passato, questa lirica è sufficientemente dissonante – anche nei significati – per essere evolutiva e dissacrante.
Un bel racconto nuovo, che si snoda lungo un kilometrico tunnel lirico old style, per riuscire a superare il monte perforandolo, desiderando scorgere all’uscita nuove stelle! 🙂
Molto bella!!
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Un odissea della rinascita, un fiume di pensieri, dubbi ed emozioni, che stretti lungo il traforo che dai pensieri giunge all’anima, cercano impetuosamente una via d’uscita. Fluido, morbido, musicale eppure così affilato e pungente. Brina che si scioglie al sole dopo una ghiacciata alba invernale. Genesi di un’anima che ha deciso finalmente di vivere . Bravo! Mi piace molto!
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Beh. Questa è classe!! Molto bella e io non amo le rime!’
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accetto il regolamento
“Ad un certo punto”
Solitamente i giorni scorrono monotoni, la routine ti annoia.
Poi, improvvisamente, ti accadono cose in maniera così veloce da non rendertene conto, da non avere neanche il tempo di ragionare.
E così ti sembra di non aver mai scelto.
Avresti voluto più tempo per riflettere.
Invece sei stato costretto a prendere decisioni in pochissimo tempo.
Solo ad un certo punto ti vien voglia di chiudere gli occhi e di lasciarti andare, di vivere la vita fino in fondo, affrontando con coraggio gli imprevisti ed assaporando gli attimi di felicità.
Soltanto sapendo cogliere le occasioni, gli amori che la vita ti riserva mentre tu progetti, immagini e sogni il tuo futuro potrai dire di aver vissuto.
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Mentre la vita scorre veloce come un treno in un frutteto, bisognerebbe avere la prontezza e il coraggio di sporgersi dal finestrino per afferrare qualche mela al volo.
O qualche pera, o pesca, o arancia.
Dipende.
Dalla stagione, dal luogo, e dal tipo di frutta che cresce sugli alberi lì…
Una considerazione molto saporita… Me gusta! 🙂
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Vivere seguendo il flusso degli avvenimenti o scegliere, fermarsi ad aspettare, ponderare come se non ci fosse un domani o correre dritti, verso quello che vogliamo e prendercelo senza titubanza alcuna!
Cosa è davvero vivere? Esistere? Sopravvivere? o essere sfacciatamente se stessi….
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Accetto il regolamento
-Nino e Paolo-
Non offendete con gli artefatti
Le vite condotte nell’abbandono
Le verità non trasparenti
Qui di celeste c’è solo l’illusione
La bigiotteria è il vostro futuro
Le intenzioni non sono quelle del santo
la mia vita non vale più di un altro
la mia morte non sarà più tragica
È peccato dividere i fratelli
vorrei annegare con loro
Rivitalizzare la triste muffa
a discapito della vanità
Gramsci cerco di capirlo a pagina 5 rigo 12
Preferirò morire che essere indifferente
ma ora sono un cannibale e mi vergogno
La sicurezza sarà la mia tomba.
Voi martiri degli anni ’30 e ’70
La sessualità per cospirare
se vorrai scrivermi di nuovo,
ti prego, fallo con semplicità.
Non c’è più niente da cantare
Proverò a dormire
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Hai ragione, la semplicità è la migliore forma di comunicazione.
E’ il bandolo per giungere alla nuda verità, quella che a troppi fa paura.
Eppure per vivere come si deve bisogna guardarla in faccia la verità, che piange e si dispera perché vuole essere spogliata di ogni orpello luccicante e inutile.
Molto bella!! 🙂
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Bigiotteria come metafora del disvalore, del pensiero unidirezionale. Un vagare tra le spire degli individualismi. Riconoscere la ferocia dei piccoli appetiti che ci cannibalizzano, cercando di preservare la sottoveste del sogno che brucia sulla pelle. Una poesia notevole.
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Notevole. Adoro anche il riferimento a Gramsci che tra l’altro sto leggendo a morsi proprio attualmente.
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Mi è piaciuta molto. Bella dritta al punto e di un certo impatto! Coinvolge dalla prima riga
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LA BELLEZZA DEL CIELO
Niente potrà mai
togliermi
la bellezza
di questo cielo.
L’azzurro
non mi trafigge
in punta di freccia
– bensì mi scaglia,
freccia io stessa
a disegnare un arco
verso l’infinito.
Felicità è il dono
di provare infinita
meraviglia
nell’abbracciare
con lo sguardo il mondo,
e di accoglierlo
nelle pieghe dell’anima
per condividerne ansie
amore e morte.
L’infelicità
è invece
buio negli occhi,
e sorda
e folle cecità
del cuore.
(Donatella Sarchini – Accetto il regolamento)
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E tanti cuoricini illuminanti siano! ❤ ❤ ❤
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Grazie mille, Giuseppe!! 🙂
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Grazie ❤️ meraviglio volo di speranza!
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La bellezza entra dagli occhi e illumina l’anima.
Se l’anima si illumina il buio che pennella tutto di ombre, non può esistere.
Bella ❤
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ACCETTO IL REGOLAMENTO
Sandra De Felice
Leggera volteggio,
dinanzi una verde distesa
cattura il mio sguardo,
papaveri rossi adagiati
sbocciano al sole..
E’ magico l’incanto in primavera
ed e’ colmo il mio cuore di felicita’…
Innamorata volteggio gioiosa,
catturo l’immenso e
valico i limiti,
innamorata volteggio elegante
aleggio misteriosa
e tra i capelli il profumo dei papaveri.
Sandra De Felice
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Quando si è innamorati si ha la primavera negli occhi, l’estate nei pensieri, il sole tra le mani e i papaveri -rossi – nel cuore. Bella e gioiosa! 🙂
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Quanto è vero che la felicità sta nell’accogliere tutto meravigliandosi. ❤
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Osservare il mondo e la vita con gli occhi del fanciullo che siamo stati senza i condizionamenti delle sovra e infra strutture che crescendo ci hanno e ci siamo imposti per i motivi più diversi. La capacità di restare a bocca aperta nel rimirare uno di quei tramonti magici che la natura sa donarci. C’è chi può e tu può Donatella (il può riferito a te non è un errore ma è voluto)!
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Eccoti, non ti trovavo DonaBella. Bellissimi questi versi. Un ritratto perfetto della tua anima accogliente e luccicante. Aggiungo che c’è infelicità e infelicità e quella di cui tu parli è veramente pericolosa, perché dove passa miete vittime.
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Grazie di cuore, amica mia!
C’è così tanto bisogno di luminosità e di comprensione in questo mondo!
Eppure esistono persone incapaci di vedere oltre la propria sofferenza, e che invece di accettare con gratitudine la mano che si tende per offrire loro aiuto, ecco che afferrano quella mano con forza per trascinare anch’essa nel loro buco nero senza scampo.
E’ da questi esseri profondamente malati che bisogna guardarsi, perché sono nemici dell’umanità intera. 🙂
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Siamo noi che decidiamo di che colore colorare il mondo intorno a noi. E tu lo hai fatto coi colori dell’arcobaleno! Grazie!
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Accetto il regolamento
Scheletri nell’armadio
Di quel che è stato,
di quel che ho fatto,
sentirò sempre un secco
e fastidioso schioccar di ossa
provenire da un oscuro armadio
a rammentarmi i miei passati errori,
orrendi scheletri senza pudori,
così che io non abbia
di che montar la testa
e non giudicar mai chi
nella vita ha errato e pecca.
E voi, lo udite il vostro tintinnar d’ossa?
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Una sana e disincantata autocoscienza, per evitare di lanciar pietre ingiustamente a chicchessia…
“before you accuse me, take a look to yourself” , cantava Eric Clapton, che la pensava esattamente così!
L’onestà intellettuale è una qualità indispensabile… Bella!! 🙂
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Proprio così Donatella. L’autocoscienza è indispensabile in questo mondo dove tutto sembra permesso ma dove tutti giudicano tutti. Gesù diceva , “chi è senza peccato scagli il primo la pietra”, ricordarci dei nostri errori aiuta a non giudicare gli altri e a mantenerci un po più umili. In fondo, chi non ha scheletri nell’armadio? Io ne ho una bella collezione….
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Mi ricorda un po’ la regola delle dieci P o il nostro caro grillo parlante questo scheletro che tutti abbiamo nell’armadio. Bella.
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La decenza, l’onesta nuda, l’umile, a tratti fastidiosa-onnipresente, saggezza di guardare gli Altri dopo aver guardato sé stessi. Il richiamo morale a notar la propria trave: che nessuno è puro, nessuno è indenne. La pace di aver fatto pace coi propri scheletri averli riconosciuti e accettati con compassione.
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Bello l’aver fatto pace con i propri scheletri. E’ proprio così, a un certo punto devi essere onesto con te stesso, riconoscere e accettare con compassione, non giustificazione, i propri scheletrini fastidiosi e petulanti. Solo così si può guardare avanti
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Mi piacciono un casino questi evolutissimi versi. Brava!
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Ombra
Tu che m’insegui
nel presente,
taciturna compagna
di sempre,
sotto il sole
non sei mai assente.
Seguendo per strada
il mio fare, il mio agire
guardinga e silente ,
più lunga o più bassa,
ti adatti ad ogni mio gesto,
nel correr veloce
a volte precedi i miei passi
spezzando la luce
e mai un premio pretendi,
ne solo mi lasci.
Del brutto o del bello
ogni segreto conosci.
Fedele compagna,
con arte disegni
astratte figure
e fantomatici segni,
allietando
gli sguardi stupiti
nel gioco dei bimbi.
Ora con me stanca aspetti
il buio e la notte,
rientrando senza rumore
nell’anima dove risiedi,
per dormire con lei,
aspettando con ansia
che il sole ritorni,
per continuare fedele
a seguirmi nel tempo.
Copyright Chisu Bruno
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Mi piace! È come un soffermarsi sui dettagli di ciò che spesso ci pare scontato!
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Noebio –
Il mio nome è Noebio ma mi chiamano “Arco”, per via di quella gobba che fa la mia schiena quando sto piegato giù al porto ad aggiustare la mia rete.
Sono un pescatore. L’odore fresco e acuto del pesce appena preso è la mia acqua di colonia. Il profilo nodoso delle mani, il diario che custodisce la mia storia. Questo ago e questo filo le uniche cose che mi vengono in mente se devo riparare un danno. Mi mantengo ostinatamente solo. Le uniche presenze che perdono sono quelle del legno sfregato e malfermo della mia piccola barca e il rumore liquido della marea montante. Non so sorridere. So ghignare, come un pesce appeso all’amo. Non so guidare. So remare. Non so vedere un’opportunità, ma so guardare un’alba. Non so parlare, ma so ascoltare l’eco del mare. Anche se qualcuno la chiama salsedine.
(accetto il regolamento)
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Scarna, essenziale – forse anche un filino sarcastica – ma è comunque poesia anche se è in prosa!
Perché la poesia si veste di infinite forme, ma non riuscirà mai a nascondersi agli occhi di chi la cerca e la vuole trovare.
E mentre procedevo nella lettura di questo splendido racconto poetico, a un certo punto ho cominciato a sentire dentro di me le note di una bellissima canzone, che amo molto:
“…ogni sera
torno a casa
con il sale
sulla pelle
ma nel cuore
e negli occhi
ho le stelle.. ”
(Lucio Dalla – Sulla rotta di Cristoforo Colombo)
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L’implacabile eroicità degli uomini di una volta, che non hanno bisogno di esteriorizzare, perché la loro funzione vitale è composta solo da essenza.
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Mi piace tutto ciò che mi arriva immediato. In questo racconto accade. Esso fotografa, in modo netto, un io narrante che non è possibile immaginare separato dal mare. La solitudine che qui compare è una folla, il silenzio è ondulato. E’ il ritratto nitido di un uomo in simbiosi con la vastita’ marina, con gli arnesi della sua pesca. Il contesto descritto é il movente per ascoltare la propria anima. Non ho mai visto il ghigno di un pesce , ma qui è reso possibile. Se ami forte poi sai raccontarlo.
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L’uomo “sente” attraverso i sensi, ma un’enorme carica simbolica viene a innestarsi sul suo esercizio dei sensi. Attraverso i sensi l’uomo percepisce, prende le distanze, concettualizza, fa discernimento: tutta la nostra conoscenza viene dai sensi. Noebio con la tua poetica attraverso il mare sei riuscito a trasmettere una profondità d’animo esemplare.
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Bellissimo ritratto. Mi è sembrato di sentire il sale!
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Alessandra Munerol
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“SCEGLIERE CI RENDE UMANI”
Mi chiedo a cosa sarà servito
scegliere come accostare le parole
con quale verbo immaginare il mare
l’ultima parola da pensare prima di dormire.
Mi chiedo a cosa sarà servito
disporre in un certo modo le cose nel mio appartamento
usare la parola compassione
far sudare i piedi nelle scarpe, in quale domenica colorare la mia parete.
Mi chiedo a cosa sarà servito
fotografare ora e non un minuto prima
accavallare le gambe lavarsi i capelli
decidere cosa mettere nello zaino.
Mi chiedo a cosa sarà servito
scegliere se alzare la mano
quale piede debba muoversi per primo
di cosa aver paura e per cosa sospirare.
Sarà servito a scegliere.
E scegliere ci rende umani.
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Non posso che concordare in pieno con la chiusa di questa bella lirica!
Il libero arbitrio è ciò che ci rende veramente liberi, non solo di godere delle possibilità che il mondo ci offre, ma anche di portarne il peso della responsabilità.
Perché senza intima responsabilità ogni gesto sarebbe vuoto, ogni affanno inutile, e ogni amore affidato inconsapevolmente al vento.
Bella, e di notevole impegno civile!
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scegliere! sempre scegliere! è l’unica cosa che conta davvero! poter scegliere!
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“La luce fioca”
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-La luce fioca-
In questo grumo di carne frollata, dove si aggirano mosche e tafani, come uomini intabarrati da voglie mal sane, ho respirato il dolore di non essere più nessuno. Mani che non toccavano cibo. Piedi che hanno smesso di andare in cerca di futuro. Giace la mente, ingabbiata in strane megalomanie, che mi hanno visto regina di una monarchia senza ideali. Potevo respirare nell’abisso di un cratere perso nell’inferno. Chi ero, veramente?! Una donna invisibile e assente, che ovunque recitava il vento. Il canto smodato di foglie generose. Il lugubre lamento della luna sopra il monte.
Osannavo l’alba, vestita di rosso porpora. Il sole, stretto ai fianchi, mi scolpiva le membra con ardore infinito. L’elegia del mare, dondolando i seni, faceva sgorgare latte e tuberose incallite. Non ero che un grumo di carne messa a macerare per l’inverno. Soltanto i passeri osavano ancora avvicinarsi in cerca di vermi. Forse ero già morta senza che nessuno abbia voluto dirmelo. Resisteva la coscienza. L’anima di pietra. Da lontano, la luce fioca di una candela, partoriva farfalle innamorate del cielo.
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Maria Rosa, a parte tutto, la tua presenza è garanzia di Evoluzione per tutto il gruppo. Questo è il mio parere! Grazie di essere dei nostri!
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Mamma mia, che bella!!
Vedo le immagini che scorrono, proiettate sulla parete bianca che ho di fronte, come se fosse un film.
Una storia agghiacciante che potrebbe essere ambientata ovunque, perché la perdita dell’identità è qualcosa che travalica i confini del dolore.
E nulla importa se ci si perde perché ci hanno divorato gli anni, per diversità dal comune sentire, o per qualsiasi altro destino infame.
La disgregazione dell’essere, vista attraverso lo sguardo di una coscienza intatta, è una condanna ingiusta e senza fine.
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Quanto mi piace! Tutto ciò che riguarda la capacità di autoanalizzarsi, di guardarsi dentro, di riuscire a confrontarsi con la coscienza, mi conforta e mi aiuta sulla strada della consapevolezza. Grazie Maria Rosa!
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Fantastica!
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-La Mia Dimora-
La mia umile dimora
con gerani e passiflora
non ci sono grattacieli
solo passeri sopra i meli.
Campi arati e contadini
verdi prati e fiorellini
non si sentono schiamazzi
tra le strade dei palazzi.
Percepisco i rumori
d’ogni genere e sentori
perchè l’orecchio è sano
come il verde melograno.
Il mio mondo è naturale
non è falso e amorale
ci son lucciole quelle vere
che non mostrano le pere.
La notte guardo le stelle
accarezzo la sua pelle
mi commuovo guardo ancora
nuovo di con l’aurora.
Penso poi… divento triste
penso alle anime arriviste
che calpestano i valori
la natura e i suoi tesori.
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-Emilio non vuole più rogne-
(canzone)
Emilio diceva all’amico:
«Hai ragione, ma io ho già dato;
i miei sospiri, i miei sogni,
i miei cieli e gli anni migliori.
Non voglio altre donne
a calpestare il mio cuore sconfitto.»
Emilio non vuol più soffrire;
ha giocato anche l’ultima carta,
ha chiuso il bilancio in passivo,
i remi ha tirato già in barca,
ha lo sguardo chiaro e sereno
di chi ha perso
ma ha fatto una buona partita.
RIT.
«Amico, amico caro,
non credere sia finito:
per vincere questo gioco
non puoi far nulla,
si vince da sé.»
Emilio non vuole più rogne,
non cerca più di fregnucce;
ha tirato giù il bandone,
ha chiuso l’anima a chiave,
allucchettata la bici
Emilio ora scuote la testa;
mani in tasca e colletto tirato,
si ripara dal vento gelato
nella notte bara e felina.
«Camminare da solo ha un suo senso
rapportato soltanto all’Immenso.»
RIT.
«Amico, amico caro,
non credere sia finito:
per vincere questo gioco
non puoi far nulla,
si vince da sé,
si vince da sé,
si vince da sé…»
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Un testo molto interessante e coinvolgente, anche in assenza di una musica che lo tenga per mano.
In realtà la musica si potrebbe anche immaginare, forse.
Ma io purtroppo non sono musicista – almeno non in questa vita – bensì fotografa, e quindi ho la propensione a immaginarmi le scene come se appartenessero ad un film.
Il dispiegarsi delle strofe potrebbe costituire l’incipit di una storia molto intrigante, da approfondire per scavare nel disagio che tutti abbiamo provato da ragazzi, e che bene o male abbiamo dovuto superare.
Altrimenti, all’adolescenza – età magmatica – non si sopravvive.
Il protagonista sembra sopraffatto da una storia lacerante, a causa della quale crede di aver perso ogni speranza di essere felice; eppure l’amico, che forse è soltanto l’altro “lui” che ha dentro di sé, lo incita a incassare le inevitabili sconfitte della vita e a tirare avanti, perché il tempo cura le ferite, ed è meglio sedersi sulla riva del fiume ad aspettare che si rimarginino da sole…
Molto saggia e salvifica!!
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grazie 🙂
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vorrei sentire la musica 🙂
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Molto bella, sarei proprio curiosa di sentirla accompagnata dalla musica che le hai donato!
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sono stonato 😀
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Ah ah! Troviamo un/una cantante!
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… emilio diceva… emilio ha gia dato bella molto musicabile.. una ballata
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grazie 🙂
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