Contest letterario web gratuito SANTANDER CI RIUSCIRÀ


Contest letterario web gratuito SANTANDER CI RIUSCIRÀ

Per essere felici, è cosa buona e giusta dedicarsi a circostanze promotrici di felicità

 

Il Contest letterario gratuito –SANTANDER CI RIUSCIRÀ– è promosso dall’associazione culturale “Meris in Domue dal centro culturale NAI.

 

Non gradiva essere seccato da sorrisi inutili e transitori, figuriamoci l’orticaria che qualsiasi sentore di umana lamentela gli provocava!

da

LA MORALE DI SANTANDER

il Romanzo non Romanzo di Giuseppe Carta,

nato per offrire SPIRAGLI COMUNICATIVI.

La stratificata trama dovrà essere sezionata dai sospiri e dai respiri necessari alla sua decifrazione.

ordinalo QUI

La propensione alla felicità deve essere indirizzata con precisione, pena l’infertilità vitale, concetto da scartare se non si vuole fare ritorno verso la patria di tutte le scuse, appunto la sterile lamentela.




 

Contest parallelo Double Face

È la capacità di immergersi e fruire delle Opere in Contest, raccontando in lirica compassione la propria esperienza di lettura.

Il Commento più “IMMERSO” vincerà una copia dell’antologia successiva al Contest!




 

Regolamento:

1.Il tema è libero ma saranno particolarmente graditi i versi che sottendono le direttrici della maturazione, quelli che introducono alla trasformazione della visuale, tutte le parole che l’imperante PENSIERO UNICO vorrebbe negare all’umanità. Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni ed è un Contest gratuito.

2. La sezione è UNICA (Canzoni-Short Story, Poesia e ….) e dovrà essere scritta con massimo 30 strofe o 600 parole.

3. Si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo questo link: Contacaratteri

Le opere senza nome, cognome e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email, ma nel modo sopra indicato all’inizio del punto 3.

Spiegazioni dettagliate quiCome si partecipa al Contest

4PremioA SCELTA:

  1. Pubblicazione di un testo di massimo 100 pagine. By Paradigma Nouu, il CASO EDITORE
  2. N° 1 copia dell’Antologia di questo Contest, che sarà pubblicata da IL CASO EDITORE Paradigma NOUU
  3. Un fine settimana di soggiorno BnB presso “Arte di Carta” in Sardegna a Sadali, il fantastico paese dell’acqua, nominato tra i più bei borghi d’Italia.

Sarà premiato il primo classificato.

5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 24 Dicembre 2018 a mezzanotte.

6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta dagli autori che inviano la propria Opera in questo Contest. Gli Autori in Evoluzione alla fine del contestdiventano GIURATI IN VALUTAZIONE, scelgono le 5 operefavorite le elencano in ordine di preferenza 

Le potranno indicare in questo link: QUI. e anche alla mail:giuseppecartablog@gmail.com. Non ci si può auto-votare.

7Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.

8. Si esortano i concorrenti ad un invio sollecito, senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.

9La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione nel profilohttps://www.facebook.com/lamoraledisantander/ oppure via mail giuseppecartablog@gmail.com indicando nell’oggetto “info contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando)

10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email le Opere partecipanti alla Gara Letteraria. Troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.

11La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.

12. Alla fine del Contest è prevista una raccolta ANTOLOGICA. Tutte le opere pervenute, che a Nostro insindacabile giudizio dovessero risultare meritevoli di pubblicazione, verranno inserite nell’Antologia, che sarà pubblicata da “PARADIGMA NOUU” -Il caso editore-.

Per partecipare al Contest SANTANDER CI RIUSCIRÀ, senza partecipare all’antologia, occorre darne comunicazione entro la scadenza del contest, fissata per il 24 Dicembr2018 a mezzanotte.

13Diritti d’autore: Partecipando al concorso, gli autori concedono al blog il diritto di pubblicare la propria Opera all’interno di giuseppecartablog e dell’Antologia. Gli autori, continuano a tenerne la piena titolarità, senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore, concedendo il diritto in maniera non esclusiva.

Si ringrazia  OUBLIETTE MAGAZINE per il supporto organizzativo!Risultati immagini per oubliette magazine

305 commenti

  1. Ancora ti vedo ACCETTO IL REGOLAMENTO

    Ancora ti vedo, ti inseguo, ti saluto
    in silenzio, portandomi dentro
    per sempre il tuo volto di maschio,
    ragazzo ormai perso, nei mille recessi
    nascosti delle nostre giovinezze.
    Ma già io ti amavo e ti pensavo,
    così com’eri ti cercavo, nei baratri
    dell’inconscio perverso, nelle foibe
    paurose della mente esistevi
    e non lo sapevo, t’amavo, ti costruivo
    e, solo al di là dei tempi, concedesti
    di mostrarti all’improvviso.
    Questo fato burlone ed irridente
    commise la sua beffa più malvagia,
    ci avvicinò in un tempo ormai adulto e subito
    ti riconobbi, eri tu, angelo dei miei sogni,
    arrivato in ritardo, su un convoglio pigro
    e lento, dopo una vita di ponti e paesi
    e gente a milioni, un treno arrivato sbuffando
    all’ultima stazione e tra lo stridore di freni
    sostasti già stanco. Eccoti, pavido e silenzioso
    scendesti curioso nella mia anima, ritrovato
    per un attimo e subito dopo perso per sempre,
    beffardo il destino, nell’ultima ora del viaggio,
    un raggio, un sorriso già immaginato
    è qui all’improvviso, dolce, indeciso,
    per poi sparire per sempre.

    Emanuela Di Caprio

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  2. Accetto il regolamento

    Il mo(n)do nuovo

    Da tempo cercavo avanzi di magia dietro gli angoli delle vie o negli androni dei palazzi, ma tutto intorno solo luci sfavillanti e nastrini dorati. Non trovavo più nemmeno quel confine che divide il rumore dal suono. Solo convenzioni e consumismo.
    Proiettavo la mia vita in un mondo che esisteva solo nei miei sogni più reconditi.
    Dietro quei luccichii bimbi alla ricerca di cibo tra cumuli di immondizia, anneriti dal fumo letale delle bombe, resi orfani da una guerra che non avrebbero mai compreso, egoismo, indifferenza, violenza e morte.
    Questo non era certamente il mondo che volevo. Mi sentivo come un elettrone che provava disperatamente a staccarsi dal suo atomo senza riuscirci, tentativo di una separazione che rimaneva solo pia illusione.
    Io, che non avevo mai pregato, iniziai a supplicare Dio di darmi la possibilità di creare un mondo nuovo.
    Una notte, dopo essermi coricato, senza poter approdare al sonno, mi ritrovai seduto di fronte a lui. A dividerci un tavolo. Rimasi inebetito anche perché aldilà c’ero sempre io. Quindi è proprio vero che creiamo Dio a nostra immagine e somiglianza.
    A quel punto una voce nella mia mente mi chiese cosa volessi.

    Una terra da inventare
    su un papiro tutto bianco
    non più morti in fondo al mare
    e l’amore al nostro fianco

    Coltivare campi verdi
    semi bianchi rossi e neri
    i diversi non più persi
    acqua pura nei bicchieri

    Lascio a te il sangue blu
    l’orco nero e il bellimbusto
    il potente e il prepotente
    chi promette e mai mantiene

    Sul tavolo apparve un mazzo di carte mentre la voce proponeva una mano secca a poker e, se avessi vinto, potevo ottenere ciò che desideravo.
    Era impensabile che potessi battere Dio. Ma che alternativa avevo?
    Annuii e lui servì le carte che lasciai a lungo sul tavolo senza avere il coraggio di controllare cosa avessi. Poi mi decisi e le spizzicai lentamente. Due “7”. Cavolo, avevo perso. D’altronde cosa potevo sperare. Scoprii le carte aspettando che lui facesse altrettanto con le sue, ma, con mia grande sorpresa, si dichiarò sconfitto.
    Avevo vinto? Sì, avevo vinto!
    Reclamai la vincita e …
    Mi ritrovai disteso nel mio letto con la mente in subbuglio per tutto ciò che mi era accaduto ma anche per la preoccupazione dell’enorme difficoltà del progetto per una nuova terra.
    Decisi di aprire la finestra per godermi quel mondo vergine, ma …
    Tutto era così come era sempre stato. Allora accesi la televisione e al telegiornale le solite terribili notizie. Insomma, mi aveva preso in giro o era stato solo uno stupido sogno? In ogni caso sentii crescere in me un mix di rabbia e delusione. Andai in cucina e afferrai quella bottiglia di cognac, dono di chissà quale Natale.
    Fu lì che notai sul tavolo le carte. Era la stessa scena che avevo vissuto nel sogno. Dovetti sedermi perché la stanza aveva preso a girare vorticosamente.
    Allora non era stato un sogno! Cosa era successo in realtà?
    Riempii il bicchiere con quel liquore ambrato e bevvi tutto d’un fiato, quando notai sotto il mazzo di carte un foglietto.
    “Non tutto è ciò che sembra. Sta a noi creare la realtà. Noi sogniamo. Siamo fatti così. Sogniamo fin dentro le ossa, fino alle più piccole cellule”.
    E la calligrafia era la mia.
    Allora compresi. Non avevo giocato con Dio, ma con me stesso e avevo vinto non un “mondo nuovo” ma un “modo nuovo” di migliorare ciò che mi circonda. Non creare dal nulla, ma agire su ciò che già esiste, lottando per diffondere l’amore.

    “Come germoglio
    che cerca la luce
    il nostro amore
    crea nuova vita”

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        • Bellissimo brano, Gil. È difficile per certe sensibilità, non lasciarsi sopraffare dalle brutture del mondo, arrendersi insomma. La forza, la capacità di reazione è in noi e tu hai saputo raccontarcelo tanto tanto bene. Nel nostro piccolo possiamo fare molto, anche se non ci sembra mai abbastanza, anche se ci sembra addirittura inutile e forse anche patetico, invece non è così, è tutto il contrario. Grazie per questo brano positivo, ne avevo bisogno.

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          • E’ che non servono azioni eclatanti per cercare di cambiare il mondo. Penso che dobbiamo agire nella nostra limitata realtà quotidiana anche con piccoli gesti. Ho cercato di tradurre questo mio pensiero con questo mio racconto. Felice di esserci riuscito e che ti sia piaciuto. P.S.: anche trasmettere positività fa parte di questi piccoli gesti!

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    • Filosofia pura, che sconfina nel sogno per acquistarne la leggerezza.
      Perché le parole, più sono leggere, più penetrano in profondità nel cuore.
      E non servono sermoni altisonanti per spiegare agli esseri umani come devono comportarsi per riuscire ad essere davvero umani.
      È sufficiente intingere metafore nella poesia, e con quelle dipingere sui muri storie di vita quotidiana, con tutte le sue ansie, speranze e desideri.
      Proprio come hai fatto tu, Giancarlo, con questo splendido e vivificante racconto che ci dice ”Guarda, la soluzione è lì davanti, basta tendere una mano per prenderla. Ma senza forzature, senza giri di ciribiciaccole, perché la soluzione è di una semplicità disarmante e implica solo responsabilità e impegno”
      Bellissimo racconto, di grande efficacia e impegno civile. ❤️

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      • Ti confesso che prima del racconto avevo scritto dei versi con i quali però non riuscivo a trasmettere il mio pensiero. Così ho virato sul racconto sfruttando alcune quartine di quei versi. E mi fa piacere che ti siano piaciuti anche quelli!

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    • Facile “guardare il mondo da un oblò” come si guarda il mare dalla nave e sentirsi persi nella sua vastità e inermi nel poterne influenzare le maree, ma nell’esatto momento in cui capiamo che il mondo non può cambiare se non cambiamo il nostro punto di vista, che non siamo spettatori inermi innanzi ad una catastrofe, ma autori di ciò che al mondo ci circonda, allora e solo allora il mondo inizierà a cambiare, e lo farà ad iniziare dal nostro piccolo angolino che solo noi possiamo rendere migliore!
      Bellissimo sogno ad occhi aperti, che rappresenta la spesso inconscia lotta interiore fra il sentirsi vittima e il divenire protagonisti della nostra vita in tutti i suoi risvolti, anche quelli più scomodi che ci costringono a fare i conti con il resto del mondo e soprattutto con la nostra coscienza, anche quando ci sentiamo infinitamente piccoli e impotenti.

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      • Marty la tua lettura approfondisce un “sentire” che era mio ma di cui non ero consapevole. Almeno fino ad una profonda crisi che ho attraversato a partire dal 1999 e fino al 2004. E’ quando ho smesso di incolpare gli altri degli episodi negativi della mia vita, quando, come dici tu, ho finito di sentirmi vittima, che ho realmente cambiato il mio punto di vista. E posso dirti che qualche anni più tardi il tutto mi è servito quando mi sono trovato, causa malattia gravissima, ad affrontare 4 mesi di ricovero con tre interventi e 3 crisi che potevano finire davvero male. E l’ottimismo è frutto proprio di quella “conversione”. Ecco perché dico che la tua lettura è andata oltre le righe! Grazie anche a te!

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    • Bellissimo racconto di una semplicità filosofica disarmante e profonda. Il futuro è nelle nostre mani, noi abbiamo il potere di cambiare le cose, il mondo, se solo lo vogliamo. E’ quello in cui credo con tutte le mie forze, agire su quello che già esiste come hai detto tu, senza aspettarsi che siano gli altri a fare la prima mossa perchè gli altri siamo noi. Abbiamo un mondo da cambiare, da salvare da noi stessi, lottando per diffondere l’amore, ardua impresa ma non impossibile se gli uomini di buona volontà fanno qualcosa. Lo leggerò ai miei nipotini, è troppo bello!!!

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      • Patrizia mi commuove il fatto che leggerai ai tuoi nipotini questo mio racconto. Felice di aver saputo comunicare ciò che sento e ciò in cui credo. Grazie anche a te!

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  3. ACCETTO IL REGOLAMENTO.

    -IO SONO PUREZZA-

    TI HO RINCORSO SU STRADE STERRATE
    FRA ROVI ED ORTICHE
    T’ HO SEGUITO SU PIETRE E SALITE
    DI SANGUE E VESCICHE
    T’HO RAGGIUNTO NEL NIDO AL TRAMONTO
    IMPLORANDOTI AMORE
    T’HO ASPETTATO
    DESERTO D’AFFETTI ASSETATA D’AURORE
    TI SEI PERSO DOMATO DALL’EGO
    ACCECATO DAI RUOLI
    INCANTATO DA MILLE SIRENE
    TU, ENNESIMO ULISSE
    SEI PARTITO GIURANDO PROMESSE
    MANCANDO AI MIEI GIORNI
    LITIGANDO ROVINE DISMESSE
    ABBANDONI E RITORNI
    COME IL TEMPO
    HAI RIDOTTO IN MACERIE
    DEL TETTO LA POSA
    COME LAVA ASFALTANDOMI IL PETTO
    HAI DISTRUTTO OGNI COSA
    MAREMOTO IMPROVVISO HAI INONDATO
    OLTRE GLI ARGINI E IL PORTO
    CANCELLANDO I CONFINI DI CASA
    HAI STRACCIATO IL FUTURO
    OGGI ANCORE E MURI
    SONO TABULA RASA
    LE EMOZIONI CHE AVEVO UN RICORDO
    MA OGNI CELLULA HA IN SÉ
    LA MEMORIA DEL TUTTO
    OGNI FIBRA È UNA VITA
    OLTRE IL SENSO E IL CONCETTO
    PREPOTENTE LEI PURA COMBATTE
    PER RIEMERGERE ANCORA
    NON V’È MAGMA
    CHE POSSA ANNULLARLA
    LEI NASCOSTA RESISTE, CONCEPISCE E PROCREA
    NEL SUO VENTRE RIGONFIO IL FUTURO
    E NON CHIEDE IL PERMESSO A NESSUNO
    NÉ CONSENTE CHE TU NEGHI ANCORA IL SUO PASSO
    LEI È Lì NELL’ATTESA DI SQUARCIARE FINESTRE
    D’INFRANGERE MURI, D’ERODERE MASSI
    MENTRE IO RESTO QUI
    A COVARE PENSIERI PER FARNE SPARTITI
    A SCALDARE GHIACCIAI PER FARNE VIGNETI
    A SCAVARE LE ROCCE PER TROVARE SORGENTI
    DISSETANDO L’ARSURA CHE SPEZZA IL MIO FIATO
    PERSA IN UN FOLLE ANELITO DI RESPIRO
    MI STRAVOLGE INCANTANDOMI
    IL PROFUMO DELLE GINESTRE
    I COLORI DEI FRUTTI MATURI
    DELLE GEMME FRA I SASSI
    IMMOBILE AVVOLGENTE MOSTRA
    NEL SILENZIO IL SACRO
    LA PUREZZA NELL’ACQUA CHE SCORRE
    IL NUTRIMENTO NEI RAGGI DEL SOLE
    IL SOSTEGNO NELLA TERRA SOTTO I PIEDI
    LA FORZA IN OGNI ALBERO CHE CI CIRCONDA
    È LI INELUTTABILE CHE LENISCE LE FERITE
    CICATRIZZA LE DISTANZE, SCIOGLIE I NODI DEL TEMPO
    RIEMPIE I POLMONI, ALLUNGA I TENDINI
    RAFFORZA LE OSSA, PURIFICA LE VISCERE
    ABBRACCIA LE INSICUREZZE, SOSTENENDO LA FRAGILITÀ’
    SALVA IL CUORE
    MENTRE MI TIENE IN EQUILIBRIO SUI FILI DELL’ANIMA
    SUSSURRANDO PAROLE DI PACE
    DIFFONDE IL DELICATO PROFUMO DELL’ARMONIA
    TINGENDO LA MIA ESISTENZA CON I COLORI DELL’IRIDE
    MENTRE PERDEVI LA STRADA CHE PORTA AL MIO CUORE
    IL MIO PETTO SI È APERTO AL DIVINO
    DELLA LUCE PIÙ PURA HA SVELATO IL CAMMINO
    ORA IL TEMPO NON CORRE, NON HO FRETTA
    NON DESIDERO NIENTE.
    SE D’AMORE TI VESTI DEVI ESSERE PACE
    NON RIFLESSO DI LUCE
    LE PORTE DEL BUIO NON OSARE VARCARE
    NON USCIRE DALL’OMBRA PER LEGARE E SPORCARE
    NÉ PER TINGERE IN NERO IL MIO ARCOBALENO
    NON MI SERVE IL RANCORE
    NON ANELO L’ORGOGLIO NÉ L’EGO
    NON CANCELLO LE ORME SULLE STRADE DI SALE
    CHE HO SUDATO E MANGIATO ASPETTANDO IL TUO PANE
    NON ASSERVO IL TUO VERBO, NON MI PONGO IN CATENE
    ORAMAI SONO DEA
    SONO LUNA CHE SORGE
    UNA STELLA CHE DANZA LONTANA
    MENTRE ALLATTO LA PACE
    SONO SFERA DI LUCE E CANDORE
    CHE SALUTA IL SUO SOLE
    IO MI CHINO E MI PIEGO IN PREGHIERA
    SOLAMENTE AL DIVINO
    SE MI UNISCO AL DOMANI
    IL MIO CORPO È PUREZZA
    SONO MADRE SDRAIATA ALL’ALTARE
    SONO VENTRE ACCOGLIENTE
    ORA ATTENDO IL NIRVANA
    DESTINATO SOLTANTO A CHI VIBRA
    AL MIO STESSO RESPIRO.

    MARTINA LORAI MELI

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    • Bellissima ode passionale, rovente come la lava che si fa strada uscendo dalla bocca rossa di un vulcano.
      La terra trema, al cospetto della dea madre, il cui corpo riposa esausto sull’altare.
      Se noi donne siamo state scelte per propagare la Vita, ci sarà pur un buon motivo… 😀😀😀
      Quasi un monologo teatrale, è una lirica molto bella e coinvolgente! 😀🌸

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      • Che essenza densa, di emozioni, un fiume vitale che travolge e avvolge. Una energia pura, senza macchia, senza paura di dire io sono questo e molto altro. Io ne sono consapevole e non mi aspetto niente. Voglio solo dirlo a testa alta. Voglio solo dirmelo. Bellissima, onesta.

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    • Come nel racconto di un cantastorie, con l’ intrinseco ritmo della musica rap, si dipana il percorso tormentato di questo scritto, dove si trema al pensiero dell’ abbandono e si lotta strenuamente per evadere il senso di perdita, come un guerriero, come una santa che implora. Le figure metaforiche riportano tutta l’ onnipotenza riposta
      nell’ amato e il potere salvifico che appartiene all’ innamoramento.
      È la lirica costruzione di un sogno deflagrato, cui segue una coraggiosa rinascita e la presa di distanza, nel timore che venga violato il proprio arcobaleno. Una spiritualità dilagante sorge e l’accostamento al divino implode. Per uscire da certi tormenti bisogna saper indossare la pace e a nulla valgono i riflessi di luce.
      Ho ammirato l’esposizione inerme, interiore nella sua nudita’ di questo percorso, che per me, non ha un registro letterale specifico, e dunque, può essere una fiaba, una filastrocca , una poesia, un dramma teatrale, ma più di ogni altra cosa una canzone urlata per strada da un venditore di almanacchi.

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    • Mi piace veramente tanto questo testo. Appassionato ed estremamente musicale. Unica pecca il maiuscolo. È un testo che arriva dritto al cuore e alla mente anche se scritto in minuscolo.

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    • WOW!!!! Ho letto tutto d’un fiato questa lirica forte , vibrante, esplosiva e potente. Un’ode alla donna, alla sua forza e capacità di rinascita. bellissima!!! Brava Martina!

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    • Forse sbaglierò, ma trovo che i seguenti versi siano il cuore di questa tua stupenda lirica:
      SE D’AMORE TI VESTI DEVI ESSERE PACE
      NON RIFLESSO DI LUCE
      LE PORTE DEL BUIO NON OSARE VARCARE
      NON USCIRE DALL’OMBRA PER LEGARE E SPORCARE
      NÉ PER TINGERE IN NERO IL MIO ARCOBALENO
      Sulla base di questi versi ho riletto il tutto e mi pare che essi siano la chiave di lettura. Un abbandono dovuto
      “ALL’EGO
      ACCECATO DAI RUOLI
      INCANTATO DA MILLE SIRENE”
      E, attraversando il dolore da esso causato, ecco che
      “IL MIO PETTO SI È APERTO AL DIVINO” e “ORMAI SONO DEA”
      e poi i versi finali.
      Non sono molto bravo a commentare, per cui spero tu mi possa perdonare per questa mia lettura.
      Mi piace moltissimo la tua lirica.

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  4. Accetto il regolamento
    -Il rosso, il nero, il grigio, il blu di cielo…-

    Mille e mille papaveri rossi
    nel campo immenso delle stragi annunciate
    e denunciate
    da cristi utopici e sognanti,
    mani intrise di sangue
    nell’afferrare fili spinati
    rossi di ruggine
    che imprigionano, dividono, respingono…
    Di che colore è il mercato
    l’alta finanza
    il nuovo potentato
    che tutto crea, tutto distrugge a piacimento
    dispone stati, governi, guerre
    divisioni?
    È nero o grigio?
    Di che colore è la metamorfosi
    di coloro che fieri
    inalberavano la rossa bandiera
    della giustizia, dell’uguaglianza,
    il rosso colore,
    calda bisaccia
    di frutti d’amore,
    speranza, liberazione degli ultimi
    come il messaggio del sangue del Cristo?
    Che disincanto…
    Nero
    non colore,
    pausa cromatica,
    contrasto che accentua ogni colore
    simbolo eterno
    cuore di tenebra,
    mistica di morte
    nei lager dell’orrore
    nei barconi dei fratelli neri
    come il nostro primigenio padre, ora umanità dispersa…
    Anche Michele era immigrato,
    la sua bandiera rossa e nera
    fiocco nero sul collo,
    era tornato nel suo paese nero
    viva l’anarchia gridava
    e bestemmiava il sacro
    ma gli occhi eran di cielo roteavano impazienti morte al tiranno
    morte al tiranno!
    Ma la nera notte
    e il rosso dell’amore tradirono l’intento.
    Ahi il rosso dell’amore
    ahi la notte scura…
    Non uccise
    fu ucciso
    dai suoi corregionali neri fucilato, sputato.
    Il tiranno è salvato !

    Nessuno gli cantò
    ahi ninnora ahi ninnora
    cuccu meu….

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    • Più che una lirica è un racconto, che si snoda al ritmo di una musica di amore e morte, antica e moderna al tempo stesso.
      Il dramma si è svolto cosí velocemente da non aver lasciato tempo e spazio alle lacrime.
      Ma certe tragedie si possono commemorare solo con un rispettoso, assoluto silenzio.
      Una narrazione potente, di grande impegno civile! 😀🌸

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    • I simbolismi derivanti dagli effetti cromatici sono qui tradotti in racconto realistico, ideologico e poetico.
      La potenza dei colori è stesa come vernice sui drammi e sulle assenze della odierna realtà. E’ vivo lo sconcerto che si prova nell’osservare il combaciarsi di uno stesso colore su universi opposti, come amore, passione e morte Per poi comprendere che non serve mettersi al collo una bandiera come segno distintivo. Ugualmente non si è visti e si finisce talvolta col perire per mano del proprio stesso fratello.

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    • Un quadro essenziale, una tela di sangue graffiata dall’artiglio della morte.
      Una sonorità agghiacciante fatta di colori cupi, suoni tetri, parole ripetute fino a martellarti la mente e il cuore. Rosso. Nero. Quante bandiere hanno indossato questi vessilli? Nel nome di quanti regnanti sono stati portati in corteo Amore e Morte? Quanta ipocrisia nascondono le fazioni, il tifo, le verità annunciate e proclamate? Dietro ognuna di esse quanti morti? Pensiamoci!! Grazie!

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    • Più che una poesia è un dipinto vero e proprio, parole come pennellate forti e drammatiche, incalzante alternanza di colori e simbolismi, rosso e nero, nero e rosso in una danza macabra di sangue e morte, i colori del tempo in cui viviamo. Lirica forte della realtà che ci circonda e ci soffoca con i suoi colori cupi che si alternano ritmicamente fino a non distinguerli più.

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  5. Accetto il regolamento
    Merry Christmas

    Odio i chiassosi
    la puzza di cipolla negli aliti stranieri
    lo struscio dei tamarri sui metrò.

    Amo l’aerobica, il footing e i massaggi
    il ragionier Brambilla, peccato che è sposato
    gli apericena dove i Vip ti dicon ciao.

    Odio i seccatori che bivaccano alla coop
    le zingare con i mocciosi fra gli stracci
    il cattivo gusto di dormire nei cartoni.

    Amo i colpi di sole, le maschere al caffè
    i collant che fanno il culo brasiliano
    le tisane al finocchio che sgonfiano l’addome.

    Mi struggo guardando i scheletrini
    le adozioni a distanza, paradiso garantito
    le infibulate e le spose bambine.

    Mi sveglio energetica come Red Bull
    faccio un selfie fra l’erotico e il monello
    il broncino un tantino scapigliato.

    Guardo voi e voi a specchio guardate me
    ho pronto l’albero, le lenticchie e il bambinello
    la felicità ha Instagram in garanzia.
    Quanto vi amo:
    Merry Christmas, Merry Christmas! Merry Christmas!

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    • In questa poesia vengono proiettate due realta’, entrambe indotte dai meccanismi complessi della nostra epoca: lo status dell’essere umano superficiale e consumista e quello dell’ itinerante povero ed escluso. La voce prevalente qui , come nel reale, appartiene a chi detiene un qualche potere di acquisto e può approvvigionarsi di un mondo vacuo e illusorio, percepito come indispensabile.
      Emerge così tutto il paradosso della sacralità natalizia e dei suoi simbolismi contrapposti al disprezzo verso il diverso.

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    • Menti incartate come regali di Natale, dall’aspetto perfetto, presentabile, brillante. Carta costosa e nastro luccicante. Dentro solo il vuoto. L’intento che si trasforma in scopo, il pacco che vive per sé stesso, per essere, per apparire. Intorno non ci si discosti dal tema. Che stia lontano tutto ciò che non è costoso, luccicante, attinente alla bellezza ed al buon gusto. Il bimbo povero genera la stessa volgare scompostezza dell’ubriacone che dorme nel cartone. Perché la povertà è volgare, attiene al volgo, al popolino, quello che non può permettersi sbriluccicanti regali di Natale, panettone e cotechino, e forse manco un pasto caldo. Ma cosa importa, alla fine non possiamo cambiare le cose, l’importante è vivere ed essere felici con le cose che vogliamo e per il resto basterà ricordarlo nelle nostre preghiere da fare innanzi al crocefisso ed all’altare, foss’anche soltanto la notte di Natale.

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    • Ironia tagliente, e anche un pizzico di sarcasmo, è quello che si meritano gli attori del teatro mediatico che mette in scena la solita patinata ipocrisia che da tempo – ahimé – colpisce trasversalmente ogni strato del tessuto sociale.
      Perché c’è chi di quel teatro dorato è protagonista, chi è comprimario, e chi è in attesa del provino sperando che diano anche a lui/lei una piccola parte
      Un’invettiva graffiante ed efficace travestita da Baby Natale in guepière rossa scintillante.
      Mi piace molto! 😀🌸

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    • Tania graffiante e sarcastica, adoro il tuo stile dissacrante che mette a nudo la realtà natalizia fatta di apparenze luccicanti che nascondono il vuoto abissale, l’ipocrisia consumista e buonista di chi ha uno status sociale da esibire, si strugge ad arte davanti ai bimbi morti di fame e disprezza chi dorme nei cartoni e puzza di cipolla. Quanti hanno pronti l’albero, le lenticchie e il bambinello e con questo mettono a posto la coscienza. Perfetto ritratto dello spirito natalizio imperante

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  6. Accetto il regolamento

    Preghiera

    Una forte preghiera
    accompagna i miei passi
    nei momenti felici
    ed altri un pò meno,
    con lei svelo
    le trame e i misteri,
    e trovo risposte
    nascoste nel cuore.
    Col nuovo anno
    rinnovo il mio voto
    per la mia vita
    e per l’intera umanità,
    trasformando il dolore
    in una grande occasione
    avanzo nel buio
    senza timore.
    Auguro il meglio
    ad ogni persona
    perché possa compiere
    la sua missione,
    ognuno è prezioso
    così come è,
    ognuno è un gioiello
    di rara bellezza.
    Buon anno a tutti
    con gioia e amore,
    serenità, salute
    e tutto ciò che vi occorre,
    costruiamo assieme
    un mondo di pace,
    dando senso
    a questa esistenza.
    Buon anno vi dico
    con tutto il mio cuore.
    Buon anno!!!

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    • E Buon Anno sia! 😀
      Sperando che le coscienze si sveglino dal torpore in cui le ha precipitate il menefreghismo e l’ignoranza.
      Anch’io ho desiderio di sperare ancora, di non lasciarmi abbattere dalla scure della disperazione, che sta mietendo fin troppe vittime anche tra coloro che han sempre fatto della resistenza una bandiera.
      Diamo credito, quindi, a quel barlume di scintilla cosciente che alberga ancora in fondo al cuore umano.
      E andiamo avanti, come giustamente dici, verso un Nuovo Anno che sta a noi trasformare in un Anno Migliore!
      Molto bella nella sua semplicità e dolcezza, che invita a non perdere mai la speranza. 😀🌸

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    • Buon anno a te Maria Rosaria, che sia un anno di risveglio delle coscienze, c’è tanto da fare e uniti possiamo dare un senso alle nostre vite.

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  7. Accetto il regolamento

    Hai abbandonato la strada
    da tua madre tracciata
    Troppo lineare
    diritta
    ti sembrava un segno di sconfitta
    Sui tornanti nei quali ti sei avventurata cosa hai trovato?
    Hai attraversato paesi
    a lei sconosciuti
    Assaggiato cibi
    di cui a lei non è mai giunto
    neanche l’odore
    Amato più uomini
    di quanti lei abbia mai sognato
    Hai tardato a procreare
    perché ti spaventava essere
    come lei
    madre
    Ti sei ribellata alla genetica camuffando ogni tratto
    di somiglianza
    Ma solo ora che
    guardandoti allo specchio
    intravedi il suo riflesso
    comprendi il senso del compromesso fra discendere
    e divenire

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    • Stavo quasi per andare via, per un rapporto acustico idiosincratico con un certo trattare la rima.. son rimasta, son scivolata dentro quei pensieri proprio così come nello specchio della madre quando mi ci son trovata coinvolta.. proprio così .. proprio vero, era paura di diventare lei

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    • Una poesia che espone la complessità del rapporto genitori figli e pone la questione del processo di individuazione. In essa si evince che la madre è il primo specchio per una figlia, laddove specchiarsi é arduo per l’ imprescindibile umana imperfezione riflessa, quando invece si cerca l’ icona incontaminata.
      Negli anni della maturazione si lotta tra la tentazione di aderire al modello materno o fuggire, diversificarsi. La smania del volo azzoppato insomma, perché crescere è un compromesso tra il divenire e il sostare. Significa essere un gitano con marcati tratti stanziali.

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    • Una lirica molto interessante, che affronta il tema critico del distacco dei figli dal solco tracviato a priori dall’eredità genetica dei genitori.
      Nel caso del legame madre-figlia questo bisogno di recidere il cordone ombelicale, nel tentativo di rivoluzionare ed annientare il tutto, è ancora
      più forte e drammatico.
      Perché dai geni non si può prescindere, ma tuttavia si possono piegare alla volontà del cuore.
      Emancipazione non significa affatto negazione, perché la Natura è quello che è, e sarebbe ingiusto giudicarla a priori.
      Quindi va attuata mediante una sana accettazione del fatto che bene e male sono territori che si intersecano, e la cui linea di confine è labile.
      Noi figlie dobbiamo rispetto e amore immenso a nostra madre, che ha resistito alla propria epoca per donarci la possibilità di contribuire a costruire un mondo migliore.
      Per quanto possa essere problematico e contraddittorio, il rapporto tra madre e figlia è un campo di battaglia che ha per teatro il corpo della donna in generale, ma anche il suo indomito furore e la sua anima immortale.
      Mi piace molto, è proprio una bella lirica, e l’immagine allo specchio nella chiusa è emblematica di tutto questo complicato ma necessario divenire! 😀😀

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      • Grazie Donatella. E’ proprio come scrivi. Ho cinquant’anni, ho perso mia madre due anni fa. Il più grande amore e il più grande dolore della mia vita. L’elaborazione della perdita è uno scavare profondo che porta alla luce un’infinità di questioni, molte delle quali hanno a che fare con la propria identità. Credo che si diventi veramente adulti (e soli) solo quando si rimane orfani, senza più radici a cui aggrapparsi. Ma scusa, ora sto andando troppo sul pesante 🙂 Ancora grazie!
        P.S. Ho letto solo oggi i commenti

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    • Ognuno di noi nasce con una missione da compiere, peccato che spesso non riusciamo a capire quale sia. Facciamo mille sbagli, ma come siamo bravi a giustificarli, e come siamo pronti invece a puntare il dito sulle azioni altrui, con l’intransigenza di un giudice spietato. Come siamo abili a sentenziare su ciò che non conosciamo e su ciò che a nostro dire non faremo mai. Ma il tempo è il peggior giudice ed il più impietoso contro il quale nulla possiamo e le nostre azioni ci vengono restituite come un boomerang! Madre! L’anima cui ogni figlio dovrebbe rendere grazie. Madre che più è “sbagliata” è più ci offre occasione d’essere migliori. Sia reso grazie ad essa, al latte della vita!
      e grazie a te per questo profondo spunto di riflessione!

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    • Bella questa poesia nella quale come in uno specchio ho rivisto me e mia madre, la mia ribellione a un modello che non accettavo e capivo. Poi sono diventata madre anch’io e di colpo ho capito tante cose prima per me incomprensibili ed ho finito per assomigliarle sempre di più. La paura di assomigliarle è svanita, so di essere una donna diversa da lei e allo stesso tempo c’è lei nei miei gesti, nel mio modo di pensare. Le madri tracciano la strada, indispensabile guida per trovare la nostra meta, prima o poi ritroviamo la strada per spesso scoprire che la sua era quella giusta.

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  8. Accetto il regolamento
    -Gli artisti-

    Credo che gli artisti, quelli che non sanno o non vogliono ripetere, ne fabbricare in serie, della vita hanno un senso profondo della praticità. Sanno che in questo mondo non c’è tempo da perdere. Epoche a scaldare banchi di scuola o a costruire ingranaggi per i sistemi che recintano anime. Loro hanno fretta di nascere e di morire. Spesso accade che vivano meno di trent’anni o si tolgano la vita, più per curiosità verso l’altra faccia della Luna, che per quello che i poveri psicologi, chiamano depressione.
    Per l’artista la depressione è un momento della vita, un periodo prolifico di riflessione e distacco dalle fatiche, dagli errori e dalle ingiustizie.
    Non me ne vogliano tutti quei parassiti legalizzati che fanno “il mestiere”, ma un esempio molto semplice sta nel vederli al buio per un po’ di tempo, per potersi godere uno spicchio di Sole tra le note di “Amazing grace” o di qualsiasi semplice melodia, per poi tornare all’oltre scienza o alle origini e godersi godersi l’umido di una grotta, per poter finalmente abbracciare quel Sole callente, che per anni ti ha arso fin dentro l’anima, con tutti i suoi figli quasi umani. Sempre mattinieri e pronti a divorare la vita come bestie.
    Come Santander, l’amico di Giuseppe, all’uscita dal carcere, che ad un certo punto della strada, mentre cammina verso la speranza sente quel motivo rimbalzargli in testa. Come si può vivere senza un fuoco? Cosa accende lo spirito che ci fa lottare ogni giorno? La fame bestiale? L’amore? O solo il sesso come nella primissima gioventù?
    Agli artisti basta uno sguardo, un riflesso. Un ombra, un suono con due note o un semplice gesto. Vederli incantanti e pronti a combattere battaglie improbabili, ma vere.
    E come i bambini, per metterli a piombo, ci vuole tempo. Bisogna aspettare che la testa si asciughi nel collo.

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    • Un’interpretazione dell’essere artista che in gran parte condivido, perché parla della vita e del fuoco, dell’essere irrimediabilmente bambini in senso di purezza, curiosità e incanto.
      Essere artisti vuol dire essere volontà e destino, aver ricevuto un dono immenso e contemporaneamente una maledizione.
      La depressione non è per gli artisti, perché un artista piuttosto si fa uccidere, ma non sarrende mai.
      Perché sa per certo che nessuno muore mai davvero, a meno di lasciarsi fagocitare dalla melma dell’indifferenza e della retrazione – cose di cui un artista ha il terrore.
      Forse sono le uniche entità che teme davvero, e vive per ingannarle e mandarle a nutrire le loro aride fauci altrove, lottando giorno dopo giorno, finché avrà respiro.❤️

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      • L’ artista è qui, debellato e al contempo guerriero, col suo sguardo divino e pur punito, neanche fosse l’ultimo dei peccatori.
        E’ frettoloso nell’ impastare, per timore che gli venga sottratto il lievito creativo. La sua vita e’ marchiata dall’ istante e dall’ eternità.
        L’artista, questo girovago dell’anima, col peso del dono creativo,
        tanto piuma, tanto zavorra. Fin tanto che è fra nudisti innocenti riesce a trovare l’ abito giusto per la sua voce.

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    • Artista. Una parola effimera quanto vuota. Non possiedono arti, ma linguaggi. Si nutrono di emozioni, di attimi, di infinitesimali vibrazioni …”Agli artisti basta uno sguardo, un riflesso. Un ombra, un suono con due note o un semplice gesto” questa è la verità! Hanno un dono che di solito appartiene ai bambini, e non si tratta di osservare il mondo dal loro punto di vista, ma di assorbirlo come spugne, e gonfi della sua essenza tinteggiare ciò che li circonda dei suoi colori. Il resto è preconcetto. Lasciamo che pensino che gli artisti non hanno testa e nel frattempo cambiamo il mondo!

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  9. Accetto il regolamento
    -Mastica e sputa-

    Girovagare nel tuo sguardo assente
    Nutrirmi di briciole dai mille colori
    dire basta a un’altalena che dura una vita
    cercarti per sorreggere il tuo cinismo,
    la tua anima inquieta,
    e così semplice allo stesso tempo, teneramente infantile.
    Rinunciare a te è come far morire la parte di me più giocosa e viva
    Posso camminare senza di te
    Posso amare senza di te
    Posso essere felice senza di te
    Con calma guardo
    ma non aspetto più
    il tuo sorriso è spento
    le tue mani assenti
    il mio cuore un po’ invecchiato e stanco.

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    • E’ il canto del cigno di un amore. La diapositiva della ricerca
      di un uscio per attraversare uno sguardo negato e impermeabile.
      Un percorso amoroso che si fa odissea di un sentimento testardo, sconfitto, avendo affidato il proprio sogno a un Narciso
      con marcati tratti da Peter Pan.
      Oggi è sempre più diffusa l’ anoressia affettiva.
      In questa bella e amara poesia ne scorgo nitidi i tratti.

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    • Un’analisi molto triste, sincera e spietata nei confronti di se stessi e della persona amata.
      Mi viene in mente la bellissima canzone “Il guerriero” di Mia Martini.
      E anche le mille e una storie di amori appassiti senza un perché, senza un motivo valido da prendere a pugni per sconfiggerlo e farlo uscire dal letargo.
      Accettare in silenzio la fine di un amore è come dichiararsi vinti in partenza, ma anche combattere contro un mulino a vento arrugginito dalla salsedine è altrettanto frustrante.
      È un loop da cui è difficilissimo uscire, e nei rari casi in cui se ne esce è comunque un’esperienza che segna per tutto il resto della vita…
      Una poesia dell’irrimediabile, bella e tristissima. ❤️

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    • è davvero questo l’amore? Come si può amare chi non ci ama? Come si può desiderare qualcosa che di fatto non esiste? Eppure l’attesa intrisa del desiderio di un abbraccio d’anima ha la potenza di un uragano che niente può fermare. Un amore fatto di mancanza è capace di aggrapparsi alle nostre viscere e nutrirsi di illusione e briciole fino ad ucciderci o a rendercene schiavi. Una droga contro la quale non v’è scampo se non nell’avvelenarsi ingurgitando amari bocconi di realtà. Una poesia che è già luce in fondo al tunnel!

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  10. ACCETTO IL REGOLAMENTO

    Lo scarabocchio dell’insonne

    Nella tragica regolarità delle faccende
    c’è sempre qualcosa che stona,
    quel gocciolio lento
    che rallenta la veglia.
    Incessante temere il giorno
    in cui si avrà per davvero
    qualcosa da dire e sarà cruento.
    Sprezzante dello sciupio mi sparerò fuori.
    Sentire e dire
    hanno orgogli diversi,
    quando decidono di parlare
    si guardano negli occhi e stanno.
    C’è una complicità diversa,
    più interna stanotte e
    mi piace pensare
    di accarezzarti i sogni più bianchi.

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  11. Accetto il regolamento
    -Le tireur-

    Prima :
    Amo camminare da sola nella città. Sopratutto se ho bevuto il vino rosso. Mi sento bene .
    Oggi:
    Ma che freddo. Una città morta. La fucilata ha fatto 5 vittime. Non posso dire 6. Non ho il dritto di mettere il terrorismo tra le vittime. Non posso.
    Per un caso drammatico io conosco il terrorista ?
    Terrore
    Io conosco la paura
    Ieri:
    Lui è morto
    Io respiro
    Come lui Lei, tu, come tutti
    Perché non voglio incontrare la faccia brutta del terrorismo
    Non voglio vedere la mia morte
    No
    O peggio
    Quella dei mie bambini
    ffirehC è morto,
    dove lui è cresciuto
    Vicino la casa vuota della sua mamma
    Vicino la mia scuola
    Esatto
    Nella mia zona
    Non posso dire vittime
    No
    Lui era un terrorista
    Con lo sguardo pazzo
    Lo stesso sguardo del ragazzo di dieci anni.
    Lui. O Suo fratello…
    Non mi ricordo.

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    • Una viandante delle proprie emozioni in una città minacciata dal cuore oscuro dell’uomo. Una poesia profonda per chiedersi se fra le vittime c’è anche la mano armata.
      Conoscere, per via indiretta, l’attentatore, le sue farneticazioni, il suo non essere sul viale dell’amore.
      Si puo’ seminare morte ovunque per le vie della città, anche nei pressi dei luoghi deputati alla vita. Accade quando si cresce come rovi, quando la pazzia sbuca dagli occhi. Cosi’ come non si può essere sicuri su chi sia stato l’ assassino, se il reale attentatore o suo fratello, in un tragico replicarsi di orrore.

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    • L’orrore fatto carne, occhi e vite spezzate.
      Senza un perché, senza un motivo se non la logica tragicamente illogica della distruzione e della morte.
      Comprendere è molto difficile. Perdonare, quasi impossibile.
      Ma perdonare cosa, poi? e chi?, quando a seminare morte e lutto è un ragazzo o una ragazza che appena ieri erano bimbi lanciati a correre e a giocare ridendo tra la polvere delle strade, le macerie e il deserto.
      La giovane età dei terroristi mi ha sempre sconvolto.
      Carne da macello anch’essi, per i mandanti adulti che sono i veri responsabili.
      Far leva su giovani menti e plasmarle per trasformarle in ordigni dell’orrore è la cosa più criminale e vigliacca che si possa commettere.
      E se esiste un inferno, saranno essi a finire nel girone più in basso, quello dove la disumanità non ha confini… 😢😢

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      • Brava Isabella, per aver toccato un argomento così scottante e delicato che riguarda tutti. Un tempo si diceva: non portare mai un essere umano in una condizione in cui non ha più niente da perdere. Credo che questo mondo imposto da pochi, dove il valore di un robot supera quello umano, abbia portato anche questo: esseri umani che si trasformano in macchine di morte. Bello l’impatto rispettoso, riflessivo, personale.

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  12. -accetto il regolamento-
    MANTINICAS AMASEDADAS

    Come un “Padre-Padrone”
    che uccide la “Lìngua-Madre”.
    Violentata e umiliata.

    Tancada in d-un apostentu
    sceti po cultoris abarrada,
    o po poetas macus e fertus.

    Ti nc’ant bogau amarolla
    de custa terra,
    chistionada de millant’annus

    Cun petiadas in is manus
    o cun bregùngia
    di essi greza e inferiori.

    Su Napoletanu fiat lìngua de Urreis
    Su Venetzianu fiat lìngua de Doxis
    Su Genovesu fiat lìngua de Doxis
    Su Milanesu fiat lìngua de Viscontis
    Totus declassaus a dialetus.

    S’urrei piemontesu chistionàt frantzesu.
    Cavour chistionàt frantzesu.
    Stràngius issus puru, po s’italianu!

    Totus strociduras de su fiorentinu dialetu
    chi oiindi nd’at cancellau totu
    is lìnguas italicas

    Fortzis chi su Sardu
    no est stètiu scritu e
    fueddau a innantis de s’italianu?

    Lìngua de pòpulu e lìngua de Urreis
    Lìngua de Juighis: de Orzocco e Ospitone
    in Condaghes e in Carta de Logu
    Lìngua de Lionora, Marianu e de s’urrei Barisone.

    Lìngua de is tempus colaus, dd’ant tzerriada.
    Funt brintaus in sa modernidadi cun sa lingua insoru, is frantzesus.
    Is ispanniolus puru.
    Is tedescus puru.
    Is olandesus puru.
    Is portoghesus puru.

    Tancada e incotia,
    serrada e allogada, posta in-d-unu arrenconi
    po no dda biri e no dda intendi prus.

    Mantinicas amasedadas,
    strocendi a atra genti.

    Abetendi chi si donghint
    sa nuxedda de pitzus
    mancu prus bonus a
    si ndi scabulli assolus.

    — 

    SCIMMIE AMMAESTRATE

    Come un “Padre-Padrone”
    che uccide la “Lìngua-Madre”.
    Violentata e umiliata.

    Chiusa in una stanza
    rimasta solo per cultori,
    o per poeti matti e pazzi.

    Ti hanno cacciato per forza
    da questa terra,
    parlata da millant’anni

    Con bacchettate sulle mani
    o per vergogna
    di apparire grezzi e inferiori.

    Il Napoletano era lingua di Re
    Il Veneziano era lingua di Dogi
    Il Genovese era lingua di Dogi
    Il Milanese era lingua di Visconti
    Tutti declassati a dialetti.

    Il re piemontese parlava francese.
    Cavour parlava francese.
    Straniero anche lui, per l’italiano!

    Tutte imitazioni del fiorentino dialetto
    che oggi ha cancellato tutte
    le lingue italiche.

    Forse che il sardo
    non è stato scritto
    e parlato prima dell’italiano?

    Lingua del Popolo e lingua di Re
    Lingua di Giudici: de Orzocco e Ospitone
    nei Condaghes e nella Carta de Logu
    Lingua di Eleonora, Mariano e del Re Barisone.

    Lingua dei tempi passati, l’hanno chiamata.
    Sono entrati nella modernità con la loro lingua, i francesi.
    Anche gli spagnoli.
    Anche i tedeschi.
    Anche gli olandesi.
    Anche i portoghesi.

    Chiusa e sigillata,
    serrata e conservata, messa in un angolo
    per non vederla e non sentirla più.

    Scimmie ammaestrate,
    che imitano altra gente.

    Aspettando che ci diano
    le noccioline dall’alto
    neppure più capaci 
    di cavarcela da soli.

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    • La lingua di un popolo racchiude l’essenza del popolo stesso. Essa scrive nel tempo l’ abc del cuore collettivo.
      Il dialetto, poi, smaschera dolcemente la sua anima e tutte le sue specificità. Rivela asperità, dolcezza, oppure propensione alla burla, alla pigrizia, all’ omertà e a tanto altro. La voce di un popolo va preservata e tramandata ai posteri per rendere esplicite le radici. Una poesia questa che denota amarezza e rimpianto per l’ amata lingua non valorizzata come avrebbe meritato.

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    • L’omologazione che avanza, l’appiattimento delle culture millenarie di popoli, di tradizioni legate alla propria terra. Le differenze che migliorano la cultura dell’uomo ed il suo sviluppo spaventano chi ha il potere di gestire ed influenzare le masse. Nuove forme di “imbarbarimento” impoveriscono l’intelletto dell’uomo.

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    • Le tradizioni linguistiche e le lingue originare dei popoli andrebbero preservate e tramandate mantenendole vive, e non relegandole semplicemente in uno scrigno al pari di monete d’oro.
      Perché l’oro e i tesori sono freddi e morti, mentre una lingua è viva, e interroperne la naturale evoluzione significa davvero ucciderla.
      Per fortuna esistono molti luoghi che di fatto sono bilingue, e continuano alla luce del sole questa evoluzione parallela del loro linguaggio locale.
      Può darsi che tra non molto anche le attuali lingue nazionali verranno declassate a “dialetti europei”, a favore di una lingua astratta che avrà il ruolo di “lingua universale”, come già sta accandendo in diversi ambiti a favore della lingua inglese.
      Ma purtroppo è un effetto collaterale del processo di globalizzazione, e porvi un argine è quasi impossibile, a meno di insegnare quelli che attualmente vengono chiamati “dialetti” anche nelle scuole.
      Hai giustamente sollevato una questione importante che coinvolge non solo la lingua, ma anche la storia e l’identità dei popoli, nelle loro complesse individualità da preservare.🙂🌸

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    • Mi sono sempre chiesta perché a differenza di qualsiasi altra regione dove chiunque usa il proprio dialetto con orgoglio e naturalezza, il sardo pare essere una lingua di vergogna, da nascondere, da usare solo fra le mura di casa. Lingua di vergogna e ignoranza. Quasi un marchio di inferiorità. Io non sono sarda eppure amo questa parlata così musicale e colorata. Amo le immagini che sola fra tutte sa rispecchiare e la semplicità con la quale riesce a raffigurare concetti complicati in poche parole ma molto espressive. Io la farei studiare a scuola, a tutti, perché non vanno mai rinnegate le radici. Una pianta cresce bene quando le sue radici sono forti. Come possiamo evolverci e decidere in che direzione andare, se non abbiamo ben chiaro nemmeno da dove veniamo? Bravo! Bellissima!

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    • Tema a me molto caro e per il quale lotto. La lingua è l’emblema di un popolo, l’eredità lasciataci dai nostri padri, solo gli ignoranti si vergognano delle proprie radici. Ma la nostra lingua (non dialetto) è un immenso tesoro culturale, una ricchezza da preservare cominciando a insegnare nelle scuole il sardo e la nostra storia sconosciuta a tanti. Quanti sanno chi erano Orzocco, Ospitone, Ampsicora, Mariano e la grande giudichessa Eleonora? Vi siete mai chiesti perchè la storia ufficiale volutamente li ignora? Il tema è complesso e non si può liquidare in due parole. Bravo Ivan, omine balente, scida is mantinicas amasedadas!

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  13. Accetto il Regolamento

    Gelato

    Come dicono qua, un culo bagnato e nessun pesce preso.

    La vita è un gelato,
    puoi leccarla o lasciartela sciogliere tra le mani.

    Il problema è che le cose calde si raffreddano
    e quelle fredde si riscaldano.

    L’orlo di una scogliera
    non è il posto più saggio per allacciarsi le scarpe.

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    • Un’ode alla capacità di cogliere l’attimo cercando di immaginarsi fulmineamente cosa potrebbe diventare quell’attimo se aspettassimo un secondo in più.
      Ma anche un monito a non essere mai incoscienti, a pensare bene a quello che si fa, perché in certi casi ci si mette un attimo a scivolare giù dalla scogliera…
      Meglio indossare le scarpe col velcro, per girare il mondo cogliendo gli attimi che offre.
      Una efficace sintesi poetica di come affrontare al meglio la vita. Bella! 😀🌸

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  14. Accetto il regolamento
    -Il sistema sbagliato-

    La nostra è un’economia monetaria, basata cioè sulla moneta con la quale facciamo gli scambi, compriamo e vendiamo cose. Almeno in questa parte di mondo non c’è penuria di beni di consumo, di cibo e di servizi, ma i cittadini ne sono privati perché manca nelle loro tasche “il mezzo per gli scambi”, ossia la moneta. Sembra un’assurdità visto che la moneta oggi è tecnicamente illimitata. Vi dicono “non ci sono soldi” ma non vi dicono che abbiamo aderito ad un sistema, che per restare in piedi, ha bisogno di togliere moneta dalle tasche dei cittadini. Quando in una economia i soldi sono insufficienti, affinché essa funzioni bene, siamo in una situazione di rarefazione monetaria. La conseguenza diretta della rarefazione monetaria è la DISOCCUPAZIONE. Perché cos’è un disoccupato se non una persona che offre di lavorare in cambio di un reddito, quindi di soldi, quindi di moneta. Ma se nel circuito economico la moneta è scarsa, “i soldi sono pochi e non bastano”, ci saranno per forza disoccupati! Allora come è possibile pensare di restare in un sistema che impoverisce sistematicamente le persone? Che produce disoccupati, povertà e privazioni? Che uccide il lavoro e le aziende? Per uscire da una situazione di recessione è necessario che lo Stato SPENDA! Ma per spendere deve avere capacità di spesa, cioè deve essere emettitore di moneta, altrimenti come oggi non avrà soldi da spendere. È necessario immettere moneta nel sistema privato e quindi nelle tasche dei cittadini. Il problemi sono legati all’euro e ai Trattati che impongono politiche di rarefazione monetaria per mantenere in vita una moneta che dobbiamo prestarci!!! Per trent’anni abbiamo avuto classi politiche che hanno sempre avallato questo sistema, lo sappiamo. Ma una classe dirigente che tenesse veramente ai cittadini vi parlerebbe solo di questo, finché anche le pietre lo avessero capito. Non mi risulta ad oggi che ci sia questa intenzione, e allora come si fa a credere?

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    • Infatti stiamo assistendo in tutto il mondo a pericolosi fenomeni di proselitismo politico per fede, non per adesione ragionata e cosciente.
      La politica, dopo il tramonto di ogni ideologia si sta trasformando sempre più in religione.
      Pertanto, beati coloro che non credono ciecamente, e che riescono ancora a dire che il re è nudo quando è nudo davvero!

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      • Il problema è che non tutti hanno i mezzi per coltivare dubbi su tutto ciò che ci viene propinato, e non è solo un discorso politico, ma epocale. Io vedo anche persone di cultura fidarsi di certi politici e questo mi sconforta assai e assai.

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    • Il problema è proprio questo: il credere. Non c’è niente a cui credere se non ai propri occhi. Ci stanno invece manipolando mentalmente al punto che ci fidiamo più di ciò che ci viene detto che di ciò che viene fatto. Siamo burattini in un teatrino in cui comandano il Bianconiglio e il Cappellaio matto e dove i più preferiscono fare la parte di Brucaliffo, non a caso stanno pure legalizzando le droghe leggere! Eppure noi continuiamo a preoccuparci del sistema bancario e dei soldi, e invece che prendere in mano le nostre vite e smettere di asservirle al sistema, stiamo ancora a pensare a come poter fare a portare indietro l’orologio di 30 anni! —-mi ha ricordato uno dei monologhi di Beppe Grillo—quando ancora faceva il comico nei teatri invece che a Montecitorio!

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  15. Accetto il regolamento
    -Ricetta della Felicità-

    La rana pescatrice si sa, è una tentatrice!
    Il calamaro poi, lui si che è un tipo raro!
    Si incontrarono per via della patata e ridotti in polpetta sono rimasti intrappolati,
    sigillati nella pasta ben tirata!
    Aggrovigliati e bel salati hanno fatto un grande tuffo.
    Han volteggiano e galleggiato, la salsa rosa abbracciato e deliziato il mio palato!
    Oh raviolino, mio amato!
    Il mio cuore felice ha ringraziato!

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  16. (accettato il regolamento… dei conti)

    Caro Tavarish (avevano ragione Santander ma anche Cassius Clay…
    un po’ prima d’ora)

    sapevo ch’era tutta colpa di un’orchidea
    silenzi e trame avvoluti nell’argento reo
    di una selene indifferente che se la ride
    e se ne sbatte tradendoti con sesso vacuo…
    se so, se so, ma non in vero non so niente
    (ora) baci filtrati da marchingegni piatti freddi
    come iceberg transplutoniani, assiderano e senza limone!
    (ora, giusto dietro l’angolo del mondo)
    ci vuole l’ecocardiogramma per il pulpito
    per comprendere che quel seme d’amore
    non rimanga schiacciato da pesi farisaici
    per quanto gravino, irreali, virus mentali
    (ora, giusto un tempo un po’ più addietro)
    dov’è andato l’uomo originale del peccato
    da brigante edenico a svezzata capra social
    e guardo il pescivendolo e non assomiglia
    affatto a Spartaco, può mai un pescespada
    avere l’inclinazione di uno xiphos oplita?
    ma anche il fruttaiolo con le banane annerite
    non ha l’esuberante petto di un Kunta Kinte
    e nemmeno di un più selvaggio King Kong
    ma anche il sacerdote intriso nei suoi dogmi
    non ha la pasta di un Esopo e delle sue fiabe
    e poi, tant’altreria di ingegneri, architetti e politici,
    che ne sanno della schiavitù di un Cervantes.
    (ora, un po’ più dentro l’immaginazione)
    Dmitri, caro tavarish, che suono ha il tuo jazz!
    Sì, le streghe russe, quella alla…ehm…Margherita,
    giusto per intenderci, m’hanno sempre sedotto
    Aaah… l’amore, è uno strumento del diavolo.

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    • 😀😀😀 … è una sfida a trovare il bandolo di una matassa liquida?
      … forse un velato invito a bere più (o meno) bevande dionisiache?
      … o a sognare storie ad occhi aperti (o chiusi) percorrendo a ritroso la spirale del guscio di una chiocciola fino a raggiungerne l’essenza?
      Ai posteri l’ardua sentenza.
      Ogni volta che la rileggo mi viene sempre in mente qualcosa di diverso, anche se non saprei dire cosa.
      Un’illusione evocativa, potrei dire.
      Oppure un nuovo modo di disegnare percorsi.
      Interessante in ogni caso! 😀🌸

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      • Un giocoliere ironico/dada che racconta l’accatastamento disordinato da cui si fatica a trovare il senso e il bandolo del terzo millennio. Molto vicina al Realismo Terminale. Bravo.

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    • Bella traversata fra figure mitologiche e minute comparse. Favolistici accostamenti fra eroi datati e uomini omologati. Un paradiso arso dove l’autore si aggira, come un rabdomante, tra fruttaroli, pescivendoli e folle di farisei.
      Ma l’ amore per Margherita, e non so perché penso alla canzone di Cocciante, quello no, quello rimane vero.

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    • Come una freccia affilata giunge fino al segno, profondamente scava e scolpisce quel senso di nebbiosa instabilità di cui tutto ciò che ci circonda si è vestito. Possiamo recitare, fare gli avanguardisti, giocare a mosca cieca, non curarci degli altrui gusti eppure quel senso di amaro rimane e la perplessità che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato pure. Mai giudicare! Ma osservare e scegliere, questo si! E poi, se esistono bene e male, perché mai non dovrei pensare se ciò che vedo porta bene o male? Mai giudicare! Ma osservare e scegliere, questo si!
      “l’amore, è uno strumento del diavolo.”—Caro Tavarish…..sei Geniale!

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  17. accetto il Regolamento

    A SIMULAR SORRISI

    Il delirio, dolce estasi di molte notti
    svanito sotto la scure delle misure grigie
    le parole, pegni d’Anima, ora imbavagliate, la musica tace.
    Nel silenzio Morfeo tarda a rapirmi
    mi lascia anche lui , sola a far conti
    Contare il peso della mia bocca, delle mie carezze
    e ancora contare
    il fuoco sulla mia pelle e nelle mie parole
    E conto uno, due, tre i mille brandelli dei miei voli onirici
    (ora mi accorgo voli solitari)
    La luce all’alba mi accoglierà
    a SIMULAR SORRISI
    DISSIMULARE LACRIME
    I piedi saldi a calcare le strade
    dei percorsi che mi attendono
    le mani, solo impercettibili vibrazioni, operose e ferme
    la mente lucida, gli occhi asciutti
    Il dolore ha mille facce
    le rivedrò tutte ogni mattina nello specchio
    prima di rinserrarle nello scrigno
    le guarderò negli occhi
    mi riconoscerò con compassione
    avrò amore per le infinite sottili rughe, che la pena disegna sul viso
    varcherò i confini
    e la dove si incontrano oblio e memoria
    fermerò il tempo
    sul volo di un aliante
    sull’icona dei messaggi
    sul tasto invia ricevi
    sul rosso in un calice
    sulle note malinconiche di una ballata
    smetterò di SIMULAR SORRISI
    DISSIMULARE LACRIME
    Ritroverò l’Anima?

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    • Bravissima Teresa Addis..👏👏👏👏

      Sto pensando che in questo periodo la poesia abita la mia vita
      questa la dedico a ogni donna

      Il coraggio d’amare
      Si! Ci vuole coraggio ad amare
      se ami … devi mostrarti così! come sei
      devi dismettere gli abiti
      non coprirti di madreperla
      mostrati nella pelle dell’anima
      così … come fa l’acqua
      nel suo misterioso corpo che luccica
      persino al buio, quando nella notte
      ogni bagliore di stella
      si precipita mostrando il suo cielo
      si! Ci vuole coraggio
      a mostrare le spine
      i brandelli di carne rotta
      le rughe inzuppate di maestrale
      e, il deserto interiore
      dove solo la poiana
      conosce il sentiero
      si! Ci vuole coraggio
      perché quando sei ferita
      non devi per forza perdonare
      e, far finta che niente sia successo!
      urla! Trema senza ritegno
      fai trasparire il tuo rosso rubino
      che accende i sentieri del corpo
      ogni fuoco che arde
      d’amore brucia
      rompi gli argini così da essere
      antico canto, splendore e intelligenza
      bellezza senza confini
      sei vasellame scelto da Dio
      affinché la vita sia narrata
      dal tuo ventre innalzata

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    • La simulazione – in negativo o in positivo che sia – nasce sempre dall’esigenza di nascondere il dolore.
      Ma nell’inganno del dolore può celarsi un’essenza di salvezza, a cui si può chiedere un passaggio per volare in cielo aggrappati alle sue ali… Molto bella! 😀🌸

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    • La sensazione di inadeguatezza a questo mondo, l’aridità, la solitudine, il tempo che passa e non ritorna. Mostri, che tormentano le nostre notti e spesso i nostri giorni. Pene che ci impediscono di essere perfettamente al passo con le esigenze di questa vita, con le richieste di fermezza, solidità e lucidità mentale che i nostri ruoli ci pretendono. Vite come reclames che rappresentino la perfezione, sorrisi e contenute reazioni per ogni occasione. Farse come e vite che indossiamo al mattino. False come le aspirazioni imposte dagli stereotipi di massa. “SIMULARE SORRISI E DISSIMULARE LE LACRIME”: il primo passo verso il baratro del non ritorno! Siamo anime! Giù le maschere! Mai dimenticarlo! Grazie

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    • La trama di una vita da ricercare dentro cio’ che si è perso o si è a lungo vagheggiato. Delle estasi, dei deliranti sogni non rimane altro che il grigio. Esso, come insonne sonnambulo, scolora le tormentate notti. Parlare qui del giorno equivale a descrivere la maschera che bisogna indossare la mattina per poter praticare l’ esercizio della vita.
      E ancora dei medicamenti quotidiani che consentono di evadere il pressante dolore. Come quando si cede a un buon bicchiere o si cerca un po’ di compagnia attraverso la tastiera.
      Ma poi preme sempre all’ orizzonte del cuore la dualità oblio e memoria. Il tempo forse, con un atto clemenza, concederà il privilegio di far ritrovare l’anima smarrita.

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    • Bella, bella, bella. Il ritrovarsi attraversando il dolore, tra le mille rughe conservando tutto nello scrigno, fino a smettere di simulare sorrisi e dissimulare lacrime. E sì, l’anima l’hai già trovata!

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    • Mi piace molto! Brava.
      Il dolore può creare eccellenti dussimulatori.
      Ogni cosa è distorta, diversa da sé e nasconde la verità, troppo fragile per rivelarsi.
      Bella bella!

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  18. Errori di lettura.
    (Scintilla)

    Il corpo in preda alle fiamme
    si ribella. Si dimena.

    Accende focolai ovunque
    come quei razzi d’emergenza
    lanciati in estrema difficoltà.

    Se non mi vengo a salvare
    diventerò una terra di cenere
    e lentamente affogherò in questo pantano.

    I secondi canditi con moto dolce e irregolare
    ticchetteranno le coste. I contorni erosi
    ogni riva inghiottita, i porti
    dei poeti fantasmi.

    E così perdo una mano, metà della bocca
    la lunghezza del femore, le giunture degli arti che li fanno muovere.
    L’uso emotivo della lingua.

    Mi scioglierò
    fino a diventare un’acqua che scorre via.
    Resterà poco di me.

    Sarò una molecola fra tante,
    una gocciolina che ti arriverà sul viso
    quando guarderai il mare d’inverno.

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  19. Accetto il regolamento
    -L’ epica degli stivaletti-

    All’improvviso mi vengono in mente gli stivaletti bianchi.
    Me li comprò mio padre. Li guardavo rapita ogni giorno poiché me
    ne ero innamorata a prima vista.
    E però non potevamo permetterceli, ma mio padre a volte uccideva i suoi problemi con piccole follie.
    Entrammo nel negozio e li richiedemmo.
    La commessa li tolse dalla vetrina con gesto quasi rituale.
    Erano l’ultimo paio di quel modello.
    Mio padre cavò di tasca il portafoglio e, nel pagare, pensò che la commessa era proprio una bella signorina.
    Mi accorsi che si aggiustava meccanicamente la cravatta.
    Gli stivaletti scesero dalla mensola e mi calzarono i sogni.
    Decisi che li avrei tenuti da conto. Questo ricordo ne reca tanti altri a latere. Si accompagna al tedio delle macchinose mattine della mia adolescenza priva di paradiso, agli innamoramenti frequenti e sconsiderati di quell’età, alle partite a scacchi col mio io sconquassato e introverso.
    Gli stivaletti bianchi erano bellissimi: vantavano un candore innocente che nulla aveva a che vedere col mio piede numero trentanove.

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    • Un racconto semplice e sincero come un ricordo incastonato nel diadema di guai della propria adolescenza.
      È l’età in cui non si ha ancora sufficiente esperienza per affrontare indenni la vita, ma è tutt’altro che un’età ingenua – esattamente come non lo è neanche l’infanzia.
      Si costruiscono castelli in aria, è vero – com’è vero che ci si adira, si botta, oppure ci si chiude a riccio per un nonnulla.
      Un niente se visto con gli occhi degli adulti, ma è un oceano visto attraverso il cuore e gli occhi di un’adolescente.
      Viva gli stivaletti bianchi, quindi! che ti hanno regalato un momento di gioia concreta – squisitamente privata – che ai tempi ebbe dell’incredibile. 😍🌸

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      • Che incredibile tuffo nell’inconscio! Il rapporto d’amore con il padre in una donna rappresenta il nucleo più profondo dell’autostima. Rivelatore parlare del numero trentanove di piede, come qualcosa di spropositato; avrebbe creato lo stesso disagio un trentasei. L’ infanzia e gli attori principali intorno ai bambini, definiscono per sempre chi saranno da adulti. Tema da approfondire all’infinito. Congratulazioni Antonietta!

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        • Voglio dire il mio profondo grazie a Tania Di Malta per aver qui esposto il flusso che intercorreva tra me e mio padre. Mai amore fu per me più dolce.

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      • I ricordi della nostra infanzia sono pietre miliari sulle quali costruiamo la nostra esistenza. Bello il ricordo di tuo padre che anche se non può permetterselo compra gli stivaletti per farti felice. Gli stivaletti bianchi, hanno un che di magico, di puro, di onirico a dispetto di quel 39 che ti tiene con i “piedi per terra””. Ci si poterebbe scrivere una fiaba! Brava, hai risvegliato in me dolci ricordi.

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    • Mi piace come il ricordo di un oggetto comune evochi un universo di emozioni contrastanti come quelle adolescenziali. No, non erano per te un semplice oggetto. Gli stivaletti bianchi erano per te speciali.

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    • Mi piace moltissimo questo racconto. Trasmette perfettamente il disagio adolescenziale nel ritrovarsi quasi improvvisamente né carne né pesce, né piccoli, né grandi, alla ricerca spasmodica e spesso dolorosissima di una propria identità, di un posto nel mondo. Parli di te adolescente in pochissime righe pregne di compassione, questo mi commuove almeno quanto quel bel paio di candidi stivaletti numero 39 regalati da tuo padre, alla faccia dei problemi.

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      • Sì è vero, molto dello spazio narrativo di questo racconto è occupato da mio padre che rimane figura di primo piano anche nel mio cuore. A distanza di tanto tempo ancora mi commuove il ricordo di questo dono fattomi con grande sacrificio economico. Bellissimo il tuo commento, Claudia Magnasco.

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    • Che bella sensazione sprofondare nei ricordi dell’età adolescenziale. Quel periodo magico in cui ogni bruco si fa crisalide per poi divenir farfalla. Quell’amplificatore di emozioni e innocenti passioni, impregnato di insicurezza e curiosità. Quella laguna blu dell’anima di un tempo evanescente in cui tutto è impossibile essendo ancora possibile. Un balzo indietro nel tempo. ❤

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  20. Accetto il Regolamento

    Ma non ci stai

    un bartezzaghi incompiuto
    per giunta cosparso
    di semi di zucca svuotati
    è la prova che mi sto sforzando
    e ciononostante
    l’unico mare che mi viene in mente
    sei tu. Ma non ci stai.

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  21. Accetto il regolamento.

    CAMERE DI SICUREZZA
    di Mixa Fortuna

    Silenzio tremante scontato silenzio profondo caustico
    Folle silenzio secco silenzio tombale secolare silenzio imposto notturno e diurno silenzio assoluto Silenzio
    a scacchi relativo silenzio contrito
    silenzio infranto acuto silenzio stordito mestruato accorato silenziosamente accordato silenzio.
    C’era l’albero delle cose non dette. C’era chi ne mangiava il frutto, chi si convinceva di non esserne patito, chi eiaculava sui fogli quella porcheria.
    (Ha una cassetta di legno sulle gambe. Lui è seduto nel bagno, curvo su un giornale.)
    Chissà perché in mezzo ai pensieri sei sbucato di nuovo tu stasera. Le parole vogliono solo parlare con te. Dimmi solo questo (si rivolge alla porta del bagno) perché non ti decidi ad andare?
    Ogni volta che mi volto da te arriva in picchiata un rapace, e mi cava il cuore dal petto. Ma quello ricresce e ha voglia di palpitare più di prima, d’irrorarmi le vene e viene di nuovo quel rapace e sfondandomi il petto ne strappa un cuore appena nato.
    Senza mai riposo io con te do alla luce un cuore da razziare, senza requie aspetto di ricevere.
    Forse a un certo punto tesoro, mia delizia, ho perso le tue tracce, tu certo non me l’hai perdonato o non te ne sei accorto comunque non mi hai chiamato e la solitudine
    rapace
    ha iniziato a sorvolare la mia testa.
    Vorrei poter credere che mi sorprenderai con il tuo amore negli occhi domani e il tuo e il mio amore convergeranno come due che s’incontrano per caso sulla stessa panchina. (apre in uno scatto la cassetta, guarda dentro per un lungo attimo, richiude di scatto)
    Mi si storce l’anima. Non voglio guardare fuori. Fuori dove guarda la roba stesa. E io invece lo vedi come sono, io, mi faccio pigliare in volo dalle serpi parlanti e mentre dicevi che volevi stare un momento da solo io vedevo la casa vuota e al davanzale della finestra guardavo la rosa e in quell’attimo tutto
    tranne la rosa
    tutto
    è deserto.
    Non ho nulla da rimproverare. C’è chi ascolta perché condivide e chi ascolta perché vuole dividerti. E rendere l’altro utile per se stesso.
    Mi hai fatto scoperchiare pietanze raffinate per te. Avresti potuto avvisarmi che avevi solo fame. Avevo quello che faceva al caso tuo, una minestra di ceci delle migliori. Ogni stella mi riporta da te appena butto indietro la testa. In questa notte fredda. Cungelada. Mi manca il respiro. I lombi chiedono spiegazioni. È il loro pianto notturno. Ai sogni desti mandati al diavolo.
    Ave Maria tu che sei nei cieli e di lì non ti muovi, dimmi come si fa a restare immobili!
    (Lui esce dal bagno. Restringe il cerchio fino a sedersi accanto alla sua sedia. Lei non resiste. Lo abbraccia. Lui ne approfitta. Un groviglio erotico frenetico frettolosamente si conclude con un lungo sospiro di lui che si stacca da lei e torna in bagno. Lei è una statua rigida. Abbruttita, fremente ancora, ma gelida. Sempre immobile. Alterna momenti di pianto convulso in cui entra in stato confusionale a momenti di lucidità in cui parla/:
    Sono il galeotto delle ore assicurate
    si sta comodi relegati
    Il secondino mi tratta bene quando entra a pulire il bugliolo.
    Sono il forzato dalle gambe rotonde ho chiesto asilo e mi è stato concesso qui sconto il fio della mia anima incapace
    non potevo farcela da sola, un carceriere mi ha offerto la sua forza e il suo piede sulla mia testa.
    Si sono erette muraglie tra me e la vita.
    Quando cerco di scappare nemmeno allora lui mi tocca
    tortura le mie voglie fino a farmele evacuare nel bugliolo.

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    • Se l’infelicità ha tanti volti, questo mi sembra uno dei peggiori.
      Quando un amore è solo un crudele tiro alla fune tra chi è più forte e chi è più debole, non è mica amore.
      E’ un semplicemente un crimine, anche senza spargimenti di sangue.
      Ma le catene si possono anche spezzare.
      Amenoché uno dei due non le abbia scelte inconsciamente, unendo la propria vita a quella di un fabbro di mestiere.
      E allora son guai, ma guai davvero seri…
      Questo racconto mi fa venire in mente diversi fatti di cronaca in cui la vittima non è nemmeno riuscita a chiedere aiuto.
      Chissà quanti secoli dovranno ancora passare perché certi condizionamenti possano esser davvero superati, e certi rapporti evitati come la peste, fin da subito, perché riconosciuti all’istante dal cattivo odore…
      Una tristissima testimonianza di quanto complicato sia prevenire o curare certi tipi di violenza perpetrati a danno delle donne da secoli.
      Un’interessante pièce teatrale, di grande impatto “vaccinale”, da proporre per il 25 novembre, in occasione del giorno di lotta contro la violenza alle donne! 🙂

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      • Questo brano mi ha rapita. Ho inciampato all’inizio in una prosa convulsa, dove figure eteree si scontrano con altre taglienti.
        Ma poi ho sentito il bisogno di leggere e rileggere per cercare di compenetrare. Ho ascoltato, avviluppata, il palpito di un sentire profondo.
        Ho intravisto, nelle parole, il quadro di un incoscio scoperchiato, con tutte le sue sbavature, che rappresenta un sogno nel quale le mostruosità un po’ spaventano, un po’ affascinano. Alla fine il tutto rimane enigmatico come in un delirio, come in una poesia.

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        • Grazie infinite per le vostre osservazioni, c’è ascolto attento e questo è un dono.
          La pièce è qui al suo inizio. Vuole mettere in azione un’anima, che parlando si libera lentamente. Attraverso il soliloquio, che in termini scenici può essere un parlarsi addosso, lei si affranca, riprende il controllo, l’esercizio della linguistica interiore la rimette alla luce, la libera da una relazione a vuoto restituendola alla sua creatività.

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    • Fantastica! L’amore che si fa follia, schiavitù, patema, violenza verso se stessi. L’amore che non è amore ma veleno. Un carro che ti trascina nel baratro calpestandoti la dignità, le viscere, le membra tutte.
      Un dramma che avrei voluto non finisse tanto m’ha catturata. Mi lascia assetata di vederlo su un palco insieme al suo prosieguo.

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  22. Accetto il regolamento
    -Responsabilità-

    L’altro giorno ho incontrato Dio.

    Ha detto che non c’era bisogno
    d’incolparlo della mancanza,
    verso i sogni
    non andare in fondo.

    Nascondersi nella morale,
    è cosa da umani
    accusarlo.

    Di non credere più in lui
    mi ha suggerito,
    senza pensare a malelingue,
    che del futuro coraggio,
    evidenza di forza saranno.

    Gli ho chiesto se posso
    essere libero di fare
    e mi ha risposto
    quello che voglio.

    Fantasticando
    non ci ho creduto
    ma il futuro trattenevo,
    finché un amico mi ha reso
    quello schiaffo che da tempo
    mi doveva.
    Allora ho capito.

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    • La verità può far male, ma è salvifica.
      Niente è così potente quanto ciò che ci ferisce anima e corpo per davvero.
      Anzi, più il corpo che l’anima, perché il corpo tutti ce l’hanno, ma l’anima non so.
      L’anima viaggia. A volte cerca Dio, ma a volte no.
      Il corpo si connette all’anima solo quando prova dolore di persona, e proprio per questo avere indietro uno schiaffo dovuto può aprire gli occhi e anche salvare l’anima.
      Molto bella!!
      Profonda e tagliente come un coltello, usato non per aprire una nuova ferita, ma per estrarre il proiettile che ci abita dentro. 🙂

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    • Il buon Dio è sempre nell’ immaginario di ognuno, fin da bambini. In questa poesia il Sommo assume sembianze divine perché lo si percepisce disincantato e liberale. Il creativo, dopo aver creato, deve lasciare andare le sue creature. Mi pare che qui ciò avvenga. Dunque il poeta, in questi versi, a sua volta ha creato il Creatore.

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    • La morale degli uomini e la morale di Dio. L’ evoluzione di un uomo nasce sempre da momenti di crisi. Il tortuoso sentiero verso la consapevolezza implica l’ assumersi delle proprie responsabilità.

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    • Non avevo letto questa tua lirica quando ho scritto il mio racconto, ma i due scritti potrebbero tranquillamente integrarsi e fondersi, Semplicemente abbiamo colloquiato con la nostra essenza, perché essa è divina. Un confronto che unico può portare ad una maggiore consapevolezza. E chissà se quell’amico non sia un alter ego della coscienza. Mi piace molto!

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    • Come una marea accarezza la superficie della battigia e al contempo ne spettina i suoi grani coi suoi flutti. Questo è la vita! e domandarsi di per come e quando il senso di tutto cio’ che accade prenda forma e soprattutto perchè così e non in altro modo. E Dio, Dio ovunque e dappertutto e sempre, sempre lui, sempre lì o mai là. Quanto tutto sarebbe più semplice se l’incotrarlo o il credergli ci esimesse dal guadarci allo specchio e puntarci il dito contro per i nostri errori e le nostre scelte, soprattutto quelle sbagliate, soprattutto quelle che ci si ritorcono contro. Ma come l’ondeggiare dei pensieri sulla battigia delle nostre emozioni ci scompiglia il cuore e a volte la mente, così Dio, che pare apparire e scomparire, in un eterno nascondino, a volte ci schiaffeggia ed altre ci consola mostrandoci allo specchio nient’altro che noi stessi nella nostra nuda essenza. Questo è ciò che dovrebbe essere, ma forse lo è solo per chi non credendo crede che questa vita sia di più di un freno a mano tirato, ben di più di uno schiaffo restituito. Ma tu lo sai dire con molte meno parole ed è per questo che Ti adoro! ❤

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  23. Accetto il regolamento- Roberto Marzano

    20.08

    La verità è che nulla è vero
    c’ero, io, acceso
    sull’altare immondo della concupiscenza
    nera notizia gettata in pasto agli ignari
    ovatta pregna di sangue catodico
    stipata a forza in pertugi irrisi
    da clamorose voragini colmate appena
    dall’intorpidito pollice sul telecomando.

    Lo sporco gioco che propinavano astuti
    era solo una angusta, bieca scusa
    perché ammutolissero occhi di pietra
    dinanzi allo spot delle 20.08
    spettatori ingordi dell’altrui disgrazia
    un solo brivido pavido d’immedesimazione
    duro di freccia aguzza piantata nello sfiato
    delle vertebre lombari prone sul divano
    poi un vuoto pneumatico
    e l’irrefrenabile moto insano
    di ingurgitare a grosse cucchiaiate
    la nota pietanza “pronta in 1 minuto”
    al “gusto-novità”… di carne umana!

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    • Ogni giorno ci propinano media-pietanze con una percentuale sempre maggiore di condimenti e spezie.
      E quando il livello di saturazione è sazio… alè! ecco che corrono già ad alzare l’asticella. Altro giro, tenetevi forte, altro regalo!
      Ma per fortuna a non tutti piacciono le spezie di quel genere.
      Altrimenti saremmo già morti di cannibalismo tutti quanti.
      Per fortuna qualcuno ogni tanto mastica il telecomando e lo riduce in briciole, per evitare problemi gastrici e di digestione.
      Non è necessario diventar luddisti per digerire il mondo – però a volte, in casi estremi, aiuta.
      Bella, corrosiva. Mi piace molto! 🙂

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    • È qui rappresentata una lauta parte del mondo mediatico in tutta la sua tragicita’. Quel pusher maledetto che spaccia la droga della bugia a uomini robot, talmente assuefatti, totalmente deprivati del pensiero divergente al cospetto di eroi di cartone, di blasfemi santi, di una pubblicità ruffiana e ingannevole. Le notizie falsate sono oramai pane quotidiano, travisate spesso perche’ la borsa mondiale crolli e
      l’uomo più inutile sulla terra non si senta un perdente.

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    • “la verità è che nulla è vero” – Un profondo senso di solitudine pervade chi si strappa dall’anima la nebbia confusiva dello Spirito del tempo, della mondanità mediatica che si nutre di massa, rendendola commestibile, commerciabilizzabile. Quante volte, troppe volte, siamo noi stessi ingranaggi, rotelline in moto perpetuo e immemore, di quello stesso ingranaggio. Forse ci sono concessi solo brevi attimi sospesi di lucidità e Coscienza, attimi che ci affrettiamo a scacciare con forza e determinazione, ché può far impazzire una visione nitida di Noi che mangiamo i nostri simili, ci nutriamo delle altrui angosce e pene per sentirci al sicuro, per sentirci salvati. Forse lo sguardo poetico svela e dis-vela.

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    • Mi è venuto in mente lo spot di Save the children, ma potrebbe non azzeccarci nulla. Testo notevole, originale e molto crudo, come piacciono a me i testi che raccontano di questa epoca beffarda e così tanto marcia.

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    • Parole come carne cruda. La stessa carne macinata, marcescente, flautolenta che subdolamente il mondo par chiedere a gran voce. Eccola, condita fino a renderla commestibile, fino a renderla droga irrinunciabile, fino a renderla essenza stessa della quotidianità. Un abominio cui tutti si adeguino fino a farne silenziosamente parte, mentre un tifo di parte ne canta e decanta le odi e lodi. Grazie per averla messa sul piatto, così che io ricordassi perchè di tale macello non desideri far parte.

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    • L’umanità che involve nelle proprie contraddizione. Ha fame di carne umana, di stragi e poi diventa vegana per urlarlo ai quattro venti e alimentare l’ego, sempre più affamato di Vuoto

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  24. Accetto il regolamento
    6/12/2018
    -Rosario Di Modica –

    Il pensiero unico

    Così improvviso, gli occhi spalancati
    Il fiato corto, il cuore giunto in gola,
    mi sveglio da quei sogni dissennati,
    da quel torpore che non mi consola,

    che il passo cede a consapevolezza.
    Io sono un uomo! E grido nella notte,
    a squarciagola; l’urlo di contezza
    fende le nubi dense, taglia, inghiotte.

    Non fui di me sovrano fino ad ora,
    felicemente schiavo di padroni
    feroci, occulti. In mente ormai dimora
    solo un pensiero: basta coi copioni

    da altri segnàti a sangue nel mio libro.
    Ma quei paraocchi fecero a me credere
    il mondo piatto e triste, e già mi libro
    sopra montagne e valli; e mai più cedere.

    Ora so quale tragica illusione
    quale chimera, quale schiavitù
    fosse il cercare soldi o religione
    al posto dell’amore o di virtù,

    come galline starnazzanti chiuse
    in un pollaio in lunga triste attesa,
    o come stolte pecore recluse,
    la vita a un filo sì sottile appesa.

    Non c’è nessuna alternativa, dici.
    E ci credevo, Tina, fino a quando
    non vidi tutti gli uomini infelici
    per quel pensiero unico vagando.

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  25. Accetto il regolamento – Davide Lederman

    Questo mondo è un’enorme macchina
    e ai suoi ingranaggi sono rimasto in mezzo
    deve pur esserci una tecnica
    per uscirne tutto in un pezzo
    o un qualche artifizio artistico
    per sfilarmi da intorno al collo
    questo giogo capitalistico
    o fa tutto parte del protocollo?
    Dev’essere un’errore o uno scherzo
    su questa biga non c’è servosterzo
    forse è un difetto di produzione
    forse una strana allucinazione.
    Son diventato tutt’a un tratto matto?
    Nessun altro ci vede un ricatto?
    Mi chiedo se per una distrazione
    con lo sguardo fisso su un muro vuoto
    senza la forza di mettere a fuoco
    o con la testa tra le tinte nuvole
    rosse come ghirlande di calendole
    non ho fatto abbastanza attenzione
    mancando qualche avviso o spiegazione.
    E così ora mi ritrovo vuoto
    e per quanto il capo mi percuoto
    non so com’è che ho perso ogni emozione
    ancor non riesco a darmene ragione
    da solo io non trovo soluzioni
    forse nel libretto delle istruzioni?
    è normale sentir male ovunque?
    Eppure avevo deciso comunque
    che avrei presto dato le dimissioni
    non sono tagliato per certe mansioni.
    Eppure giorno e notte ho studiato
    e per far bene mi sono applicato
    e ora cosa mi sta succedendo?
    sento che a poco a poco sto svenendo
    respiro piano senza far rumore
    sperando che non sentano l’odore
    della mia irriducibile passione
    condannata e in contumacia
    nell’angolo di un profondo androne
    come una fogna sudicia e marcia
    nei meandri della mia coscienza
    così ben nascosta che anche io
    stento a percepir la sua presenza
    sarei anche pronto a dirle addio
    se fossi certo che rimasto senza
    si affievolisse questa sofferenza
    ma solo a pensarci mi muore il cuore.
    Continuo a scervellarmi invano
    su come cessare questo dolore
    ma infine attendo sempre la mano
    di qualche improbabile salvatore.
    L’infanzia felice è un tempo lontano
    rimane solo uno sfuocato alone
    come una fotografia sbiadita
    come il ricordo di un vecchio cartone.
    Riporta i giorni di gioia infinita
    di cui era fatta la mia vita
    ormai svanita, decostruita.
    è veramente così sbagliato
    seguire le proprie inclinazioni
    e ignorare le imposizioni
    di un sistema che mi ha solo sfruttato
    che scarta ogni frutto un po’ ammaccato?
    Mi chiedo se mi sono solo perso
    nella magica melodia di un verso
    ma sebbene debole e fioco
    ecco che in me si fa strada un fuoco
    di genesi rivoluzionaria
    c’è un vento diverso nell’aria.
    Forse infine una candida mano
    ha raccolto il mio flebile richiamo
    e nel calore del mio primo amore
    vedo il cielo riprender colore
    e rianimarsi l’antico bagliore
    desiderio di un destino migliore.
    Ho finito di mendicar pietà
    sono un rifiuto della società
    sopravviverò alle sue torture
    non baratterò con lei la mia anima
    per abbassarmi a un’esistenza anonima
    come la più misera delle creature
    alle truffe sono ormai avvezzo
    la mia felicità non ha prezzo
    vivrò ogni singolo giorno al massimo
    anche se dovessi essere l’ultimo
    a sceglier la strada meno battuta
    con il rischio di lasciarla incompiuta.
    Il mio cuore un tempo assopito
    si è posto un quesito proibito
    e affidatosi alla speranza
    che ha dato un senso alla mia devianza
    attendendo l’alba dopo la notte
    viaggia indomito verso nuove rotte.

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    • Wow!!
      Questo tuo uso sincopato, esagerato, e quindi assai ironico e spiazzante della rima mi piace!
      Lungi dall’essere un ricalco del passato, questa lirica è sufficientemente dissonante – anche nei significati – per essere evolutiva e dissacrante.
      Un bel racconto nuovo, che si snoda lungo un kilometrico tunnel lirico old style, per riuscire a superare il monte perforandolo, desiderando scorgere all’uscita nuove stelle! 🙂
      Molto bella!!

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    • Un odissea della rinascita, un fiume di pensieri, dubbi ed emozioni, che stretti lungo il traforo che dai pensieri giunge all’anima, cercano impetuosamente una via d’uscita. Fluido, morbido, musicale eppure così affilato e pungente. Brina che si scioglie al sole dopo una ghiacciata alba invernale. Genesi di un’anima che ha deciso finalmente di vivere . Bravo! Mi piace molto!

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  26. accetto il regolamento
    “Ad un certo punto”

    Solitamente i giorni scorrono monotoni, la routine ti annoia.
    Poi, improvvisamente, ti accadono cose in maniera così veloce da non rendertene conto, da non avere neanche il tempo di ragionare.
    E così ti sembra di non aver mai scelto.
    Avresti voluto più tempo per riflettere.
    Invece sei stato costretto a prendere decisioni in pochissimo tempo.
    Solo ad un certo punto ti vien voglia di chiudere gli occhi e di lasciarti andare, di vivere la vita fino in fondo, affrontando con coraggio gli imprevisti ed assaporando gli attimi di felicità.
    Soltanto sapendo cogliere le occasioni, gli amori che la vita ti riserva mentre tu progetti, immagini e sogni il tuo futuro potrai dire di aver vissuto.

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    • Mentre la vita scorre veloce come un treno in un frutteto, bisognerebbe avere la prontezza e il coraggio di sporgersi dal finestrino per afferrare qualche mela al volo.
      O qualche pera, o pesca, o arancia.
      Dipende.
      Dalla stagione, dal luogo, e dal tipo di frutta che cresce sugli alberi lì…
      Una considerazione molto saporita… Me gusta! 🙂

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    • Vivere seguendo il flusso degli avvenimenti o scegliere, fermarsi ad aspettare, ponderare come se non ci fosse un domani o correre dritti, verso quello che vogliamo e prendercelo senza titubanza alcuna!
      Cosa è davvero vivere? Esistere? Sopravvivere? o essere sfacciatamente se stessi….

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  27. Accetto il regolamento
    -Nino e Paolo-

    Non offendete con gli artefatti
    Le vite condotte nell’abbandono
    Le verità non trasparenti
    Qui di celeste c’è solo l’illusione

    La bigiotteria è il vostro futuro
    Le intenzioni non sono quelle del santo
    la mia vita non vale più di un altro
    la mia morte non sarà più tragica

    È peccato dividere i fratelli
    vorrei annegare con loro
    Rivitalizzare la triste muffa
    a discapito della vanità

    Gramsci cerco di capirlo a pagina 5 rigo 12
    Preferirò morire che essere indifferente
    ma ora sono un cannibale e mi vergogno
    La sicurezza sarà la mia tomba.

    Voi martiri degli anni ’30 e ’70
    La sessualità per cospirare
    se vorrai scrivermi di nuovo,
    ti prego, fallo con semplicità.
    Non c’è più niente da cantare
    Proverò a dormire

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    • Hai ragione, la semplicità è la migliore forma di comunicazione.
      E’ il bandolo per giungere alla nuda verità, quella che a troppi fa paura.
      Eppure per vivere come si deve bisogna guardarla in faccia la verità, che piange e si dispera perché vuole essere spogliata di ogni orpello luccicante e inutile.
      Molto bella!! 🙂

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    • Bigiotteria come metafora del disvalore, del pensiero unidirezionale. Un vagare tra le spire degli individualismi. Riconoscere la ferocia dei piccoli appetiti che ci cannibalizzano, cercando di preservare la sottoveste del sogno che brucia sulla pelle. Una poesia notevole.

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  28. LA BELLEZZA DEL CIELO

    Niente potrà mai
    togliermi
    la bellezza
    di questo cielo.
    L’azzurro
    non mi trafigge
    in punta di freccia
    – bensì mi scaglia,
    freccia io stessa
    a disegnare un arco
    verso l’infinito.
    Felicità è il dono
    di provare infinita
    meraviglia
    nell’abbracciare
    con lo sguardo il mondo,
    e di accoglierlo
    nelle pieghe dell’anima
    per condividerne ansie
    amore e morte.
    L’infelicità
    è invece
    buio negli occhi,
    e sorda
    e folle cecità
    del cuore.

    (Donatella Sarchini – Accetto il regolamento)

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    • Osservare il mondo e la vita con gli occhi del fanciullo che siamo stati senza i condizionamenti delle sovra e infra strutture che crescendo ci hanno e ci siamo imposti per i motivi più diversi. La capacità di restare a bocca aperta nel rimirare uno di quei tramonti magici che la natura sa donarci. C’è chi può e tu può Donatella (il può riferito a te non è un errore ma è voluto)!

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    • Eccoti, non ti trovavo DonaBella. Bellissimi questi versi. Un ritratto perfetto della tua anima accogliente e luccicante. Aggiungo che c’è infelicità e infelicità e quella di cui tu parli è veramente pericolosa, perché dove passa miete vittime.

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      • Grazie di cuore, amica mia!
        C’è così tanto bisogno di luminosità e di comprensione in questo mondo!
        Eppure esistono persone incapaci di vedere oltre la propria sofferenza, e che invece di accettare con gratitudine la mano che si tende per offrire loro aiuto, ecco che afferrano quella mano con forza per trascinare anch’essa nel loro buco nero senza scampo.
        E’ da questi esseri profondamente malati che bisogna guardarsi, perché sono nemici dell’umanità intera. 🙂

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  29. Accetto il regolamento

    Scheletri nell’armadio

    Di quel che è stato,
    di quel che ho fatto,
    sentirò sempre un secco
    e fastidioso schioccar di ossa
    provenire da un oscuro armadio
    a rammentarmi i miei passati errori,
    orrendi scheletri senza pudori,
    così che io non abbia
    di che montar la testa
    e non giudicar mai chi
    nella vita ha errato e pecca.

    E voi, lo udite il vostro tintinnar d’ossa?

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    • Una sana e disincantata autocoscienza, per evitare di lanciar pietre ingiustamente a chicchessia…
      “before you accuse me, take a look to yourself” , cantava Eric Clapton, che la pensava esattamente così!
      L’onestà intellettuale è una qualità indispensabile… Bella!! 🙂

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      • Proprio così Donatella. L’autocoscienza è indispensabile in questo mondo dove tutto sembra permesso ma dove tutti giudicano tutti. Gesù diceva , “chi è senza peccato scagli il primo la pietra”, ricordarci dei nostri errori aiuta a non giudicare gli altri e a mantenerci un po più umili. In fondo, chi non ha scheletri nell’armadio? Io ne ho una bella collezione….

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    • La decenza, l’onesta nuda, l’umile, a tratti fastidiosa-onnipresente, saggezza di guardare gli Altri dopo aver guardato sé stessi. Il richiamo morale a notar la propria trave: che nessuno è puro, nessuno è indenne. La pace di aver fatto pace coi propri scheletri averli riconosciuti e accettati con compassione.

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      • Bello l’aver fatto pace con i propri scheletri. E’ proprio così, a un certo punto devi essere onesto con te stesso, riconoscere e accettare con compassione, non giustificazione, i propri scheletrini fastidiosi e petulanti. Solo così si può guardare avanti

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  30. Ombra

    Tu che m’insegui
    nel presente,
    taciturna compagna
    di sempre,
    sotto il sole
    non sei mai assente.
    Seguendo per strada
    il mio fare, il mio agire
    guardinga e silente ,
    più lunga o più bassa,
    ti adatti ad ogni mio gesto,
    nel correr veloce
    a volte precedi i miei passi
    spezzando la luce
    e mai un premio pretendi,
    ne solo mi lasci.
    Del brutto o del bello
    ogni segreto conosci.
    Fedele compagna,
    con arte disegni
    astratte figure
    e fantomatici segni,
    allietando
    gli sguardi stupiti
    nel gioco dei bimbi.
    Ora con me stanca aspetti
    il buio e la notte,
    rientrando senza rumore
    nell’anima dove risiedi,
    per dormire con lei,
    aspettando con ansia
    che il sole ritorni,
    per continuare fedele
    a seguirmi nel tempo.

    Copyright Chisu Bruno

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  31. Noebio –
    Il mio nome è Noebio ma mi chiamano “Arco”, per via di quella gobba che fa la mia schiena quando sto piegato giù al porto ad aggiustare la mia rete.
    Sono un pescatore. L’odore fresco e acuto del pesce appena preso è la mia acqua di colonia. Il profilo nodoso delle mani, il diario che custodisce la mia storia. Questo ago e questo filo le uniche cose che mi vengono in mente se devo riparare un danno. Mi mantengo ostinatamente solo. Le uniche presenze che perdono sono quelle del legno sfregato e malfermo della mia piccola barca e il rumore liquido della marea montante. Non so sorridere. So ghignare, come un pesce appeso all’amo. Non so guidare. So remare. Non so vedere un’opportunità, ma so guardare un’alba. Non so parlare, ma so ascoltare l’eco del mare. Anche se qualcuno la chiama salsedine.

    (accetto il regolamento)

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    • Scarna, essenziale – forse anche un filino sarcastica – ma è comunque poesia anche se è in prosa!
      Perché la poesia si veste di infinite forme, ma non riuscirà mai a nascondersi agli occhi di chi la cerca e la vuole trovare.
      E mentre procedevo nella lettura di questo splendido racconto poetico, a un certo punto ho cominciato a sentire dentro di me le note di una bellissima canzone, che amo molto:

      “…ogni sera
      torno a casa
      con il sale
      sulla pelle
      ma nel cuore
      e negli occhi
      ho le stelle.. ”

      (Lucio Dalla – Sulla rotta di Cristoforo Colombo)

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    • Mi piace tutto ciò che mi arriva immediato. In questo racconto accade. Esso fotografa, in modo netto, un io narrante che non è possibile immaginare separato dal mare. La solitudine che qui compare è una folla, il silenzio è ondulato. E’ il ritratto nitido di un uomo in simbiosi con la vastita’ marina, con gli arnesi della sua pesca. Il contesto descritto é il movente per ascoltare la propria anima. Non ho mai visto il ghigno di un pesce , ma qui è reso possibile. Se ami forte poi sai raccontarlo.

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    • L’uomo “sente” attraverso i sensi, ma un’enorme carica simbolica viene a innestarsi sul suo esercizio dei sensi. Attraverso i sensi l’uomo percepisce, prende le distanze, concettualizza, fa discernimento: tutta la nostra conoscenza viene dai sensi. Noebio con la tua poetica attraverso il mare sei riuscito a trasmettere una profondità d’animo esemplare.

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  32. Alessandra Munerol
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    “SCEGLIERE CI RENDE UMANI”

    Mi chiedo a cosa sarà servito
    scegliere come accostare le parole
    con quale verbo immaginare il mare
    l’ultima parola da pensare prima di dormire.

    Mi chiedo a cosa sarà servito
    disporre in un certo modo le cose nel mio appartamento
    usare la parola compassione
    far sudare i piedi nelle scarpe, in quale domenica colorare la mia parete.

    Mi chiedo a cosa sarà servito
    fotografare ora e non un minuto prima
    accavallare le gambe lavarsi i capelli
    decidere cosa mettere nello zaino.

    Mi chiedo a cosa sarà servito
    scegliere se alzare la mano
    quale piede debba muoversi per primo
    di cosa aver paura e per cosa sospirare.

    Sarà servito a scegliere.
    E scegliere ci rende umani.

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    • Non posso che concordare in pieno con la chiusa di questa bella lirica!
      Il libero arbitrio è ciò che ci rende veramente liberi, non solo di godere delle possibilità che il mondo ci offre, ma anche di portarne il peso della responsabilità.
      Perché senza intima responsabilità ogni gesto sarebbe vuoto, ogni affanno inutile, e ogni amore affidato inconsapevolmente al vento.
      Bella, e di notevole impegno civile!

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  33. “La luce fioca”
    Accetto il regolamento
    -La luce fioca-

    In questo grumo di carne frollata, dove si aggirano mosche e tafani, come uomini intabarrati da voglie mal sane, ho respirato il dolore di non essere più nessuno. Mani che non toccavano cibo. Piedi che hanno smesso di andare in cerca di futuro. Giace la mente, ingabbiata in strane megalomanie, che mi hanno visto regina di una monarchia senza ideali. Potevo respirare nell’abisso di un cratere perso nell’inferno. Chi ero, veramente?! Una donna invisibile e assente, che ovunque recitava il vento. Il canto smodato di foglie generose. Il lugubre lamento della luna sopra il monte.
    Osannavo l’alba, vestita di rosso porpora. Il sole, stretto ai fianchi, mi scolpiva le membra con ardore infinito. L’elegia del mare, dondolando i seni, faceva sgorgare latte e tuberose incallite. Non ero che un grumo di carne messa a macerare per l’inverno. Soltanto i passeri osavano ancora avvicinarsi in cerca di vermi. Forse ero già morta senza che nessuno abbia voluto dirmelo. Resisteva la coscienza. L’anima di pietra. Da lontano, la luce fioca di una candela, partoriva farfalle innamorate del cielo.

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    • Mamma mia, che bella!!
      Vedo le immagini che scorrono, proiettate sulla parete bianca che ho di fronte, come se fosse un film.
      Una storia agghiacciante che potrebbe essere ambientata ovunque, perché la perdita dell’identità è qualcosa che travalica i confini del dolore.
      E nulla importa se ci si perde perché ci hanno divorato gli anni, per diversità dal comune sentire, o per qualsiasi altro destino infame.
      La disgregazione dell’essere, vista attraverso lo sguardo di una coscienza intatta, è una condanna ingiusta e senza fine.

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    • Quanto mi piace! Tutto ciò che riguarda la capacità di autoanalizzarsi, di guardarsi dentro, di riuscire a confrontarsi con la coscienza, mi conforta e mi aiuta sulla strada della consapevolezza. Grazie Maria Rosa!

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  34. Accetto il regolamento
    -La Mia Dimora-

    La mia umile dimora
    con gerani e passiflora
    non ci sono grattacieli
    solo passeri sopra i meli.

    Campi arati e contadini
    verdi prati e fiorellini
    non si sentono schiamazzi
    tra le strade dei palazzi.

    Percepisco i rumori
    d’ogni genere e sentori
    perchè l’orecchio è sano
    come il verde melograno.

    Il mio mondo è naturale
    non è falso e amorale
    ci son lucciole quelle vere
    che non mostrano le pere.

    La notte guardo le stelle
    accarezzo la sua pelle
    mi commuovo guardo ancora
    nuovo di con l’aurora.

    Penso poi… divento triste
    penso alle anime arriviste
    che calpestano i valori
    la natura e i suoi tesori.

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  35. Accetto il regolamento
    -Emilio non vuole più rogne-
    (canzone)

    Emilio diceva all’amico:
    «Hai ragione, ma io ho già dato;
    i miei sospiri, i miei sogni,
    i miei cieli e gli anni migliori.
    Non voglio altre donne
    a calpestare il mio cuore sconfitto.»

    Emilio non vuol più soffrire;
    ha giocato anche l’ultima carta,
    ha chiuso il bilancio in passivo,
    i remi ha tirato già in barca,
    ha lo sguardo chiaro e sereno
    di chi ha perso
    ma ha fatto una buona partita.

    RIT.
    «Amico, amico caro,
    non credere sia finito:
    per vincere questo gioco
    non puoi far nulla,
    si vince da sé.»

    Emilio non vuole più rogne,
    non cerca più di fregnucce;
    ha tirato giù il bandone,
    ha chiuso l’anima a chiave,
    allucchettata la bici

    Emilio ora scuote la testa;
    mani in tasca e colletto tirato,
    si ripara dal vento gelato
    nella notte bara e felina.
    «Camminare da solo ha un suo senso
    rapportato soltanto all’Immenso.»

    RIT.
    «Amico, amico caro,
    non credere sia finito:
    per vincere questo gioco
    non puoi far nulla,
    si vince da sé,
    si vince da sé,
    si vince da sé…»

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