Contest letterario gratuito “SANTANDER CI SALVERÀ”
-La libertà è pericolosa, come riuscire a non fuggirla?-
Il Contest letterario gratuito –SANTANDER CI SALVERÀ– è promosso dall’associazione culturale “Meris in Domu” e dal centro culturale NAI.
“Se non si ha il coraggio di violare le proprie regole, al compito della vita è meglio non giocarci.”
da
“LA MORALE DI SANTANDER“ il Romanzo non Romanzo di Giuseppe Carta, nato per offrire spiragli. La stratificata trama dovrà essere sezionata dai sospiri e dai respiri necessari alla sua decifrazione.
La morale di Santander, l’unica pubblicazione che offre il
Quando la realtà rimanda specchietti per le allodole.
Quando scrivere è una divertente scoperta anche per l’autore.
Quando il colore delle parole solidifica mondi fantastici.
Quando il lettore è soddisfatto d’essersi perso.
Quando la rivelazione è depositata nel futuro.
Quando la felicità è l’unica possibilità d’uscita.
Quando il punto finale diventa un inizio.
-Contest Double-Face-
È la capacità di immergersi e fruire delle Opere in Contest, raccontando in lirica compassione la propria esperienza di lettura.
Il Commento più “IMMERSO” vincerà una copia dell’antologia successiva al Contest!
Regolamento:
1.Il tema è libero ma saranno particolarmente gradite le intemperanze stilistiche, il clamore evolutivo dettato dalla propria manifestazione vitale, l’intrinseca e folle missiva da realizzare. Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni ed è un Contest gratuito.
2. La sezione è UNICA (Canzoni-Short Story, Poesia e ….) e dovrà essere scritta con massimo 35 strofe o 499 parole.
3. Si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo questo link: Contacaratteri
Le opere senza nome, cognome e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email, ma nel modo sopra indicato all’inizio del punto 3.
Spiegazioni dettagliate qui: Come si partecipa al Contest
4. Premio: A SCELTA:
-
Pubblicazione di un testo di massimo 100 pagine. By Paradigma Nouu, il CASO EDITORE
-
N° 1 copia dell’Antologia di questo Contest, che sarà pubblicata da IL CASO EDITORE Paradigma NOUU
-
Un fine settimana di soggiorno BnB presso “Arte di Carta” in Sardegna a Sadali, il fantastico paese dell’acqua, nominato tra i più bei borghi d’Italia.
Sarà premiato il primo classificato.
5. La scadenza per l’invio delle opere, come commento sotto questo stesso bando, è fissata per il 24 Ottobre 2018 a mezzanotte.
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. La giuria è composta dagli autori che inviano la propria Opera in questo Contest. Gli Autori in Evoluzione alla fine del contest diventano GIURATI IN VALUTAZIONE, scelgono le 5 opere favorite le elencano in ordine di preferenza .
Le potranno indicare in questo link: QUI. e anche alla mail: giuseppecartablog@gmail.com. Non ci si può auto-votare.
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti ad un invio sollecito, senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione nel profilo https://www.facebook.com/lamoraledisantander/ oppure via mail giuseppecartablog@gmail.com indicando nell’oggetto “info contest” (NON si partecipa via email ma direttamente sotto il bando)
10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email le Opere partecipanti alla Gara Letteraria. Troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.
11. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
12. Alla fine del Contest è prevista una raccolta ANTOLOGICA. Tutte le opere pervenute, che a Nostro insindacabile giudizio dovessero risultare meritevoli di pubblicazione, verranno inserite nell’Antologia, che sarà pubblicata da “PARADIGMA NOUU” -Il caso editore-.
Per partecipare al Contest SANTANDER CI SALVERÀ, senza partecipare all’antologia, occorre darne comunicazione entro la scadenza del contest, fissata per il 24 Ottobre 2018 a mezzanotte.
13. Diritti d’autore: Partecipando al concorso, gli autori concedono al blog il diritto di pubblicare la propria Opera all’interno di giuseppecartablog e dell’Antologia. Gli autori, continuano a tenerne la piena titolarità, senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore, concedendo il diritto in maniera non esclusiva.
Si ringrazia OUBLIETTE MAGAZINE per il supporto organizzativo!
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[…] Elucubrazioni Insconsce dal Contest letterario Santander ci salverà […]
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INFINE
Respiro…
profondo il sapore del mare
penetra il mio essere,
respiro…
Mi aggrappo all’istinto
spezzo il silenzio
graffio la mia solitudine…esisto…
Impercettibili nell’infinito
aleggiano misteri,
lungo la riva seguo tracce indefinite
e lieve mi accarezza il vento.
Sorrido…esisto
e infine libera
la vita ritorna.
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Sandra, già porti il nome della mia cara sorellina scomparsa, aggiungici anche l’amore per il mare e che dire …
Respirare il mare per me significa far incontrare due infiniti che per un attimo si fondono donandoci una serenità intensa: il mare e il nostro essere si riconoscono e ci donano nuova vigoria.
Mi è piaciuta veramente tantissimo. Complimenti!
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Il mare contiene in sé la forza generatrice dell’acqua e la forza creatrice delle onde. Capace di assorbire ed erodere ogni cosa fino ad ingoiarla, sa al contempo disegnare profili inimmaginabili anche nella roccia più dura. Eppure ha in sè la carezza delicata di una madre, l’abbraccio avvolgente e rassicurante di un padre, pur nella sua immensa forza. Ogni passo accompagnato dallo scialacquio delle onde è pura affermazione della propria esistenza, contatto con l’io più profondo e vero e inestinguibile. Il mare ci ricarica, assorbe i nostri dolori e li manipola per restituirceli preziosi come perle d’ostrica. Il mare è lì, sempre diverso ma sempre sè stesso. Lì come una calamita che tutto prende e tutto rende, libero e inafferrabile come la vita e il suo mistero. Ho passeggiato con te ad osservare il mare fra le tue parole e mi ha assalito una profonda nostalgia, la voglia di sentire quel vento e il profumo della salsedine. Grazie infinite!
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-Trascrizione dal diario autografo di Ersilia Sirigu-
Sono nata a Villaputzu su il 17. giugno. 1925. Oggi 25 giugno 1988 dopo 43 anni di Matrimonio per me cambia di nuovo la vita all’improvviso muore mio Marito all’età di 73 anni… ha lavorato tanto in miniera e la silicosi non perdona. Son lontana anche dai miei figli e nipoti e da sola mi manca la forza… IL RICORDO DELLE TUE PAROLE Tu mi guardavi/mi stringeva la mano/mi dicevi io sono anziano e molto stanco e ammalato/Io ti rispondevo coraggio non sei anziano ma sei spossato dei lunghi anni trascorsi in quella miniera/Il tuo respiro si fa sempre più pesante/coraggio io ti sono sempre vicina, non mi lasciare, che la vita senza te/ogni giorno che passa è/come morire piano piano. 1990 Non ho voglia di raccontare quanto è lunga la mia notte mi pare di sentire ancora il tuo respiro, allungo la mano mi sembra di averti vicino ma il tuo posto è vuoto ora lo occupo io. Ma quando il mio cuore non batterà più io sarò al tuo fianco e tu mi guiderai verso una luce grande che insieme a te non si spegnerà mai, il mio cuore ti saprà ritrovare nell’immenso spazio. 1994 Oggi è un’altra domenica più triste che mai non ho aperto bocca 1995 Non ci sono solo carceri fatte di mure sbarre silenzio e solitudine. La mia casa e come un carcere piena di solitudine di silenzio e di Dolore, mi sento come una carcerata rinchiusa e dimenticata da tutti. 1996 Avrei bisogno di un sorriso per soffocare questo silenzio avrei bisogno di una voce per nascondere la mia tristezza avrei bisogno di uno sguardo famigliare per non sentirmi troppo sola il tempo è troppo lento per chi soffre troppo lungo per chi aspetta. 17 giugno 1998 oggi 73 anni cosa ci sto a fare oggi Angela è venuta a trovarmi e mi ha portato una bella confezione di orchidee le o gradite perché è passato già 10 anni senza che ricevessi un fiore gli ultimi me li aveva regalati mio marito una settimana prima che morisse. 1999 Oggi compio 74 anni perché sono ancora qui. 2000 75 anni 12 anni ed io sono ancora qui a contare gli anni che manchi 2001 oggi il 12 agosto è morto Lillo il mio cagnolino che stava con me da 11 anni anche questo mi manca tanto ce l’avevo sempre vicino e sentivo questa sua presenza È nato a Dolianova ed è morto lì. 2004 i miei 79 anni un altro 25 giugno e sono già 16 anni che sei rinchiuso in quella tomba. 2005 oggi o compiuto 80 anni non avrei mai creduto che arrivassi a questa età. Ersilia.
(ERSILIA È MORTA NEL 2013 DOPO DUE ANNI DI SOFFERENZA.)
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Lapidario eppure così intriso di dolore, desolata meraviglia e nostalgia da strizzarti il cuore. Di una profondità spiazzante che ti permette di entrare empaticamente in simbiosi con l’autrice di queste brevi frasi e percepirne l’essenza. Un modo per ricordarci che tutto l’amore che siamo capaci di donare in vita ci rende in fondo eterni nel cuore di chi ci ha amato, ma dura il tempo del loro vivere e poi se ne va, se chi resta non è capace di tarsferirlo a chi viene dopo. Bellissima , non ho potuto fare a meno di commuovermi. ❤
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Sono parole colme di solitudine e dolore, ogni anno che passa scandisce il lento scorrere dei ricordi ammantati di rimpianto, mi ha molto commossa.
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Sento odore di ginepro d’onore…
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L’amore quello vero dura per sempre, anche oltre la vita e la morte. E niente può colmate il vuoto abissale della sua mancanza.
La cosa ideale sarebbe morire insieme, ma purtroppo è una grazia che ci è concessa di rado.
Un diario molto vero, molto sofferto, traboccante di infinito amore.
E mi ha profondamente commossa. 🙂
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Non sono capace di scrivere un commento eclatante su questo brano, anzi su questo brandello di vita dolorosa e “accompagnata” da una solitudine che soffoca ogni energia. So solo che in questo passo ho rivisto la parte finale della vita di mia madre e non ho potuto trattenere le lacrime. Mi ha fatto male e bene nello stesso tempo e per questo ti ringrazio di cuore.
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Accetto il regolamento
Ampi ombrelli gialli.
Cosi le querce d’autunno mi riparano da un brutto cielo scuro.
Piove da giorni, dopo il caldo anomalo di quest’estate, piove e piove, mentre calpesto pozzanghere scure.
Ieri l’altro, ancora, saltellavano i conigli sul nostro sentiero, ora invece stanno guardinghi tra i rovi spogli.
Mi piacerebbe sentissi il lieve scavare secco dei merli tra le sterpaglie e l’odore di funghi che penetra le narici.
Quante volte ci siamo fermate in questo punto preciso, dove una fila di cespugli si specchia tra le ninfee ormai alla deriva, mentre, appoggiate alla staccionata, le spire dell’ennesima sigaretta uscivano dalle tue labbra come un genio dalla lampada.
Mi ha sempre sorpresa come non fossimo mai senza parole, come iniziassi tu dove io finivo e le risate, che improvvise lasciavamo lungo i pontili come impronte.
Com’è volato il tempo…ora al mio fianco cade l’ennesima foglia soffiata dal vento e tu, che altrove cammini sola come me, chissà a cosa ti affianchi.
Un brivido scivola sul collo insieme a una ciocca ribelle, guardo lassù.
È il silenzio che rimane di te.
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-Viventi –
La vita appartiene ai “viventi”,
e chi vive deve essere preparato ai cambiamenti.
Un giorno, all’improvviso, tutto può accadere.
Pronti a partire, pronti a tornare, dal più profondo
degli abissi si può sempre risalire.
Note e parole sono rimedi del cuore.
Un aiuto a non perdere il coraggio di sognare
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Struggente e bellissima
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Una lirica molto commovente e dolcissima, che mi fa pensare a un discorso intimo di una figlia alla madre, che non c’è più perché è volata altrove.
La nostalgia delle passeggiate in campagna, la condivisione delle gioie più semplici e naturali, e soprattutto la dolorosa mancanza del suono della sua voce.
Perché, quando dialoghiamo dentro noi stessi con le persone care scomparse, riusciamo tranquillamente ad evocarne l’immagine, ma è quasi impossibile sentirne la voce.
Quando l’immagine cara ci parla, dentro di noi, la voce con cui lo fa è sempre e inevitabilmente la nostra voce, non la sua.
Ed è proprio questa distanza incolmabile tra le due voci a darci la misura di quanto stiamo soffrendo la mancanza.
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πάντα ῥεῖ, tutto scorre in modo ineluttabile. Il tempo passa e siamo già in autunno. La vita è solo un soffio e vola via come una foglia ingiallita che si stacca dal suo ramo e lenta cade al fianco dell’Io lirico. Al rimembrar chi non c’è più, resta solo un silenzio e un brivido di solitudine.
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Bellissima poesia, mi fa pensare al rimpianto di una figlia nei confronti di una madre che non c’è più, molto suggestiva
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Anche questo brano racconta di una perdita, ma lo fa più con una tener tristezza nostalgica che con il dolore che di solito accompagna uno scritto del genere. Molto bello anche nell’accompagnare il ricordo con i cambiamenti naturali dei luoghi frequentati insieme. Complimenti
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Difficile aggiungere parole a questo brandello lacerato di cuor, restano strozzate in gola, fra un singhiozzo e una lacrima. Grazie
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-Averti-
Ti guardo dormire
sorpresa d’avverti
e in quell’attimo,
il ventre
si esprime a stenti,
non oso pensare di poterti lasciare
e una lacrima,
una sola
che risponde al sussurro di vederti svegliare
e il mio corpo lasciare.
Astuto, ingannevole, odioso
lo specchio riflette il mio sguardo Furioso.
Vendetta la mia per quel noi che hai tradito
andando via.
Averti nutrito, saziato ed avuto
non è bastato a tenerti che poco più di un minuto
L’inganno è finito,
rimane il rancore di un esperienza
che poteva essere amore.
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Avere o essere? … Questo è il problema. Leggendo questi versi non posso fare a meno di pensare al pensiero di Erich Fromm, il padre della psicanalisi e massimo esponente del pensiero post-freudiano. In questo testo, Marianini sembra anteporre (così il titolo, “Averti”), la condizione dell’Avere, basata sul possesso a quella dell’Essere, basata sull’amore. L’io lirico non osa pensare di poter “lasciare” l'”oggetto” del suo amore poiché spera in un legame che potrebbe essere oltre, che potrebbe essere “amore. Uno specchio riflette l’altra faccia dell’Io lirico, il suo “Doppelgänger “, il suo doppio che, in questo contesto, diventa “furioso” non tollerano più “l’inganno” della persona amata, della persona posseduta nella speranza di arrivare a sentire ciò che “poteva essere amore”.
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Triste un amore mancato,o semplicemente non vissuto .
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Accetto il regolamento
Ho una lingua sbagliata
che batte sul tempo gli apostrofi
e pone con cura gli accenti
Una lingua sbagliata
a battere e ribattere
sul dente (in)sano del
Politically correct
Una lingua tagliente e focosa
che scioglie come il burro
l’ipocrisia e denuda la mendacia
Una lingua che cozza
contro i muri dell’ignoranza
a suon di virgole e due punti di
chiarisco il concetto e
lavati la bocca
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Dura come il diamante, spietata come una lama, la lingua è la parte più viva di noi stessi.
Non per niente un tempo si credeva che gli scongiuri e le maledizioni pronunciate ad alta voce avessero il potere di neutralizzare il male.
E in effetti è una delle poche armi che abbiamo per cercare di combattere l’ignoranza e l’arroganza che sempre la tiene per mano.
Bella, potente, profondamente eversiva.
Mi piace molto! 🙂
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grazie
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Cara Rita e menomale. Ce ne fossero di lingue sbagliate, invece abbiamo cervelli addormentati, pigri e pronti a salire sul carro del “vincitore” (che poi vincitore di cosa) del momento. Le parole possono diventare una potente arma che, come tutte le armi, può essere utilizzata bene o male. E una “lingua sbagliata” come la tua può solamente scuotere le coscienze. Molto piaciuta.
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Sisto Altieri. Accetto il regolamento HO CAPITO…
Ho capito che solo il coraggio di saper riconoscere che quello che andava bene ieri oggi non va bene piu’ è accettare noi stessi.
Ho capito a mie spese,che non conta il rapporto che abbiamo avuto coi nostri genitori, ci mancheranno comunque.. Soprattutto quando saranno usciti dalla nostra vita…
Ho capito che si può imparare molto da una persona dalla maniera in cui affronta queste tre cose: lo smarrimento del bagaglio,un giorno di pioggia, quando riceve il regalo di Natale.
Ho capito che è assurdo vivere come se avessimo una rete da pesca, dobbiamo accettare di perdere qualcosa per ottenerle delle altre
Ho capito che ogni tanto la vita ti regala una seconda chance, prendila.
Ho capito che quando esci di casa ed incontri uno sconosciuto , il salutare può cambiargli la giornata… E non solo la sua.
Ho capito che quando sto male non devo essere un peso per gli altri… Ma una piuma….facile da trattare.
Ho capito che più imparo e più non so nulla..lascia la presunzione dov’è
Ho capito che le persone non ricorderanno ciò che hai fatto,
non ricorderanno ciò che hai detto,
ma non dimenticheranno mai come le hai trattate e fatte sentire.”
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Disincantata e realista, mira alla sostanza puntando dritta al cuore delle cose.
Racconta le piccole grandi verità che l’esperienza della vita insegna soltanto a chi la sa ascoltare; come fossero gocce di pensiero zen che infondono serenità a chi legge, e fanno sentire bene il lettore come è nell’intento della chiusa.
Mi ha colpito molto la riflessione sulle modalità con cui ogni essere umano possa essere o meno in grado di affrontare 3 fatidiche “prove”: il bagaglio perduto, la pioggia e un regalo di Natale.
Immagino che il paradigma sia diverso per ciascuno di noi, ma pur variando i termini in gioco, si potrebbe scoprire che il risultato della valutazione alla fine non cambia.
Very interesting. Chapaeu! 🙂
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Ringrazio per il commento… tutto cio’ che sta scritto nella “riflessione” sono IO. I miei 25 anni trascorsi da viaggiatore,seppur per lavoro, mi hanno influenzato positivamente, mi sono mescolato volontariamente in culture che sembravano essere distanti da me, ma alla fine….sono molto piu’ vicine di quanto possiamo immaginare. Sono tornato con tanti pezzi di vita vissuta che oggi compongono il puzzle della mia persona..un misto di realta’ e speranza. Grazie ancora
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Sono d’accordo sul commento di Donatella e anche a me ha colpito il fatto delle tre prove: come a dire che è da come si reagisce alle cose anche meno complesse che si percepisce il carattere di una persona. E il fatto che tu abbia “capito” è un passo avanti sulla strada della consapevolezza.
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-Labbra-
Dal Miele delle tue
labbra mi nutro’ !
Dalla mia bocca
escono frasi appena
sussurrate dal Cuore.
Dalla tua mente
escono desideri che
parlano di Noi.
È il tuo Pensare al
Domani che mi fa’
Impazzire ?
Perché il destino
di averti al mio Fianco
mi riempie il Cuore.
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E’ una lei fortunata 😉
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bella!! 😉
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-Senza te-
Il buio senza te, la notte senza te,
strazio dolore sofferenza.
Dove la gioia è nei tuoi occhi
che non vedo più.
Amore mancato, amore perduto,
nulla a più senso…
ma tu non lo sai,
tu non lo immagini neanche
cos’è questa triste vita seduta in un tavolino di un bar,
senza te ormai.
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-Sparami qui-
Sparami qui
tra l’epicardio e il ventricolo
farò un tonfo nell’angolo
non esitare, fai pum!
E scaglia bene
la palla con cura e metodo
prendi la mira e rimembra
gli allenamenti al poligono…
Ma stai attento
non frantumarmi il malleolo
è doloroso e antiestetico
un condannato che zoppica
e non ferirmi all’orecchio
sii bravo e fammi secco
veniamo presto all’epilogo
levami il tappo dell’anima…
Io ti capisco
stai obbedendo ad un ordine
ma è solo un gesto meccanico
non è da ansia né panico
crivellami un po’
fammi in poltiglia il cervello
tra le sterpaglie sopprimimi
annichiliscimi il battito
non soffriremo più.
E non ti affliggere
se tra di noi non c’è dialogo
in tal frangente è pacifico
mandami pure al diavolo
e finiamola, qui…
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Complimenti. Un testo molto originale, per il tema e per la struttura. Potresti farne una canzone. Al confine fra il drammatico e il sarcastico è una lama tagliente e affilata come un laser che punta dritta al cuore senza sconti e senza remore. Bravo! Un tema scottante e sempre più presente nelle cronache quotidiane.
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Roberto è un cantautore, Marty, non ti sfugge niente 😉
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Grazie…. 🙂
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Sempre originale, profondo, ironico. Complimenti
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Grazia Bologna
IL SEGRETO AMORE DI NATASCIA
Giunse in spiaggia e quella mattina vi era un caldo torrido.
Era una piccola spiaggetta appartata, peraltro mai sovraffollata e quel giorno sembrava essere un “Paradiso Terrestre”.
Prima di svestirsi si appoggiò alla montagna che costeggiava il mare per godere dell’ebbrezza marina con i suoi profumi, per riempirne i polmoni, accarezzandone le loro essenze.
Il suo bikini era molto ridotto e mostrava un fisico impeccabile. Longilineo e allo stesso tempo donna formosa.
Giordano se l’avesse vista non l’avrebbe certamente riconosciuta. Egli l’aveva lasciata una ragazzina con una corporatura robusta ed appesantita. Anche il suo volto era cambiato! Adesso era più addolcita nei lineamenti, aveva fatto crescere i capelli e, al contrario di prima, si truccava non tralasciando mai di mettere il rossetto rosso fuoco sulle labbra, il colore della passione, quella passione che nutriva per il suo segreto amore.
Avanzò verso il mare e cominciò a bagnare il primo piede, poi l’altro, avanzò ancor di più e si ritrovò a giocherellare formando schizzi d’acqua che ripettutamente la bagnavano. Era felice in quell’istante!
Pensava a Giordano e al momento in cui lo avrebbe rivisto.
Si lasciava trasportare dai suoi pensieri fantasticando e, intanto, sprigionava una gioia infinita, felicità all’impazzata.
Il mare era sempre stato la sua miglior medicina quando si sentiva triste ed annoiata, ma in quel momento il suo pensiero costante era… “Giordano”.
Interminabili distese
di acqua salata,
un volo infinito
nel cielo dell’anima,
un viaggio interminabile
nei sentieri del cuore
e nella mia mente
sei sempre tu,
mio segreto Amore
che attendo, oramai,
da tempo
e la mia vita scorre
così velocemente
che ogni mio pensiero
si dilegua….
Immersa nei suoi pensieri ed intenta a farsi il bagno, non si era accorta, nel frattempo, che era giunta una coppia che si era sistemata sulla spiaggia, a pochi metri da lei.
Natascia, all’improvviso, si girò per uscire fuori dall’acqua e alle vista di quell’uomo ebbe un sussulto e rimase ipnotizzata.
<GIORDANO!!!>.
Era emozionatissima, avrebbe voluto fermare il tempo.
Non avrebbe mai voluto staccarsi da lui, seppur lo guardasse a distanza, ma l’ora già tarda la costrinse a ritornare a casa per pranzo nell’attesa di rividerlo… e chissà!!!
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Wow!!
Che posso dire?
Che mi piace un casino, per la forza del disincanto che esprime!
La violenza chiama sempre violenza, ma quando invece la vittima guarda con compatimento il carnefice e gli fa capire che la vera vittima è lui…
Più che mai attuale e bellissima. 🙂
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Donatella Sarchini grazie infinite, ne sono lusingata.
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Molto bello tutto, poesia compresa. Un amore che sembra restare inascoltato. Il finale mi intriga perché lascia comunque in chi legge la possibilità che … con quel chissà. Anche se, nella mia lettura, percepisco che quel sentimento è così forte e a lungo cresciuto, alimentato che Natascia non vuole arrendersi. Chissà se arriverà mai ad accettare l’evidenza. Molto bello.
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La poesia è autentica. Cruda. Dissacrante.
Questa è una poesia.
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Ne sono onorata. Mille grazie Daniela Lai
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-Al di là del cielo-
Giorni di grigia tristezza.
Dal cielo plumbeo
sgorga
un pianto di dolore,
copiose lacrime
straripano dagli occhi
come un fiume in piena,
inondano le gote,
allagano il cuore.
Passano ore di silenzio
scandite dalla pioggia
che, battente e incessante,
si riversa a terra,
penetrando giù,
nelle sue viscere,
placenta di nuova vita,
dove l’amore cresce.
Tace ogni respiro,
gli animi si placano
in cerca di consolazione.
Tra le nuvole arrabbiate
si apre uno squarcio di cielo,
è uno spiraglio di sole
che, gioioso e vittorioso,
getta, intenso,
i suoi strali di luce,
come segno di pace
e di speranza,
sulla terra bagnata
come i nostri occhi,
in questo giorno amorfo
e senza tempo,
dove tutto finisce
e tutto inizia.
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Molto bella!
Esprime un senso di profonda speranza nelle capacità di rinascita della Natura e del cuore degli esseri umani. 🙂
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Grazie Donatella per il tuo commento. 🙂
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Bella come uno spazio immenso di cui non vediamo il confine ma raggi.
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Grazie Lea Jael per il tuo commento. In una frase hai colto il senso del mio pensiero. 🙂
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Stati d’animo accompagnati dagli eventi naturali. Adoro questi accostamenti perché la natura rappresenta nei suoi ciclici cambiamenti la vita. Complimenti
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Grazie Giancarlo per il tuo commento.
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-Nuda-
Vestita di ricordi
ti svegli la mattina
Svolge la giornata con monotonia.
Arriva la sera, è il cerchio si chiude.
Una mattina, come tante altre, qualcosa cambiò.
Un paio d’ occhi ti folgorarono .
Senza parole ti lasciarono.
Così ti sei spogliata dei ricordi passati,
È nuda con il cuore leggero è strapieno d’ Amore hai deciso di lottare.
mano nella mano iniziamo un nuovo cammino insieme.
Con vesti bianche e rosse.
Come è l’ Amore tra due persone.
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Accetto il regolamento
Ho visto i tuoi occhi guardarmi,
così sfilacciati,
che si amalgamavano
nella tazzina di caffè,
fra il girare del cucchiaino
e il vapore.
Ti ho visto annebbiato
dal fumo di una sigaretta,
senza colori nitidi,
e nel freddo
di un cappotto sbottonato.
Sempre con quegli occhi
poggiati suoi miei pensieri.
E ti ho visto
Afferrato e distorto
dai miei ricordi.
Ti ho visto monco,
come albero potato,
così, voltato di spalle.
E poi … poi
non ho visto più i tuoi occhi,
li sentivo rotolare giù,
fra la gola e il petto,
solitari e taglienti,
cattivi.
Ho ancora le mani
piene di pensieri,
così inchiodati sul mio palmo
non fuggono
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Un colpo dritto al cuore, nel profondo delle emozioni. Quando i sentimenti da amore si trasformano in indifferenza per poi piangersi in odio e delusione, il senso di vuoto e di disperazione di un qualcosa che si sgretola ci trafigge il petto, ci toglie il fiato e ci inchioda come vittima sacrificale ai nostri errori. Bellissima. Complimenti!
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Inquietano questi occhi che affiorano tra il vapore che esce dalla tazzina di caffè, tra il fumo di una sigaretta…che ti guardano e si depositano nei tuoi pensieri. Sono occhi da cui fuggire perché fanno male o da trattenere tra le mani perché sono parte di te? E’ una poesia sapientemente costruita e aperta a varie interpretazioni… Mi piace proprio, Antonella!
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La ricordo bene questa splendida lirica, perché mi era piaciuta tanto anche la prima volta che avevo avuto occasione di leggerla!
Quando l’amore è distorto, deviato, non lo si può nemmeno più chiamare amore.
E’ solo una furia fredda che distrugge, e dalla quale si può fuggire in tempo e salvarsi solo con un atto improvviso, un colpo di testa salvifico.
Ma quando si è dentro l’uragano, non si riesce mai a vederne l’occhio; e dopo è sempre tragicamente troppo tardi.
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Quelle mani che stringono pensieri “inchiodati” … storia di un abbandono che fa male nel rendersi conto che quegli occhi rotolano taglienti e cattivi. Il cuore qui era sempre uno solo. Pur nella loro crudezza quegli ultimi versi mi piacciono molto.
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-La bottiglia di detersivo-
Carla, minuta, eterea, trasparente. A causa della sua psicotica timidezza riusciva ad essere nel mondo senza però apparirvi. Una vita sottomessa, derisa dagli uomini della sua famiglia e da tutti quelli incontrati nel tempo.
Qualcuno, non ricordava più chi fosse, l’aveva definita “mezza donna”.
E, ripensandoci, quello poteva considerarsi anche un complimento visto che si sentiva solo un accenno di donna.
Era consapevole che la colpa fosse stata anche sua. Non si era mai ribellata, non tanto e non solo per mancanza di coraggio, ma per timore di recare dolore a chi invece gliene stava recando.
Eppure, in cuor suo, quante volte aveva maledetto tutti, compresa sé stessa per quel suo insensato pudore.
Gianni, eterno ragazzone, sempre sorridente, il compagnone che riusciva ad allietare le serate con gli amici. Leale, schietto, ma anche delicato quando era necessario. Guardava tutti direttamente negli occhi e, forse, attraverso questi riusciva a leggere l’anima altrui.
Insomma un po’ guascone ma anche molto sensibile. Forse quella sua spavalderia serviva a nascondere invece la sua insicurezza, ma non ne sono tanto sicuro.
“Scusa, mi sai consigliare il miglior detersivo per lavare capi delicati? E’ da poco che vivo solo e non mi so ancora orientare”.
Carla si voltò velocemente mentre il suo volto avvampava e tutto il suo corpo prese a tremare e la pelle sembrava prendere fuoco. Fece tre passi per allontanarsi. Poi …
“Oddio, scusa. Non volevo. Ti prego, mi dispiace”.
Un uomo che le stava chiedendo scusa? Sembrava che lui avesse assolutamente bisogno di essere perdonato e la cosa la sconvolse profondamente, ma non come si aspettava.
Si ricordò di tutte quelle volte che si era maledetta. Le tornarono alla mente tutte le delusioni, le offese, le umiliazioni, le ferite che le erano state inferte.
Era così affaticata nel cercare di calmare quegli spasmi che la facevano vibrare in modo assolutamente visibile, lei che aveva da tempo imparato a risultare inosservabile, che non comprese ciò che le stava accadendo. O, forse, aveva solo paura ad accettare il cambiamento.
Non sapeva quanto tempo fosse passato e se lui fosse ancora dietro lei.
Fece uno sforzo immane per sollevare la testa appesantita da anni di tormentata timidezza. E d’improvviso lo vide con quel suo buffo sguardo sornione.
In mano aveva una bottiglia di detersivo con una rosa disegnata sull’etichetta. E gliela stava offrendo come fosse un mazzo di fiori.
Non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, dapprima sommessamente e poi fragorosamente aprendo uno spiraglio attraverso le sue cicatrici.
E rise per tutti quegli anni di doloroso timore di mostrarsi. Rise per tutte le umiliazioni sopportate.
E rise osservando il volto di quell’uomo che rideva con lei e non di lei.
Ma rise soprattutto di se stessa nell’accettare quella “rosa”. E rise così tanto da sentirsi finalmente donna.
Anni dopo
Elena seduta nel divano di casa di Carla.
“Lo so ho sbagliato quando pensavo che non sareste durati. Siete perfetti l’uno per l’altra”.
“No, siamo del tutto sbagliati, per questo è tutto perfetto”.
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Un racconto sul valore prezioso della diversità, e sul ruolo magico delle affinità elettive nei rapporti tra le persone.
L’amore è alchimia fatta di tutto e niente, è schiuma soffice che avvolge due anime affini proteggendole dalle ingiustizie del mondo.
E’ il riso che sgorga dal profondo quando ci si riconosce tra mille, e ci si chiede come mai non ci si sia incontrati prima…
Tenero e romantico, mi piace proprio tanto!! 🙂
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Molto molto romantico questo racconto. Qui la diversità diventa fonte di rinascita e questo ci fa capire quanto fantastico sia questo mondo. Mi è piaciuta tantissimo! Quando l’imperfetto diventa perfetto!
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Grazie di cuore Vincenza! Della diversità non dobbiamo avere paura. Facciamoci guidare dalla curiosità di conoscenza, dalla voglia di integrazione. Questo è il compito che dovrebbe avere il genere umano. Grazie!
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Grazie Donatella. Per questo racconto mi sono ispirato a una storia vera, anche se qui molto romanzata. Sono contro ogni forma di violenza e quindi anche contro quella perpetrata ai danni delle donne. Proprio non l’accetto. Qui la protagonista era stata violentata psicologicamente dal mondo maschile familiare e da quello con cui era venuta in contatto poi. Però non tutti gli uomini sono uguali, per fortuna. Quindi qui oltre al discorso della diversità che unisce e completa c’è anche quello del riscatto e della vittoria di una donna che ha molto da donare. E quel gesto “assurdo” per qualcuno, ma non per lei la libera di tutto ciò che aveva dovuto sopportare nella sua vita. E riscatto anche per il genere maschile nella figura di Gianni.
Grazie come sempre per i tuoi commenti sempre molto “sentiti” e mai banali!
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complimenti!! mi piace molto 😉
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Grazie Carla!
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Simili con simili, che bello questo riscatto d’amore e non solo.
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Il diverso può solo arricchire. La similitudine sta nel fatto che due anime completamente diverse si integrano. Due sbagliati diventano un perfetto. Due diventano uno. Insomma le letture possono essere diverse e ognuna non fa che arricchire anche me!
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Bella. Una “Cinderella story” dei sentimenti che vuole ricordarci che in qualche luogo ognuno di noi ha la sua imperfetta metà che chiude perfettamente il cerchio. Spesso magia e meraviglia piombano nella nostra vita quando meno ce lo aspettiamo, stravolgendola e dandole finalmente un senso. Una fiaba a lieto fine. Mi piace!
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Uno scrittore che osserva i personaggi delle sue storie, che li descrive in modo che chi legge possa ben immedesimarsi in loro e poi il sogno dal finale bello. Molto piaciuta!
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Lea il tuo commento mi regala una gioia immensa. Significa che sono riuscito a farmi “sentire” oltre che a farmi leggere. Grazie di cuore!
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Grazie Marty per il tuo commento “sentito”. Essere letto, ovviamente, mi piace ma essere “sentito” non ha prezzo.
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In questo racconto l’autore ci propone la figura di un eroe che sta (finalmente) dalla parte delle donne.
Gianni, il protagonista di questo racconto, spezza gli stereotipi del mondo maschile, e talvolta maschilista, e ci mostra la figura di un uomo particolarmente sensibile nei confronti della donna, un “taking care”, se così mi è permesso di dire, tanto da osare, nel racconto, uno “scusa” per aver spaventato Carla, una donna resa insicura delle “malvagità” della vita. Ecco dunque che Gianni diventa il “principe azzurro” che salva la sua Carla e, come ogni happy end vuole, vissero per sempre felici e contenti, sbagliati ma perfetti l’uno per l’altra. Una bella storia!
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-Omero-
Omero esce presto di casa: non gli importa se c’è già la luce del sole o se la notte è ancora adagiata sulle sponde di Chio.
Ogni giorno lui sente i turisti salmodiare,” oh, quest’isola è bella”, mentre percorre le stradine, tiepide e profumate, che rotolano come sassi verso il mare.
Gli arrivano anche le voci brusche, smozzicate, dei pescatori che escono con le barche a ritirare le reti nel buio, “ quest’isola è bella …” mentre lui è nell’ombra dei fichi.
Omero è fortunato a vivere lì. Da quelle rive ci si gode il blu del mare, che ha cento colori e, a seconda del vento, l’argento delle foglie d’ulivo. Di notte, uno stuolo di stelle e la luna che riflette sull’acqua la sua sagoma tonda. Oro colato.
Omero ha il passo spedito di chi conosce ogni sasso, ogni anfratto, ogni ciuffo di anemone, ogni tronco di arancio. Respiri profondi e pensieri leggeri.
Omero, a metà strada, sente il cambio di pendenza del sentiero battuto dai freschi Meltemi e si obbliga a passi più cauti. Rallenta e rimodula il cuore.
Come il ràpsode che fu, in un tempo lontano, Omero intona il canto profetico e fiero che narra partenze , tradimenti e ritorni . Il mistero del viaggio.
Omero è arrivato con i piedi nel mare. Sorride. Aspetta l’amato profumo che non tarda mai troppo; riconosce, beato, lo sciabordio dolce che solo le caviglie di Penelope fanno fare alle onde; finalmente assapora il salmastro che le abita il fiato; con un dito le sfiora la fronte.
Omero è cieco e non sa che colore abbia il mondo, ma immagina ( anzi, è sicuro) sia un misto tra il respiro di Penelope e la brezza d’estate.
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Bellissima interpretazione di ciò che è la poesia, che travalica lo sguardo reale per descrivere ciò che vede soltanto l’occhio interiore.
Un occhio che è fatto di sogni, di speranze, di profonda conoscenza dell’animo umano. Ma anche di tenerezza dell’amore, che è l’unica vera terra a cui qualsiasi viaggiatore desidera infine tornare.
E l’amore è cieco, come normalmente si dice, ma non ha dubbi. Perché la presenza della persona amata emana sensazioni uniche al mondo, inconfondibili anche al buio per chi è innamorato. 🙂
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Bellissimo il ritmo che attraversa quello scritto, fatto di immagini, profumi e sogni, di delicatezza e poesia. Occhi e orecchi che sfiorano il mondo per poi dichiararsi inutili a chi non sa cos’è l’amore!
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Uaooooo! Piaciuto, piaciuto, piaciuto. Qui la cecità è solo fisica. Si può penetrare nell’essenza del mondo che ci circonda e nell’animo umano anche senza utilizzare la vista. Anzi, essa può solo condizionarci. Omero è cieco e non sa che colore abbia il mondo ma lo percepisce e non ha dubbi. Così come è sicuro della “presenza” di Penelope. Mi ripeto, mi è veramente piaciuto tantissimo.
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-Carezza autunnale-
C’è un invito a dormire
a sognare,
quest’autunno ha inizio:
L’aria fresca è un’insolita carezza,
un fresco messaggio,
lenta sui vetri
e tra gli alberi del giardino,
scivola silenziosa e mite
la pioggia,
sul mio volto chiuso
un timido sorriso
si adagia dolcemente
tra le foglie ingiallite
ed i fiori appassiti.
La mia amata terra
esala profumi e odori;
è assettata d’amore
i suoi profumi
sono intensi come
la speranza.
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Un’appassionata dichiarazione d’amore all’autunno, che pur essendo un preludio alla stagione morta conserva ancora in sé il tepore dell’estate, da cui prenderà nuovamente avvio, dopo il letargo, la rinascita.
Dolce e serena, invita ad un letargo salvifico e rivitalizzante! 🙂
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L’autunno è la mia stagione preferita e, come scrisse Henry de Toulouse-Lautrec, “L’autunno è la primavera dell’inverno”. Una bella lirica che rende il merito ad una stagione stupenda.
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Emanuela Di Caprio
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Giostre
Da ogni parte del mio cosmo rotoli,
come in orrende giostre di cavalli
dove nudi gnomi saltano veloci,
incuranti e stolti, sento le vertigini,
e le risa di mostri e di stupide streghe
con capelli di carta che mi solleticano
ridendo sguaiate, e ti vedo ancora
nei bui cunicoli di cartapesta
dove sbando cieca, ma poi ti perdo,
nei caroselli, nelle sarabande,
nelle spirali di fumo colorate,
tra i vapori di zuccheri filati, tra stregoni e fate,
tra bocche che sputan fuoco,
e fantocci senz’anima, di pezza lordi.
E riappari splendido come un totem
custode di tribù, sai concedere regali e scempi,
tra i giocolieri ridi, ovunque io guardi ti ritrovo,
mellifluo, ironico, giochi a nascondino
nei meandri del mio pensiero, mi graffi
con i tuoi occhi pungenti, ora lasciami
nelle mie palafitte come cavernicola,
non voglio più vederti.
Avrei cambiato strada, bello e altero,
sciocco e falso, se solo avessi saputo
del tuo incantesimo che avvelena!
Ferma i tornei dove nessuno vince,
lasciami spoglia e sudicia nelle viscere
della terra dove nessuno può arrivare
e prendi la strada del ritorno,
là dove io non ti possa più vedere.
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Bentornata Emanuela e grazie delle tue istrioniche pennellate!
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Con curiosità, con inconsapevole leggerezza, anche con la speranza di ridere e divertirti, entri nel luna park della vita, ma ben presto ti ritrovi in un mondo grottesco, angosciante e angoscioso; senza che te ne avveda, i sogni diventano incubi che hanno volti deformati da passioni tossiche, incubi accompagnati da cacofoniche colonne sonore. Entri nella casa degli specchi cercando disperatamente di uscire da quell’acquario dove è tutto un boccheggiare di disperazione … non ce la fai; allora chiedi di essere abbandonata spoglia (di illusioni) e sudicia (di vita) nelle viscere della terra….Ma basta solo spostare lo sguardo: non vedi appena più in là la macchia gialla dei fiori del deserto? Sono sbocciati per te.
Questo e molto altro mi ha suggerito la tua poesia, Emanuela.
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Qui siamo nel profondo di una vertigine oscura, antica quanto la notte dei tempi.
Si sente la presenza di un demone mimetico e pericoloso, capace di sedurre le sue vittime in profondità quasi a volerne carpire, insieme alla volontà, anche il cuore.
Ma l’ultima strofa ha il sapore di un’anatema, lanciato in extremis per rompere l’incantesimo e uscire dalle tenebre malconci sì, ma ancora vivi.
Adoro il genere noir, e questa lirica m’intriga molto.
Bella! 🙂
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Mi piace.
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Fantastica! Affascinante quadro surrealista di un sentimento che ti stravolge la mente manipolandoti fino a divenirne schiava e vittima. Attraente come quelle passioni che ti spingono a desiderare l’altro fino a possederlo. L’altro che smette di esistere in quanto se stesso, essere unico e indivisibile. L’altro che vuoi tutto per te, tuo a tutti costi. Fino a riempirtene gli occhi, la mente e il cuore. Tuo in una simbiosi estrema al punto da non sapere più chi sei e chi è lui. Un lunapark dei sentimenti che presto si trasforma nella giostra degli orrori. Solo l’istinto di sopravvivenza improvvisamente ti riporta alla realtà e capisci che devi liberarti di ciò che ti penetra fino ai visceri. Spogliartene fino a strapparti la pelle e il cuore e il fegato e disintossicarti. Strapparti gli occhi, le orecchie e la lingua e dimenticarti il suo volto, la sua voce, il suo odore ed il suo nome che ormai ha solo il sapore amaro della disfatta. Fuggire prima che sia troppo tardi è l’unica salvezza!
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Grazie
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Questa tua lirica sembra quasi un incubo, solo che mi sembra che sia un incubo reale, la descrizione di qualcuno che ti ha fatto molto male e che continua a fartene non scomparendo definitivamente dalla tua vita. Anzi, gli piace ritornare a torturarti, a farti soffrire. Tu sei entrata in un loop (la giostra) da cui non riesci più a uscire perché lui te lo impedisce. Eppure, nonostante ciò, a me la tua poesia piace.
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Giancarlo Economo (fui immortale)
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Rinascita
Vi siete mai persi dentro voi?
A me si, nei dedali tortuosi
di un’esistenza inesistente
e non avevo struggimento alcuno
Sogni lasciati andar via
nell’attraversare una non-vita
alla ricerca del superfluo
perso nell’apparenza
Come gabbiano dal volo leggero
spiegavo le grandi ali verso il sole
richiudendole subito
senza mai giungere alla meta
Ancorato all’ieri
ho scordato l’oggi
sbarrandomi la via al domani
Anche il Tempo immoto
Da uno squarcio nel buio un vago ricordo
di un bimbo dai capelli dorati
Strano vero? E fu questo
che mi precipitò nella disperazione
Ho pianto a lungo
amante volubile di me stesso
preso e lasciato e mai sposato
ma spesso tradito
Se non potevo toccare il finito
come riuscire ad abbracciare l’oltre?
E mi sono nascosto in me
laddove tutto è muto e non mutato
Prima che perdessi anche l’anima
l’ho vestita e poi sepolta
lei che voleva essere
la mia eterna compagna
Ricordo che provai nostalgia
per le sue labbra esangui
e per quello spasmo che recava con se
l’ultimo anelito di vita
E fu allora che mi seppellirono
tutti i sogni fuggiti
e quelli mai sognati
esalazione totale di ciò che mai fui
Non vidi più nemmeno
il mio ultimo giorno
confuso nel blu coma
dove tutto annichilisce
Prima disperato
ora disperso
evanescente
nullità nel nulla
Poi quella mano sempre disattesa
afferrò la mia in una dolorosa risalita
Rocce sporgenti strapparono
senza pietà le vecchie pelli
Nuove ferite si aggiunsero
e fu in mezzo a una cicatrice
che passai per rigermogliare.
E fu straziante, e fu rigenerante
Fui nuovo nel centro
intorno non più lati
Il vuoto si empiva
e nuova energia fluiva
Ora non mi turba più quel desiderio nuovo
verso il mistero che mi rapisce
attratto dalla luce che svela l’oggi
senza lambire il domani
Finalmente son io e l’altro
non più separazione
non più dualità
lascito per il risveglio
Ora son pronto
mi sposo e non mi tradirò
Sarò cardine di una porta aperta
verso l’epilogo e la nuova alba
Araba fenicie verso l’eterna rinascita
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Che posso dire?
Bellissima, è lampante!
Ma c’è molto di più…
Ed è la coscienza della riunificazione delle proprie anime, che si credevano irrimediabilmente disperse, divenute estranee, lontane anni luce l’una dall’altra, e invece hanno sempre camminato ignare fianco a fianco, separate da un velo opaco che non permetteva loro di specchiarsi reciprocamente in volto.
Ma la magia è la perseveranza, è il non avere timore dell’ignoto – perché, come diceva Mae West, tra due dolori conviene sempre scegliere quello che non si è mai provato.
Così il premio giunge inaspettato, al termine della prova. Come il Big Bang che diede origine alla molteplicità dell’universo.
Questa tua lirica è un poema in miniatura, Giancarlo.
Una delle più belle che abbia mai letto. 🙂
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Donatella uaooooo! Cioè cavolo i tuoi commenti sono di per sé brani da leggere. Sono veramente contento di questa tua lettura. Hai saputo “leggere” il mio percorso interiore. Le due anime che però erano una sola. Ero io a non comprenderlo. E la vita, maestra a volte severa ma mai cattiva, mi ha gettato nello sconforto più assoluto. Dopo un lungo momento in cui mi sono perso, ho compreso che solo attraversando il dolore, viverlo, introiettarlo, respirarlo, potevo arrivare ad un briciolo di consapevolezza in più. E da lì una risalita per niente facile ma che alla fine mi ha proiettato verso una luce nuova. Mi piacciono tantissimo le tue “letture”. Grazie di cuore!
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Per riemergere dalle proprie macerie bisogna soffrirne tutto il peso, senza sconti, non un grammo in meno di dolore. E per lavarsele di dosso ci vuole un mare di pazienza e di coraggio, perché lasciarsi andare è più facile che ribellarsi a se stessi. Molto molto piaciuti questi tuoi versi, Gil!
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E dovevo passare attraverso le mie cicatrici per rinascere nuovo a me stesso e con un briciolo di consapevolezza in più. La tua capacità di “leggermi” mi regala gioia! Grazie di cuore amica mia!
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Mi sono venuti i brividi! Straziante e consolante al tempo stesso, ti trascina nel viaggio che molti di noi fanno per trasformarsi da bruchi in farfalle. Scossa dolorosa e al contempo ristoratrice,è una immersione totale nel senso più profondo della vita che spesso tralasciamo e ignoriamo autoviolentandoci per inseguire un attimo che sa solo portarci sull’orlo di un precipizio. Annichiliti da un mondo cieco che ci guida verso la materia come a cancellare il nostro codice genetico che invece è pura energia! ma se riesci ad acquisire la giusta consapevolezza allora la trasformazione è uno spettacolo pirotecnico, è amore a prima vista, è abbraccio infinito ed eterno alla propria anima, è non avere più bisogno di niente. Chi ha provato questa sensazione sa di cosa parli ed è meravigliosa!
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Versi di una verità amara che fa bene quando la si coglie.
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Grazie Lea! Parafrasando la Caselli: la verità fa male lo so, ma è l’unico modo per crescere interiormente!
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Marty non so che dire. La tua lettura è esattamente ciò che volevo comunicare. Un momento del mio percorso di crescita interiore pagato anche a caro prezzo ma che valeva assolutamente la pena di essere attraversato. E son sicuro che anche tu hai vissuto un momento del genere. Solo chi ha una forte sensibilità può comprendere. Grazie di cuore!
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L’ho letta e riletta questa catartica rinascita che mi commuove fin nelle più profonde fibre del mio essere. La lotta interiore con se stessi, la sofferta morte del proprio io condizione indispensabile per poter risorgere, ogni passo, ogni strofa è una mappa dello spirito verso la salvezza, speranza per chi ancora è perso e lotta che v’è luce in fondo al tunnel e non sono vane le nostre sofferenze.
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Grazie Patrizia. Felicissimo anche di questo tuo commento. La cosa che mi dona gioia deriva dal fatto che hai colto l’anima di questa mia e anche l’anima mia. Hai colto quelle mie battaglie interiori, la sepoltura del mio io (ego) e la risalita dura, dolorosa, verso la luce per rinascere nuovo a me stesso. Ci saranno sicuramente altre lotte e dolori da attraversare, ma è l’unica via verso la consapevolezza.
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L’invincibile non poteva che narrarci un… epopea!
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Tu sai che nell’altra vita, faisbuccamente parlando, ero Gilgamesh. Poi ho deciso che dovevo essere io e basta. E quindi sì, hai ragione, dopo la sua epopea questa è la mia. Giuseppe sai quanto amo i tuoi contest e, finchè avrò vita, io ci sarò, a costo di scrivere due righe!
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La vittoria finale sarà il nostro destino caro mio amico !
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Flavia Novelli
– accetto il regolamento –
Correre
spezzando il fiato
inseguendo nulla
fuggendo da nulla
Soltanto correre
a perdifiato
ingoiando aria
silenzio
profumi
e tramonti
Correre
senza sapere dove andare
Affidando alle gambe
il potere di trascinare la vita
Stressare i muscoli
Affinare il respiro
Con l’addome contratto
e lo sguardo puntato dritto in avanti
come la freccia di un arco teso
Correre
con i battiti del cuore accelerati
con i piedi che sollevano zolle
da terreni appena arati
Correre
soltanto correre
leccando dalle labbra il sudore
assaporandone il sapore
senza mai voltarsi indietro
dimenticando del passato il dolore
con lo sguardo lanciato
verso il futuro
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La corsa verso la salvezza implica sprezzo del pericolo, della fatica e della paura.
E’ un atto estremo di coraggio, un salto nel buio e nell’ignoto.
E, come Orfeo, bisogna sforzarsi di non guardare indietro, quando il caso avverso (non mi piace mai chiamarlo “destino”) ti è alle calcagna, e senti il suo fiato caldo che t’insegue.
Un’incitazione a non demordere mai, anche quando si è sottoposti a forte stress – perché la vita a volte è resilienza, a volte resistenza.
Una runnin’ lyric nel vero senso della parola…bella! 🙂
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Accetto il regolamento
-Aldilà delle colline-
In silenzio presi i pochi stracci, in silenzio me ne andai
Dove l’alba nasceva, aldilà delle colline
Aldilà delle speranze di trovare la mia vita
E il vento consolava i miei capelli, che fradici piangevano giustizia
In quel giorno senza sole, senza luna senza canti e nessuna melodia
Ma il cuore sentiva i ritocchi di campane, di tamburi
Che violenti sfracellavano il cervello, ma ero troppo stanco per capirlo
E in silenzio presi i pochi stracci, in silenzio me ne andai
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Bella
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È una sua canzone, Emiliano è un cantautore d’eccezione!
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Wow!!
Non l’avrrei immaginato… mi piacerebbe ascoltarla musicata! 🙂
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Grazie
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Di primo acchito sembrerebbe la cronaca di una sconfitta, ma a leggere tra le righe ci si accorge che non è affatto così.
Abbandonare pesti il campo di battaglia non è vigliaccheria, perché finché c’è vita c’è speranza.
E qualsiasi redenzione è possibile, finché si è vivi, E’ sempre possibile provare a scrivere altre pagine del libro…
Essenziale, schietta, resiliente.
Perché portarsi dietro anche soltanto pochi stracci (della propria vita) è assai meglio di niente!
Bella! 🙂
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Bella.
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Allontanarsi dal clamore dell’apparenza, per avviarsi sulla strada del silenzio che ci riavvicina al nostro vero essere. Bella!
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Accetto il regolamento
-Il mio amore è libertà-
Filo spinato stringe l’anima e t’ impedisce la felicità.
Io provo a disegnare nuvole ma il vento poi le spazzerà.
Strade desolate, fradice di abbracci intrisi di malinconia.
Sguardi inteneriti e flebili che sciolgon cappi d’orgogliosa via.
Incatenati sogni oppressi incrostati al sale dell’aridità.
Seccano ricordi e brividi facendo un rogo dell’affinità.
Immobile lo sterno incamera ventate calde di sincerità.
Soffiarne fuori il fumo tiepido fa male quanto stare senza te.
Irriguo di pensieri presbiti ch’oltre il tuo palmo son scappati già.
Sei meccanismo austero, giudice severo, logorato velo ormai.
Se provo ad acchiappare i lembi, ricucire i bordi, sono guai.
Ma se il coraggio soffia via tutto quel tetro scrivo la coreografia.
Io strappo in mille pezzi colorati di coriandoli la vita mia,
li lancio in cielo e aspetto che ritornino a coprirci come una follia.
Soffiando bolle di sapone piene del mio senso e della mia allegria.
Non voglio più tristezza, niente più grigiore, solo giorni di magia.
Io tingo le tue mura di colori accesi di parentesi e di me.
Riprendo a disegnare sogni sulla tela bianca dell’anima tua.
Ricoprirò con stucco variopinto i buchi al cuore che ora ho.
Mai niente mi potrà fermare, niente mai distruggerà l’anima mia.
Non voglio più pensare a ieri voglio solo vivere un istante fa.
Cascata di fresca speranza suggerisce attesa di prosperità.
Nessun passo affrettato, nessun grande salto , adesso resto qua
Osservo il mondo dal mio mondo non mi piace e non mi piacerà.
Si dice che noi siamo il mondo immagine specchiata, rovesciata ormai.
Provo a cambiare il mio angolino quello spazio angusto dentro il cuore mio.
Lo renderò accogliente nido, proverò a saggiarne la comodità .
Attenderò l’attesa tesa di lasciare andare non son buona mai.
Imparerò a mollar la presa so che come un boomerang ritornerai.
Schivando i colpi al cuore, senza far rumore, tanto ormai non batte più.
Granitica la pelle porto non di gesso ricoperte le virtù.
Ti invito a non lasciar andar la presa se mi vuoi ancora un po’.
Potrei volare come un aquilone il vento non mi abbatterà.
Se ti ricordi dove inizia il filo, dove inizia il giorno insieme a me.
Tira forte quella fune e sciogli il nodo stretto al cuore mio.
Sei libero di andare, scegliere e restare: il mio amore è libertà.
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Ha il ritmo di una ballata dal sapore romantico ma non troppo, velato di leggera ironia.
Ondivaga e solare, è una canzone leggera, quasi per sognare.
Come una cantilena rituale atta a scacciare con scaramanzia tutto ciò che di negativo il futuro possa riservare.
E l’accenno alla libertà di amare, nella chiusa, è un talismano contro qualsiasi delusione.
Molto vitalizzante!! 🙂
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grazie 🙂 “vitalizzante” mi piace!
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Un testo ricco di contenuti, dolcezza, ironia, voglie, avvertimenti.
Cose che mi piacerebbe dire alla gente che con me non si comporta con chiarezza ma che spesso ometto di dire perché di solito il nodo lo sciolgo io proprio in nome della mia libertà di essere anima e animale 🙂 Grazie!
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grazie infinite
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Uaoooo all’ennesima potenza. Questa tua poesia allarga teneramente i miei pori per penetrare e carezzare l’anima. L’ho letta e riletta e ad ogni passaggio scopro qualcosa di nuovo. Ogni quartina ha qualcosa di importante da raccontare. Ogni verso regala qualcosa. Amare va bene, ma assoggettarsi e restare condizionati ci rende tristi e prigionieri da mura che ci impediscono di volare liberi come aquiloni. Ma si può amare anche tagliando questo filo spinato, tingendo le sue pareti di colori luminosi. Il vero amore non ingabbia e lascia liberi di scegliere. E nell’ultimo verso tu lo affermi senza ombra di dubbio. Tu lo ami comunque.
Ed ecco che questa riflessione toglie un velo da quella consapevolezza che è in noi solo che noi dobbiamo scoprirla, svelarla, toglierle i veli attraverso le nostre esperienze e i nostri percorsi di vita. Che te lo dico a fare: bella tantissimo.
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Grazie. Mi ha emozionato tanto leggere questo tuo commento. Sentire che ciò che vuoi trasmettere arriva oltre ogni ragionevole dubbio…dà i brividi…ne sono onorata!
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DENTRO GLI OCCHI
E’ tutto quel che vedi la bellezza,
è acqua e iodio.
E’ in quel che non si esterna
ma che comunque irradia
mentre distratta si spella le labbra
lasciandosi guardare,
restando immobile.
Tra i suoni
canzoni camminate in parallelo
per non perdersi nel tratto sfocato.
Potrebbe esistere il mondo ma non lo saprei.
Canzoni che non si sfiorano
ma dentro gli occhi sono uguali i dardi
e si scambiano
perché c’è sempre troppa luce,
pericolosamente in diagonale
un raggio che colora e scalda il tempo
come un sogno
che al mattino si lascia andare.
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La passione è come il mare.
Ondivaga, è impossibile da trattenere, da imprigionare.
E come un raggio brilla al mattino, dopo la meraviglia.
Potrebbe succedere di tutto, dopo che quel raggio ha girato l’angolo del sole. Ma è meglio non pensarci, e lasciarsi andare…
Molto bella!! Me gusta assai!! 🙂
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Molto bella. Ha il sapore di un canto, un sogno in dormiveglia, un desiderio inconfessabile. Bello il focus sulle immagini e la luce che ha il potere di mettere in vista i sentimenti ed i pensieri. Un quadro a cuore aperto che in fondo è solo una visione ….o una speranza…perchè in fondo gli occhi vedono ciò che vogliono vedere.
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Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima e quando questi occhi si rispecchiano in un fascio di luce allora stanno vivendo il sogno e, forse, al di là di esso, la sua realtà.
Bella, irradia luce e un senso di magia!
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grazie ❤
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C’è una profonda bellezza e anche un non so che di delusione in questa tua lirica. La bellezza non è in ciò che gli occhi vedono, è ben oltre. Forse è nel sogno che si può percepire, solo che al mattino tutto svanisce. Anche se io son convinto che a svanire è solo la bellezza fisica, perché quella interiore non solo non svanisce ma diventa ogni momento sempre più luminosa! Lo so, sono un inguaribile romantico.
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-Melograni e voglie-
Voglio fischiare fortissimo
molto più forte di quanto sappia già fare
superarmi insomma
Voglio fischiare così forte
da far schiattare d’invidia quel treno in arrivo
sul binario ipsilon di una stazione ics
spostata da un vento provvidenziale
nel punto esatto in cui comincia l’infinito
Voglio fischiare fortissimo, sì!
E urlare fortissimo anche!
Urlare e fischiare
fischiare ed urlare
talmente forte
da scuotere alberi e alberi
E chissà che non venga giù
pure il padreterno
insieme a piume
melograni
e voglie.
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Che meraviglia, Claudia!
Ti immagino benissimo, a metterti a fischiare facendo venire giù anche il mondo.
La volontà di cambiare le cose si legge forte e chiara.
Dirompente come l’urlo del temporale.
Mi piace tanto!! 🙂
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Pure io voglio fischiare con te Claudia! E tirare giù dal letargo tutto ciò che resta immobile e indifferente ❤
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E voglio fischiare e urlare con te nella speranza che altri si uniscano. Sempre combattiva come dovremmo essere tutti perché nell’accettazione delle brutture c’è solo la nostra morte. E rompiamo i timpano anche al padreterno cavolo. Mi piace moltissimo, ci sei tu, come in tutte le tue liriche.
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(Fuori concorso)
Titolo: Sodoma e Gomorra
Io, Signore degli eserciti, distruggerò Sodoma e Gomorra perché non sono gradite ai miei occhi.- Così disse un giorno un tal Signore, con la cataratta, le visioni o con un gran concetto di sé. Abramo, il suo scugnizzo prediletto, si prese senza accorgersene la responsabilità di pensare a voce alta: O Signore mio, e se tra tutta quella ggente ci sta qualcuno, mettiamo quaranta persone, ca nun c’entrano per nulla con la schifezza di quelle città, Signo’…. ..Signo’…?- Il boss lo guardò soltanto. …cca si ammazza ggente innociente..!- Abramo era un cavilloso come gangster. Il boss si limitò a un cenno del capo e poche parole:
– Vorrà dire che per quei quaranta non raderò al suolo quelle città.-
Dopo un momento di profonda gioia e rispetto per il boss, Abramo fu però punto da un altro dubbio cocente:
– …E se per caso non fossero proprio quaranta, mettiamo fossero trenta?..-
Il boss incoraggiava l’iniziativa personale dei suoi gangster in fase strategica, ma quello che lo faceva ascì pazz’ era quel suo Abramo prediletto che non ne voleva sapere di chiudere i giochi una volta per tutte, c’era sempre qualcosa in più che bisognava penzare……
Ti assicuro che se trovate trenta di Sodoma e Gomorra che non meritino di essere fatti a pezzi io li salverò tutti.-
– Signó’ … ….e se fossero venti?-
Il boss cominciava ad avere il respiro corto, quello di un toro che inizia a incazzarsi.
– Per quei venti quant’è vero che sono Io, li salverò!-
Ormai Abramo era lanciato, si era preso la confidenza con il pensare a voce alta, e sperava in cuor suo pure in una promozione.
– …E se fossero meno di venti… mettiamo dieci!-
Il boss fece un lungo respiro, che significava ‘dopo questo bbasta eh!’
– Quei dieci saranno da me risparmiati. Parola d’onore. –
Abramo non cogliendo, decide di togliersi anche l’ultimo sfizio.
– Signore, io abuso della Vostra pazienza ma non riesco a levarmi un altro dubbio.
Il boss inspirò profondamente gonfiando il petto.
– …se non arrivassero neanche a dieci, ma fossero.. fossero solo cinque! Verrebbero comunque distrutte?-
– Minchia quanto sei pesante Abbra’. Puoi avere la mia parola che se tra quegli infami io trovo cinque no! statte bbuono, anche UNO solo che sia innocente! io quello lo risparmio, vattelapesca.- E il boss si riaccoccolò nella sua poltrona finendo di sgonfiarsi da tutta quell’aria che la rabbia montante gli aveva caricato in petto.
Andò così che, prima di appicare il fuoco intorno a quelle comunità, vennero inviati tre emissari, lo Bbuono, l’Intronato e Palumbella. Abramo si diede malato, per monitorare la situazione, e i tre, vista la cagnara che c’era in paese, tutti fuori in piazza ad alzarsi i vestiti, a consumarsi le mani a schiaffi, a saltare da una casa all’altra tutti sudati e scomposti, si rintanano a casa di Lot, il becchino del paese. Lot era uno dalla buona educazione e appena finito di cenare mentre serviva un cognac ciascuno, offrì le sue due belle figlie vergini ai nuovi ospiti per divertirli. I tre, commossi, son lì a rifiutare lusingati, a fare il tira e molla di convenevoli, quando si sentono due colpi minacciosi alla porta. E poi ancora due. E poi ancora due, finché la porta non inizia a scardinare sotto i colpi di una valanga di pugni.
C’era praticamente tutto il paese, donne, bambini e vecchi compresi, e reclamavano per sé i forestieri. Facceli toccare, Lot! Vogliamo provarli anche noi! Non puoi tenerteli tutti per te! Apri Lot, vogliamo solo i forestieri, non ti facciamo niente!
Dalle piccionaie le donne che si erano già arrampicate come furetti chiamavano lamentose – Stranieriii, fatece vede’ , belli siete ve’?-
E si chiamava a gran voce Lot, e tanto dissero e tanto fecero, che quello, alluvionato, aprì la porta.
Cosa volete mai dai miei ospiti?? Andatevene.-
E no! Adesso ti facciamo la festa e ci prendiamo quello che vogliamo Lot! Adesso ti inforchiamo, te le tue figlie e tutti quelli che stanno dentro la tua casa!! Levati!-
Lot aveva captato il messaggio sulle figlie e andò a prenderle per risolvere tutto il più in fretta possibile, manco il cognac aveva finito.
Tenete, eccovi le mie figlie, fatene quello che volete, MA NON TOCCATE I MIEI OSPITI. Dobbiamo giocare a poker.-
Non ci interessano vogliamo i tuoi compari –
A quel punto lo Bbuono, l’Intronato e Palumbella, sentirono il pericolo, senza manco guardarsi tirarono fuori i mitra e sforacchiarono alla rinfusa tutti quelli che si aggrappavano alle porte e alle finestre, che caddero tutti secchi come piccioni stecchiti.
Mentre Palumbella riassettava i mitra e si faceva fare un massaggio ai piedi dalle due figlie di Lot, L’Intronato fece una telefonata al boss, e lì a litigare con Abramo al telefono che lo dovevano aspettare per i fuochi d’artificio, lo Bbuono prese Lot da una parte e gli disse che lui era stato graziato, che se ne andasse di corsa e non si voltasse indietro, casomai il boss cambiasse idea. Quello senza farselo dire due volte prende figlie e bagagli e corre via dalla città verso le colline.
E qui entra in scena la moglie di Lot. Ella aveva una sola borsetta, dentro teneva le forbicine, la limetta, e l’assorbente interno di emergenza ( a quel tempo le donne facevano figli fino a ottant’anni), e tra l’altro quelli erano i giorni che c’aveva la sindrome pre-mestr. La cosa più cretina al momento sbagliato ti trasforma in una statua di sale, e questa poverina, tornata indietro a recuperare i suoi effetti, dovette patire questa strana decisiva sorte, finendo sotto il fuoco amico a pallottole di sale congelanti. Restò per sempre a Sodoma nel giardino del comune, come statua di una famosa santa locale.
Morale numero 1: non si contestano gli ordini del boss. Morale numero 2: qualche volta contestarli paga.
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Positivamente meravigliato!
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[…] concorso al contest letterario “Santander ci salverà”, Autori in […]
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GUARDANDO VERSO IL SOLE
Velocità
non è un concetto fisico,
non solo.
E’ sintomo d’arrovellamento
ansia di perdita
fuga di pensieri in lotta
contro il mondo intero
a rincorrere
verità e desiderio.
Luce che fende il buio
verso un futuro
che sta a noi decidere
se sarà o no
migliore,
riprogrammando
un presente
lanciato in corsa
verso l’immediato,
che se ne infischia se poi
forse
ci sarà il diluvio.
Ma si può,
si deve,
sollevare la testa dal buco
nella sabbia,
e contrastare
il buio
guardando verso il sole.
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Bellissima 💗
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Grazie mille, Maria Rosaria!! 🙂
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leggendo i tuoi versi mi sono ritrovata velocemente a essere seme germoglio tenera fogliolina che spalanca le braccia alla vita, con tutte le sue tempeste protesa alla ricerca del sole, con l’unico intento di vivere. Molto bella.
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Grazie mille, Lea!
Sì, è bello rinascere. Ed è bello anche riuscire in qualche modo ad infondere agli altri la forza di questo desiderio!
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Rischiare di inzupparsi di disincanto, delusione, frustrazione, ma comunque non arrendersi, non rassegnarsi e osare, appunto, di scrivere un destino diverso, un domani più consono, con parole di luce. Bellissimi versi, grazie!
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Grazie a te, amica mia!
Grazie di cuore!! 🙂
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Il titolo della poesia rivela già il suo fine intrinseco. È la “luce che fende il buio”, il desiderio di risollevarsi sempre e comunque, il tentativo di cambiare il presente, sempre in corsa verso il domani, la volontà di non nascondersi dietro paraventi di sabbia. Un testo proprio significativo. 🙂
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Siamo solo noi i responsabili del nostro presente. Possiamo scegliere di restare buoni buonetti con la testa sotto la sabbia, o rischiare anche di accecarci guardando verso il sole. Ma sarà sempre la luce a farci crescere e diventare registi della nostra storia. Bella Donatella (che fa anche rima!)
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-Bolat s’Intruxu-
1000 briganti
distrussero un regno
lo depredaron
e lo diedero in pegno
Bolat s’intruxu in circa
de petza frisca
Sull’alzabandiera vile pendula il tricolore
(sa vìrgula poneincedda bosatrus)
——–Traduzione——-
Vola l’Avvoltoio
1000 briganti
distrussero un regno
lo depredaron
e lo diedero in pegno
Vola l’Avvoltoio in cerca
di carne fresca
Sull’alzabandiera vile pendula il tricolore
(la virgola mettetela voi)
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Deu d’appu posta in su logu suo cussa maraditta virgula!
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Poche righe per racchiudere una intera nazione. Molto profonda. Bella!
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Della serie: si può descrivere una nazione nel periodo che attraversa con pochi versi e lo si può fare mirabilmente come hai saputo fare tu. Mi hai fatto pensare a “Povera patria” di Battiato. Complimenti
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Grazie Giancarlo, la mia povera patria, la Sardegna, si è proprio persa 😦
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Anime arrese
(liberamente ispirata alle Fronde dei salici di S. Quasimodo)
E come possiamo ancora cantare
in queste notti di musica spenta
mentre occhi digrignati invocano
divinità cadute; e voci senz’appigli
dall’abisso affiorano e ci sfiorano
ci afferrano e trascinano nel mare
affollato dalle lacrime asciutte
di madonne mute che raccolgono
corpi spogliati e increduli lamenti?
Giorno dopo giorno veli di cipria
sopra anime arrese coprono attimi
lunghi d’inverecondo orrore
che profana l’architettura sacra
del cielo; veli a proteggere cocci
di umanità in attesa che timidi
sistri stingano gli ubriachi suoni
di un tempo scontornato
senza aneliti di resurrezione.
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Amo moltissimo Quasimodo e la sua Poesia alla quale ti sei ispirata, è tra le mie preferite. Apprezzo tanto questo modo di cantare il tuo sgomento, che è anche il mio, dinnanzi all’orrore delle guerre.
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Grazie Claudia. La realtà dei nostri giorni è drammatica quanto (più?) della realtà dei tempi e delle vicende che hanno ispirato. Ho cercato di esprimere il mio sgomento, come dici tu, e il progressivo affievolirsi della speranza di una “risurrezione” servendomi di versi antichi…In poche parole ho compiuto un’operazione un po’ controcorrente (obsoleta?): parlare di oggi guardando al passato o con gli strumenti linguistico-poetici del passato. In questo contest mi sento un po’ autore in involuzione! Buona poesia!!!
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Quando nell’avanzamento ci si trova in un punto di apparente involuzione, con modestia le possibilità future sono alla nostra portata.
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Ad ogni involuzione corrisponde un’evoluzione uguale (per intensità) e contraria (per direzione). Potrebbe essere, Giuseppe?
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La nostra intenzione più profonda è la nostra guida. Vivere è sinonimo di evoluzione
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Credo fortemente che sia così, anche se in questo periodo sono molto demoralizzato.
Questi tuoi versi, Quasimodo o non, mi piacciono molto. Si avverte fortemente lo sconforto per una situazione che sembra irreversibile. Il fatto che mi rende triste è notare quanta gente abbia perso la capacità di pensare con la testa propria. O forse sarà solo pigrizia per cui è meglio far pensare gli altri. Non so, ma noto un assopimento delle coscienze che mi mette paura. In tanti si vestono d’apparenza invece di mettersi a nudo per mostrare il proprio sentire. I tuoi versi mi sono molto piaciuti Loredana.
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“Per prendere la rincorsa bisogna fare un passo indietro” e tu in questo stile ci permetti di viaggiare tra le ombre del passato e il riverbero del presente. Complimenti.
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Sembrerebbe di leggere nei tuoi versi un senso di rassegnazione, ma è invece un monito a non accettare e non arrendersi di fronte agli orrori della guerra e di ogni violenza perpetrata da uomini contro altri uomini. Molto bella.
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E’ vero Giancarlo, hai colto il messaggio che ho cercato di comunicare: un invito, nonostante tutto, a sperare che il suono dei sistri (che prima o poi sentiremo) risvegli in noi il desiderio di riscatto. Attendendo questo suono ti ringrazio!!!
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Un riverbero di ciò che furono sin dalla notte dei tempi i conflitti feroci tra esseri umani.
Conflitti che però di umano hanno sempre avuto ben poco, a parte quelli scaturiti dalla forza di rialzare la testa dal giogo per spazzare via ogni oppressione e schiavitù.
E il mare lo sa, perché di lacrime e di corpi ne ha inghiottiti tanti.
E’ vero, non possiamo più cantare… ma possiamo agire, con l’urlo muto e travolgente di chi vuole dire “basta!”con i fatti e non più solo con le parole.
Molto bella, di grande impegno umanitario e civile!
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É nel fragor del mondo
che ti ritrovo sai
accovacciato cuore
malconcio e tremante
a ripassar colori
sulle dita stanche,
a verniciar d’amore
sbiaditi palpiti
per riportare infine
la nostalgia del pianto
che ti consola almeno
là dove albeggia
e invece è tramonto.
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Il tramonto si tinge d’alba per ingannare il cuore e infondergli speranza.
Ma il cuore non è cieco – e sa.
E tuttavia non s’arrende, perché se il mondo è grigio, bisogna dipingerlo di colore anche se si è stanchi, altrimenti un’alba vera non potrà mai risogere.
Scarna ed essenziale proprio come piace a me… molto bella!
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Ti canto una canzone fratello.
Ti canto una canzone dove le parole sono accompagnate da una musica che solo in cielo si può sentire.
Batte al ritmo del tuo cuore che ho sentito con il mio amore,
quando fuori dal tuo corpo si è elevato, sul mio petto immortale è restato.
Salirà e salirà ai confini dei confini, canterà con altre voci di altri cuori, si uniranno a lei i suoni delle luci dell’universo.
Riscenderà sulla terra, sarà lacrima, sarà allora pioggia, sarà acqua.
Ogni seme, fiore e vita sarà bagnata dalla tua canzone, e danzerà al ritmo di te, del tuo cuore, del mio cuore e di tutti i cuori che non palpitano più nei petti.
Ti canto una canzone, fratello mio, perché dentro al petto mio vive il ritmo del cuore tuo.
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…e chi è LIBERO non muore mai.
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…no mai
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lui vive nel mio cuore.
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Questo è un bel blues! Nell’anima, nella sofferenza, nella speranza, nel grido di libertà che canta! Brava!
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Grazie, si è scritta per un blues, grazie perché l’hai sentita, mi sono commossa, parte dal cuore ❤
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Un inno alla fratellanza tra gli uomini, perché sia una pietra miliare mai corrosa dal tempo.
Più che mai attuale e rivoluzionario, il concetto di fratellanza, in questo mondo così intriso di odio e di violenza.
Molto bella e appassionata!
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grazie di cuore ❤
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Chi è stato molto amato in vita e continua ad essere ricordato non muore mai! Bellissimo blues!
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Nello scorso contest scrissi un brano nel quale parlavo della fratellanza: “loro sono solo altri me”. La tua lirica è in linea totale col mio sentire. E questa tua canzone mi piacerebbe sentirla musicata.
Chissà se qualcuno qui può farlo!
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-Un sogno ad occhi aperti-
Mio dolce amore, ci siamo incontrati per la prima volta nei miei sogni e d’allora ogni giorno attendo la sera che arrivi quanto prima Morfeo per condurmi in quel regno magico dove so di poterti incontrare.
Mio dolce amore, anche se non posso averne la certezza mi auguro con tutte le forze che anche tu desideri ciò!
Mio dolce amore, in questo tempo in cui nel magico ed oscuro manto della notte ci siamo incontrati per abbracciarci e baciarci vorrei che il dì non venisse mai e che il gallo non cantasse per evitar di essere portato via da te e per vivere ancora un attimo nella tua splendida compagnia o mio dolce amore!
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-Insalata di sentimenti-
Le due, le tre. Katia pensò che quella sarebbe stata una delle sue notti insonne, in cui non si batte chiodo neppure per un minuto. La testa un vortice continuo di pensieri, troppi, tanti inutili, fuori dalla realtà delle sue giornate, sempre uguali anche se ormai serene. In realtà i suoi pensieri erano ossessivi e ossessionati sempre dallo stesso tema, o meglio, da una persona. Katia sapeva di doversi sopportare e subito pensò a chi aveva incontrato, che poteva dirsi campione di notti simili, di quella sofferenza e solitudine che attanaglia lo stomaco. Ecco, aveva funzionato, non ci stava più pensando, ma sapeva che avrebbe avuto tregua per poco, non c’era da fidarsi della sua testa. Katia pensò che poteva “prendere aria”, le avevano spiegato che l’isolamento era il peggiore dei mali.
Le nove. Uscì e si diresse verso casa, nell’unico giardino in cui sarebbe stata al sicuro, il suo spazio esclusivo. Scelse di sdraiarsi sotto un melograno, il suo corpo era teso, il respiro strozzato e non sentiva né sonno, né fame, né stanchezza. Un rumore forte e improvviso la fece sussultare, il cielo diventò nero, completamente nero, buttò giù grandine alternata a pioggia, e un vento che sembrava volesse devastare le fronde del suo albero.
Purtroppo era stato un sogno. Non era al sicuro, Katia si sentiva sull’orlo di un precipizio. La bufera non sembrava voler finire, ma in un certo senso la rasserenò. Gli uomini per lei sono un accessorio, cinici, non durano, portano sofferenza, abbandonano. Le quattro del mattino, si sentiva stordita, finalmente stanca, lo sbattere del vento e della pioggia sulle finestre la faceva sentire meglio. Katia decise di pensare, pensare bene. Provando ad ascoltarsi, sperò di scoprire dentro sé una regina, trovando il coraggio di rivolgere la parola al suo desiderio, sorridendogli, gli parlò: I tuoi abbracci forti, la maledizione di appartenerci oltre lo spazio e il tempo, mi fa desiderare il tuo corpo, mi fa bramare l’intimità della tua mente e di nuovo, il tuo sorriso.
Nel mentre la pioggia stava diminuendo. Katia, che prima si sentiva protetta dal tintinnio delle gocce d’acqua che scrosciavano nel suo davanzale, e che anestetizzavano il garbuglìo dei suoi pensieri, all’improvviso sentì che la pioggia aveva smesso di sbatterle addosso le sue verità. Sgomenta si trovò ad ammirare l’aurora, chiara, precisa, improvvisa, intoccabile come la sacralità della vita. Si sentì bene, la testa aveva quasi finito di ronzare, l’incubo interiore stava per finire, forte di una vita appesa ad un filo, forte di un amore che più sfrontato della sua testa, non si cheta.
Katia sentì la voglia di vivere e sorridendo pensò che in questa insalata di sentimenti, Aurora era proprio un nome pieno di speranza, non bisognava sprecarla e ridendo con tutto il corpo finalmente rilassato, con un soffio esclamò: Se mai avrò una tua figlia si chiamerà Aurora. Lui le sorrise.
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Il nome che ci viene dato alla nascita è come un talismano, un viatico che ci accompagnerà nel corso della vita.
E per una madre che ha sofferto, e che desidera soltanto luce e bellezza per la propria figlia, Aurora è un bellissimo talismano, più che mai pieno di significato!
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grazie 🙂
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-Guerriera-
Io sono la guerriera
armata solo della sua pazzia
che un Dio benevolo
scolpi’ nel bianco marmo
dell’indifferenza dell’uomo.
Io sono il poeta
senza arte né parte
senza inizio e senza fine
con un niente
disegnato nel mezzo
e mi compiaccio ahimè
della mia pazzia
che come un drago
dalle fauci in fiamme
volteggia sul mio capo
mi rapisce e mi trascina
in quell’inferno che è stato
il mio peccato antico.
Io sono il guitto
e per mestiere
faccio carte false
vivo di espedienti
per nutrire la mia anima
e mi ubriaco
di amore per la vita
fino a non capirne i limiti
ma sono pur sempre la guerriera
combatto e vado oltre
gli angusti vicoli
dei mediocri pensieri.
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Combattere i guitti della vita con la pazzia del poeta e immergervisi tanto da non capirne i limiti è una visione immensa. Una dichiarazione d’amore. Il giuramento di esserci ogni istante come fosse l’ultimo. Di vivere con la freschezza e la trasparenza che scorre dall’energia creatrice, caotica, folle
e peccatrice. Togliendosi la maschera come d’innanzi al palcoscenico passare come uragano sopra la mediocrità x cancellarla . Grazie. Bellissima!
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Essere guerrieri nella vita non significa affatto essere violenti – anzi, il guerriero nel senso più nobile del termine è il samurai, che lotta sempre per migliorarsi e per difendere i deboli dai guai, oltrepassando e spazzando via con la sua spada
tutti i pregiudizi beceri che impediscono agli esseri umani di vivere degnamente e di essere rispettati.
Dovremmo essere tutti guerrieri in questa accezione, indipendentemente dal passato che ognuno di noi possa portare sulle proprie spalle per dimenticare.
Bella!! 🙂
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Grazie per i bei commenti e come ho scritto sul mio libro di poesie: “La mia follia è il dono immenso dell’amore di Dio”. Essere folli, ma veri folli è un privilegio destinato a pochi eletti, il nostro mondo è sì un mondo oscuro e pieno di fantasmi, ma sa essere anche un mondo di forte sensibilità e di creatività nel quale bisogna essere guerrieri fino alla fine per istinto di sopravvivenza. Grazie infinite!
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I guerrieri della luce, di memoria Coelhiana, sono guidati dalla follia che gli permette di non accettare guitti, di combattere l’indifferenza, di amare la vita depurandola dai pensieri mediocri. E poi vorrei sapere chi stabilisce chi è saggio e cosa è la saggezza. No, amo la pazzia e i tuoi versi!
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-Ci sono giorni-
Lui la vide arrivare
Aveva occhi di talco
Non si capisce perché mai una donna che donna sia
debba venirti incontro come una visione
Aveva in bella vista un tatuaggio smembrato sulla pelle
ma pure così audace da arroccarsi sulla cima svettante del seno.
Dunque lui la vide e si disse che era proprio quello un giorno da dover fare qualcosa
Aveva occhi di talco quella strana creatura
e capelli arruffati come un angelo precipitato
Stava dentro il suo nome intirizzita
Le tremava in animo un che di onnipotenza
Lui lo capì e si disse che quello era un giorno da dover fare qualcosa
Lei lo lasciò fare
mai nessuno le aveva toccato il cuore a quel modo
Era una giornata da fare qualcosa
L’aveva vista giustappunto arrivare con quell’aria disumana
Trafitta da un fiore come una santa immacolata
Con le labbra fantasma
Col colore della bocca che le colava sul mento
E quel rosso sfuggente
sfavillante
Come lava.
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Bellissima!
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Grazie cara Enza!
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Grazie Vincenza Zollo
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Il fascino intrigante e assoluto esercitato dalle anime perse.
Ma bisogna fare molta attenzione, per non rischiare di lasciarsi bruciare dalla lava…
Mi piace molto l’atmosfera noir evocata da questa figura vampiresca e innocente al tempo stesso.
Ma non sarà per caso una pura proiezione incontrata guardandosi allo specchio?
Ai posteri – e all’autice – l’ardua sentenza! 🙂
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Puntuale Donatella Sarchini ha sparigliato i versi, come stando ad un tavolo da gioco, per poi centrare, come in un tiro al bersaglio, il cuore stesso della poesia. Coglie, il suo commento, certe pericolose fascinazioni dense del proprio contrasto.
Forse è vero che la poesia è il riflesso di me che mi rimanda un refrattario specchio… Oppure sono occhi altri che imprigionano e trasfigurano
Grazie Donatella.
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Accetto il regolamento
Simone
Tu hai scelto me come mamma
ed io ho scelto te come
figlio,
il nostro viaggio assieme
ricco e speciale,
non finirà mai.
Ci porterà ad apprendere
le tante lezioni della vita,
tu impari da me
ed io imparo da te.
Entrambi sbaglieremo
e costruiremo cambiando
tante sudate vittorie.
Ti tengo per mano,
piccolo mio
ma, il domani è solo tuo,
vivilo con gioia…
Tante volte cadrai
tu, rialzati sempre
con tanta forza nel cuore,
e non permettere a nessuno
di portati via
i tuoi sogni più belli.
Scegli il tuo percorso e
impara dagli errori che fai.
La vita è bella, figlio mio
vivila con dignità e rispetto
verso te stesso e tutto ciò
che esiste intorno a te.
Ti amo figlio mio,
e vita dopo vita
ti ritroverò sempre.
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I figli non sono di chi li genera, ma di chi li cresce, scegliersi al di là di una gravidanza è il gesto d’amore più grande che possa esistere al mondo, e davvero vita dopo vita ci si ritrova. Bellissima e tenerissima!
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Grazie Vincenza, è verissimo … I figli sono di chi li cresce con amore. Ci si sceglie per crescere assieme e condividere tante esperienze importanti … Grazie 💕
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Accetto regolamento
Lo Spero Anch’io
Quanta gente con le menti bacate
almeno sapete voi che cercate,
nei tradimenti tante volte si cade
tristezza e amarezza poi ci invade.
Cerco speranza, guardando la luna
non voglio avere una grande fortuna,
un misero lavoro, un tetto, un letto
e qualche soldino dentro il cassetto.
Poi ascolti visi con degli occhi lucenti
e tu credi. e quel che dicono senti,
ti fanno cadere su una stupida rete
in compagnia dalla fame e la sete.
Non conoscono onore ma solo denaro
ancora una volta,io voto e non imparo,
questo mondo ormai ha un Dio diverso
la speranza nello sguardo s’è perso.
Fa tante promesse, di parlare non smette
troppe parole alla deriva come barchette,
soltanto un po’ di Pace, Onore nel Cuore
sarebbe la salvezza dell’Italia Signore!!
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-Il tuo immaginario su di me-
Sulle mie spalle posi il tuo viso
Accostandoti alla mia integrità mentale
Alla mia distanza disumana
Vedi che sono assorta
Vedi che sono lontana da te
Vedi che sono perduta nella valle che non conosci
La valle dei miei pensieri
La valle che avvolge me e tralascia te
Mi osservi le spalle, le braccia coperte
Di cotone bianco a stoffa rigata
Puoi percepire il mio pensiero?
Volto il capo e lo sguardo si infiamma col mio
Ma quello sguardo è labile
Ma quello sguardo è eterno!
Eterna la fiamma che non brucia
Come eterno il tuo immaginario su di me
Tra la folla c’è sempre quello sguardo allucinato che si posa docile ma possente su di te.
Uno sguardo che assomiglia ad un imperativo.
Un comando visivo, senza motivazione alcuna.
Lo sguardo che non muore, ma continua ad ardere dentro, come fiamma.
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Misterioso e intrigante, questo gioco alternato di sguardi che non lascia scampo.
Si dice che l’Inferno è dentro di noi, ma lo è anche il Paradiso… bisognerà vedere quale delle 2 fiamme brucerà più forte.
Una lirica molto bella e passionale, che mette in scena l’ambiguità del potere anche nell’ambito dell’amore.
Mi piace! 🙂
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Grazie di cuore. Tra tanti sguardi che non ti lasciano nulla, se non il gelo nel cuore e tra le vene, uno si innalza e ti colpisce, riflettendo sulla tua persona e sbattendo contro i tuoi pensieri. Uno sguardo che si infiltra e si fa strada dentro di te, dentro la tua vita e dentro le tue storie. È una luce che ti colpisce…è uno sguardo che tra la folla colma il vuoto. Ancora infinitamente grazie.
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Una poesia giocata tutta sul dilemma del chi sono, del chi sei. Se gli occhi sono liberi di posarsi sul corpo e su quanto lo riveste, non possono mai superare la barriera dell’ invalicabile. E’ questa una lirica intensa che celebra il tormento di non poter mai sapere
che tipo di interprete si e’ all’ interno della vetrina della mente. Specchio opaco e’ sempre l’ altro da se’, vuoto miraggio dell’ immaginario.
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Infinitamente grazie per questo commento così intenso.
La mente é come l’attesa.. e l’attesa è sempre il preambolo ad un cambiamento. E poichè la Vita intera è cambiamento, noi essere umani ci troviamo in una continua attesa, in una eterna sala d’aspetto che ci accoglie e ci permette di sederci con calma ad aspettare. Siamo perennemente dal dottore, la sensazione è la stessa. Il vedere concretizza la decisione, la rende viva e quindi possibile. Se una cosa non la vedi, ma la senti comunque parte di te, dentro di te, è più difficile prendere decisioni in merito, proprio perchè non puoi toccarla con mano, non riesci a vedere se le crepe stanno per causare il crollo, o se l’intonaco reggerà ancora per qualche anno. La senti, se ne stà dentro di te e se le fondamenta non sono salde prima o poi ci sarà il crollo, e quel crollo assomiglierà al suono di un cuore che si spezza o di un’idea che va in frantumi. Ancora grazie di cuore.
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La cosa più difficile per noi essere umani è riuscire a sintonizzarci sull’altro, comprendere le sue emozioni, recepire le sue intenzioni, intuire le sue decisioni. La vita di coppia viene spesso devastata dall’incapacità di entrare in sintonia comunicativa. L’interesse all’inizio di una relazione ci aiuta a sintonizzarci con l’altro in modo automatico ma il tempo spesso disattiva questo potenziale rendendoci come abitanti di pianeti diversi incapaci di sentire cio’ che lo sguardo cela. Insieme e divisi, in due ma fondamentalmente soli diveniamo come statue di sale o peggio come bambini incompresi. E’ allora che diveniamo più vulnerabili che mai, sensibili e recettivi al punto da sentire i pensieri altrui, gli sguardi altrui, sopratutto quelli che pur non conoscendoci sembrano leggerci l’anima.
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Infinitamente grazie per questo coinvolgente commento. Buona vita
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Troppo spesso sentiamo dirci: “Ah io ti conosco bene”, quando nemmeno noi sappiamo chi siamo in toto. Quando si instaura un rapporto lo si fa basandosi su “sensazioni”. E quello sguardo lì per strada ci fa sperare, entra e ci fa ardere dentro. Ma cosa c’è realmente dietro quello sguardo? Penso che noi amiamo l’immagine di ciò che percepiamo che non è detto che coincida con ciò che l’altro è veramente. E allora cosa fare? Abbandonare l’amore? O scegliere di viverlo sapendo che potremmo anche soffrire? Molto bella questa tua lirica che induce alla riflessione. E sono questi gli scritti che più amo.
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Bruno Chisu
accetto il regolamento
Il Morbo del 2016
Scorre il tempo portandosi via
senza rimorso e col sorriso in faccia,
l’anno vecchio con la sua porcheria.
Per due anni un governo non eletto
formato da emeriti imbroglioni
guidati da un bugiardo e inetto,
hanno portato l’Italia in una china
con debiti, miseria e desolazioni
trascinando i cittadini alla rovina.
Per ora un referendum ci ha salvati
ridimensionando il PD e le sue illusioni,
ora dalla vittoria aspettiamo i risultati
che ci porteranno alle urne per votare,
proveremo a eliminare quei cialtroni
mandandoli all’inferno ad espiare.
Cercheremo persone preparate
che con onesta sappiano governare
che ci ridiano le cose perdute.
E’ vero che la speranza muore
per chi è senza denaro ne lavoro,
insieme a tanti martiri del mare.
Chi è ricco non ha certo i pensieri
che hanno i tanti cittadini impoveriti
che vivono l’oggi molto peggio di ieri
Senza speranza dalle Caritas son nutriti,
poveri, malati ed acciaccati e vecchi,
con misere pensioni, disperati….
Nel mondo si spera per la pace
al suono delle bombe e dei cannoni,
e alle Nazioni Unite tutto tace .
Non c’è la certezza in quelle terre
di avere un domani e d’un futuro
e di uscire dagli gli orrori delle guerre.
Si aiutano le banche a non fallire mai
pur di salvare chi da sempre a rubato
lasciando gli azionisti in grossi guai
in favore di chi ha sempre approfittato
portando il denaro in altri stati
per nascondere il tesoro trafugato.
Speriamo ancora di risollevarci
con una battaglia di tutta la nazione
eliminando il marcio per salvarci
tenendoci pronti alla rivoluzione
che ci porti ad un vero plebiscito
per vincere nella prossima elezione
che ci dia un governo ed un partito
che rispetti la costituzione
e un nuovo il diritto costituito,
che guidi tutta la Nazione.
Copy Right
Bruno Chisu
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ANSIA E GRETEL
Ansia e Gretel, Ansia e Gretel,
marzapane a tradimento,
Ansia e Gretel, Ansia e Gretel,
dolce casa ma da morto,
Ansia e Gretel, Ansia e Gretel,
questa strega non esiste,
Gretel l’ansia, Gretel l’ansia
l’ansia sola ti trattiene,
Gretel l’ansia, Gretel l’ansia,
l’ansia adesso ti assomiglia,
Gretel l’ansia, Gretel l’ansia,
ma non è la tua famiglia,
Gretel l’ansia, Gretel l’ansia,
l’ansia buttala nel forno,
Gretel l’ansia, l’ansia Gretel,
l’ansia fanne un sol boccone,
Gretel l’ansia, l’ansia, l’ansia,
l’ansia è l’unica prigione.
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Come un mantra salvifico, una formula da ripetere a se stessi all’infinito per esorcizzare l’ansia.
E ho buone ragioni per immaginare che possa funzionare davvero… Bella e salvifica!! 🙂
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Grazie!🙂
In effetti è una poesia che mi tranquillizza quando la ripeto tra me e me. Sono ansioso di conoscere l’esito del concorso!
😂
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L’ansia, un male che ci attanaglia le viscere e riesce a paralizzarci rendendoci cristalli immobili. L’ansia che come vampiro si nutre delle nostre energie lasciandocene privi. L’ansia che ci divora fino ad ucciderci mentre restiamo vivi. Che bello poter pensare che la si riesca ad esorcizzare con questo mantra. Bravo! Mi piace
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Versi originali e ansiogeni. Bravo tu a trasmettere il malumore generato appunto, dall’ansia.
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-Risarcimento-
Mi sono guardata
Nei tuoi occhi
Non più immaginaria
Ma bella e imprudente
Come una rosa
Spruzzata di vino
Nel tuo abbraccio creatore
La mia pelle ha riso
Ballato
Ingoiato stelle
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La felicità è il premio di un abbandono cosciente all’amore.
Solare e stellare al tempo stesso, questa bella lirica invita a cogliere l’attimo e viverlo, pur sapendo che potrebbe essere effimero quanto una rosa. 🙂
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Un affondo in uno sguardo per assumere la sostanza di una rosa ebbra e divorare stelle.
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Quando lo specchio dell’altro ci riflette un immagine di noi stessi che non osavamo guardare, ci sentiamo inebriati. Non vorremmo mai smettere di sentirci cosi. E pur coscienti che forse durerà solo un attimo possiamo scegliere di viverlo ed essere felici.
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Meraviglioso stare! Bella e immediata.
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Di fronte al sentimento ricambiato ci sentiamo specchi,ci vediamo in profondità. Siamo firmamento e stelle insieme. In grado di abbracciare l’infinito nell’abbraccio creatore dell’altro. E basta un nonnulla per ridurci in cocci e pulviscolo.
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-Un animale selvaggio-
Un animale selvaggio
si libra in mezzo all’educazione
tra dispiaceri e soprusi,
vergogne e vendette,
in mano ha una rosa
che gli altri usano per pungersi.
Se prova ad assomigliare
si dimentica di se,
ma districarsi è una tortura.
Essere senza essere scimmia,
guardando, osservando e vedendo,
oppure isolarsi e lasciarsi sfuggire
l’occasione dell’animale selvaggio
non capendo di più.
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Mi ricorda una canzone di Bersani intitolata “il mostro”
Molto bella la tua poesia. Significativa.
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Grazie Daniela! È un piacere condividere l’emozione di un momento e manifestarla di fronte al mondo intero!
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L’animale selvaggio è dentro ogni essere umano, ma in genere cerchiamo tutti di tenerlo a bada, per non rischiare, appunto, di ferirsi con le proprie stesse spine.
E invece è importante ascoltarla, la propria parte selvaggia, perché è fonte di ingegno e di creatività, e ignorarla sarebbe come tagliare via una parte terribilmente viva di se stessi.
Il timore di perdersi e non capir più niente, hai ragione, è grande.
Ma non si può fuggire via da sé senza alienarsi.
Forse la cosa migliore è accettare le proprie contraddizioni interne, e cercare di comprenderle specchiandosi anche in quelle altrui.
Una lirica molto bella e coinvolgente, che tocca un argomento fondamentale, terribilmente spinoso, con perplessità e al tempo stesso maestria.
MI piace molto! 🙂
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Grazie miss DOUBLE FACE!
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….grazie da parte dell’animaletto selvaggio dentro di me! 🙂
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Una lirica che riconosce l’ istinto animale che è in noi e la cosiddetta ombra. Sono essi gli elementi che costituiscono la parte più vitale di noi. Una poesia che riconosce la negazione di tali aspetti e i molteplici tentativi di soppressione messi in atto dalle agenzie educative del nostro mondo. Bei versi, densi, significativi ed espliciti.
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Si, la nostra parte oscura ha molto da rivelarci
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Il nostro essere istintivo, ancestrale bagaglio che parla dalla profondità più nascosta di noi stessi. Ci insegnano ad ucciderlo, ma se non ci riusciamo almeno a nasconderlo, ad “educarlo”. Eppure è una parte di noi, preziosa, indispensabile, innegabile. Castrati del nostro istinto, violentati nella nostra più profonda essenza, confusi e senza scheletro, siamo zombie che nel vano tentativo di ritrovarsi fanno del male a se stessi e a gli altri. Uno spunto di riflessione prezioso. A volte cerchiamo fuori ciò che invece abbiamo già dentro di noi! Grazie.
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Gli animali selvaggi, sono quelli più pericolosi e quelli più in pericolo.
Istinto e purezza sono doti da preservare.
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Secondo Aristotele, l’uomo è un animale razionale. Questa differenza specifica, cioè l’essere razionale, lo contraddistingue dagli altri animali, e lo caratterizza nella sua specificità. In questa poesia si propone invece l’immagine di un animale selvaggio, che tenta di “districarsi” “in mezzo all’educazione”, che prova a dimenticarsi di sé, in quanto tale, nel tentativo di evolversi, di comprendere questo mondo mentre porge al suo prossimo una rosa ma che è forse destinato a restar tale, “non capendo più niente” di questo universo, dove tutto risulta per lui solo “una tortura”. Un bel testo che fa riflettere.
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Grazie Fiorella! L’uomo e la sua infinita possibilità esistenziale a prescindere dalla sua razionalità, altra faccia della stessa medaglia.
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La tua poesia mi ricorda un brano di Battiato “L’animale”. Solo che il tuo animale è più positivo del suo. E’ positivo a patto che abbandoni l’apparire. Certo è molto difficile uscire da quel falso mondo per intraprendere il percorso dell’essenza. Ma quando ci si riesce quell’animale combatterà per la vittoria dell’evoluzione sulla stasi e sulla vergogna dei soprusi, della violenza, dell’indifferenza. E quindi auguro al tuo animale di non perdere l’occasione!
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Il nostro animale ci scorta verso la nostra beata meta!
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-Accetto il regolamento-
Tra le ombre e il corpo
Liberamente
Ti ascolto
Nel grembo del cammino
Che accompagna alla cima
Tra le foglie e i fiori
Distrattamente
Solo il richiamo dei passeri
E dei pappagalli evasi
A salmodiare
“Quando il colore delle parole solidifica mondi fantastici.
Quando il punto finale diventa un inizio” (Giuseppe Carta)
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Ciao Michela! Che Onore, mi citi sotto la tua lirica? A parte auguri per il proseguo del contest, ma così facendo, lo sai, mi istighi a pubblicarlo nella nostra prossima antologia! ahahhaah
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Ahahah ho preso ispirazione dalle tue frasi😸
Pure questa cade a fagiolo “Quando il lettore è soddisfatto d’essersi perso”.
Applausi per i Carta Carmina!
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Questa lirica mi infonde un gran senso di pace, come in un’immersione panica nella Natura, a cui tutti apparteniamo e che tutti ci accoglie come una madre, a patto di saperne ascoltare la voce. Molto poetica!!
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Grazie,cara.Purtroppo leggo con ritardo.Proprio questo mi ha trasmesso la passeggiata dentro la Natura!
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Quando la natura si fa prima madre e poi poesia….nascono cantici come usignoli! Bella!
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Qual mai parola ardita e rossa come lo foco nella notte intensamente pronunciar volesti.
Amor ne lo core e nella mente cingendo al core lo raggio di luna, ma abbracciar osasti, è nel mentre lo virgulto sentimento crebbe in me a onorare te!
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-Quel che è rimasto-
Ora che il cuore è stato scuoiato
e le membra sono state esposte
agli sguardi famelici
che si cibano dell’altrui dolore,
che ne rimane più di me?
Di questa donna, piccola,
piccola…
Ho raccolto le mie membra
e quel che è rimasto di questo cuore,
i brandelli dei sogni,
le speranze appese ai nudi rami
ad essiccare,
le grigie ceneri di un’esistenza
subita…non vissuta…
e le ho chiuse in uno scrigno
ad aspettare
il latte delle stelle.
Non t’indurire o cuore,
ti prego non lo fare,
non provare niente
è la peggior condanna,
se sento ancora qualcosa,
allora,
vuol dire che sono viva…
sono viva…
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L’insensibilità qui è vissuta come la peggiore condanna, al pari della noia che Leopardi visse come una peste dell’anima.
Il dolore a volte è un male che non si riesce a evitare, ma l’importante è riuscire a sopravvivere… Un chiaro incitamento a non perdersi d’animo mai, neanche nelle sconfitte – perché anche dalle sconfitte si impara sempre qualcosa.
Molto bella e piena di voglia di vivere, nonostante tutto! 🙂
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Brava Donatella, hai centrato il punto.Impariamo dalle nostre sconfitte, dagli eventi negativi che ci accadono, l’importante è non indurire il cuore, non rinchiudersi dentro una corazza per paura di soffrire ancora, cosa che tutti siamo tentati di fare quando veniamo feriti, perchè comunque sia la vita è bella e va vissuta fino in fondo anche a costo di soffrire ancora.
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🙂 🙂
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Viviamo in un mondo in cui veniamo messi in vetrina continuamente ma al pari di un oggetto su uno scaffale la gente che si ferma a guardare in effetti non ha alcun interesse verso ciò’ che vede, se non la curiosità o peggio la derisione. Davvero siamo destinati alla solitudine emotiva? Chiudere il cuore in una scatola, impedirgli di battere potrebbe essere la soluzione? Questa lirica si chiude con una speranza: oltre tutto il male e oltre il dolore e la sconfitta, resta sempre un battito di cuore a farci sentire vivi e implicitamente raccontarci che vale sempre e comunque la pena se siamo capaci di provare qualcosa. No permettiamo mai all’aridità altrui di cambiarci! Molto bella e viva….mi ha emozionata! grazie
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Versi di amore e di incoraggiamento per il nostro povero cuore ferito, maltrattato, usato. Ma se batte ancora una volta, vuol dire che il processo di congelamento è fallito.
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Proprio così. Mai cedere alla tentazione dell’indurimento, della corazza per sopportare il dolore. La vita può essere bella nonostante le esperienze negative vissute e se ancora il cuore freme vuol dire che abbiamo superato la prova e siamo vivi dentro. Ci sono due modi per reagire al dolore, uno è indurirsi per proteggersi, l’altro è quello d’imparare dalle esperienze vissute e provare empatia per chi sta soffrendo come abbiamo sofferto noi e aprire ancora il cuore ai sentimenti anche se rischiamo ancora di venire feriti. Che vita sarebbe senza provare più amore?
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Grazie a te BluesMarty. E’ il cuore la nostra guida, a dispetto del dolore è da lui che dobbiamo lasciarci guidare, anche se la tentazione è grande di chiudersi in se stessi e dire “mai più”. Ma sarebbe vita senza amore? Senza più provare la bellezza del sentimento? Se ancora il nostro cuore prova qualcosa significa che siamo ancora vivi e c’è speranza, sempre.
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Un testo che fa riflette e che getta semi di speranza sul foglio scritto così come sulla strada del cuore, lì dove pulsa ancora la vita, la voglia di vivere nonostante le ferite riportate e il dolore latente. Una poesia bella e positiva.
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– La ballata dell’inadeguato –
Insospettato, ballava sulle punte
tra pareri e pareti (sottili)
quando l’hanno trovato
Inadeguato.
Inatteso, perché non si aspettava
di scoprirsi così
impreparato.
Lo hanno chiamato, blandito, accerchiato
ha capito, sorriso, sviato.
Ha risposto, acuto e fragile, imbarazzato.
Nuovo, eppure già fermo.
E’ andato. La gente ha fretta
mastica, sputa, dissente e si delude. La gente
Fa colazione e si dilegua.
Come il consenso.
Inadeguato.
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Qualsiasi commento potrebbe essere inadeguato… ma ci provo ugualmente! 😊
La trasparenza dell’essere è dolorosamente tangibile, quando l’essenza non riesce ad incidere neanche un graffio sulla lavagna della vita reale.
Quello che mi si para dinanzi è un mondo di zombie, che mi tocca accettare mio malgrado… ho visto giusto, Simone?
O l’inadeguatezza ha inghiottito pure me, con le sue fauci da zombie?
Ma al di là di tutto trovo questa tua lirica molto bella, mi piace un sacco! 😊
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Il mondo ci prova in tutti modi a masticarci per poi sputarci. Viviamo fra la freddezza delle statistiche, gli indici di gradimento, quelli di ascolto, i biglietti venduti, i fatturati. qualcuno o wualcosa sopra di noi vuole sempre decidere chi o che cosa abbia davvero valore e in men che non si dica cambia. E’ facile perdersi fra e tumultuose onde del consenso e del capriccio. Ma tu hai ricamato questa ballata cosi bene che a volteggiare fra le tue parole e rime viene proprio voglia di stare sulle punte ! Complimenti
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E’ proprio perché il giudizio pesa sugli umani, che ci ritroviamo a piroettare fra allori e gogna impreparati al quando gli uni o l’altra potrebbero ricordarsi di noi o dimenticarci.
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-Dolce l’eco-
Dolce l’eco
delle cose intorno
il fruscio delle foglie al vento
e lo zirlar
dei merli tra gli olivi
Dolce l’eco
che mi torna
il cinguettar
dei passeri a far nido
ed il brusio che avverti
dell’Upupa
a sfamar
la prole tra i becchi aperti
ad aspettar quel rito
Soffia tenue
refolo di vento
a portar gli ingenui odori
quell’odor menta
e della malva in fiore
Eppur mi beo
dell’infinito canto il trillo
del grillo
alterno
tra lo zompettar l’erbetta
ed il rovo
mentre intento
a far di colazione
un rito
con fresco pane
formaggio pecorino
ed un bicchier di vino
di questo pasteggiar divino
un dolce poetar
ai piedi di un ulivo!
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pian piano leggendo si crea un bel dipinto della natura bella!
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Tempo
Stolti che fummo
ad inseguir rimpianti
così non ci accorgemmo
del fuggir dei sogni.
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Proprio così!
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Parole di veritas! 🙂
Bisognerebbe sempre guardare bene avanti, pur dando ogni tanto anche qualche sbirciatina indietro.
Saggia riflessione, scritta in una lingua antica come fosse una poesia dei secoli passati, ma proiettata come una freccia nel futuro.
Mi piace questo recupero stilistico del passato per esprimere un monito sempre valido, nei secoli dei secoli, per qualunque essere umano! 🙂
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un concentrato di verità ! un monito che dal passato pare proiettarsi al futuro! Una perla da tenere sempre a mente! Grazie!
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Di rimpianti si può morire ed è un vero peccato.
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Di vere parole.
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-L’isola di rose-
Odore di mirto selvatico e zagare in fiore… la mia isola mi accoglieva così, sensazioni che mi avvolgevano ogni estate, quando arrivavo carica di valige e di sogni. Sì, sogni, quelli non bastavano mai a farmi pregustare giorni indimenticabili e, chissà, pieni di aspettative. Camminavo per ore sulla battigia dorata col vento che mi scompigliava i capelli, spettinando anche quei pensieri che mi tenevano ancorata alle mie radici. La mia terra, piccolo grande faro dei miei sentimenti, lei che ogni volta mi stupiva con la sua anima calda ed intensa, lei che mi rendeva incredibilmente viva, vera anche quando, ferita dalla mano infame che violentava la sua essenza vitale, perdonava come una madre dalle grandi braccia. Il mare mi chiamava… mi giungeva la sua voce roca e austera tra quegli scogli crestati di neve e imbruniti da alghe dispettose che sembravano voler imbrigliare la mia solitudine e portarla al largo fino all’orizzonte lontano. Terra e mare. Non saprei descriverli meglio. Erano un misto di nostalgia e di ricordi sbiaditi dal tempo e racchiusi nello scrigno dell’anima… anche quei segreti mai detti percepivo tra le pieghe della pelle, sentendo respiri di onde e brividi addosso… mai avrei chiuso il mio cuore ad emozioni così forti ma anche stranamente fragili… Mi nutrivo di tutto… del sole che non smetteva mai di disegnare nel cielo abbracci di luce… del mare, del mio mare, che accarezzava fianchi di vele al rosseggiar del tramonto, mentre i miei occhi si riempivano di malinconia, di un vuoto pieno di rimpianti. Tutto era per me un mondo da scoprire e da amare… La mia isola era là a farmi comprendere che la vita andava avanti nonostante tutto ed io non potevo certo perdere quel treno su cui ero salita… di sicuro vedevo la luce in fondo al suo mare… in fondo alla mia anima. Ed ecco che lei, la mia isola, fece quello che desideravo tanto. Mi prese per mano… !
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bellissima Rosella …e poi dicono che non esiste l’isola che non c’è.é dentro ognuno di noi
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Un viaggio nella profondità dell’ anima. Bella e molto intensa!
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Bellissimo brano dedicato alla nostra amata Ichnusa di cui hai saputo descrivere l’incanto e il tormento.
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Non sono di origine sarda, ma amo moltissimo questa splendida Isola, e mi sento di condividere intimamente le tue sensazioni che ci hai così appassionatamente narrato! 🙂
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-Bagnasciuga-
Il lungomare è vuoto, questa sera. Nessun gruppo di ragazzi che si diverte a fare le ore piccole, nessun uomo a spasso con il cane per una passeggiata tardiva, nessuna coppia di innamorati a scambiarsi effusioni alla luce di qualche lampione.
Infilo la Nazionale tra le labbra ma non l’accendo. Le mani in tasca, la divisa da cameriere è fredda contro la mia pelle.
Mi hanno promesso che sarei stato libero, dopo averla uccisa, che avrei vendicato finalmente la morte di mio fratello. A quel pensiero, una mano mi stringe i polmoni. Boccheggio.
Il cuore batte, batte forte, più forte del treno che mi sorpassa sferragliando e scompare nell’oscurità tagliata dalle luci dei lampioni.
Giungo sulla spiaggia. Il mare è una tavola nera, cupa, come il sentimento che mi accompagna. La sabbia sembra mormorare sotto i miei piedi, o forse sono i bisbigli che mi accompagnano ormai da giorni.
Lei è là. Pantaloni a zampa e maglia sgargiante.
Speravo non ci fosse, lo ammetto. Una parte di me l’ha agognato fino alla fine. Stringo i denti e schiaccio la Nazionale, gusto acre del tabacco si scava una galleria nella mia gola. Sputo la sigaretta, che volteggia irridendomi prima di cadere a terra.
Lei è là, inconsapevole.
Mi avvicino. Estraggo la pistola dalla borsa e la punto contro di lei. Le dita tremano, l’arma pesante come il fardello sulla mia schiena.
Lei si volta.
Occhi negli occhi.
Cosa colgo nel suo sguardo? Sorpresa? Paura?
Rassegnazione?
Nel mio troverà solo rabbia.
«Sapevo saresti venuto, Ruggero» mi dice.
Quella voce, così dolce quando mi cullava per farmi addormentare, e ora così piatta. Definitiva.
«Mamma.» Un groppo quando pronuncio la parola, ma le mie dite vanno al grilletto. «Ho fatto la mia scelta.»
Lei sorride.
Perché sorride?
Porta una mano dietro la schiena. Ha una rivoltella.
Ingoio saliva. Una goccia di sudore cola sul mio viso e si deposita sulla barba lunga.
Mia madre alza la pistola e sorride.
E allora capisco: le hanno fatto la stessa promessa.
L’ultimo pensiero prima che lei prema il grilletto è: chi ha ucciso veramente mio fratello?
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Bella ma non conclusa.
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…il seguito alla prossima puntata!! 🙂
Scherzi a parte, potrebbe essere un incipit davvero molto interessante per un romanzo giallo.
Anche il dialogo, i ritmi, il colpo di scena, tengono alta la tensione narrativa.
Insomma, muoio dalla voglia di sapere chi ha ucciso suo fratello…
…quindi aspetterò con gioia il tuo romanzo!! 🙂
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Adoro i gialli e questa storia cosi carica di suspense e di colpi di scena potrebbe essere l’inizio di qualcosa…Continuala!
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Siamo ai tempi dei pantaloni a zampa di elefante e delle Nazionali senza filtro. C’è un uomo che è stato convinto da qualcuno a vendicare la morte di suo fratello e a cui è stato detto che l’assassina è la loro madre. Questo qualcuno gli ha promesso che in cambio sarebbe stato libero e da che cosa non lo capisco. L’uomo trova la madre e le punta la pistola, e come in un film western, lei fa altrettanto e alla fine ha la meglio, cioè spara per prima uccidendo, forse, il figlio. Il quale fa in tempo a domandarsi chi abbia ucciso veramente suo fratello. Qualcosa non mi torna, questo racconto ha un seguito? Oppure mi è sfuggita l’essenza, magari un messaggio? Sono molto curiosa!
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-Come Frida-
Chissà se sono mai vissuta o sono stata replica di una donna che non avrei dovuto essere io. Che conta nascere, quando la luna cade in cortile e tutti ti dicevano che appartenevo ad un’epoca sbagliata. Quando i galli venivano al mondo senza cresta e i gatti rantolavano senza fare le fusa come i
moribondi. La mia carne, l’intero corpo somigliavano a quell’accozzaglia e ferite simile a Frida Kalo. Le sopracciglia unite, i baffi in bella mostra, quello spargimento di sangue sulle vesti e nella stanza durante un “parto mimato” da amplessi lesbici. La pazzia stava alla genialità come la panna alle fragole. Che strana creatura che il cuore sopportava, distesa in letti di amanti squattrinati o nell’alcova di zenzero di castrati ed emiri.
Mi piaceva ferirmi con il coltello e il pensiero, che penetrando nell’anima si mostravano come due eterni nemici, sempre in lotta per non morire. Frida, era anche il mio cane, più meticcio di un foglio cosparso d’uovo, fuliggine e segatura. Avrei potuto anche cagare dal naso che non sarebbe mai dispiaciuto a nessuno. A suo modo mi voleva bene, anche quando mi scopava sulla caviglia sinistra o quando mi ciucciava il seno, sino a farlo sanguinare. Certe notti di marciapiede, lo chiudevo in frigo a saziarsi di carne fresca che gocciolava sangue, sino a macchiare il pavimento. In strada, in mezzo agli ubriachi, alle ragazze con il seno di fuori, accendevamo fuochi. Qualche chitarra suonava il lamento del cigno, altri restavano muti come statue di sale, altri ancora giocavano alla girandola del sesso con le gambe aperte e i respiri affannati. I più vecchi tra gli uomini, con la patta aperta lasciavano che il loro membro passasse di mano in mano come un’ostia sconsacrata; un germoglio di maschio pieno di brufoli e petecchi.
Lo sperma sapeva di maraschino e di cantucci toscani. Anch’io come Frida ne ero ghiotta e mi saziavo di quell’acida mistura gialla come si fa con un frutto candito.
La casa era un bordello di colori, tele e vestiti sparsi ovunque. Non c’era amore, se non peccato. A piedi scalzi tracciavo le impronte del mio cammino: dinoccolato, austero, sgraziato come un pupazzo di legno.
Sarei morta senza patire. Le gote arrossate dall’alcool, la faccia stravolta e quel pennello in mano che dipingeva l’aria che non avrei mai respirato.
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-Le foglie-
Danzano stanche le foglie
come pure le mie doglie
desiderio d’un buon caffè
poi aspiro e penso a te .
Scarni alberi quasi spogli
un pensiero alle due mogli
alla mia vita ormai andata
quasi amena ma sfortunata .
Gli acciacchi quasi tutti
i miei spietati farabutti
coi dolori mai accettati
e gli altari sconsacrati .
Ora penso, guardo miro
la natura e poi sospiro
gorgheggia il pettirosso
la mia macchina nel fosso .
Quindi il traino del trattore
scarna siepe senza more
ancora la rana inviperita
e il mister di questa vita .
E mi parte la gran risata
ripensando alla nasata
ai suoi baci appassionati
ai suoi vestiti allor volati .
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Santander avrebbe voluto conoscere l’autrice di quest’illimitata prosa, si.
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Improbabili squarci di sofferenza atroce, come in un incubo ricorrente senza limiti.
È questo l’Inferno?
O è solo la pallida idea che ne abbiamo perché qualcuno l’ha dipinto, come Frida Kalho?
Ai posteri l’ardua sentenza, oppure ai diavoli…
Una prosa spiazzante e demoniaca, quel tanto che basta a far rientrare l’anima del lettore entro binari sicuri e conosciuti.
Decisamente interessante, come un pugno sferrato all’addome per irrobustirme i muscoli!! 😊
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Cruda e disinibita, sconvolgente quanto solo la mente umana sa essere. Un dipinto di parole che nel malessere straccia la tela per mostrare scorci di realtà che teniamo ben nascosti a dimenticarne l’esistenza.
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-Malintesi-
Parole non dette
Pensieri impensabili
L’ho detto e lo faccio
Scrivo SCARABOCCHIANDO
La mia lavagna
Prima bianca
Adesso dipinta
Da colori fulminanti fluorescenti conturbanti accecanti. …forse
all’occhio miope dell’uomo cieco di cotanta intransigente bellezza minerale
Un diamante
di uno splendore accecante abbagliante
che può creare confusione al tuo animo
irriggidito dagli eventi della vita
che causi tu
perché tu sei il pittore
che con il tuo pennello
dipingi la tua tela
ogni giorno
ogni momento
minuto per minuto
tu e solo tu
la causa dei tuoi mali
o dei tuoi beni
perché a te
è dato scegliere
la strada da imboccare
i colori da usare
…
Il mio … un disegno astratto.
FNS
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Poesia innovativa.
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Bella! 😊
Rende bene l’idea che ognuno di noi è artefice del proprio destino.
E chi non sa dipingere – ahimè! – è spacciato. 😕
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Grazie Giuseppe Carta, leggo solo adesso che ti piace ciò che ho scritto.
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Bello il tratteggio “deciso” che si intravede in questo quadro astratto.
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Grazie x i vostri like che leggo solo adesso ☺
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Accetto il regolamento
-Lettera da Amsterdam (canzone)-
Sarà forse l’aria, sarà forse la magia
Di questa città (più a nord non sono stato mai)
La strana euforia dà l’esser così “via”
Ci penso questa sera ad Amsterdam.
Sarà anche la noia d’una sera in un hotel
Una notte insonne misurando la città
E malinconia rincorre per la via
Ci penso questa sera ad Amsterdam!
Credo nel silenzio della notte
Credo nei caselli d’autostrada
Credo nella fine del viaggio
Credo pure nella luna piena di quassù
Luna che mi osserva da una tenda per la via
Rossa la vetrina, ma non entro al Coffee Shop
Quella libertà non mi interesserà
Ci penso questa sera ad Amsterdam.
Pure io ho visto un altro mare tutto blu
Gente sui canali che serena se ne va
Strana la città, e… mille volti ha
Ci penso questa sera ad Amsterdam
Credo nel profumo delle cose
Credo nei biglietti già timbrati
Credo nei viaggi organizzati
Credo pure in fondo uno non si sposti mai
Solo m’incammino, mani in tasca e così sia
Fuori è ancora freddo, canticchiando vado via
Una canzone che adesso faccio mia
Ci penso questa sera ad Amsterdam!
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Grazie carissimo! Anche questa volta sei il primo ad aprire le danze! Ricordo a tutti gli AUTORI IN EVOLUZIONE che Massimo è un capofila storico, la tua presenza è un onore!
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Accetto il regolamento.
-Il mio Lunedì-
Per favore producete più soldi
perché stiamo fallendo per una cosa inventata.
Lavori per dei soldi che non esistono,
non sai nemmeno dove sono.
Ti fanno sopravvivere, ma sopravvivi male.
Però puoi imparare a vivere a giorni alterni, a turni
e ad essere felice a comando.
Le feste, la carta da regalo,
la Domenica prima del Lunedì tutta merda.
E continua l’omertà nei confronti della vita
e la paura dei giudizi.
Sono libera di non aver voglia di fare niente,
di non piacere.
Voglio i miei tempi, i miei vuoti.
Non sono cambiata, mi evolvo,
sono ogni alba una creatura nuova.
Avere il privilegio della tua verità.
La prima vera prigione è la scuola.
Svilente. Si diventa omologati, codardi, obbedienti ed asserviti.
Se io non voglio imparare tu non mi potrai insegnare, solo indottrinarmi.
Invece io
voglio essere ispirata,
imparare a caso dalle cose che vedo
e portare le idee nella loro giusta casa.
Imparare da un odore che mi fa sorridere,
capire quanto è potente il mio talento
e come diventare una rivoluzionaria di umanità.
Spendermi per le cose giuste che mi risuonano dentro.
No castighi, umiliazioni, punizioni e consegne.
Io parlo tu ascolti.
Insegnatemi a sentire per capire non per rispondere.
La cattedra, la lavagna, il diario e il vomito
Io ci sono rimasta male.
Il lavoro non rende liberi.
La felicità è un’ossessione.
La libertà rende liberi.
Non voglio essere intrattenuta, passare il tempo, avere compagnia.
Voglio vivere.
Solo la libertà rende liberi.
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Che bella! Un inno alla vita vera! Solo la libertà rende liberi. Ogni altro commento è superfluo! bellissima!
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Hai ragione, Alessandra, la libertà è essa stessa un diritto inalienabile di ogni essere umano!
La tua chiusa rafforzativa non è affatto di troppo, anzi.
E’ come aver messo un sigillo al rispetto di questo diritto.
Molto forte, ribelle – quasi un’invettiva.
Ma per i valori umani è sacrosanto lottare.
Bella, di grande impegno civile. 🙂
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Quante volte lo penso e quante volte mi rendo conto che chi sogna è libero anche in una vita scandita da ritmi e melodie sincopate. Bella la tua dichiarazione di volontà!
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Mi piacerebbe ascoltarla musicata!
È un bel testo, da viaggiatore nel destino, da girovago impenitente, da assaggiatore di luoghi e genti.
Me gusta mucho!! 😊
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grazie 🙂
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Leggendo questa tua opera ho rivissuto una parte del mio viaggio ad Amsterdam. Hai descritto perfettamente la città e le sensazioni che ti trasmette.
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grazie 🙂
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Mi piace tanto. Restituisce onore e calore ad Amsterdam, un paese associato alla libertà, ma relegato al ruolo di rappresentarla solo nella sua interpretazione di evasione e fuga dalla realtà. Oggi più che mai, abbiamo tanto bisogno di stare qui, presenti ai fatti, agli accadimenti, ai sentimenti, a noi stessi e agli altri. Gli unici voli pindarici che ci servono sono quelli che ci permettono di entrare in contatto con l’altro, di accettarne la diversità e la distanza spesso abissale, anche se non fisica. Eppure è proprio nel viaggiare, nell’allontanarci che a volte riusciamo a renderci conto del valore dell’essere vicini e di come in fondo al cuore ovunque siamo, restino immobili e inevitabili le cose e le persone a noi care. Lasciamo un pezzo di noi nella casa degli affetti, ovunque noi siamo!
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grazie 🙂
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