Se Santander lo legge Vittorio Sechi (Parte II)


Vittorio Sechi“gitta i tuoi vincoli,
uman pensiero,
e splendi e folgora
di fiamme cinto;
materia, inalzati:
Satana ha vinto”
D’accordo, caro Santander, la razionalità vuol dire tanto. È certamente parte considerevole del nostro vivere quotidiano. Senza di essa non potremmo mai immaginare di sopravvivere fra i marosi delle difficoltà che la Vita ha allestito sul desco dell’esistenza. Mai negletta, mai obliata, talvolta ricusata per lasciar campo a sciape invenzioni, la razionalità ci offre una visione del palcoscenico tremendamente verosimile, ma mai compiutamente vera. In sua assenza, senza il suo ausilio, saremmo ancora convinti che la terra sia piatta (per alcuni è ancor oggi è così), e le nostre ansie si moltiplicherebbero oltre misura ogni qualvolta percepissimo la sensazione di approssimarci eccessivamente al bordo. Nessuno ci ha mai spiegato che fine faremmo se dovessimo sbordare.
È davvero molto, tanto, un enorme ‘dono’, ma non è certamente tutto. Non è l’alfa e l’omega del nostro essere. Perché, caro amico, l’essere razionale non conchiude in sé l’intero individuo. Ne rappresenta sicuramente una parte sostanziale, ma pur sempre limitata. E, per esempio, poco rivela in ordine alla coscienza e l’autocoscienza, ai sobbollimenti del tuo animo quando incroci “gli occhi grandi color di foglia […] con le labbra color rugiada/gli occhi grigi come la strada/nascon fiori dove cammina.” che accendono ed eccitano il tuo sonno.
Un’Ode alla materia. Cioè a quanto di più tangibile noi possiamo incrociare fra le ascose strade del mondo. E, di contro, un ricusare quanto di invisibile, eppur cogente (tanto più della materia), conforma il nostro agire. Satana, Arimane, lo chiamava in un’ode incompiuta un altro grande del pensiero:
“Re delle cose, autor del mondo, arcana
malvagità, sommo potere e somma
intelligenza, eterno
dator de’ mali e reggitor del moto,”
è così il vessillifero della nostra capacità di leggere il mondo.
Eppure, caro amico, sai bene anche tu… noi non siamo solo ‘oggetti’ razionali, scagliati per volere del Fato entro uno spazio da ordinare. Guardiamo un quadro e la bellezza non solo con i sensi, più spesso li percepiamo senza neppure esserne consapevoli in virtù del miscelarsi del misterioso fluido che entrambi emanano con quel qualcosa che in noi tumultua e vortica, entro lo scrigno sacro dei sentimenti e delle emozioni, in quel profondo fondo da cui risale in foggia d’estasi e meraviglia. E non sono i sensi, i recettori organici e materiali, ad avvertire quel colpo sordo di stupore che eccita e sgorga in pianto o gioia. Questi, caro mio, raccolgono il messaggio, come spugne, per consegnarlo intonso o artefatto a quell’immaterialità che si condensa in noi, e su cui né Satana né Arimane hanno mai completo imperio.
Caro amico, senza questo magma ribollente, che fumiga in ansia ed inquietudine, non saremmo, noi umani, la variabile folle che nutre la cultura, non saremmo neppure la variabile indipendente che si oppone con tenacia al controllo tecnologico della ragione ed alla possibilità di prevedere con certosina scienza i moti di spirito che ci conducono sovente a valicar la frontiera del già noto e dell’usuale per introdurci sempre più all’interno dell’area dell’inaudito e della meraviglia.
Ascolta Le sacre du printemp per aver davvero plastica ragione che non fu la ragione a ragionar di note e dissonanze, bensì fu la turbolenza di un animo inquieto che impose la rottura della melodia.
Il resto ad un altro giorno

Ordina La morale di Santander QUI

 

Il caso editore1

 

La prima parte QUI

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