In “Tacciai di burattini gli uomini” la Storia viene raccontata da persone che sono esistite nei primi decenni del novecento, sicuramente i più controversi e drammatici della nostra Italia.
I personaggi la raccontano questa Grande Storia attraverso degli scambi di lettere: missive autentiche di persone che hanno veramente vissuto gli eventi sulla propria pelle.
Dalle loro parole ne emerge un tempo difficilissimo, capace di farci meditare su ciò che gli italiani si sono trovati a vivere ed a scegliere in quei drammatici momenti e soprattutto capace di donarci la consapevolezza di ciò che dovremmo riuscire a non far accadere mai più. Gli scritti iniziano nel 1916, ovvero nel bel mezzo della prima guerra mondiale.
A scambiarsi i propri racconti in questo primo periodo del libro non sono né soldati al fronte né politici famosi bensì due adolescenti, due ragazze obbligate a vivere loro malgrado in un periodo davvero oscuro. Pur non essendo costrette ad imbracciare le baionette in trincea, si trovano immerse queste ragazze in un mondo fatto di lutti, epidemie, scarsità di cibo, tessere per il pane.
Un’ Italia povera ed affamata dove i guadagni della nazione vengono incanalati solo ed esclusivamente sull’esercito e sulle armi. Nel nostro paese l’ignoranza regnava allora sovrana ed il governo, grazie ai mass media del tempo, ovvero cinematografo, teatro e giornali, aveva vita facile nel far credere alla gente la necessità del conflitto e delle quotidiane carneficine al fronte.
La fame e la povertà, protrattesi per lungo tempo nel dopoguerra, portarono all’ascesa di Mussolini e del fascismo. E su questo tumultuoso periodo storico e politico d’Italia nelle lettere si può leggere quale fosse il pensiero di molte persone, quali fossero davvero le idee di quegli italiani del tempo che in gran numero aderirono al fascio nella speranza di riscattarsi dalla miseria e dalle lotte civili che divampavano ovunque terribilmente nella penisola.
Scorrendo le pagine si arriva inevitabilmente alla Seconda Guerra Mondiale, vissuta con il continuo terrore per gli allarmi, con le lettere sverginate e spiate dalla censura e con l’ancora più evidente apologia della guerra. Un periodo folle e disumano a cui i cittadini della nostra nazione assistevano inermi ed impauriti. Le lettere non delineano però solo la storia d’Italia ma anche una storia privata. Se nella prima parte del libro le vicende si svolgono per gran parte nelle Marche ed a Firenze, nella seconda parte i legami familiari dei protagonisti ci portano anche in Sardegna e più precisamente nella parte più arcaica e difficile della regione: il nuorese.
La Sardegna degli anni Venti e Trenta non era certo l’isola che conosciamo oggi. Si trovava in uno stato pauroso di arretratezza economica e nel nuorese in particolare imperversavano ancora il banditismo e le disamistades, ovvero le faide familiari che si nutrivano solo di odi e vendette. Gli stessi odi e le stesse vendette che l’uomo riversa sull’uomo sia nel piccolo che nel grande, sia nella sfera privata che in quella nazionale o planetaria.
La guerra nasce sempre, piccola o grande che sia, da questi sentimenti malati, dall’incapacità di considerare l’altro un fratello o ancor meglio una parte di se stessi. E’ da questa incapacità di raggiungere l’amore che nasce l’odio per il diverso, la rivalità tra cittadini di stati differenti, tra connazionali nati lontani, addirittura tra uomo e donna, in un tempo quello dei primi del novecento dove chi apparteneva al gentil sesso era considerato un essere inferiore rispetto alla presunta superiorità maschile. E così anche nella nostra storia, alla tragedia nazionale si aggiunge la tragedia privata. Tragedia che non si trasformerà in una disamistade, in una faida protratta nel tempo, solo grazie a chi non è voluto scendere a patti con la vendetta, con il rancore od il risentimento. Si capisce allora come i valori umani fatti di fratellanza, affinità e rispetto siano l’arma più temuta da chi vuole tenerci ancora appigliati all’intolleranza ed al dolore, un’arma efficacissima che ognuno di noi può scagliare contro qualsiasi violenza perché capace di sedare ogni contrasto, ogni guerra.
È solo infatti nell’accettazione reciproca, nel dialogo e nell’amore che risiede la grandezza e soprattutto la forza dell’umanità. Spetta ad ognuno di noi la responsabilità di sceglierli.
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