Contest letterario gratuito di prosa e poesia “Aspettando Santander”


contest-aspettando-santander
“Quadrura” realizzata da Gabriele Loi

Il Contest letterario gratuito  di prosa e poesia 

Aspettando Santander”

è promosso dall’Associazione culturale “Merisindomue dal centro culturale “Nai”

per esortare Giuseppe Carta a:

  1. Terminare di scrivere “La morale di Santander”
  2. Decidere se il demone Santander gradisca una casa editrice o voglia essere indipendente.
  3. …insomma, pubblicare il suo primo “NON ROMANZO” dal titolo “La morale di Santander”
  4. (e non ultimo) Far emergere le Opere letterarie di coloro che sanno di dover dire la propria. 

REGOLAMENTO:

Il tema è libero per entrambe le sezioni,

ma sarà particolarmente gradita l’opera di chi, in compassione con l’Universo, sa che credendo nella propria semplicità e follia, riuscirà ad emergere dal paludoso niente contemporaneo. Sarà inoltre gradita l’attenzione di coloro che non si arrendono alla realtà e sanno che la si può influenzare e dirigere. 

Chi è l’artista, se non colui che uscendo dagli schemi, ci rientra dalla porta d’onore?

https://www.youtube.com/watch?v=EHpzJhi47eI&feature=youtu.be

Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni ed è un Contest gratuito.

2. Articolato in 2 sezioni:  

A. Short Story in massimo 330 parole

B. Poesia (massimo 60 versi)

3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo di scrivere la short story in un documento word e cliccare in alto Revisione, e Conteggio parole in alto a sinistra.

Per la sezione B si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite. Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email ma nel modo sopra indicato all’inizio del punto 3. Ogni concorrente può partecipare in entrambe le sezioni e con una sola opera per sezione.

Spiegazioni dettagliate qui: Come si partecipa al Contest

4. Premio: N° 1 copia del “NON ROMANZO” –La morale di Santander– di prossima pubblicazione e N°1 copia dell’antologia di Opere che parteciperanno a questo Contest (vedere punto 11)

Sarà premiato il primo classificato della sezione A, ed il primo classificato della sezione B.

5. La scadenza per l’invio delle opere, è fissata per il 14 Novembre 2016 a mezzanotte

6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. L’implacabile giuria è composta dai vincitori dei contest letterari di giuseppe carta:

Giusy Carofiglio (Poetessa) – Isabel Maite: (Poetessa) 

Massimo Baggiani  (Poeta)- Simone Colonna (Poeta)-

e da Claudia Cogoni: (Lirica Dottoressa)

7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.

8. Si esortano i concorrenti ad un invio sollecito, senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.

9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione nel profilo facebook:  La morale di Santander

10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti alla Gara Letteraria; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.

11. Alla fine del Contest è prevista un ANTOLOGIA dal titolo Aspettando Santander

Tutte le opere pervenute, che a Nostro insindacabile giudizio dovessero risultare meritevoli di pubblicazione, verranno inserite nell’Antologia Aspettando Santander”, che sarà pubblicata da una casa editrice che opera a livello mondiale. 

Per partecipare al Contest geltOUb senza partecipare all’antologia, è obbligatorio darne comunicazione entro la scadenza del contest, fissata per il 14 Novembre.

12. Diritti d’autore

Per il fatto stesso di partecipare al concorso, gli autori concedono il diritto non esclusivo di pubblicazione all’interno dell’antologia, senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore. 

13. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.

Si ringrazia  OUBLIETTE MAGAZINE  per il supporto organizzativo!                    

  BUONA PARTECIPAZIONE E BUONA LETTURA DELLE OPERE PARTECIPANTI !

127 commenti

  1. “Ne abbiamo trovato un altro”
    Riprese un attimo fiato e con una smorfia di fatica girò su se stesso e di rimise a correre nella direzione da cui era arrivato.
    Dopo qualche decina di metri si fermò e mi guardò spazientito,
    “Andiamo?”

    “ Ne esiste un altro! Allora è vero!! forse c’è una speranza!!”
    Non riuscivo a pensare ad altro mentre andavamo sul luogo del ritrovamento.

    Il ragazzo si fermò e mi indicò un punto in alto a nord ovest.
    “È li , dietro quelle rocce, in mezzo al lentischio. Io proseguo di qua vado a chiamare gli operai”
    E senza dire altro se ne andò correndo.

    Mi arrampicai a fatica, ormai era faticoso qualsiasi movimento, anche i più semplici .

    La trovai proprio nel punti esatto che mi aveva indicato.
    Era difficile da riconoscere, non rimaneva praticamente più nulla di quella che doveva essere una tomba dei giganti.
    Cercai quello che doveva essere l’ingresso, lo trovai, nonostante la stele fosse completamente sbriciolata,tutti questi enormi monumenti avevano resistito più di diecimila anni intatti e neanche 10 minuti alla crudeltà delle prove di guerra dell’esercito panoccidentale.

    Scavai attorno all’ingresso, con il fiato corto e gli occhi annebbiati, rischiavo di svenire e non potevo permettermelo, presi dalla borsa una bomboletta di ossigeno feci tre lunghi respiri e ricominciai a scavare.

    Lo trovai intatto, la terra fortunatamente lo aveva preservato dalle bombe, li alla base di quello che doveva essere il batile, era proprio lui, lo stranissimo innesco a chiave di un gigantesco marchingeno meccanico ad ingranaggi,
    Un gigantesco Antikitera.
    Scoprimmo e confermammo che la Sardegna era la misteriosa terra “scomparsa” di Atlantide,
    Ma non solo, scoprimmo che i suoi famosi anelli, quelli che portavano al suo palazzo, erano in realtà delle enormi celle elettrolitiche che girando producevano continuamente elettricità che serviva per liberare ossidrogeno dal mare, un gas che gli atlantidei utilizzavano per illuminare e scaldare paesi e città, ed alimentare le leve degli straordinari remi meccanici delle navi che utillizzavano pèr il commercio e la guerra.
    I nuraghi, gli enormi camini a torre in cui veniva bruciato questo gas illuminavano a giorno la notte dei sardi e fecero risplendere in tutto il mondo conosciuto la loro grandezza .
    Il congegno era attivato dal peso di enormi statue di pietra posizionate a guardia delle tombe dei loro avi.
    Quando arrivarono i Romani non c’era più traccia dell’antico popolo di Atlantide ma ancora i nuraghi della Sardegna risplendevano del fuoco perpetuo regalato da quel inesauribile gas e non riuscendo a carpirne il segreto e per timore di perdere i profitti dell’olio che loro commerciavano in tutto il mediterraneo come combustibile tolsero tutti i giganti di pietra e li seppellirono in modo da fermare il congegno una volta per tutte e cancellarne definitivamente il suo ricordo.

    Riattivare quel congegno era la nostra unica speranza di salvare l’umanità.
    Le guerre e la produzione industriale avevano definitivamente compromesso l’equilibrio naturale del pianeta e ormai l’anidride carbonica superava l’ossigeno nell’atmosfera.
    I pochi polmoni verdi ancora esistenti non erano sufficienti , la più grande estinzione di massa dopo quella del giurassico era inevitabilmente iniziata.
    Solo quell’antico marchingegno poteva permetterci, producendo quel gas, di accedere all’unica riserva di ossigeno ancora non utilzzata… il mare e l’oceano.
    Arrivarono gli operai trasportando uno dei giganti di pietra ritrovati a monti prama lo posizionammo sull’innesco, poi un tonfo sordo un leggero rumore d’acqua….
    “funziona ancora!!!, ne mancano solo altri quattro!!”

    Chiuse il libro disgustato.

    “Ma ta Gazzu,,” “mi deppu arregorai di dirgli di non regalarmi più queste cagate di libri di fantascienza”
    Prese il libro e lo scaravento al lato passeggero, aumento l’aria condizionata, ingranò la prima e con due poderose sgasate, che annerirono il cielo per un secondo, fece i soliti cinque metri prima di fermarsi nuovamente dietro la chilometrica coda che affrontava ogni domenica per recarsi al Poetto.
    Accese la radio e sbuffò
    “ oggi apriamo il notiziario con un sorprendente allarme lanciato dagli scienziati, superate le quattrocentomila unita per milione di anidride carbonica nell’atmosfera…..”

    (Sezione a- accetto il regolamento)

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  2. DIVINA INVASIONE

    Entrato nella storia a portare verità
    un dio che si fa carne non s’era visto mai
    Un dio che si sacrifica a sé stesso
    un fatto come questo non era mai successo
    Venuto per salvare e non per giudicare
    è nato sotto l’epoca imperiale
    per rompere il dominio di un angelo caduto
    in capo al nuovo ordine mondiale

    Torna, torna in mezzo a noi
    solo un’apparizione e li conquisterai
    Torna, torna, scendi qui fra noi
    apri le menti alla tua verità
    e la grande prostituta non ci confonderà

    Lo mischiano coi santi, coi saggi e coi maestri
    ma sono tutti morti e venerano i resti
    Come se non bastasse gli affiancano una madre
    Regina Cieli o Terra, compete con il padre
    Falsi profeti, attori, filantropi massoni
    filosofi e santoni, moderni guaritori
    intenti a interpretare in chiave intellettuale
    il Verbo di quel Cristo che non è più attuale

    Torna, torna in mezzo a noi
    Da quando t’ho incontrato il regno tuo è arrivato
    Torna, torna, ogni occhio ti vedrà
    tu sei l’alfa e l’omega
    colui che è, che era e che verrà

    La scena è quasi pronta, plasmate le coscienze
    controllo planetario di esistenze
    Falsa democrazia tinta di ecologia
    le basi della nuova economia-idolatria
    È un’etica mondiale che fa contenti tutti
    giustizia, pace, amore universali
    uniti nell’orgoglio del nostro essere umani
    ma tanto senza Dio ci resta solo un “io”

    Vieni, vieni, “chi ha sete venga a me”
    questa è la tua parola
    “chi vuole prenda in dono dell’acqua della vita”
    Vengo, vengo incontro a te
    il tempo ormai è vicino
    questo è il consiglio mio:
    se puoi, adora Dio

    (Sezione B – accetto il regolamento)

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  3. IL GIOCO

    Nel cercar l’innamorato s’invaghì d’un rettiliano. Quel vampiro a sangue freddo succhia il suo calore umano, non la ama, non la vede, accecato dalla sete. Finché l’autolesionista corre da una terapista, onde prendere coscienza della folle dipendenza. Ma a cotanta cognizione non fa seguito l’azione, schiava d’un bisogno antico che nessuno ha mai riempito. Passa il tempo a meditare, cresce la sua consapevolezza, ma il vampiro è sempre lì, e il copione non si spezza. Finché un giorno incontra il padre, quello vero, spirituale, che d’amore la riempie fino a su, sopra le tempie. Sente un fuoco che divampa, cade a terra e quando s’alza non c’è più quel vuoto in pancia. S’è spezzato il fatal giogo, e il suo cuore liberato riconosce in un sol quadro che la vera guarigione è oltre ogni sforzo umano: solo Dio rovescia il gioco, con un gran colpo di mano.

    (Sezione A – accetto il regolamento)

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  4. RIGETTO

    Rigetto la donna dentro allo specchio
    Rigetto il corpo che mi sta stretto
    Rigetto la madre triste ed esigente
    Rigetto la figlia dentro di me
    Rigetto i miei ricordi di bambina
    Rigetto chi non si è preso cura di me
    Rigetto il padre che non mi vedeva
    Rigetto l’uomo che non mi riconosceva
    Rigetto le carezze invadenti
    Rigetto le parole e i gesti compiacenti!

    Specchio, specchio delle mie brame
    chi è la più buona del reame?
    Vecchio specchio delle mie trame
    chi è la più brava agli occhi del padre?
    Tutta la vita per farmi accettare
    ma questa volta no, non mi voglio adattare
    E come posso imparare ad amare?
    ho il cuore pieno di radici amare

    Rigetto il fratello sempre bravo e perfetto
    Rigetto l’amica che mi ruba ogni affetto
    Rigetto l’abbraccio che mi stringe troppo
    Rigetto le lacrime di un cuore rotto
    Rigetto la gioia di un amore sano
    Rigetto l’intimità che sfiora il sacro
    Rigetto un amore dipendente
    Rigetto il triste ruolo dell’amante
    Rigetto il senso dell’appartenenza
    Rigetto ogni forma di speranza

    Rigetto la fiaba della principessa
    Rigetto il ruolo della soldatessa
    Rigetto la parte della sottomessa
    Rigetto i panni della vampiressa
    Rigetto la mia vita funesta
    Rigetto il mito della salvezza
    Rigetto la mia stirpe depressa
    Rigetto l’emozione inespressa
    Rigetto la mia rabbia repressa
    Rigetto… me stessa!

    (Sezione B – accetto il regolamento)

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  5. “SOVRANITA’ SOTTO UE”

    Qui c’è un capo e m’assicura,
    sarò capo del mio capo,
    con funzioni che però,
    a me non saran più in capo,
    capeggiando capoversi,
    che vagliati da un gran capo,
    carezzandomi sul capo,
    mi dirà di far daccapo,
    con dei modi da non capo,
    per celar che lui è il gran capo,
    e se ti è sfuggito un capo,
    puoi rileggere daccapo.

    Paolo Ongaro –

    Accetto il regolamento Sezione B

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  6. ROSELLA LUBRANO

    SEZIONE B

    ” SILENZI DELL’ ANIMA ”

    Ho attraversato le inquietudini
    del mio tempo
    nei deserti di sale
    dell’ anima,
    ho raccolto gocce di solitudine
    nel perenne fluire
    dell’ esistenza.
    Ho viaggiato controvento
    su vele squarciate dall’ incomprensione,
    ho costruito piramidi di illusioni
    sull’ asfalto del mio cuore.

    A volte è difficile non morire !

    Ho camminato ,
    come un vaso di coccio
    tra i meandri dell’ indifferenza
    in uno scafandro d’ argilla ,
    ho abitato una terra sterile,
    scavando a mani nude
    per trovare l’ essenza del mio io.
    E ora sono qui,
    debole statua di cera ,
    il vento spettina i miei pensieri,
    i miei ideali, il mio tutto,
    la pioggia schiaffeggia
    le mie delusioni,
    ormai il freddo mi brucia dentro
    sotto un cielo silente,
    io, avvizzito,
    calpestato,
    deriso,
    schiavo del nulla.

    Accetto il regolamento

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  7. -L’ arte è finita ?-

    Ormai cieco,
    ” esco dall’arte “,
    rientradovi da
    ” altra sede col ”
    tatto, l’udito e l’olfatto.

    (I 5 versi liberi, contengono l’anagramma di: ” esco dall’arte ” = ” altra sede col ” )
    Accetto il regolamento Sezione A

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  8. Sogno

    Ho un sogno.
    Sospeso, impalpabile,
    profumato.
    Un sogno di libertà .
    Di voglia di semplice.
    Fatto di carezze e nuvole.
    Di pensieri che volano
    come coriandoli.
    Di un isola colorata,
    colma di cioccolato e sorrisi.
    Vestito di trasparenza,
    mare,
    di piedi nudi sulla sabbia.
    Fatto di albe e tramonti
    d’assaggiare .
    Fatto di tempo che batte,
    che appartiene.

    Ho un sogno,
    che mi vive parallelo ,
    mi galoppa affianco.
    In lui approdo,m’agito,
    mi emoziono.
    In lui rinasco ogni giorno
    e non m’arrendo.

    Ho sete, ne bevo.

    E la ti custodisco.
    Come rosa blanca ,
    che nella natural
    mutevolezza ,
    dónde todo cambia,
    di rosso tinge la passione.
    La vivi e gioisci
    vestito di bellezza
    guidato da sospiri
    di chi fu, ed è,
    nella battaglia comune,
    fuoco vivo e fermezza.

    Non scendere,
    non qua giù.
    Non in questo orrore!
    Morti viventi ,
    lacrime,
    Incuria
    non t’appartengono!
    Vogliono ucciderti!

    Brilla. Resisti.

    Voglio un sogno
    di Rosse Stelle.

    (Silvana Sale )

    Sezione B.-Accetto il Regolamento

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  9. La morte di dio

    Io sto danzando
    sulla morte di dio
    sulle sette solitudini
    sulla dissoluzione metafisica
    è la mia volontà
    di potenza.

    Dio è morto
    liturgia e onnipotenza
    Dio è morto
    surrogato dalle masse
    con il rito vendicativo
    della materia e del simbolo.

    L’inquieto spazio d’ombra
    dove tutto è lotta
    è il sottosuolo della storia
    Superficie abisso e culto
    separazione tra nulla
    e senso.

    Illusioni pomeridiane
    frammento di verità
    Maschera tragica
    della ragione eletta,
    limite del divino,
    mai più l’ortodossia avrà
    il mio spirito libero.

    Il frutto proibito
    annuncia
    l’ambiguità complessa
    della menzogna,
    noi abitanti del dubbio
    non abbiamo più
    bisogno di un dio
    che giudica.

    Apostoli di noia sulla natura
    l’uomo nel suo ritratto, non vive
    di verità e di dogmi
    ma di un divenire tutto umano.
    Tu condannami, dio
    io che sono stato
    capace del tuo
    tramonto
    io blasfemo, caduco
    io visionario d’infinto.

    Accetto il regolamento Sezione B

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  10. STRADE

    L’asfalto è caldo
    e l’odore del catrame riempie le mie narici,
    la mia pelle trasuda calore,
    nell’aria non c’è l’odore della pioggia,
    che arriva a rinfrescare questo cuore.
    Quanti passi hanno fatto i miei piedi,
    per rincorrere la vita di giorni tutti uguali.
    Non posso fermarmi ad ascoltare il tempo,
    esso non aspetta,
    divora le mie aspettative, non mi vuole parlare,
    brucia le emozioni nate all’ombra dei cipressi,
    che conducono ai cimiteri degli attimi perduti.
    Il sole scalda, l’asfalto scotta sotto queste mie scarpe,
    fatte di suole consumate e piene di passi.
    Così sono obbligato a camminare su questa strada,
    per non morire ai bordi della vita,
    mascherata a volte con delle bugie,
    come un cammello che attraversa
    le autostrade dei deserti,
    per cercare un’oasi che non c’è,
    su di una strada senza tempo,
    che non abbia l’odore del catrame.

    Accetto il regolamento sezione B

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  11. GRIGATO MICHELE
    “Il luogo che non c’è”

    C’è un luogo in ogni dove
    Ne sono sicuro
    Un luogo ove ancora
    Il ricordo non è raccontato
    Dagli sguardi distratti dei parlanti

    Un luogo sereno
    Senza lacrime da versare
    Senza ciotole invecchiate
    Trascurate da passanti assenti

    Un luogo colmo di monete dorate
    E sorrisi donati
    Un luogo di pace ove riposare
    Questo mio vagare stanco
    Tra le rime squattrinate
    Di una guerra d’emozioni abbandonate

    Un luogo silenzioso
    Dipinto dalle tue mani materne
    Dalle tue carezze paterne
    Quelle più ingombranti
    Un luogo senza tempo e cicatrici

    Ci deve essere un luogo nuovo
    Ove correre a piedi nudi
    Ed occhi bendati
    Senza aver paura di volare

    È il luogo che non c’è
    Quello che cerco
    Quando sfregio d’inchiostro
    Il mio presente

    (Sez. B – Accetto il regolamento)

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  12. Sono Anna Campo e vorrei partecipare al contest, sez A- Accetto il regolamento. Ecco la storia:

    C’era una volta…
    Un gattino che doveva attraversare la strada.
    Era molto piccolo e quella era la sua prima passeggiata da solo.
    La sua mamma trepidava dall’altra parte del marciapiede, in ansia per la sorte del suo piccolino.
    Ma, del resto, anche lei sapeva bene che non sarebbe mai riuscita ad insegnargli ad essere indipendente se non iniziava a cavarsela da solo anche in quelle cose.
    Così lui, il micetto, era li, con una zampina sul marciapiede e una sulle strisce, spaventatissimo.
    Quando la gente si riversava sulla strada lui provava ad infilarsi ma aveva una paura folle delle scarpe delle persone che erano due volte lui e sembrava volessero calpestarlo.
    Allora faceva dietro-front immediatamente.
    Del resto, quando le persone si fermavano, iniziavano a sfrecciare le macchine.
    Velocissime.
    E questo lo terrorizzava ancora di più.
    Restò li per un po’, miagolando disperato,fino a quando due piccole mani lo raccolsero.
    Si trovò davanti a due occhi verdi che lo guardavano, estasiati.
    Era una bambina che doveva attraversare la strada per andare a scuola, come ogni mattina.
    Se lo strinse al cuore e, insieme , andarono al di là di quei pochi metri di asfalto così pericolosi.
    Quando, alla sera, la mamma lo stava lavando e lui si godeva le sue coccole, estasiato, gli disse quello che aveva imparato durante la giornata:
    << Quando non riesci a farcela con le tue forze… chiedi aiuto.
    C’è sempre qualcuno più grande di te che può prenderti in braccio>>.
    C’è sempre qualcuno più grande di noi che può prenderci in braccio.

    E’ difficile chiedere aiuto, il più delle volte è difficile vedere l’aiuto che sta arrivando.
    Ma se mettiamo da parte l’egoismo che ci porta a pensare di non aver bisogno di nessuno, troviamo la mano tesa per noi.
    Non diventiamo anche noi come quelle persone che, indifferenti al micetto, rischiavano di calpestarlo.
    Apriamo i nostri occhi e siamo noi stessi le piccole mani che prendono in braccio.

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  13. IRIS VIGNOLA

    NELLA SEMPLICE ABITUDINE D’ESSER… DONNA…NATA ALLORA

    Scusa sai, se m’arrampico su specchi,
    nel pensiero, epicentro di quei sogni ad occhi aperti,
    o m’inerpico in un mondo solo mio, dove sgorga fantasia,
    dove rievocar quel senso che s’assembla al mio desio,
    in cui vige l’armonia, che s’ammanta d’autostima per me stessa
    e rispetto verso gli altri, che sian peccatori o Santi.
    Scusa tanto, se mi levo prim’ancor che nasca il sole,
    assetata della luce dell’aurora,
    se mi lascio coccolare dalle braccia di Morfeo,
    solo nel chiaror di luna, che m’osserva, nell’attesa che io dorma
    e, nel sonno, cerchi il faro che m’illumini il percorso,
    navigando poi in quel mare dell’ignoto che m’appare, all’imbrunire.
    Chiedo venia se tradisco lo sconforto che m’avvolge,
    con la speme ch’accompagna il mio domani,
    se i miei passi si rifiutan d’approdar’al sentiero delle spine,
    lacerando ancor le carni, nel riaprire cicatrici di ferite,
    anelando ad un viottolo sterrato, ma sicuro, circondato sol di fiori,
    atti a profumar quest’esistenza che s’accorcia e allor pretende
    che incertezze sian dissolte dal suo tempo ch’ancor resta,
    che lo spreco non l’intacchi, apportando il suo degrado,
    dando agio a falsità di certe menti, che, d’affanni, sono prede deliranti,
    bieche vittime d’invidia, senza pace, sol cercanti di colpire
    chi ricerca il suo valore ed ha stima di se stessa.
    Quel perdono, chiedo adesso, se rimango quel che sono,
    dell’ingenuità ch’ho dentro, che rifletto in ogni altro, ingenuamente,
    nel pensar che ognun si’al pari mio ed il male sia reietto da ogni cuore.
    Se nel mio, c’è solo amore e dall’odio, m’allontani,
    non scendendo a compromessi in contrasto col mio io,
    se m’infiammi per un bacio e mi perda in un abbraccio
    e perfetta, non mi senta, ma volubile e guerriera,
    poi, talvolta, non ascolti la pazienza che mi parla, ma impulsiva
    io agisca, con veemenza, nel cercare la giustizia, pur errando,
    nel guardar solo da un lato e non dall’altro.
    Chino il capo, tal perdono sto anelando, dal mio spirito divino,
    che mi possa incentivar nel mio cammino,
    precedendomi com’ombra fa, col sole,
    che d’orgoglio si pervada e di saggezza, nel capire
    questo stato di creatura,
    di materia anche forgiata, nella semplice abitudine
    d’esser …donna…nata allora.
    Sezione A Accetto il regolamento

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  14. Diciamolo.

    È la fottitura più grande dell’ Universo,

    la meno femminista,

    innamorarsi senza nessun motivo.

    E di nulla.

    Una congettura.

    Un pregiudizio.

    E la dialettica non aiuta, mai.

    E il cuore è gustoso lardo fuso
    in pasto ai poeti.

    Quei cani.

    -Sezione B- Accetto il regolamento

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    • IRIS VIGNOLA

      DESIDERI

      Nascondeva lacrime innocenti, tra radicate infamie,
      mostrando denti bianchi, in sorrisi smaglianti ed ammiccanti.
      Pertugi, nella mente, circuivano pensieri,
      simulando desideri, luccicanti come stelle,
      ancorate a quel suo cosmo irriverente,
      prigioniero d’ombra d’un disdicevole degrado
      del suo alter ego, di quella che faceva e non pensava niente.
      Di colei che rifiutava e viceversa, la sua parte di coscienza,
      che tesseva, ricamava, rifiniva una vita alternativa,
      rammendando solitudine e squallore, in vuoti enormi,
      con l’ago di pazienza ed il filo di speranza.
      Desideri impertinenti, timorosi di svanire, essa cullava,
      fra lenzuola spiegazzate, che grondavano sudore,
      corpi ignudi, misti a umori e ad odori, in rapporti sempre uguali.
      Mille amanti frettolosi, mille volti sconosciuti,
      non colmavano il ricordo di quell’ora ch’hanno avuto,
      nel lasciar la propria impronta, poi dissolta, in un minuto,
      sopra il letto saturato del veleno del peccato,
      fomentato dal martirio d’un orgasmo esasperato.
      Desideri irrefrenabili e impetuosi,
      affrancatisi da pene del suo viver licenzioso,
      sconfinando e rinnegando ogni traccia di serpente
      che, strisciante, rifugiava nella tana bistrattata
      e infecondata, dall’amore ripudiato e crocifisso.
      Desideri ch’hanno vinto,
      nello smetter di giacere fra le braccia di nessuno
      e nel cogliere il volere, quel recondito, sol uno,
      quel dettato dalla voglia di riscatto del suo ego,
      nel riflesso d’esistenza, intrappolato, in quel laido passato.

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  15. Il volto del mio cuore –
    La notte sta scendendo silenziosa
    ovattando suoni e rumori dentro e fuori.
    Rivedo un volto, non riesco più a riconoscerlo.
    Razionalizzo,
    cerco di spiegare ed allontanare
    tutto questo dolore dell’anima
    che mi si è rovesciato addosso
    senza un motivo.
    Mi sento segare l’anima in mille pezzi,
    sono stanca di farmi domande
    a cui non riesco a dare una risposta,
    ho paura e so che non posso cercare nessun aiuto.
    All’improvviso
    un profumo di rose
    una corda di un violino
    una nota lontana vibra
    spalancando la finestra chiusa.
    La nebbia si è diradata
    la paura è scomparsa
    un suono rischiara come un lampo,
    esplode come un tuono
    Sei tu, cuore mio, che sei ritornato a VIVERE.

    Sezione B Accetto il regolamento

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  16. Il ritorno del cavaliere

    Il capolettera è grande un pollice e l’inchiostro usato è color ocra.
    Un messaggio sfumato su carta vecchia, pregiata, di magazzino abbandonato.
    Sono stanco.
    Ho avuto molti cavalli, morti di fatica o trafitti da una lancia, ho rotto spade e ho percorso valli colme di corpi che non resusciteranno.
    Sono stanco.
    Non capisco la miseria. La miseria dentro.
    Non ricordo più, dieci anni di guerra cancellano tutto, il bene ed il male.
    Ritrovo un mondo piccolo, inadeguato rispetto al puro, perfetto silenzio che porta morte e poi vita e poi ancora…
    Mio padre morì qualche anno fa ma nessun messaggero giunse ad avvertirmi.
    Dissero che il mio sangue aveva già macchiato la candida neve di una terra maledetta, coperta da nere foreste fumanti, la mia lapide fu eretta frettolosamente nella nebbia.
    Ora i vili osservano di sottecchi i miei occhi per scrutare sete di vendetta, parlano con la schiena curva e giurano devozione… Tutto è come prima, tutto si sistema, sussurrano con voce servile e dietro le colonne si scambiano sguardi d’intesa.
    L’inchiostro è color ocra come la sabbia che ricopre le antiche tombe nel deserto, come la terra dei fossati intorno ai castelli sulle colline ai confini d’oriente, ocra come gli occhi trasparenti di una prostituta in quella calda stalla di Gerusalemme.
    Le parole sbiadite, scritte da mano codarda, insinuano che mio padre è stato assassinato e che, se voglio conoscere l’autore per vendicarmi, dovrò cercare un piccolo scrigno ricoperto di velluto verde, nascosto dietro una pietra smossa della parete nord della stanza in cima alla torre.
    Sorrido per il gioco ingenuo e mi vesto con il vestito rosso da cerimonia.
    Mentre salgo la ripida scala della torre mi sento sereno, come non mi capitava da molti anni. Giunto all’ultima stanza in cima, apro la piccola finestra e guardo il cielo. Trovo la pietra e lo scrigno verde.
    Solo per un attimo vedo gli occhi gialli del serpente che chiude il sipario sulla mia commedia.

    Sezione A Accetto il Regolamento

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  17. Straniero

    E vado..
    con la mia valigia di cartone..
    il viso deciso e duro..
    le gambe e le spalle forti..
    credendo di essere intero…
    mi adatterò al mondo nuovo..
    e lì..
    non il braccio con le mie abilità sarà richiesto..
    solo quello che porta pesi…
    per accorgermi un giorno….
    che più nessuno ha potuto vedere..
    e sapere..
    chi ero..
    e chi sono..
    e allora si alzerà il mio urlo roco e ingoiato…
    e solo se Dio mi conosce…
    sarò esistito.

    Sezione B Accetto il regolamento.

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  18. Nostra Signora degli uomini

    Nostra Signora
    degli uomini,
    santa e profana,
    sovrana dei mari,
    dei cieli
    e delle terre:
    a Te or ora
    leviamo in alto
    il nostro canto
    disadorno
    di speranza consapevole
    e devozione.

    Tu che consoli
    gli afflitti
    e sorreggi gli audaci
    e ispiri i giusti;
    Tu che ci proteggi
    silente
    e sanguini
    affianco a noi,
    sempre
    e da sempre.

    O Madre pietosa,
    medesima sostanza,
    carne nella carne
    spirito nello spirito,
    illuminaci
    di grazia,
    potenza
    e giustizia
    sino alla Notte dei popoli
    che verrà.

    Un ultimo inchino
    mentre eretta
    t’inabissi,
    a poco a poco,
    bagnata di luce,
    ardente d’amore,
    gravida di conoscenza.
    Fra le acque
    di cera viva
    sul tuo guscio
    di bianco latte.

    Sergio Messere
    Sezione B – accetto il regolamento.

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  19. IL LIBRO

    Sai quel libro?
    Quello che dimenticai apposta sul comodino e che apposta non lessi?
    L’ho ritrovato oggi dentro a un cassetto, uno dei tanti vuoti, nella camera da letto.
    Dapprima l’ho guardato senza riconoscerlo poi mi ha parlato il titolo, lettera per lettera ho mosso le labbra come un bimbo piccolo che impara a leggere.
    Ho faticato a unire le parole, mi hanno colta così di sorpresa.
    Sai? Non l’ho aperto, l’ho solo preso in braccio e non ne ho sentito il battito.
    Credo fosse morto, proprio come te che ho seppellito insieme alle ultime bugie.
    Per la verità, non è ancora tempo.

    Sezione A-Accetto il regolamento

    Maria Teresa Dotti

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  20. L’OMBRA

    Ho provato a fermarti
    mandando avanti la mia ombra.
    Tu hai aperto la porta
    e lei disperatamente è uscita
    senza dirti una parola.
    Così mi sono guardata morire
    dentro l’alone di un lampione,
    mentre mi calpesti il cuore
    voltandomi le spalle.

    Sezione B-Accetto il recolamento
    Maria Teresa Dotti

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  21. -Belle difficoltà-

    Niente si muove
    mi sembra immobile
    tutto il mio mondo

    Corre veloce
    passa molto vicino
    ma non lo colgo

    Provo paura
    mi sento impotente
    ma io non scappo

    Ritorna da me
    lo sento attirato
    ma non è lui

    Chiedo ascolto
    e mi viene concesso
    da te che senti

    Voglio danzare
    prendendoti la mano
    un ballo solo

    Lungo la via
    che non ha mai fine
    senza respiro

    Dubbio via
    la luce è accesa
    io non sognavo

    Sveglio di botto
    mi è passato il sonno
    è la realtà

    Fingo stupore
    e vecchie novità
    mi rinnovano

    Sezione B – Accetto il regolamento

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  22. -Patetic novel-
    Vorrei dirti una cosa
    quando ti percepisco
    non sono più io
    faccio sempre le mie cose
    ma quando ti penso le faccio di più
    quando ti vedo mi vengono meglio
    se ti sfioro mi nasce un’idea
    il tuo profumo la perfeziona
    mangiare diventa vita
    e quando ti sento ridere
    sono di nuovo io

    Accetto il regolamento- Sezione A

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  23. Ascolta poco poco…
    Ascolta poco poco
    Soffia il maestrale forte

    Ascolta poco poco
    Il fischio del treno lento

    Ascolta poco poco
    Il politico che come il treno lento và
    Ascoltalo poco poco
    ma poco ma poco

    Sezione B – Accetto il regolamento

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  24. -Quaggiù-
    Vorresti bussare alla porta e restare
    per poter campare laddove va a male
    e il volume si fonde con l’artificiale
    e il resto non cambia, si ha la stessa morale

    E’ una fuga programmata: la sfida a chi sale
    tra musiche inquinate da averne un quintale
    non cambi l’annata, non cambia il finale
    se il tempo non decide e tu stai fermo a guardare

    Usare il buon senso per scrivere un testo
    fan pro di se stesso a trovare un successo
    ma è sempre lo stesso a decidere il nesso
    poi niente di nuovo, qua è lo stesso regresso

    Lo stesso sistema ha firmato per questo
    e adesso che hai perso, il contesto è diverso
    ora che la colpa la dai a chi non è emerso
    qua giù si respira un aria strana e accade sempre più spesso

    Rit.

    Su Le bestie sono ferme
    il problema è quaggiù in mezzo a questo gregge
    Ti vedo lassu provi a dettare legge
    vorresti fare un fuoco senza manco aver le schegge (Ti trovo là)

    Vorresti fare un fuoco, vorresti farne un gioco
    qua la musica è padrona e tutto il resto viene dopo
    Qua il sogno principale si fonde con la notte
    e il bisogno che ti assale resta il primo che ti fotte

    Superare le paure e abbattere gli ostacoli
    tra tante delusioni, frasi scomode ed oracoli
    Ho imparato a stare in piedi senza mai fare miracoli
    Ho racchiuso le mie forze a star lontane dai tentacoli

    E qua fanno una firma su una strofa e contraddirla
    è la risposta sotto-sopra a un altro manager che assilla
    dove resta la sconfitta ma la tasca vuoi riempirla
    dove svanisce il credo di essere un artista.

    Tra una scena ormai divisa io rimango quaggiù
    Coi miei testi, i miei suoni, i miei argomenti e lassù
    non arriva, spengo la tua tv
    mentre aspetto solo un anno che poi già non ci sei più

    Accetto il regolamento – Sezione B

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  25. Povera Giulia

    Era seduta sulla solita sedia, al solito tavolo nella solita tea room e aveva ordinato, come sempre, due biscotti con il solito rooibos. Non riusciva a chiamarlo semplicemente tè rosso perché era ossessivamente pignola. Doveva avere sempre tutto sotto controllo per non affrontare l’imponderabile che le creava ansia e quel seccante tremore per il quale era stata in cura da uno psicologo per anni, senza, peraltro, risolvere il problema.
    Il locale si affacciava su una storica piazza del centro storico di Roma e dal suo punto di osservazione Giulia poteva godere di un quadro incantevole: una finestra incorniciava una delle più belle fontane della capitale illuminata da lampioni risorgimentali, che le donavano quel non so che di magico. Quella vista la rasserenava, almeno per qualche momento, facendole dimenticare tutta la sua monotona vita.
    La sala da tè era una vera macchina del tempo: luci sfumate, candele accese su ogni tavolino, grandi specchi ornati da collane di lampadine, numerosi scaffali dove facevano bella mostra una serie di libri classici: da Hugo a Goethe, da Hesse a Kundera, da Shakespeare a Hemingway. E poi riproduzioni di quadri famosi ovunque.
    Il locale era frequentato soprattutto da stranieri e artisti e l’atmosfera che si respirava era quella dei fumosi ambienti bohemiens della Parigi di Baudelaire.
    Giulia esile, di media statura, molto chiara di carnagione, amava vestire sobrio, preferendo abiti dai colori tenui. Aveva 35 anni racchiusi in un corpo da bambina.
    Non sarebbe stata poi così scialba se solo avesse curato meglio il suo aspetto, ma lei desiderava essere invisibile.
    Dei suoi primi anni ricordava solo che il padre se ne era andato di casa il giorno del suo ottavo compleanno, anche se il suo psicologo le aveva detto che quei ricordi erano persi nei meandri della sua mente per qualche evento traumatico capitatole in quel periodo.
    Altro particolare non trascurabile era che la donna non aveva mai avuto una relazione amorosa.
    Chissà, forse Giulia invece sapeva, ma non poteva o non voleva ammetterlo.

    Giancarlo Economo
    Sez. A
    Accetto il regolamento

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  26. Matilde
    Esiste un luogo in cui i ricordi si fanno spazio nascosti per tanto tempo nella foresta del cuore . Ricordi dolci cullati da una sedia impagliata ondeggiante, tra braccia amorevoli e ninna nanne stonate.
    Frammenti di ricordi come spezzoni di film che allietano l’anima.
    Custu este su procu
    Custu da mortu
    Custu da cottu
    custu sidda’a papau
    a pitticcheddeddu
    no dinti anta lassau.
    Un mostro feroce , violento, che tocca insudicia, lascia tracce scure indelebili. L’odore del talco non copre il ripugnante odore del mostro.
    E il fendente della sua spada,
    certi brandelli d’infanzia Matilde non riesce a buttarli via. Ha cambiato età , città , lavoro , il suo sguardo si perde nell’azzurro limpido del cielo, in quella luce giusta ritrova la linfa per continuare il suo progetto.
    Lentamente Matilde si avvia combattiva a incontrare quelle donne che hanno avuto la stessa sorte di incontrare nel proprio cammino uomini vestiti da mostri.
    . Una leggera brezza le accarezza i capelli, le ombre ora sono quelle degli alberi delle auto che sfrecciano veloci delle nuvole bianche del cielo .Con un sorriso mostra i denti bianchi alla vita e quella luce che nessuno potrà più spegnere .
    Giuseppina Carta (sez.A accetto regolamento)

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  27. Un boato
    Tutto barcolla
    cumuli di macerie, polvere densa
    nel nulla
    si dileguano i sogni.
    Nell’ immensità del cielo
    nuvole vestite a lutto
    vegliano l’intimità denudata.
    in questa terra
    il dolore intimo
    non conosce regole.
    rabbiose febbrili mani
    come ali spiegate
    volano, afferrano, consolano,
    nella voce del silenzio
    asciugano lacrime.
    La catena della solidarietà
    si fa essenziale.
    Giuseppina Carta (sez. B accetto regolamento)

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  28. Marco Caredda, sezione B, dichiaro di accettare il regolamento

    Icaro (canzone in Do# minore)

    Quegli occhi grandi, piccoli, ma grandi
    Baluardo silenzioso di un timore celato
    Forse non troppo celato
    Forse per niente celato

    Com’è difficile liberarsi del passato
    Spiegare le ali per volare in nuovi oceani
    Vedere nuovi orizzonti
    Scoprire diversi tramonti, anche se v’è dietro lo stesso sole

    Perché in fondo siamo deboli, vittime di un ego crudele
    Masochista, orribilmente realista

    Una mano invisibile che ci tarpa le ali
    Proibendoci di vestire le sembianze di un Icaro sprovveduto

    Ma Icaro sa di essere in fondo
    Come noi poveri stolti, soggiogati dal tempo
    Ma forse un poco più saggio
    Ma forse un poco più folle

    E allora bevi
    Balla la tua musica sciocca
    E allora bevi
    Bestemmia il tuo dio, abbandona le tue radici
    Vola da solo

    O forse, sarebbe uno sbaglio
    Illudersi, partire, scordare
    O forse, il dolore non è
    Un qualche cosa da dimenticare
    Siamo figli del nostro passato ma artefici del nostro futuro
    Più forti, più grandi, più veri, più umani

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  29. Daniela Ferrari

    Grillo Pepe

    Grillo Pepe
    canta alla notte,
    canta alle stelle,
    canta a noi
    al sonno rubato
    da maghi e streghe,
    canta all’ Angelo Mikael
    giunger deve
    a portar conforto
    nell’ insonne
    miscuglio
    di pozioni tramate
    nel lugubre antro,
    dove s’ addensano
    le diavolerie,
    girano e rigirano
    nelle pignatte
    chissà quale intruglio
    da riversar qua e la
    per il piacer
    di disordinar,
    ruotano vagano
    schizzano il miscuglio,
    le ore notturne
    divengon ansiose,
    ed ecco l’ Angelo Mikael
    da Pepe attirato
    afferra una stella
    la disperde nel buio
    sovrasta l’ intruglio
    e d’ incanto tutto
    si quieta …
    Pepe canticchia un saluto ..
    ” creatura celeste ti salutiam
    or dunque ritorniam a riposar “…
    … Pepe s’ addormentò
    con una piccolissima parte di stella.

    Daniela Ferrari
    Sezione A
    Accetto il regolamento

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  30. Alle 5 un suono di pianoforte riempie il quartiere… c’era solo il silenzio ed il pianoforte, sono rimasta lì a sentire quella musica divina. Usciva d’una finestra del palazzo accanto.. accanto a lui una, (la sua vicina) affacciata al balcone e gridava forte .. bastaaa!! ma il pianista che fosse femmina o maschio poco importa, continuava a regalare ai dormienti il più bello dei risvegli.. è stato magico… io sono rimasta lì con la tazza del caffè in mano, la musica si prolungava… l’atmosfera bellissima..
    La vicina chiude le veneziane del balcone di casa con forza, e scende, sta suonando il campanello del mio pianista magico.. lei grida frasi incomprensibili… mentre la musica esce in alto all’etere…senza fermarsi mai, il mio caffè si freddava, Milano si sveglia con il consueto traffico, nebbia e sirene.

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  31. Daniela Ferrari

    Amore bivalente

    Quali solitarie labbra
    chiudono spilli morenti,
    spostati nel luogo

    profondo dell’ amarezza,
    un pianto interiore
    sul fiume corrente,

    di rosse braci
    a scottar sentimenti,
    si lasciano,

    stremati sul ciglio a trovar pace,
    nei colori d’ambra possenti
    di tramonti abbelliti

    da steli elevati
    di calle sole,
    nella loro bellezza,

    includono un cuore intriso
    di tristezza,
    questo amore,

    questo amore bivalente
    dove ogni trova
    emozioni non assenti,

    fendono e rammendano
    le tele del cuore,
    d’ autore bizzarro

    adagiato sul petto
    con il suo fastello
    di calle in dono a destar parole.

    Daniela Ferrari

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  32. Sezione a Rita Donatini

    Luce ed ombra

    Frenetica vita, non lascia il tempo per riflettere,
    non lascia riposare, ridere o cantare.
    Vige la nevrosi del fare, lo stress del primeggiare, la psicosi della quotidianità malata.
    Nessuno è’ più disponibile ad ascoltar le pene altrui;
    non c’è tempo,non c’è voglia, non c’è spazio.
    Un giorno non camminerò più sul suolo asciutto ma su di una risma di pagine scritte e di lacrime bagnate che più non riuscirò a leggere perché gli occhi saranno inondati.
    Attraverso le lacrime guarderò la luna ed una nenia d’amore canterò per ascoltare la mia voce; solo lei risponderà alla mesta preghiera;
    luce ed ombra si confonderanno,amore ed odio confini non avranno e nell’eterna altalena di giochi, insieme come amiche del cuore,aspetteremo l’alba,mentre l’astro suo compagno nel cielo salirà.

    Rita Donatini. Sezione A. Accetto il regolamento

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  33. Rita Donatini. Sezione B

    Recondita felicità

    È’ fiorito sul ramo
    un giorno speciale,
    ombra non fanno i pensieri
    nel frastuono dell’oggi operoso
    mentre inebriano aromatici petali
    nei giorni a venire
    come soffuse musiche
    impregnate di cielo.

    Speranza di pace
    s’intravede lucente
    aldilà del sole
    dove tutto è oro;
    leviga le pene il tempo
    e forte si farà l’essenza tua
    attraverso le prove
    che la sorte t’addice.

    Ma tu, recondita e pacata felicità
    nel cuor sopito alberghi,
    nell’esplosione d’ebbrezza trionfi,
    a coronare, quasi per gioco,
    l’infinito di nuovi orizzonti,
    colmando ogni anfratto
    con petali di golosa serenità
    e foglie di cosmica fantasia
    ad apprezzar il tuo fulgido domani.
    Rita Donatini

    Accetto il regolamento

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  34. PREGHIERA LAICA

    Signore che così mi hai voluto
    donandomi una parte di te plasmata nella mia anima,
    rendimi capace di sentirla,
    rendimi capace di ascoltarla.
    Fa che riconosca in ogni essere vivente il mio più caro fratello,
    fa che abbia l’umiltà di donargli il mio aiuto.
    Dammi la forza per gioire ogni giorno
    per il solo motivo che ancora una volta ho la possibilità
    di vedere il Sole e le Stelle.
    Rendimi gentile e comprensivo,
    perché la gentilezza è la parola dell’anima.
    Fa che io comprenda che un peccato
    è solo un male che faccio a me stesso.
    Fammi dispensatore di sorrisi,
    spiragli di luce e messaggeri di speranza.
    Allevia la sofferenza di chi è malato nel corpo e nello spirito. Che io possa peccare di Altruismo,
    di Compassione, di Amore, di Generosità
    e che possa ricongiungermi a te con la serenità e la gioia di chi, dopo tanto tempo, ritrova sua Padre.
    Ma, soprattutto, fa che io comprenda che nessuna Chiesa,
    nessuna Moschea, nessun Tempio ti contiene
    più di quanto ti contenga io

    Accetto il regolamento sezione B

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  35. ” Il nostro Sistema è una struttura ignobile che ci vieta di conoscere le vere potenzialità dell’ibrido umano, ci vieta di avere dei liberi percorsi spirituali che potrebbero portarci a ricordare le esperienze di vite passate e conseguentemente a scegliere il nuovo cammino che desideriamo affrontare. Siamo rinchiusi in una gabbia di menzogne storiche, religiose, economiche e politiche, distratti con problemi e sistemi che ci privano della naturale capacità di percepire le energie cosmiche in modo da comprendere la reale provenienza e natura umana.” – Accetto il regolamento – Sezione A

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  36. L’intenzione elementare di un atomo di luna (a Liam ovvero Luna)

    Mi vesto di luna
    per riconoscere una sorte di carne al mio nome,
    lo riempio con il mio batticuore di falena
    nel valicare le ombre che la notte risucchia in sé,
    ogni atomo del suo corpo è una lacrima di pioggia
    che purifica la recita della mia attrazione
    nel suo comprimere l’infinito in una forma,
    diafana e donna.

    A volte mordo la polvere dei sogni
    nell’obliquità di una preghiera concentrata in una sola parola,
    altre canto la separazione elementare dalla mia primizia di primavera
    che ritarda in me il minuto d’incarnazione della luna
    tra le mani a coppa della vita.

    Vivo d’aria in ogni suo sinonimo
    al limitare della solitudine di un mimo,
    vivo di un’intenzione invisibile ad ogni occhio d’uomo
    tra le righe dell’impasto che ci forgia all’esterno,
    lontano dal silenzio che permea la scia a versi delle nuvole in un cuore.

    Sono un uomo luna,
    dalla natura indefinita come un binario che s’infrange oltre,
    dal profilo d’acacia che innamora e resta.

    Credo nel colloquio degli errori,
    nell’importanza della congiuntura della parola,
    e nel perdono del concepimento.

    Sento che tutto questo preme, in me, sottilmente, verso una pentecoste d’amore pervinca.

    Come la punta di una spina madre di rosa al cielo.

    (Sezione B – accetto il regolamento)
    Davide Rocco Colacrai

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  37. Una piccola luce

    Scrivo di te,con poche parole.Racconterò di quella volta che hai preferito un’altra a me,storia comune direte voi,storia di passione dico io.Forse quel giorno che ti ho conosciuto non ero al massimo della forma,purtuttavia ti ho affascinato.Ricordo che arrivasti alla mia festa di compleanno a bordo di una Vespa,in compagnia di non so chi.16 anni sono pochi per non restare folgorata da quegli occhi verde mare,capelli biondi scompigliati. Lasciasti il casco ad un amico mentre venivo incontro a te.Forse il ballo non era il mio forte,ma mi stringevi e mi lasciavo guidare.Non so se l’ho sognato,tutta la sera a ballare con te .Chissà cosa mi immaginavo,nemmeno ho capito che succedeva.Lei é arrivata e ti ha baciato.Andasti via come il sole che nasconde dietro le nuvole la sua luce.
    Gerardina Rainone
    (sez.A-accetto il regolamento)

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  38. Il naufragare della speranza

    Naufraga la speranza,
    anche se è l’ultima a morire.
    Moribonda attende
    di sprofondare nella lusinga.
    Agonizzante crede
    di rinchiudersi nel miraggio.
    E invece vive ore di sogno
    che nell’idea la cullano.
    Annaspa, cerca e freme.
    Mai s’arrende perché ha capito,
    che ali robuste le hanno solo le chimere.

    Cristina Biolcati
    (Sezione B – Accetto il regolamento)

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  39. -L’AUTUNNO-
    RISPLENDE IL SOLE D’AUTUNNO
    SULLE CORDE DELLA VITA
    MI SEI VICINA COME MARIA ACCANTO ALLA CROCE MI SONO INNAMORATA DI GESU’ CHE PREGA A MANI GIUNTE GESU’
    MI OFFRE LA SUA SANTA CROCE NELLA MIA ATROCITA’
    LEGGO I DOLCISSIMI OCCHI DI GESU’
    IL RESPIRO TRASPARE VERSO L’ANIMA CIECA
    COSA NON SI VEDE CON OCCHI MENTRE IL CUORE BRUCIA
    I MARTIRI DELLA VITA ABBANDONANO I CAMPI
    DI GRANO OGNI CHICCO HA L’ODORE DI NEBBIA
    DI PIOGGIA DI CENERE
    CAMMINA UNA DONNA CHINA SUL CAMPO GRIGIO E’ MARIA
    CERCA I FIGLI NASCOSTI NELLA POLVERE I SUOI OCCHI
    PIANGONO D’AMORE.
    PERCHÈ I SUOI FIGLI SONO SONO STOLTI E SORDI
    RACCOGLIE AD UNO AD UNO I CHICCHI CADUTI CHE NON POSSONO GERMOGLIARE
    SOTTO LA SPADA DI SATANA LI METTO
    NEL TUO GREMBO E LI CULLI AFFINCHÈ’ RINASCONO
    Sezione B Accetto il regolamento

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  40. Magica notte

    In questa strana notte
    un po’ magica un po’ no
    il vibrare di un violino
    intona una seducente melodia
    Esco attratto da quell’ipnotico suono
    che stordisce la mente
    In alto mille diamanti
    incastonati in un manto di velluto blu
    Mi avvio senza una meta
    solo per ascoltarmi nel silenzio
    in questa strana notte
    un po’ magica un po’ no

    Giancarlo Economo
    Sez. B
    Accetto il regolamento

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  41. Cristalli di sale

    Vado inciampando
    Ognora
    Su cristalli
    Di sale
    Inardititi
    Ammucchiati
    Davanti
    Alla soglia
    Del tuo cuore
    Se accendi
    La speranza
    Torneranno
    Ad essere
    Lacrime di gioia

    (Sezione B accetto il regolamento)

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  42. L’odore delle cose vecchie

    L’odore delle cose vecchie,
    delle case dimenticate,
    ritrovai
    una mattina d’inverno
    salendo su quel folle treno.

    Conoscevo esattamente la destinazione.
    Mai avrei immaginato
    che nel correre in avanti
    potessi tornare tanto indietro,
    nel mondo incantato dove
    la neve era zucchero a velo
    e la luce era di candela.

    Andavo verso lui che conoscevo appena,
    eppure da sempre,
    e ritornavo bambina,
    quando mi alzavo presto al mattino,
    e vedevo tutto il cielo in una finestra
    e respiravo il vento per volare
    e non sapevo ancora
    che quell’odore, ascoltato e dimenticato,
    sarebbe rimasto tanto dentro,
    assorbito come in una spugna,
    da riportarmi,

    Oggi
    in un attimo,
    a Ieri.

    Erika Petrossi
    Sezione B
    Poesia edita
    Accetto il regolamento

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  43. Gli eventi non succedono
    Se non hai la passione,
    Il fuoco vivo intenso
    Che cambierà la storia.
    Quell’alito di vita
    Di cui non chiedi nulla
    Ma ti accompagna ormai
    In tutte le tue scelte.
    Gli eventi si succedono
    Con rapida sequenza,
    La rima é sempre quella
    Amara ma bella,
    Virare dritto
    Verso una stella.
    Gerardina Rainone
    Accetto il regolamento

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  44. Da questo lato

    Con mani come viscere di stelle
    ma al di là di questa notte d’argilla
    emergi dall’altro lato della tela
    priva di scopo e di contorno
    indecifrabile dentro il mio sangue
    lo so che tutto qui è catena
    per questo tu non mi puoi toccare
    io non ti chiamo a viva voce
    e non esonda il tuo respiro
    nemmeno in vento magro
    o rabbia lucida
    qui non c’è approdo
    se non l’immenso
    ed è sottile e glabro
    come sentore di un delirio
    la malattia di vivere
    la sua bugia
    la tua pienezza
    in alba
    fetore sacro
    da questo lato della tela

    Alessandro Fiori, sezione B, accetto il regolamento

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    • Pescatore
      d’anime smarrite,
      cacciator di maschere
      di demoni scolpite.
      Dannato,
      folle cantor
      di fiabe colorate,
      grida di dolore
      di vittime,
      nell’intimo sfregiate.
      Istrione, menestrello,
      nudo quando piove,
      al sole con l’ ombrello.
      Nasce ad ogni alba,
      per poi perir
      al tramonto,
      per tutti i diman
      a venire,
      sino a perderne il conto.
      Spregiudicato e irriverente
      persegue la sua meta,
      sgomenta, è sorprendente,
      carezza l’emozioni,
      chiamatelo poeta!

      Accetto il regolamento

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  45. 24 Agosto 2016

    Il golf azzurro del cielo s’è impigliato
    a cespugli di nuvole corvine
    che l’hanno scolorito, e poi strappato,
    mettendo a nudo i graffi delle spine.
    Spinge il vento la pioggia sulle alture,
    mentre s’affanna a ritrovare il sole.
    E’ a lui che svelerà le sue paure,
    e la sciagura che gli morde il cuore.
    Lacrime intanto iniziano a cadere
    sul pallore spettrale della sera:
    si spegneranno infine nel braciere
    di una notte silente e menzognera.
    S’ode lontano il pianto di un bambino
    avvicinarsi ai borghi addormentati,
    e una saetta percorre l’Appennino,
    accolta da collerici latrati.
    Esplode un tuono tra gli alti campanili,
    e l’universo sembra vacillare.
    Le greggi abbandonano gli ovili,
    quando ad oriente comincia ad albeggiare.
    Il gemito del bimbo s’allontana,
    svanendo in una bolla di sapone.
    E una scossa possente, disumana
    lascia trionfare morte e distruzione.
    Oh madre terra, prodiga nutrice
    perché hai tradito chi ti ha sempre amato?
    Chiedono affrante le genti di Amatrice
    che una risposta avrebbero apprezzato.

    Sezione B Dichiaro di accettare il regolamento di Aspettando Santander

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  46. L’ultimo sorriso

    Il forte vento della notte aveva strappato via i petali dei fiori del giardino dei nostri ricordi. Divampavano accartocciandosi sfiniti in angoscia, come fiammelle su un fuoco che ardeva. Avevi promesso di farmi leggere i diari della tua vita che rivelavano segreti custodendone infiniti. Una lampada bassa pendeva dal soffitto della tua camera e sulla scrivania giacevano pagine impregnate di lacrime e sogni. Avvertivo il loro fluire dalla rigida forma così severamente immobili in vuoti spazi sbiaditi dal tempo. Pagine, invulnerabili che ci appartenevano perché prigioniere del fiume dei ricordi del nostro passato. Sentivo su di me, i vecchi sogni affidati agli oceani sconosciuti, dove s’affollavano gli echi delle nostre risate. Tutt’attorno ruggiva la doppia coscienza che aveva soffiato via l’ultimo tuo sorriso. Ti esortai a renderti conto che avevi tutta la libertà in te stesso, senza preoccuparti del destino del mondo e di risolvere il tuo problema individuale che non era nient’altro che una questione di liberazione. Avevi viaggiato in lungo e in largo per accorciare questo senso di disagio, immediatamente dissipato dal calore della tua anima. Era in te la pienezza che è così manifesta nella dura esperienza della vita che a volte manifestavi con toni alti e con eco sottile e acuto.Una girandola roteava al lieve soffio di vento quando, quel giorno, la morte bussò alla tua porta. Pensieri che trasudavano di un’esistenza vulnerabile piena di segni, stordita da quel dolore indagatore che ti portavi dentro.
    Pensavi di aver perso la tua identità cercavi un nuovo significato, della tua vita. Ti avevo lasciato là seduto, ben lontano dall’immaginazione che sarebbero passate solo poche ore prima di ricevere tue notizie. Forse era quello l’ultimo sorriso, che desideravi lasciarmi, prima di lasciarti andare in quell’acqua oleosa dove sapevi che non ti saresti tenuto a galla. Una partenza che ha segnato la fine del tuo dolore e l’inizio del tuo viaggio per le stupende immaginabili diversioni della vita, dove il tempo e lo spazio non esistono.

    Sezione A – Accetto il Regolamento

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  47. Ventre della follia

    Benedetto ventre della follia
    da cui discende tutta la bellezza
    che ci adorna.
    Frenetici pensieri che
    dibattendosi fuggono da questo
    roseo ordine di nascita.
    Piccolo fuoco della procreazione
    che vive entro la melma
    dell’incoscienza dei mondi.
    Radici di vita agganciate
    a una realtà che inaridisce i
    nascenti germogli dell’essere.
    Dubbio che divampa
    nella desolazione e come fiamma
    roteante s’insinua nelle vene fra
    terra e cielo.

    Sezione B – Accetto il Regolamento

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  48. di MIXA FORTUNA

    CAR* COMPAGN*
    Per stupore di genere siamo diventati tutti asteristichi
    Per me ha senso solo il plurale e il singolare
    Chi l’ha detto che tutt-i è maschile?
    L’importante è che sia plurale.
    Dico secondo la nuova grafia: io sono bell*
    Ma non posso: la desinenza non si può ignorare
    La desinenza è dettaglio
    Se ho paura di un dettaglio ho già perso la battaglia
    Né il maschile si può ignorare
    Né il femminile si può imporre
    Non avrei fatto altro che invertire l’ordine
    Di una discriminazione biologica
    Ci sono parole solo femmine
    Altre parole sono maschi e basta
    Ci sono parole miste e altre sono solo singolari e solo plurali
    Ma una parola senza desinenza è un’incompiuta, un abbozzo , una rivoluzione che
    si è fermata al giardino di casa
    Magari sbaglio la ripeto ancora
    Car compagn – car compagn – car compagn
    Stride come sapere di una tortura, di una cattura, del Muos e del caporalato
    Come si fa a togliere voce alle parole senza abuso?
    Piuttosto voglio espandere la Parola piuttosto metto più fiato
    E vi dico care compagne e cari compagni
    Alla parola /compagno / ci hanno pensato Pagani e Gaber
    A voi compagni non ho molto da dire al momento se non che
    Spero possiate assomigliare all’idea più bella di voi stessi
    E che tra le vostre priorità ci sia un rigoverno dei vostri più bassi istinti
    A voi care compagne di sogni di evoluzione di lavoro
    Compagne di gioco che dura poco
    A volte vorrei dire qualche parola
    Tutte con la desinenza visto che siamo in plurale feminino (sic.)
    Sono tante le domande che si affastellano, come profughi sui Balcani
    Non vorrei ma devo ammetterlo
    Ho visto me e ho visto voi scegliere bersagli tra noi
    E sfoderare virtù aguzzine per la malcapitata solitaria ignara
    Care compagne lo devo cantare
    Noi che potremmo unirci ed essere solidali
    Come le curde alla guerra fiere e strateghe
    E il brivido del potere mette la fregola della dimostrazione al pubblico
    Si scelgono le rivali a fior di pelle, per senso di malizia
    E desiderio primario di oppressione
    Iniziamo dallo sguardo a togliere distinzione
    L’asterisco diciamolo agli occhi
    Sarà un’alba nuova
    Quando tu compagna guarderai Lei, Lei che non ti fa respirare
    E vorrai danzare
    Senza volerti paragonare
    E vorrai parlare
    Senza volerti misurare
    E vorrai lottare
    Senza esser territoriale
    Sarà quello un giorno bello
    Le donne faranno festa per il Neutrale
    Avanzeremo unite acquatiche e composte
    Irroreremo la terra di mestruo
    E scopriremo nel riso l’innesto
    Sezione B – Accetto il Regolamento

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  49. La Frazia Antonella

    Dietro le tende
    … E non sapete,
    il perbenismo di facciata.
    L’amore nero nascosto
    dietro le tende.
    Fiori al balcone,
    deserto al cuore.
    … E non sapete
    la neve che copre l’anima
    di paura.
    Il saluto al mondo,
    il gelo agli occhi.
    … E non sapete
    i sorrisi gentili,
    inamidati per l’occasione.
    La bocca imprecante
    di parole di lava, nascosta.
    … E non sapete
    le mani cortesi,
    salutano,
    accarezzano bambini.
    Le mani di pietra,
    che si ergono
    su teneri agnelli
    celati agli sguardi.
    No, no,
    non sapete
    il buio dietro queste mura.

    Sez. A accetto il regolamento)

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  50. La Frazia Antonella

    Lontano
    Vagoni di treni
    su rotaie morte,
    corrosi,
    rugginosi
    segnati,
    occultano vite
    scordate dal tempo.
    Ricordi …
    Fragranze di viaggi
    giornale e caffè.
    Lontano …
    Partire,
    viaggiare.
    Sepolto lo scettro
    che vincola e incombe
    lasciare le lente mattine,
    l’andare distratto
    di cose già fatte.
    Momenti
    vissuti,
    vissuti,
    vissuti.
    Lontano
    e lasciare le lacrime altrove.
    Andare a volare
    con gli occhi puliti.
    Lontano
    e passi su passi
    voltare le spalle,
    aprire le ali
    volare
    lontano,
    lontano,
    lontano …

    (Sez.B accetto il regolamento)

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  51. LA FAVOLA MIA
    C’era una volta in un paese non molto lontano, un bellissimo bambino dagli occhi profondi e dalla capigliatura biondo cenere. Egli era ammirato da tutti per la sua bellezza, il suo sorriso e per la dolcezza che emanava ad ogni suo sguardo. I suoi genitori erano fieri di lui e nulla poteva turbare questo idillio che univa questa famiglia. Un bel giorno, che tanto bello non fu, il bambino cominciò a stare male. Non aveva mal di pancia, né mal di testa, ma i suoi modi così graziati cominciarono a cambiare. Non riusciva più ad eseguire anche le cose più semplici, come correre nei prati, parlare con i suoi amici e nemmeno con i suoi genitori. Non controllava neanche i suoi bisogni e spesso si bagnava nei pantaloni. I suoi genitori preoccupati corsero dal dottore ma questi sminuì l’accaduto dicendo che era un fatto normale dovuto alla crescita del bambino. Il bambino però stava sempre più male ed allora i poveri genitori si rivolsero ad un dottore ancora più bravo che capì il problema ed iniziò con loro un lungo periodo di cure, per migliorare la malattia che aveva colpito il povero bambino. Questi cominciò a stare meglio e i suoi genitori presero a sperare nella guarigione del proprio figlio, ma il grande dottore un giorno li chiamò dicendo che il bambino non sarebbe mai guarito completamente perché egli era affetto da una malattia quasi inguaribile. Questa malattia si chiamava autismo.
    Il grande dottore aveva ragione, essa rimase presente nel ragazzo dai capelli d’oro, ma l’amore dei genitori e le cure costanti resero questo spirito libero sempre più forte ed autonomo.
    Questa favola ci insegna che si può convivere con il male che non va mai via, che si accetta guardando al futuro sempre con fiducia e speranza, aiutando il prossimo, il nostro amico vicino, perché non è diverso da noi. Non sarà il colore o il credo ed in questo caso un bizzarro modo di agire a farci desistere nel cercare nell’altro l’amore e l’amicizia di cui noi tutti abbiamo bisogno.
    Corrado de Bari Sez.A – Accetto il regolamento

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    • IL COMPLEANNO INDIMENTICABILE
      Z era felicissima, si avvicinava il suo compleanno e poteva organizzare una grande festa. Spedì gli inviti e chiamò anche le colleghe d’oltre mare, l’alfa, la beta, la dabliu. Intervennero tutti, tranne la lettera A. Che strano, si chiedevano, sarà mica influenzata? Sul più bello, comparve A tutta trafelata. Iniziò ad inveire contro la padrona di casa, accusandola di non averla invitata perché gelosa di lei. Z mortificata si difese dicendo che mai avrebbe fatto alla regina delle vocali un torto simile, ma A non le credette e decise seduta stante di entrare in sciopero. A nulla valsero le suppliche delle colleghe e se ne andò tutta impettita. Naturalmente la festa si spense e decisero di riunirsi in Gran Consiglio per sostituire la lettera A. Intervenne la W, dicendo di essere poco impegnata nel vocabolario italiano ed offrendosi di sostituire temporaneamente la A. E così la W cominciò a lavorare: che macello! Nessuno riusciva a farsi comprendere, comprare un alimento semplice come il pane era diventato una gimcana tremenda di torsioni di bocca e vocalizi strani. Qualche folle inventò un congegno per tradurre le parole contenenti la A, ma non funzionava perché la A era sparita da tutti i software. Vennero tempi duri per la comunicazione, tutti balbettavano parole senza senso. Le lettere si riunirono nuovamente in Gran Consiglio e decisero di ingaggiare un investigatore privato. L’investigatore si recò a casa della A per cercare qualche indizio: nella cassetta postale trovò l’invito per la festa di Z ed un appunto indicante un Albergo a Manila. Rintracciò subito la A che, ancora arrabbiata, non voleva nemmeno rispondere al telefono; allora decise di mandare un fax dell’invito in modo che A lo leggesse e si rendesse conto del disguido postale. Così A tornò, molto abbronzata e riposata; il Gran Consiglio ringraziò W per la buona volontà mostrata. Finalmente tutto tornò come prima, o quasi, perché A, con la sua tintarella, provocava una leggera allergia sulle labbra di chi la pronunciava.
      Rita Licenziato sezione A – accetto il regolamento

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  52. DISEGNO UN CUORE
    Sei in ogni immagine
    in ogni momento
    della mia giornata
    in un cupo sgomento
    in un battito di vita
    Sei la chiave d’accesso
    al mio terminale
    perché il tuo nome
    mi rimanga impresso
    sarà scontato
    o forse banale
    ma tu per me
    sei l’essenziale
    Cerco sempre un tuo saluto
    un tuo abbraccio
    perché ho sete del tuo amore
    e sui muri, sulla carta,
    sulla roccia o sulla sabbia
    disegno un cuore
    Si, perché ogni cosa
    che io guardo
    stranamente
    ha la forma di un cuore
    e ne resto stupito
    nell’anima e nello spirito
    Ne ricalco i contorni
    e ne ammiro le sfumature
    e sento il mio cuore
    sorridere
    perché tu mi hai insegnato
    ad osservare
    ciò che la natura dona
    nella sua semplicità
    nella sua purezza
    tu che sei frutto
    di un’umana ingenuità.

    Sezione B Accetto il regolamento
    Corrado de Bari Tdr@

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  53. ICARO

    Mai dei versi di mare han voluto
    così tanto un corpo; giammai rifiuto
    fu come quel del biondo di cera:
    cadde la celeste cima con la falce di sera.

    Ritrova lo scoglio il corpo,
    le ali ormai liquide nel sale orbo
    e il sole cattivo non piange sottovento,
    né contento ride sul vestito rotto.

    Oh rondine di sogno ricuci tu il lutto,
    che non fu d’esempio: le parole eterne scottano
    nel petto.

    MANUEL PAOLINO
    Accetto il regolamento
    SEZIONE B

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  54. MI MUOVO MALE-

    Mi muovo male
    tra le (mie) fissazioni
    in fila per due col resto per sempre

    Ho fatto una faticaccia
    mentre mi parlavi
    del tuo più e del tuo meno
    a cercare di non poggiarti le mani tra i capelli

    Ti avrei tolto gli ormeggi.
    E ti avrei lasciata andare alla deriva
    di una te stessa che non conosci ancora.
    Di una me stessa che non conosco ancora.

    LUISA LUPICINO
    ACCETTO IL REGOLAMENTO
    SEZIONE B

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    • LA PICCOLA PARTE

      La piccola parte
      mi tengo
      che tu non usavi,

      la piccola parte
      in un canto
      che neanche sapevi.

      Qua fuori fa freddo,
      alle volte
      non so come fare.

      La piccola parte
      ricresce,
      non faccio del male.

      Sezione B Accetto il regolamento.

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    • IL CORAGGIO
      Non immunizza dai mali
      restare ai bordi della vita
      senza avere il coraggio
      di guardare giù.
      Esistere senza essere.
      Pedaggio di realtà scontata
      e apparente che
      esclude il divenire.
      Supplizio ben peggiore
      di una realtà attiva
      e dinamica
      qualora il fluire
      decidesse di sorprenderci.
      Licenziato Rita
      Accetto il regolamento sezione B

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    • Sezione poesia

      -In imperturbabile posa-

      Sembro la luna 
      tanto son tranquilla 
      e per giunta le guance gonfie
      come di acquolina
      quasi che il nuovo ostacolo 
      sia sfida succulenta

      Invece non è così
      ma si dice ch’è meglio una siepe da scavalcare, 
      foss’anche più alta di otto giraffe impilate
      piuttosto che trascinar le suole
      tra sbadigli e mozziconi
      da qui o da là 
      fino all’ombra dei cipressi

      Penso io -che bello sarebbe 
      poter rotolare 
      in imperturbabile posa
      lungo la vita 
      poi magari una buca 
      e giù!

      in bocca a una stella che strilla 
      e ritrovarsi appesi all’ugola sua, 
      liana arricciata 
      dall’umido senso del nulla.

      Claudia Magnasco
      Accetto il regolamento

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    • Short story

      Ti sogno Domani

      Mentre annodo quest’oggi al tramonto non penso granché al domani.
      Potrebbe essere gerla di pace, oppure mazzo di bussole rimbambite
      ciascuna a indicare una via per giungere al seno di mamma utopia.
      Non fa differenza adesso, non mi va di ascoltare la luna
      che stona speranza all’ombra di un’alba forse nefasta o forse no.
      Quindi farò i conti col domani non prima di domani,
      se non altro risparmio energie ché chissà cosa capiterà domani!
      E poi dai, lo sai che io lo sogno e basta il domani,
      lo sogno sempre come mi pare, senza cavilli e pensieri
      e sogno solo che sarà amore, quello che ancora non conosciamo.
      Amore che ingrassi quest’oggi ossuto per farci rinascere tutti…
      domani! Oh sì, mi piacerebbe fosse ora domani
      invece è sempre e soltanto oggi.

      Claudia Magnasco
      Accetto il regolamento

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  55. Alice si svegliò di soprassalto.
    “Alice…. Alice…”.
    Alice scese barcollando e stordita dal divano. Anche quella notte si era addormentata lì senza trovare la forza di raggiungere il letto.
    “Alice…. Alice…”, continuava a miagolare sua madre con la bocca impastata.
    “Ho sete”.
    Senza rispondere, Alice raggiunse la cucina, inciampando in un bicchiere rovesciato a terra.
    La cucina odorava di sugo bruciato e di piatti sporchi. Nella penombra si intravedeva il disordine di giorni e una collezione di bottiglie vuote.
    La madre bevve tutto d’un sorso e ripiombò sul letto madida di sudore alcolico.
    Alice pranzò da sola, nel silenzio della cucina. Sul tavolo anche il piatto della madre, coperto da un altro piatto. Avrebbe mangiato più tardi, quando il torpore etilico avrebbe lasciato il posto a una fame nervosa che si sarebbe placata dopo il primo boccone, affogato in altro alcol.
    La madre, dopo il pranzo a base di gin, era tornata a letto barcollando e imprecando contro Alice che era stata la sua rovina, l’ostacolo alla sua carriera nel mondo dello spettacolo…
    Alice era abituata a quegli sfoghi, anche se non poteva evitare di sentirsi realmente in colpa per quella madre bellissima ai suoi occhi a cui aveva rovinato la carriera e la vita.
    Era assorta in questi pensieri quando udì un tonfo e un grido soffocato.
    In camera trovò la madre riversa a terra con un rivolo di sangue che le scendeva dalla tempia.
    Alice faticò non poco a sollevarla e a riadagiarla a letto. Poi corse in bagno a prendere il flacone dell’acqua ossigenata, un batuffolo di ovatta e un cerotto. La medicò amorevolmente, nonostante le imprecazioni della madre.
    Era ormai ora di cena. Alice tagliò due fette di pane e ci infilò del prosciutto cotto. Si versò del latte e andò a mangiare in soggiorno, sul divano.
    Selezionò alla tv il canale dei cartoni animati.
    Era stata una giornata pesante, una vita pesante. Troppo, per una bambina di 9 anni.

    Flavia Novelli
    Sezione A
    Accetto regolamento

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    • un migliaio di cavalli
      è possibile acquistare un scala per il paradiso
      ma il silenzio della voce della cicala
      non si può schiudere
      seduto alla finestra ovale dell’orizzonte
      immerso nel ondata speroni di erba

      quanti secondi di veglia sonno a catena
      uno zoppo o infinito senza fine di a?
      il numero di stelle che gli incorniciava baldacchino
      dove bagna mese come un tondo decimali

      l’amore fisserà filigrana
      e noi spezziamo fosforo secondi
      accarezzando le parole criniera
      perché io sventolato sulle spalle

      respirare sale bianco
      luna piena
      / seppie mari stellato /
      chi innca destino
      chi notte vapore ancorare vicino alla riva?

      Accepto il regolamento – sezione A

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  56. Mese decimale

    un migliaio di cavalli
    è possibile acquistare un scala per il paradiso
    ma il silenzio della voce della cicala
    non si può schiudere
    seduto alla finestra ovale dell’orizzonte
    immerso nel ondata speroni di erba

    quanti secondi di veglia sonno a catena
    uno zoppo o infinito senza fine di a?
    il numero di stelle che gli incorniciava baldacchino
    dove bagna mese come un tondo decimali

    l’amore fisserà filigrana
    e noi spezziamo fosforo secondi
    accarezzando le parole criniera
    perché io sventolato sulle spalle

    respirare sale bianco
    luna piena
    / seppie mari stellato /
    chi innca destino
    chi notte vapore ancorare vicino alla riva?

    SEZIONE B

    Accetto il regolamento.

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  57. Accade quando i cani (e noi)
    passeggiano e qualche pazzo 
    ulula 
    La luna oggi è a metà 
    e no contiamo nulla
    Siamo piccoli chicchi di riso o meno
    Tutto gratis (quello che conta)
    l’amore che ti porti dentro 
    fino a sciogliersi 
    A volte tutto gira attorno alle chiavi 
    e girano
    Qualche porta si apre e scendi fino a perderti in un labirinto
    dove soffia l’ariete e mille spezie volano a turno
    e tutto profuma di Luna cannella.
    Dove vai volano le foglie
    Mi avvolgono

    Accetto il regolamento – Sezione B

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  58. ELENA SPATARU

    Giovani dentro

    Mille rami
    nel nobile ripostiglio della mente

    con una particolare atmosfera,
    fiore per fiore

    rinascono le parole
    col filo d’oro

    per un tratto di saggezza
    in un fuoco continuo

    si compie la geometria dei sentimenti
    giovani dentro…
    magici versi.

    SEZIONE B

    Accetto il regolamento.

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  59. FOLLE COMPAGNIA

    Rifletto sulla vita e sulle sue brutture
    Sui problemi della gente e le tante paure
    Sugli orrori del mondo ormai allo sbando
    Che sempre più morti in giro va lasciando

    Guardi la tv e rimani impietrito
    Rendendoti conto di quanto l’uomo ha fallito
    Le notizie a cui ormai siamo abituati
    Son sempre quelle di morti ammazzati

    Donne trucidate da compagni gelosi
    Anziani uccisi da badanti pericolosi
    Gente che in nome della religione
    Miete terrore per commissione

    Stragi giornaliere sfiorano le nostre esistenze
    Provocando dolore per tutte quelle violenze
    Trovandoci inermi dinanzi a tanta follia
    Che sembra diventata la nostra più grande compagnia !!!

    GIUSY FINESTRONE
    Accetto il regolamento
    sezione B

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  60. Frammenti da UNA VITA SENZA. Quotidiana resilienza. Una provocatoria libertà in cerca di scrittura. Libro e Ebook. P. E. R. O ‘Progetti Editoriali Realizzati Onestamente a cura di Giovanni Tommasini
    ……

    Non erano riusciti a capire il misto assunto.
    Tutte insieme.
    In un bicchiere, tutta la famiglia sciolta nell’acqua.
    Ora in lui.
    Il cassetto delle medicine aperto, ogni confezione vuota..
    E niente più.
    Disteso tra il lavandino e la vasca da bagno.
    Pallido, magrissimo, abbracciato ad un diario.
    Le sue braccia, ancora vive, lo difendevano, stringevano, in loro era rimasta energia, non riuscirono facilmente a togliere quelle pagine dalle sue mani.
    “E’ scivolato”.
    Ai soccorritori dissero così.
    I genitori, che indicarono il corridoio, la porta in fondo
    Chiusa.
    Da dentro.
    Impronte di calci e pugni sul pannello esterno.
    Respirava ancora.
    Qualche parola ogni tanto.
    Uscendo dal portone le braccia si sciolsero, lasciandosi andare sino a toccare terra.
    Il barelliere ripose il diario sul suo petto, il respiro si aprì in lunghi sospiri.
    Le mani lo ripresero con sé.
    Le sirene lo portarono in salvo.
    ….
    Non so se, dopo aver finito di scrivere questo diario, riuscirò ancora a buttare quel bicchiere e tirare l’acqua.
    Non so se avrò ancora voglia di vedere come sarebbe andata a finire. Chi alla fine diventerà il vincitore e chi il vinto. Chi la vittima, chi il carnefice e se ci sarà un salvatore.
    Per ora, caro diario mio, posso scriverti che è andata sempre peggio perché non è vero che meno per meno fa più.
    Ma prima voglio raccontarti come sono arrivato sino a qui, cercando tutte le parole per descrivere il mio inferno, sino all’ultima e poi non so che sarà di noi, di me e delle tue pagine.
    Ma tu che stai leggendo questo diario ricorda che nessuno è riuscito a fare di meglio che così, la vita va da sé ed ognuno fa quel che può.
    Io posso e voglio fare questo. Lasciare le mie parole su questi fogli bianchi che sono l’unica cosa pulita e vera che dalla mia nascita ho incontrato. L’unica accoglienza trovata.
    Tutti hanno fatto ciò che per loro era meglio pensando lo fosse anche per l’altro. O lo vedi o lo spegni.
    L’altro siamo noi.
    Sezione A

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  61. taglio di ferro
    graffio alla pietra
    sudore e sangue
    al nome scolpito

    a Spoon River non venite
    a cercare
    rovistare nella terra
    becchini di una vita all’osso

    a Spoon River
    canta la civetta gracida la rana
    sibila lingua di serpente

    a Spoon River
    dormo
    finalmente

    Antonio Rizzo
    sez. B

    accetto regolamento

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  62. Anton- Il pantheon del culto del cuore–

    Nuvole, rose, steli d’ogni fiore
    cadono le muse, venature chiare.
    languido del vento, il tempo disilluso
    fragile futuro, vespertino in raso.
    Saturo di cielo, nasce l’asfodelo
    dono del tuo cuore, stanco incanto appeso,
    volto d’ogni vela, petalo parola,
    dono d’ogni riva, nostalgia tardiva.
    Come dall’incanto, dolce venatura
    Diana nuda in marmo posa velleitaria,
    acero di noce, cavalletto e voce
    tatto d’un dipinto, Zefiro più spento
    e rinasce l’alba, tramontata viola
    volto d’un cadere leso sulla gloria,
    filo che congiunge d’ogni alstro al cielo,
    la mano sul sentiero, il sentimento al velo.
    Corrono le spire d’una sera cara
    nuda, velleitaria, effimera e più vera-
    la fenice in fiamme, la giraffa spenta
    l’acqua che trascende il gelo e la parvenza.
    L’angolo del sole, persa l’emozione
    satura di luce, attraversa il mare.
    Effige d’ogni coda, la chimera accesa,
    scolorisce e vuole una storia come spesa.

    Quando posa il sole, desto nello stilo
    la brezza come muove capitello liso,
    svetta come e dove, il sandalo e Mercurio
    arso smisto ai sogni,le scelta, il sogno fiso.
    Verità tradotta, l’asta tende il drappo,
    sfalbo, restio, cupo, capitello come sfatto,
    il tempo muove vela, il filo della sera,
    issare la bandiera, salpare desta venia,
    la nenia d’ogni resa.

    Mercurio caduce trascende
    i sogni saturi, la mente,
    volteggia nel suo mito,
    aree mero paradiso,
    la cadenza più scoscesa, dall’inferno al cielo.
    Veltro cupo,
    sereno culto intarsia,
    l’apice trascende,
    la libertà piu’ vasta.

    accetto il regolamento- sezione B

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  63. Di cristallo
    La donna di cristallo costringe la trasparente forma nella protetta fragilità della vetrina, esposta agli sguardi, nell’intoccabile spazio in cui non entra un fiore vivo o il pulviscolo attraversato da un pallido nastro di sole.
    Trattiene la perfetta evanescenza del corpo, cesellato da valenti artigiani, nell’effimera azzurrità di una luce riflessa, senza vita, senz’acqua per la sua sete di immensità.
    E già il tempo le assegna l’inamovibile ruolo icastico, consegnato per sempre ad una superficiale e statica visione, ad una esteriore bellezza priva di respiro; cosa tra le cose pietrificate dalla storia, trascorse in memorie non più fruibili.
    Ma se qualcuno, per caso, aprisse la vetrina e dalla teca cadesse quella forma inerte;
    se mille nuclei di stella, mille infinitesimali cristalli, risplendessero altrove sfuggiti all’immobile significato di vetro, in rigagnoli di lacrime che, in ruscelli, portano altre lucide pagliuzze fino al mare;
    se disfacendo se stessa, la sua forma divenisse pensiero, nome, essenza;
    se…
    Se qualcuno potesse liberare un’idea, un sogno, risvegliare emozioni, raccogliere in un soffio vitale quei cristalli, dare loro una sostanza che viva.
    Marisa Cossu
    Sez. A- Accetto il regolamento.

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  64. Com’è dolce

    Com’è dolce lasciarsi trascinare
    sull’onda dell’ignoto divenire,
    come piccolo legno in mezzo al mare
    lieve si culla prima di svanire.

    Del futuro bruciare solo l’attimo
    fuggente nel trascorrere del giorno
    e lasciare la pena in fondo all’animo
    nel sottosuolo di mistero adorno

    che smemora la vita già accaduta,
    le toglie il peso greve del timore,
    ne allontana il possibile ritorno.

    In altra solitudine vissuta
    infine tace ogni parola intorno
    e nel silenzio cade già il dolore.

    Marisa Cossu
    Sez. B- ( Accetto il regolamento)

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  65. La star

    Lo acclamano. È lui: l’artista. Anzi, l’Artista, con la A maiuscola. Così com’è sempre stato. Un attore apprezzato. Quanta gloria e quanta compiacenza! Davvero troppo, per un solo essere umano. LUI, si siede e ammicca un sorriso. Inclina la testa di lato: è benevolo. Ascolta, li sente parlare. Si pavoneggia contento. Finalmente lo hanno capito. Grande sarà la sua gloria nei secoli, già lo sente.
    Il camerino abbozza, fra le piccole mura domestiche, con quella carta da parati ingiallita. Le gambe, rigide, lo seguono a stento, mentre tronfio l’uomo ruota sullo sgabello. Il cerone a lambire quel che l’età ha sciupato; un volto che a malapena riconosce se stesso.
    Di fronte a sé, uno specchio. E nell’ombra, ad agire furtivo, “Ego”, il suo solo e ormai unico amico.

    Cristina Biolcati
    (Sez. A – Accetto il regolamento)

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  66. Maestrale

    Picchia freddo e insolente dove
    spumeggiano piccoli marosi
    Il mare verde cupo è inquieto.
    Nero all’orizzonte tra bianchi cumuli
    simili a bambagia gonfia di vento.
    Sibilano suoni, sinfonie moto ondoso,
    scorrono sulla pelle brividi anomali.
    Ascolto, suadente mi dici: “fidati,
    come l’uomo gioco capriccioso
    osservando le emozioni amare
    in un mondo… incompreso”.

    (Sezione B – – accetto il regolamento)
    Luisa Cagnass

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  67. Andare avanti
    Incespico
    riluttante
    sui ricordi smangiati
    sulle memorie denutrite
    dalla disabitudine alla cura.
    Polvere sui cuori
    ammuffiti
    dal nulla
    esacerbati
    dalla cattiveria
    insuperbiti
    dalla noncuranza per gli altri.
    Io smetto di sonnecchiare,
    devo rispolverare
    tutti i luoghi
    in cui ho messo piede.

    Prima di andare avanti.

    Grazia Procino
    Accetto il regolamento. Sezione B

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  68. ED È ANCORA PRIMAVERA

    Era Primavera,
    ti ricordo tra le gialle fresie
    e le bianche margherite
    sorridere all’alba dei tuoi sedici anni.

    Nei tuoi occhi s’accendeva
    la dolcezza dell’innocenza
    e nel tuo sguardo la purezza
    della fanciulla che sognava
    di camminare tra i sentieri della vita,
    quella vita che avrebbe avuto dinanzi.

    Ma nelle tue parole quel presagio
    che stringevi forte tra le mani
    con la tristezza di chi sente
    che non sarebbe mai diventata grande.

    Quante volte dicevi
    che non era questo il tuo posto,
    che non era questa la tua vita
    e lasciavi che il tuo sguardo
    si perdesse oltre l’orizzonte
    a scorgere la strada per l’infinito.

    Tu, dolce germoglio reciso,
    strappato alla Terra appena fiorito
    in un giorno d’inizio Aprile,
    quando le rondini sorvolavano il cielo
    e in un cerchio cullavano l’arcobaleno,
    lo stesso che t’avrebbe condotto là,
    verso quella pace che non è di chi resta,
    ne di chi raccogliere lacrime di dolore.

    O giovane amica cara,
    tante Primavere sono passate da allora,
    ma l’eco della tua voce solca ancora le onde del silenzio
    e il tuo ricordo s’affaccia sempre sui miei giorni.

    Ed è ancora Primavera
    tra le colline della memoria,
    dove vengo a cercarti ogni tanto
    per far rivivere la nostra gioventù.

    ANNA CAPPELLA

    Sez. A

    Accetto il regolamento

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  69. CREDO QUIA ABSURDUM

    I

    Pallide ore sbriciolate in secondi
    come grani di un rosario
    tra i polpastrelli delle dita
    allo scorrere di un fisso mistero,

    che avvinto ad un credo traballante
    s’inabissa sempre più nei fondali
    di un devoto ego paralizzato
    dal fumo degli irridenti valori.

    La propria fede scheggiata
    dall’illusoria immortalità
    di un orgoglio che sale la china
    nell’ombra rivelatrice del fatuo.

    Schiavo si culla incurante
    tra l’indifferenza di falsi piaceri
    e si copre davanti alle vergogne
    il viso ormai segnato dal peccato.

    II

    Non socchiude più le palpebre
    per una preghiera fuori moda
    che sfugge ad un Dio senza volto
    ormai gettato nel dimenticatoio.

    Smarrito nel caos della perdizione,
    sorpreso dall’ingannevole idea
    di un gioco che inchioda la vita
    ad una finta croce di spine,

    s’avvia verso quell’altare
    senza riiconoscere la luce della salvezza,
    perché non trova il sospirato paradiso
    in una religione che più non consola.

    III

    Deluso, cerca insistentemente
    una ragione per credere all’assurdo
    nella veglia di una calma apparente
    al congiungere del timor dell’Ignoto.

    E quel bisogno di trovar la Verità,
    impazientemente ticchetia nelle ore
    in cui crede di vivere un sogno
    dando nitor alle apparenti sembianze.

    Allor si desta in una tempesta interiore,
    dove irrompe saettante il dubbio
    e fragile lotta continuamente
    nell’errante vita di libero arbitrio.

    IV

    E cerca sprazzi d’innocenza
    ancor preservati dentro sè,
    per rubare quell’attimo al tempo
    e fresche fonti di spensieratezza

    di un equilibrio che si inarca
    in passioni pulsanti di voluttà
    e disperate corse verso l’effimero
    nell’ebbro di un pensiero confuso.

    Una trappola che sembra senza uscita
    in una notte vigile sulla morte dell’anima,
    che al mattino vede la resurrezione
    di una sfinge a risalir le sabbie mobili

    in una rinascita che replica l’assoluto
    o l’onnipotenza che si domanda:
    – Ma Dio dov’è?
    Allorché, il nulla non consola
    l’umana fede e l’assurdo credo.

    Anna Cappella

    Sez. B

    Accetto il regolamento

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  70. Esuli

    Sputare sangue e camminare ancora
    senza raggiungere mai l’alba, ora vedo
    altri volti e schiene piegate che mi attorniano
    come corpi in disfacimento e deliro
    contando demoni viscidi che sferrano calci e scudisciate.
    Qual è la mia terra dunque, dove posarmi stanco?
    Stracci e coperte trasciniamo per coprire
    le nostre disgraziate membra, e figli piangono
    nella fuga, mammelle stanche e sterili
    tremulano disperate e vuote, tra il fango e la croce del tempo.
    Lontana la Siria, oppure non stiamo fuggendo?
    Ogni stazione della croce qualcuno cade
    e chiede l’acqua, ma il sentiero è arido e aspro,
    la bocca si fa nera e le piaghe ci coprono.
    Nessuna pietà per i deboli, campi sterminati
    e fili spinati, è tornato il bianco e nero della Shoah
    nessuno s’accorge di noi. Quale dio dobbiamo pregare,
    ci stendiamo alfine, deboli e sporchi, dormiamo
    ad occhi aperti e confidiamo ancora nell’esile respiro
    che la vita ci regala… per quanto tempo?
    Cataste di corpi inutili ai padroni della terra,
    non portiamo oro incenso e mirra,
    non abbiamo doni, solo le nostre membra inutili.
    Non abbiamo la forza per cantare inni,
    aspettiamo l’aurora maldestri, esuli dimenticati.
    Emanuela Di Caprio
    Accetto il regolamento, sezione A

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  71. Piergigli Matteo accetto il regolamento
    Rockford

    L’odore di un dopobarba economico
    sfiora la memoria.
    Rivedo mio padre la mattina
    lo specchio, la schiuma, il rasoio.
    L’immagine svanisce
    schiacciata dal peso dei ricordi
    Resta solo l’odore
    di te.

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  72. LA LIBANESE (di Valentina Imperiu)
    Il mio nome è Layla,
    nata sunnita a Beirut.
    Mangiavo nuvole e colori.
    Sabbia rossa tra le mani
    e piccole conchiglie di sale e felicità
    i miei giochi.
    Fino a quel giorno…
    1982.
    La morte si è chinata sui miei fratelli
    e li ha fatti a pezzi.
    Mia madre,
    in ginocchio a raccoglierne i resti,
    urlava il suo pianto per le strade.
    Nessuna parola poté più fiorire nella piccola bocca,
    solo il seme metallico della paura.
    La follia dell’uomo ha sfregiato i nostri volti e
    l’ieri si è schiantato al suolo col fragore delle bombe.
    1983.
    Ho 8 anni
    e nell’anima strappata l’orrore di Damur e di Sabra e Shatila
    mi vortica nel sangue come un veleno.
    I miei si sono fatti esplodere di rabbia
    e sono rimasta sola.
    L’istituto,
    in cui intrecciavo i capelli coi nastri sbiaditi dei ricordi,
    era grigio e mannaro.
    Sotto il cuscino
    sogni ad occhi aperti,
    che non stingevano all’alba.
    Ho 14 anni,
    parlano di Repubblica Libanese.
    Il sole dovrebbe sorgermi dentro,
    ma la saggezza del cedro non m’illude
    e già so che sarà ancora inverno
    con qualche goccia di sole
    sulla neve stanca.
    Mi chiamo Layla
    e sono scura,
    come la notte della mia terra.

    (Sez. B – Accetto il regolamento)

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  73. I pensieri si spandono
    stretti alla notte infinita
    dai tramonti ormai perduti
    Ed entrano i profumi
    nelle stanze tenebrose
    dei gelsomini in fiore
    Le ombre dei giardini
    sanno d’estate e di susini
    in cascate di foglie pendule
    E appaiono fili di stelle
    tra le mani silenziose
    sopra chiare penombre
    La casa vuota e buia
    scandisce passi lenti
    dai piedi scalzi e neri
    E poi
    resta il nulla dei segreti
    tra l’erba e i sassi dei cortili

    Beatrice Nioi
    (sezione B – accetto il regolamento)

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  74. Rivoglio la mia terra libera e selvaggia, moderatamente moderna, ragionevolmente accogliente, ma non sbragata. Via le industrie, poche fabbriche, turismo ragionato, artigianato, agricoltura, cultura, musica, arte…
    Questa è la terra che voglio, densa di pietre e di ricordi, e di future meraviglie.
    Non è un luogo preciso, che ti richiama ad essa, ma sono, più che altro, dei profumi, certe mescolanze di brezze assolate.
    Quando ti inoltri per i sentieri solitari, senti che quello è il tuo posto, e non andresti mai via di lì.
    Lontana dagli acciai delle industrie, che vomitano scorie notte e giorno, sebbene le alte montagne alpine, e le foreste intorno, tocchino il mio cuore con nostalgie pendenti, sento che questa è la mia terra.
    Piccole, care, sensazioni d’abbandono, mi prendono ad ogni sguardo io volga verso le colline e le rocce immote.
    Sono gli inverni grigi, dai freddi tardivi e le teorie di giorni sospesi verso la nuova estate…
    Viviamo così, in attesa della stagione che ci ammalia, immersi in lunghe apnee crudeli come prigioni. E’ allora che s’affaccia la tentazione. D’andar via dai lunghi inverni informi. Andare là, dove la pioggia è pioggia, la neve è neve, il freddo è freddo. L’inverno, inverno.
    E molti vanno, col pretesto del lavoro o dello studio, in cerca di rumori, di voci, di briosi andirivieni, perché l’estate non è per sempre. Il mare è tetro, la pioggia pigra, i luoghi, troppo solitari. Qui.
    Fino alla prossima estate.

    Beatrice Nioi
    (sezione A – accetto il regolamento)

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  75. Questo sogno ( onirica storia greco-romana )

    Possono le ombre del passato risiedere nel pensiero dell’uomo moderno?
    Un quesito quasi amletico che s’insinua nella mente quando , assorto, penso ai fasti dell’antichità.

    Cammino a piedi nudi, lungo pianori e colli, panorami eccelsi si allargano all’orizzonte.

    Statue greche, gradini millimetricamente assemblati da feconde menti matematiche ed artistiche.

    Vivo il senso della storia, trafitto dalla beltà di un anfiteatro greco, sento voci di attori in procinto
    di declamare versi, mescolati a rauchi fonemi di tragedie.

    Vedo Eschilo a spasso con Aristofane, Socrate che tramanda concetti filosofici a Platone che gioca un po festoso con Aristotele.

    Un film in bianco e nero, contornato da scene di caccia e immagini rupestri, busti di bronzo che inneggiano al fasto più convulso.

    Bighe di gladiatori avanzano verso l’arena.

    Vedo la morte e il sangue, greci e romani che danzano al suono di cetre e lire, sinuose ancelle coperte da vesti trasparenti.

    Enea che fugge da Troia, Creusa col figlioletto al seno, Anchise morto di vecchiaia.

    Osservo Roma in fiamme, Nerone ucciso dalla folla, Pompei coperta da lapilli, lupanari d’amori occasionali.

    Vedo la storia negli occhi del domani e mi addormento.

    Questo sogno profuma di saggezza!

    SEZ.A Accetto il regolamento

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  76. Nuove essenze

    Inseguire il vento
    nella corsa sfrenata
    degli eventi,
    amando parole che non dici
    nell’esile languore del mattino.

    Nutrirsi di molecole
    e rimpianti
    per non aver mai detto
    ciò che sento
    quando ti bacio frettoloso
    andando via
    nell’atrio illuminato del rimpianto.

    Fuggo cosi’, senza un motivo,
    lontano dai tuoi abbracci consistenti
    vestito solamente d’apparenza
    credendo di trovare la mia forza
    fra braccia sconosciute
    e nuove essenze.

    Sezione B Accetto il regolamento

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  77. Ho bisogno di parole
    Parole calde
    Parole avvolgenti
    Ho bisogno di abbracci
    di carezze
    di pelle
    Ma vorrei essere a volte un animale
    Libero
    Selvatico
    E nutrirmi di istinto
    di tatto
    ed olfatto
    Accoppiarmi sulla terra umida
    fra le foglie
    e il muschio odoroso
    Leccare il frutto del mio ventre
    e allattare al chiarore della luna
    la mia numerosa prole
    Correre libera
    senza coscienza
    Ululare alla luna
    e inseguire il vento
    fino all’ultimo battito del cuore

    Flavia Novelli
    Sezione B – accetto il regolamento

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  78. Nel mio mondo nessuno è clandestino.

    Sono alla ricerca dei nostri comuni progenitori.
    Unico indizio: l’oblio.
    Duemila anni fa Yeshua di Natzret
    sembra non aver lasciato impronta.
    Ancora oggi gli negano il permesso di soggiorno.
    In nome della civiltà cristiana.
    Zitto.
    Solo il silenzio cura i difetti della parola.

    “Ma noi, scappando dai luoghi degli schiavi
    a mezzogiorno,
    uomini liberi, siamo approdati in Sardegna
    (terra di confino e pena).
    Semi di vita e fiori di campo, accolti in aride zolle.
    Sopravviviamo senza permesso, relegati ad metalla.
    Ferro vecchio e scarti. “
    (…nella produzione in serie
    l’errore della macchina ridà unicità al pezzo.)

    “Usiamo, senza affezionarci alle cose.
    Ce ne fanno una colpa.
    Rifiutati, accumuliamo rifiuti su rifiuti.
    Abitiamo senza abituarci ai luoghi:
    la condizione migliore per coglierne l’eccezionalità.”

    Scintille che si mischiano alle stelle,
    effimero ed immortale si confondono,
    si ritorna bambini sotto il cielo più scuro.
    “…se non diventerete di nuovo bambini…”

    Oltre la luna,
    la conquista dell’universo è possibile solo ai piccoli,
    i più vicini alla terra.
    E la povertà è il miglior mezzo di trasporto.
    “Se non siete poveri cercate l’amicizia dei poveri.
    E chiedete loro un passaggio. “

    Nel mio mondo nessuno è clandestino.
    D’altronde non so neanch’io se e quando
    ho pagato il biglietto.
    Vivo in un continuo dejà –vu.
    Struggendomi per nostalgia del domani.

    Accetto il regolamento Sezione B

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  79. -LASCERÒ-

    Lascerò stupendi tramonti

    su quell’altura che guarda il mare!
    Lascerò aurore e albe da sogno

    dove soltanto s’accende la passione!
    Lascerò inebrianti profumi

    dove la natura ogni giorno
    pare sperimenti il gioco dal suo nascere!

    Lascerò ancora gli abbracci e i baci
    lasciati cadere silenziosi su tappeti sognanti!

    Che altro potrò lasciare …

    Forse non lascerò altro che lacrime
    per non aver capito che la vita
    bisognava viverla ancora intensamente!

    (Sez. B – Accetto il regolamento)

    FRANCO MACCIONI

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    • JULIENE (LA MENZOGNA)
      Che cos’è la felicità?
      Per i miei fratelli che custodiscono il gregge, è di non trovarsi mai,
      faccia a faccia, con un lupo affamato, potersi sdraiare all’ombra di una
      quercia e srotolare il panno dove nostra madre ha posto un pezzo di
      formaggio e del pane, quando c’è, dissetandosi con l’acqua del ruscello che scorre accanto. Per i miei genitori è giungere all’estrema perfezione, separando il corpo materiale dallo spirito, digiunando tre volte la settimana, evitando persino di sfiorarsi per paura di “cadere nel peccato”.
      Che cos’è il peccato?
      Da quando nostro padre ha conosciuto dei novizi di una nuova religione, …la nostra vita è mutata dall’oggi al domani.
      Mutato è una parolona, dal mio punto di vista senza significato; moriamo di fame adesso come allora con la sola differenza che lo facciamo con il sorriso sulle labbra, felici nell’attesa della morte. Prima andavamo in chiesa regolarmente…
      ora non lo facciamo più, recandoci in luoghi solitari dove, con altri nostri pari, preghiamo il “Pater Nostrum”, cosa cui siano obbligati per almeno quattro volte il giorno e quattro di notte, chiedendo di liberarci al più presto di queste spoglie “sataniche” e giungere finalmente accanto al Creatore.
      Che cosa è la giustizia e dove risiede?
      Il parroco del villaggio è una persona di ricca famiglia, …
      e come tale, non ha perso l’abitudine di comandare, chiedendo
      imperiosamente l’obolo a chi ha le tasche vuote, neppure fosse
      una tassa, a suo dire, da utilizzare per “il bene della Chiesa”, oltre a
      bestemmiare o derubare. Già; derubare. È così che mio padre definisce il suo ultimo comportamento, riuscendo a invalidare un testamento cui doveva essere beneficiaria una famiglia nostra conoscente, trasferendo la proprietà di un piccolo terreno ma molto fertile, prima alla Chiesa… Il ragazzo che attualmente lavora, suo malgrado, quel terreno è lo stesso che doveva esserne il padrone; spesso lo osservo dissodare o seminare controvoglia, bagnando le piante non solo con secchiate di acqua…ma anche con le proprie lacrime.

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