Il Contest letterario gratuito di prosa e poesia
“Aspettando Santander”
è promosso dall’Associazione culturale “Merisindomu” e dal centro culturale “Nai”
per esortare Giuseppe Carta a:
- Terminare di scrivere “La morale di Santander”
- Decidere se il demone Santander gradisca una casa editrice o voglia essere indipendente.
- …insomma, pubblicare il suo primo “NON ROMANZO” dal titolo “La morale di Santander”
- (e non ultimo) Far emergere le Opere letterarie di coloro che sanno di dover dire la propria.
REGOLAMENTO:
Il tema è libero per entrambe le sezioni,
ma sarà particolarmente gradita l’opera di chi, in compassione con l’Universo, sa che credendo nella propria semplicità e follia, riuscirà ad emergere dal paludoso niente contemporaneo. Sarà inoltre gradita l’attenzione di coloro che non si arrendono alla realtà e sanno che la si può influenzare e dirigere.
Chi è l’artista, se non colui che uscendo dagli schemi, ci rientra dalla porta d’onore?
https://www.youtube.com/watch?v=EHpzJhi47eI&feature=youtu.be
Il Contest letterario è riservato ai maggiori di 16 anni ed è un Contest gratuito.
2. Articolato in 2 sezioni:
A. Short Story in massimo 330 parole
B. Poesia (massimo 60 versi)
3. Per la sezione A si partecipa inserendo la propria opera sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con opere edite ed inedite. Per un facile conteggio delle parole consigliamo di scrivere la short story in un documento word e cliccare in alto Revisione, e Conteggio parole in alto a sinistra.
Per la sezione B si partecipa inserendo la propria poesia sotto forma di commento sotto questo stesso bando indicando nome, cognome, dichiarazione di accettazione del regolamento. Si può partecipare con poesie edite ed inedite. Le opere senza nome, cognome, e dichiarazione di accettazione del regolamento NON saranno pubblicate perché squalificate. Inoltre NON si partecipa via email ma nel modo sopra indicato all’inizio del punto 3. Ogni concorrente può partecipare in entrambe le sezioni e con una sola opera per sezione.
Spiegazioni dettagliate qui: Come si partecipa al Contest
4. Premio: N° 1 copia del “NON ROMANZO” –La morale di Santander– di prossima pubblicazione e N°1 copia dell’antologia di Opere che parteciperanno a questo Contest (vedere punto 11)
Sarà premiato il primo classificato della sezione A, ed il primo classificato della sezione B.
5. La scadenza per l’invio delle opere, è fissata per il 14 Novembre 2016 a mezzanotte
6. Il giudizio della giuria è insindacabile ed inappellabile. L’implacabile giuria è composta dai vincitori dei contest letterari di giuseppe carta:
Giusy Carofiglio (Poetessa) – Isabel Maite: (Poetessa)
Massimo Baggiani (Poeta)- Simone Colonna (Poeta)-
e da Claudia Cogoni: (Lirica Dottoressa)
7. Il contest non si assume alcuna responsabilità su eventuali plagi, dati non veritieri, violazione della privacy.
8. Si esortano i concorrenti ad un invio sollecito, senza attendere gli ultimi giorni utili, onde facilitare le operazioni di coordinamento. La collaborazione in tal senso sarà sentitamente apprezzata.
9. La segreteria è a disposizione per ogni informazione e delucidazione nel profilo facebook: La morale di Santander
10. È possibile seguire l’andamento del contest ricevendo via email tutte le notifiche con le nuove poesie e racconti brevi partecipanti alla Gara Letteraria; troverete nella sezione dei commenti la possibilità di farlo facilmente mettendo la spunta in “Avvisami via e-mail”.
11. Alla fine del Contest è prevista un ANTOLOGIA dal titolo “Aspettando Santander”
Tutte le opere pervenute, che a Nostro insindacabile giudizio dovessero risultare meritevoli di pubblicazione, verranno inserite nell’Antologia “Aspettando Santander”, che sarà pubblicata da una casa editrice che opera a livello mondiale.
Per partecipare al Contest geltOUb senza partecipare all’antologia, è obbligatorio darne comunicazione entro la scadenza del contest, fissata per il 14 Novembre.
12. Diritti d’autore
Per il fatto stesso di partecipare al concorso, gli autori concedono il diritto non esclusivo di pubblicazione all’interno dell’antologia, senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore.
13. La partecipazione al Contest implica l’accettazione incondizionata del presente regolamento e l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai soli fini istituzionali (legge 675/1996 e D.L. 196/2003). Il mancato rispetto delle norme sopra descritte comporta l’esclusione dal concorso.
[…] Tutte le Opere in Contest del contest letterario Aspettando Santander […]
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[…] Ricordiamo che tutte le Opere in Contest si possono leggere QUI: […]
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“Ne abbiamo trovato un altro”
Riprese un attimo fiato e con una smorfia di fatica girò su se stesso e di rimise a correre nella direzione da cui era arrivato.
Dopo qualche decina di metri si fermò e mi guardò spazientito,
“Andiamo?”
“ Ne esiste un altro! Allora è vero!! forse c’è una speranza!!”
Non riuscivo a pensare ad altro mentre andavamo sul luogo del ritrovamento.
Il ragazzo si fermò e mi indicò un punto in alto a nord ovest.
“È li , dietro quelle rocce, in mezzo al lentischio. Io proseguo di qua vado a chiamare gli operai”
E senza dire altro se ne andò correndo.
Mi arrampicai a fatica, ormai era faticoso qualsiasi movimento, anche i più semplici .
La trovai proprio nel punti esatto che mi aveva indicato.
Era difficile da riconoscere, non rimaneva praticamente più nulla di quella che doveva essere una tomba dei giganti.
Cercai quello che doveva essere l’ingresso, lo trovai, nonostante la stele fosse completamente sbriciolata,tutti questi enormi monumenti avevano resistito più di diecimila anni intatti e neanche 10 minuti alla crudeltà delle prove di guerra dell’esercito panoccidentale.
Scavai attorno all’ingresso, con il fiato corto e gli occhi annebbiati, rischiavo di svenire e non potevo permettermelo, presi dalla borsa una bomboletta di ossigeno feci tre lunghi respiri e ricominciai a scavare.
Lo trovai intatto, la terra fortunatamente lo aveva preservato dalle bombe, li alla base di quello che doveva essere il batile, era proprio lui, lo stranissimo innesco a chiave di un gigantesco marchingeno meccanico ad ingranaggi,
Un gigantesco Antikitera.
Scoprimmo e confermammo che la Sardegna era la misteriosa terra “scomparsa” di Atlantide,
Ma non solo, scoprimmo che i suoi famosi anelli, quelli che portavano al suo palazzo, erano in realtà delle enormi celle elettrolitiche che girando producevano continuamente elettricità che serviva per liberare ossidrogeno dal mare, un gas che gli atlantidei utilizzavano per illuminare e scaldare paesi e città, ed alimentare le leve degli straordinari remi meccanici delle navi che utillizzavano pèr il commercio e la guerra.
I nuraghi, gli enormi camini a torre in cui veniva bruciato questo gas illuminavano a giorno la notte dei sardi e fecero risplendere in tutto il mondo conosciuto la loro grandezza .
Il congegno era attivato dal peso di enormi statue di pietra posizionate a guardia delle tombe dei loro avi.
Quando arrivarono i Romani non c’era più traccia dell’antico popolo di Atlantide ma ancora i nuraghi della Sardegna risplendevano del fuoco perpetuo regalato da quel inesauribile gas e non riuscendo a carpirne il segreto e per timore di perdere i profitti dell’olio che loro commerciavano in tutto il mediterraneo come combustibile tolsero tutti i giganti di pietra e li seppellirono in modo da fermare il congegno una volta per tutte e cancellarne definitivamente il suo ricordo.
Riattivare quel congegno era la nostra unica speranza di salvare l’umanità.
Le guerre e la produzione industriale avevano definitivamente compromesso l’equilibrio naturale del pianeta e ormai l’anidride carbonica superava l’ossigeno nell’atmosfera.
I pochi polmoni verdi ancora esistenti non erano sufficienti , la più grande estinzione di massa dopo quella del giurassico era inevitabilmente iniziata.
Solo quell’antico marchingegno poteva permetterci, producendo quel gas, di accedere all’unica riserva di ossigeno ancora non utilzzata… il mare e l’oceano.
Arrivarono gli operai trasportando uno dei giganti di pietra ritrovati a monti prama lo posizionammo sull’innesco, poi un tonfo sordo un leggero rumore d’acqua….
“funziona ancora!!!, ne mancano solo altri quattro!!”
Chiuse il libro disgustato.
“Ma ta Gazzu,,” “mi deppu arregorai di dirgli di non regalarmi più queste cagate di libri di fantascienza”
Prese il libro e lo scaravento al lato passeggero, aumento l’aria condizionata, ingranò la prima e con due poderose sgasate, che annerirono il cielo per un secondo, fece i soliti cinque metri prima di fermarsi nuovamente dietro la chilometrica coda che affrontava ogni domenica per recarsi al Poetto.
Accese la radio e sbuffò
“ oggi apriamo il notiziario con un sorprendente allarme lanciato dagli scienziati, superate le quattrocentomila unita per milione di anidride carbonica nell’atmosfera…..”
(Sezione a- accetto il regolamento)
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DIVINA INVASIONE
Entrato nella storia a portare verità
un dio che si fa carne non s’era visto mai
Un dio che si sacrifica a sé stesso
un fatto come questo non era mai successo
Venuto per salvare e non per giudicare
è nato sotto l’epoca imperiale
per rompere il dominio di un angelo caduto
in capo al nuovo ordine mondiale
Torna, torna in mezzo a noi
solo un’apparizione e li conquisterai
Torna, torna, scendi qui fra noi
apri le menti alla tua verità
e la grande prostituta non ci confonderà
Lo mischiano coi santi, coi saggi e coi maestri
ma sono tutti morti e venerano i resti
Come se non bastasse gli affiancano una madre
Regina Cieli o Terra, compete con il padre
Falsi profeti, attori, filantropi massoni
filosofi e santoni, moderni guaritori
intenti a interpretare in chiave intellettuale
il Verbo di quel Cristo che non è più attuale
Torna, torna in mezzo a noi
Da quando t’ho incontrato il regno tuo è arrivato
Torna, torna, ogni occhio ti vedrà
tu sei l’alfa e l’omega
colui che è, che era e che verrà
La scena è quasi pronta, plasmate le coscienze
controllo planetario di esistenze
Falsa democrazia tinta di ecologia
le basi della nuova economia-idolatria
È un’etica mondiale che fa contenti tutti
giustizia, pace, amore universali
uniti nell’orgoglio del nostro essere umani
ma tanto senza Dio ci resta solo un “io”
Vieni, vieni, “chi ha sete venga a me”
questa è la tua parola
“chi vuole prenda in dono dell’acqua della vita”
Vengo, vengo incontro a te
il tempo ormai è vicino
questo è il consiglio mio:
se puoi, adora Dio
(Sezione B – accetto il regolamento)
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IL GIOCO
Nel cercar l’innamorato s’invaghì d’un rettiliano. Quel vampiro a sangue freddo succhia il suo calore umano, non la ama, non la vede, accecato dalla sete. Finché l’autolesionista corre da una terapista, onde prendere coscienza della folle dipendenza. Ma a cotanta cognizione non fa seguito l’azione, schiava d’un bisogno antico che nessuno ha mai riempito. Passa il tempo a meditare, cresce la sua consapevolezza, ma il vampiro è sempre lì, e il copione non si spezza. Finché un giorno incontra il padre, quello vero, spirituale, che d’amore la riempie fino a su, sopra le tempie. Sente un fuoco che divampa, cade a terra e quando s’alza non c’è più quel vuoto in pancia. S’è spezzato il fatal giogo, e il suo cuore liberato riconosce in un sol quadro che la vera guarigione è oltre ogni sforzo umano: solo Dio rovescia il gioco, con un gran colpo di mano.
(Sezione A – accetto il regolamento)
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RIGETTO
Rigetto la donna dentro allo specchio
Rigetto il corpo che mi sta stretto
Rigetto la madre triste ed esigente
Rigetto la figlia dentro di me
Rigetto i miei ricordi di bambina
Rigetto chi non si è preso cura di me
Rigetto il padre che non mi vedeva
Rigetto l’uomo che non mi riconosceva
Rigetto le carezze invadenti
Rigetto le parole e i gesti compiacenti!
Specchio, specchio delle mie brame
chi è la più buona del reame?
Vecchio specchio delle mie trame
chi è la più brava agli occhi del padre?
Tutta la vita per farmi accettare
ma questa volta no, non mi voglio adattare
E come posso imparare ad amare?
ho il cuore pieno di radici amare
Rigetto il fratello sempre bravo e perfetto
Rigetto l’amica che mi ruba ogni affetto
Rigetto l’abbraccio che mi stringe troppo
Rigetto le lacrime di un cuore rotto
Rigetto la gioia di un amore sano
Rigetto l’intimità che sfiora il sacro
Rigetto un amore dipendente
Rigetto il triste ruolo dell’amante
Rigetto il senso dell’appartenenza
Rigetto ogni forma di speranza
Rigetto la fiaba della principessa
Rigetto il ruolo della soldatessa
Rigetto la parte della sottomessa
Rigetto i panni della vampiressa
Rigetto la mia vita funesta
Rigetto il mito della salvezza
Rigetto la mia stirpe depressa
Rigetto l’emozione inespressa
Rigetto la mia rabbia repressa
Rigetto… me stessa!
(Sezione B – accetto il regolamento)
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“SOVRANITA’ SOTTO UE”
Qui c’è un capo e m’assicura,
sarò capo del mio capo,
con funzioni che però,
a me non saran più in capo,
capeggiando capoversi,
che vagliati da un gran capo,
carezzandomi sul capo,
mi dirà di far daccapo,
con dei modi da non capo,
per celar che lui è il gran capo,
e se ti è sfuggito un capo,
puoi rileggere daccapo.
Paolo Ongaro –
Accetto il regolamento Sezione B
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ROSELLA LUBRANO
SEZIONE B
” SILENZI DELL’ ANIMA ”
Ho attraversato le inquietudini
del mio tempo
nei deserti di sale
dell’ anima,
ho raccolto gocce di solitudine
nel perenne fluire
dell’ esistenza.
Ho viaggiato controvento
su vele squarciate dall’ incomprensione,
ho costruito piramidi di illusioni
sull’ asfalto del mio cuore.
A volte è difficile non morire !
Ho camminato ,
come un vaso di coccio
tra i meandri dell’ indifferenza
in uno scafandro d’ argilla ,
ho abitato una terra sterile,
scavando a mani nude
per trovare l’ essenza del mio io.
E ora sono qui,
debole statua di cera ,
il vento spettina i miei pensieri,
i miei ideali, il mio tutto,
la pioggia schiaffeggia
le mie delusioni,
ormai il freddo mi brucia dentro
sotto un cielo silente,
io, avvizzito,
calpestato,
deriso,
schiavo del nulla.
Accetto il regolamento
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-L’ arte è finita ?-
Ormai cieco,
” esco dall’arte “,
rientradovi da
” altra sede col ”
tatto, l’udito e l’olfatto.
(I 5 versi liberi, contengono l’anagramma di: ” esco dall’arte ” = ” altra sede col ” )
Accetto il regolamento Sezione A
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Sogno
Ho un sogno.
Sospeso, impalpabile,
profumato.
Un sogno di libertà .
Di voglia di semplice.
Fatto di carezze e nuvole.
Di pensieri che volano
come coriandoli.
Di un isola colorata,
colma di cioccolato e sorrisi.
Vestito di trasparenza,
mare,
di piedi nudi sulla sabbia.
Fatto di albe e tramonti
d’assaggiare .
Fatto di tempo che batte,
che appartiene.
Ho un sogno,
che mi vive parallelo ,
mi galoppa affianco.
In lui approdo,m’agito,
mi emoziono.
In lui rinasco ogni giorno
e non m’arrendo.
Ho sete, ne bevo.
E la ti custodisco.
Come rosa blanca ,
che nella natural
mutevolezza ,
dónde todo cambia,
di rosso tinge la passione.
La vivi e gioisci
vestito di bellezza
guidato da sospiri
di chi fu, ed è,
nella battaglia comune,
fuoco vivo e fermezza.
Non scendere,
non qua giù.
Non in questo orrore!
Morti viventi ,
lacrime,
Incuria
non t’appartengono!
Vogliono ucciderti!
Brilla. Resisti.
Voglio un sogno
di Rosse Stelle.
(Silvana Sale )
Sezione B.-Accetto il Regolamento
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La morte di dio
Io sto danzando
sulla morte di dio
sulle sette solitudini
sulla dissoluzione metafisica
è la mia volontà
di potenza.
Dio è morto
liturgia e onnipotenza
Dio è morto
surrogato dalle masse
con il rito vendicativo
della materia e del simbolo.
L’inquieto spazio d’ombra
dove tutto è lotta
è il sottosuolo della storia
Superficie abisso e culto
separazione tra nulla
e senso.
Illusioni pomeridiane
frammento di verità
Maschera tragica
della ragione eletta,
limite del divino,
mai più l’ortodossia avrà
il mio spirito libero.
Il frutto proibito
annuncia
l’ambiguità complessa
della menzogna,
noi abitanti del dubbio
non abbiamo più
bisogno di un dio
che giudica.
Apostoli di noia sulla natura
l’uomo nel suo ritratto, non vive
di verità e di dogmi
ma di un divenire tutto umano.
Tu condannami, dio
io che sono stato
capace del tuo
tramonto
io blasfemo, caduco
io visionario d’infinto.
Accetto il regolamento Sezione B
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Mi è molto piaciuta
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STRADE
L’asfalto è caldo
e l’odore del catrame riempie le mie narici,
la mia pelle trasuda calore,
nell’aria non c’è l’odore della pioggia,
che arriva a rinfrescare questo cuore.
Quanti passi hanno fatto i miei piedi,
per rincorrere la vita di giorni tutti uguali.
Non posso fermarmi ad ascoltare il tempo,
esso non aspetta,
divora le mie aspettative, non mi vuole parlare,
brucia le emozioni nate all’ombra dei cipressi,
che conducono ai cimiteri degli attimi perduti.
Il sole scalda, l’asfalto scotta sotto queste mie scarpe,
fatte di suole consumate e piene di passi.
Così sono obbligato a camminare su questa strada,
per non morire ai bordi della vita,
mascherata a volte con delle bugie,
come un cammello che attraversa
le autostrade dei deserti,
per cercare un’oasi che non c’è,
su di una strada senza tempo,
che non abbia l’odore del catrame.
Accetto il regolamento sezione B
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GRIGATO MICHELE
“Il luogo che non c’è”
C’è un luogo in ogni dove
Ne sono sicuro
Un luogo ove ancora
Il ricordo non è raccontato
Dagli sguardi distratti dei parlanti
Un luogo sereno
Senza lacrime da versare
Senza ciotole invecchiate
Trascurate da passanti assenti
Un luogo colmo di monete dorate
E sorrisi donati
Un luogo di pace ove riposare
Questo mio vagare stanco
Tra le rime squattrinate
Di una guerra d’emozioni abbandonate
Un luogo silenzioso
Dipinto dalle tue mani materne
Dalle tue carezze paterne
Quelle più ingombranti
Un luogo senza tempo e cicatrici
Ci deve essere un luogo nuovo
Ove correre a piedi nudi
Ed occhi bendati
Senza aver paura di volare
È il luogo che non c’è
Quello che cerco
Quando sfregio d’inchiostro
Il mio presente
(Sez. B – Accetto il regolamento)
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Sono Anna Campo e vorrei partecipare al contest, sez A- Accetto il regolamento. Ecco la storia:
C’era una volta…
Un gattino che doveva attraversare la strada.
Era molto piccolo e quella era la sua prima passeggiata da solo.
La sua mamma trepidava dall’altra parte del marciapiede, in ansia per la sorte del suo piccolino.
Ma, del resto, anche lei sapeva bene che non sarebbe mai riuscita ad insegnargli ad essere indipendente se non iniziava a cavarsela da solo anche in quelle cose.
Così lui, il micetto, era li, con una zampina sul marciapiede e una sulle strisce, spaventatissimo.
Quando la gente si riversava sulla strada lui provava ad infilarsi ma aveva una paura folle delle scarpe delle persone che erano due volte lui e sembrava volessero calpestarlo.
Allora faceva dietro-front immediatamente.
Del resto, quando le persone si fermavano, iniziavano a sfrecciare le macchine.
Velocissime.
E questo lo terrorizzava ancora di più.
Restò li per un po’, miagolando disperato,fino a quando due piccole mani lo raccolsero.
Si trovò davanti a due occhi verdi che lo guardavano, estasiati.
Era una bambina che doveva attraversare la strada per andare a scuola, come ogni mattina.
Se lo strinse al cuore e, insieme , andarono al di là di quei pochi metri di asfalto così pericolosi.
Quando, alla sera, la mamma lo stava lavando e lui si godeva le sue coccole, estasiato, gli disse quello che aveva imparato durante la giornata:
<< Quando non riesci a farcela con le tue forze… chiedi aiuto.
C’è sempre qualcuno più grande di te che può prenderti in braccio>>.
C’è sempre qualcuno più grande di noi che può prenderci in braccio.
E’ difficile chiedere aiuto, il più delle volte è difficile vedere l’aiuto che sta arrivando.
Ma se mettiamo da parte l’egoismo che ci porta a pensare di non aver bisogno di nessuno, troviamo la mano tesa per noi.
Non diventiamo anche noi come quelle persone che, indifferenti al micetto, rischiavano di calpestarlo.
Apriamo i nostri occhi e siamo noi stessi le piccole mani che prendono in braccio.
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IRIS VIGNOLA
NELLA SEMPLICE ABITUDINE D’ESSER… DONNA…NATA ALLORA
Scusa sai, se m’arrampico su specchi,
nel pensiero, epicentro di quei sogni ad occhi aperti,
o m’inerpico in un mondo solo mio, dove sgorga fantasia,
dove rievocar quel senso che s’assembla al mio desio,
in cui vige l’armonia, che s’ammanta d’autostima per me stessa
e rispetto verso gli altri, che sian peccatori o Santi.
Scusa tanto, se mi levo prim’ancor che nasca il sole,
assetata della luce dell’aurora,
se mi lascio coccolare dalle braccia di Morfeo,
solo nel chiaror di luna, che m’osserva, nell’attesa che io dorma
e, nel sonno, cerchi il faro che m’illumini il percorso,
navigando poi in quel mare dell’ignoto che m’appare, all’imbrunire.
Chiedo venia se tradisco lo sconforto che m’avvolge,
con la speme ch’accompagna il mio domani,
se i miei passi si rifiutan d’approdar’al sentiero delle spine,
lacerando ancor le carni, nel riaprire cicatrici di ferite,
anelando ad un viottolo sterrato, ma sicuro, circondato sol di fiori,
atti a profumar quest’esistenza che s’accorcia e allor pretende
che incertezze sian dissolte dal suo tempo ch’ancor resta,
che lo spreco non l’intacchi, apportando il suo degrado,
dando agio a falsità di certe menti, che, d’affanni, sono prede deliranti,
bieche vittime d’invidia, senza pace, sol cercanti di colpire
chi ricerca il suo valore ed ha stima di se stessa.
Quel perdono, chiedo adesso, se rimango quel che sono,
dell’ingenuità ch’ho dentro, che rifletto in ogni altro, ingenuamente,
nel pensar che ognun si’al pari mio ed il male sia reietto da ogni cuore.
Se nel mio, c’è solo amore e dall’odio, m’allontani,
non scendendo a compromessi in contrasto col mio io,
se m’infiammi per un bacio e mi perda in un abbraccio
e perfetta, non mi senta, ma volubile e guerriera,
poi, talvolta, non ascolti la pazienza che mi parla, ma impulsiva
io agisca, con veemenza, nel cercare la giustizia, pur errando,
nel guardar solo da un lato e non dall’altro.
Chino il capo, tal perdono sto anelando, dal mio spirito divino,
che mi possa incentivar nel mio cammino,
precedendomi com’ombra fa, col sole,
che d’orgoglio si pervada e di saggezza, nel capire
questo stato di creatura,
di materia anche forgiata, nella semplice abitudine
d’esser …donna…nata allora.
Sezione A Accetto il regolamento
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Diciamolo.
È la fottitura più grande dell’ Universo,
la meno femminista,
innamorarsi senza nessun motivo.
E di nulla.
Una congettura.
Un pregiudizio.
E la dialettica non aiuta, mai.
E il cuore è gustoso lardo fuso
in pasto ai poeti.
Quei cani.
-Sezione B- Accetto il regolamento
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IRIS VIGNOLA
DESIDERI
Nascondeva lacrime innocenti, tra radicate infamie,
mostrando denti bianchi, in sorrisi smaglianti ed ammiccanti.
Pertugi, nella mente, circuivano pensieri,
simulando desideri, luccicanti come stelle,
ancorate a quel suo cosmo irriverente,
prigioniero d’ombra d’un disdicevole degrado
del suo alter ego, di quella che faceva e non pensava niente.
Di colei che rifiutava e viceversa, la sua parte di coscienza,
che tesseva, ricamava, rifiniva una vita alternativa,
rammendando solitudine e squallore, in vuoti enormi,
con l’ago di pazienza ed il filo di speranza.
Desideri impertinenti, timorosi di svanire, essa cullava,
fra lenzuola spiegazzate, che grondavano sudore,
corpi ignudi, misti a umori e ad odori, in rapporti sempre uguali.
Mille amanti frettolosi, mille volti sconosciuti,
non colmavano il ricordo di quell’ora ch’hanno avuto,
nel lasciar la propria impronta, poi dissolta, in un minuto,
sopra il letto saturato del veleno del peccato,
fomentato dal martirio d’un orgasmo esasperato.
Desideri irrefrenabili e impetuosi,
affrancatisi da pene del suo viver licenzioso,
sconfinando e rinnegando ogni traccia di serpente
che, strisciante, rifugiava nella tana bistrattata
e infecondata, dall’amore ripudiato e crocifisso.
Desideri ch’hanno vinto,
nello smetter di giacere fra le braccia di nessuno
e nel cogliere il volere, quel recondito, sol uno,
quel dettato dalla voglia di riscatto del suo ego,
nel riflesso d’esistenza, intrappolato, in quel laido passato.
Sezione B Accetto il regolamento
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Il volto del mio cuore –
La notte sta scendendo silenziosa
ovattando suoni e rumori dentro e fuori.
Rivedo un volto, non riesco più a riconoscerlo.
Razionalizzo,
cerco di spiegare ed allontanare
tutto questo dolore dell’anima
che mi si è rovesciato addosso
senza un motivo.
Mi sento segare l’anima in mille pezzi,
sono stanca di farmi domande
a cui non riesco a dare una risposta,
ho paura e so che non posso cercare nessun aiuto.
All’improvviso
un profumo di rose
una corda di un violino
una nota lontana vibra
spalancando la finestra chiusa.
La nebbia si è diradata
la paura è scomparsa
un suono rischiara come un lampo,
esplode come un tuono
Sei tu, cuore mio, che sei ritornato a VIVERE.
Sezione B Accetto il regolamento
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Sei la foglia che avrei voluto raccogliere mentre il vento d’autunno me l’ha rubata tra le mani.
Accetto il regolamento Sezione A
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Me l’ha rubata dalle mani*
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Correggere una poesia è PO’ Etico ?
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Il ritorno del cavaliere
Il capolettera è grande un pollice e l’inchiostro usato è color ocra.
Un messaggio sfumato su carta vecchia, pregiata, di magazzino abbandonato.
Sono stanco.
Ho avuto molti cavalli, morti di fatica o trafitti da una lancia, ho rotto spade e ho percorso valli colme di corpi che non resusciteranno.
Sono stanco.
Non capisco la miseria. La miseria dentro.
Non ricordo più, dieci anni di guerra cancellano tutto, il bene ed il male.
Ritrovo un mondo piccolo, inadeguato rispetto al puro, perfetto silenzio che porta morte e poi vita e poi ancora…
Mio padre morì qualche anno fa ma nessun messaggero giunse ad avvertirmi.
Dissero che il mio sangue aveva già macchiato la candida neve di una terra maledetta, coperta da nere foreste fumanti, la mia lapide fu eretta frettolosamente nella nebbia.
Ora i vili osservano di sottecchi i miei occhi per scrutare sete di vendetta, parlano con la schiena curva e giurano devozione… Tutto è come prima, tutto si sistema, sussurrano con voce servile e dietro le colonne si scambiano sguardi d’intesa.
L’inchiostro è color ocra come la sabbia che ricopre le antiche tombe nel deserto, come la terra dei fossati intorno ai castelli sulle colline ai confini d’oriente, ocra come gli occhi trasparenti di una prostituta in quella calda stalla di Gerusalemme.
Le parole sbiadite, scritte da mano codarda, insinuano che mio padre è stato assassinato e che, se voglio conoscere l’autore per vendicarmi, dovrò cercare un piccolo scrigno ricoperto di velluto verde, nascosto dietro una pietra smossa della parete nord della stanza in cima alla torre.
Sorrido per il gioco ingenuo e mi vesto con il vestito rosso da cerimonia.
Mentre salgo la ripida scala della torre mi sento sereno, come non mi capitava da molti anni. Giunto all’ultima stanza in cima, apro la piccola finestra e guardo il cielo. Trovo la pietra e lo scrigno verde.
Solo per un attimo vedo gli occhi gialli del serpente che chiude il sipario sulla mia commedia.
Sezione A Accetto il Regolamento
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Straniero
E vado..
con la mia valigia di cartone..
il viso deciso e duro..
le gambe e le spalle forti..
credendo di essere intero…
mi adatterò al mondo nuovo..
e lì..
non il braccio con le mie abilità sarà richiesto..
solo quello che porta pesi…
per accorgermi un giorno….
che più nessuno ha potuto vedere..
e sapere..
chi ero..
e chi sono..
e allora si alzerà il mio urlo roco e ingoiato…
e solo se Dio mi conosce…
sarò esistito.
Sezione B Accetto il regolamento.
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Autunno
La trasparenza dei boschi
tra le nuvole
i rami scaglia
come pugnali.
Accetto il regolamento Sezione B
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Una breve di grande impatto. Bravo
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Grazie, mi fa molto piacere che ti sia piaciuta.
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Nostra Signora degli uomini
Nostra Signora
degli uomini,
santa e profana,
sovrana dei mari,
dei cieli
e delle terre:
a Te or ora
leviamo in alto
il nostro canto
disadorno
di speranza consapevole
e devozione.
Tu che consoli
gli afflitti
e sorreggi gli audaci
e ispiri i giusti;
Tu che ci proteggi
silente
e sanguini
affianco a noi,
sempre
e da sempre.
O Madre pietosa,
medesima sostanza,
carne nella carne
spirito nello spirito,
illuminaci
di grazia,
potenza
e giustizia
sino alla Notte dei popoli
che verrà.
Un ultimo inchino
mentre eretta
t’inabissi,
a poco a poco,
bagnata di luce,
ardente d’amore,
gravida di conoscenza.
Fra le acque
di cera viva
sul tuo guscio
di bianco latte.
Sergio Messere
Sezione B – accetto il regolamento.
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IL LIBRO
Sai quel libro?
Quello che dimenticai apposta sul comodino e che apposta non lessi?
L’ho ritrovato oggi dentro a un cassetto, uno dei tanti vuoti, nella camera da letto.
Dapprima l’ho guardato senza riconoscerlo poi mi ha parlato il titolo, lettera per lettera ho mosso le labbra come un bimbo piccolo che impara a leggere.
Ho faticato a unire le parole, mi hanno colta così di sorpresa.
Sai? Non l’ho aperto, l’ho solo preso in braccio e non ne ho sentito il battito.
Credo fosse morto, proprio come te che ho seppellito insieme alle ultime bugie.
Per la verità, non è ancora tempo.
Sezione A-Accetto il regolamento
Maria Teresa Dotti
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E mi piace!
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ho riempito di te
tutte le nuvole
che coprono il cielo
ora piovimi addosso
………….
. Giuseppe Di Gianfilippo – sezione B, accetto il regolamento
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L’OMBRA
Ho provato a fermarti
mandando avanti la mia ombra.
Tu hai aperto la porta
e lei disperatamente è uscita
senza dirti una parola.
Così mi sono guardata morire
dentro l’alone di un lampione,
mentre mi calpesti il cuore
voltandomi le spalle.
Sezione B-Accetto il recolamento
Maria Teresa Dotti
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-Belle difficoltà-
Niente si muove
mi sembra immobile
tutto il mio mondo
Corre veloce
passa molto vicino
ma non lo colgo
Provo paura
mi sento impotente
ma io non scappo
Ritorna da me
lo sento attirato
ma non è lui
Chiedo ascolto
e mi viene concesso
da te che senti
Voglio danzare
prendendoti la mano
un ballo solo
Lungo la via
che non ha mai fine
senza respiro
Dubbio via
la luce è accesa
io non sognavo
Sveglio di botto
mi è passato il sonno
è la realtà
Fingo stupore
e vecchie novità
mi rinnovano
Sezione B – Accetto il regolamento
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-Patetic novel-
Vorrei dirti una cosa
quando ti percepisco
non sono più io
faccio sempre le mie cose
ma quando ti penso le faccio di più
quando ti vedo mi vengono meglio
se ti sfioro mi nasce un’idea
il tuo profumo la perfeziona
mangiare diventa vita
e quando ti sento ridere
sono di nuovo io
Accetto il regolamento- Sezione A
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Ascolta poco poco…
Ascolta poco poco
Soffia il maestrale forte
Ascolta poco poco
Il fischio del treno lento
Ascolta poco poco
Il politico che come il treno lento và
Ascoltalo poco poco
ma poco ma poco
Sezione B – Accetto il regolamento
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-Quaggiù-
Vorresti bussare alla porta e restare
per poter campare laddove va a male
e il volume si fonde con l’artificiale
e il resto non cambia, si ha la stessa morale
E’ una fuga programmata: la sfida a chi sale
tra musiche inquinate da averne un quintale
non cambi l’annata, non cambia il finale
se il tempo non decide e tu stai fermo a guardare
Usare il buon senso per scrivere un testo
fan pro di se stesso a trovare un successo
ma è sempre lo stesso a decidere il nesso
poi niente di nuovo, qua è lo stesso regresso
Lo stesso sistema ha firmato per questo
e adesso che hai perso, il contesto è diverso
ora che la colpa la dai a chi non è emerso
qua giù si respira un aria strana e accade sempre più spesso
Rit.
Su Le bestie sono ferme
il problema è quaggiù in mezzo a questo gregge
Ti vedo lassu provi a dettare legge
vorresti fare un fuoco senza manco aver le schegge (Ti trovo là)
Vorresti fare un fuoco, vorresti farne un gioco
qua la musica è padrona e tutto il resto viene dopo
Qua il sogno principale si fonde con la notte
e il bisogno che ti assale resta il primo che ti fotte
Superare le paure e abbattere gli ostacoli
tra tante delusioni, frasi scomode ed oracoli
Ho imparato a stare in piedi senza mai fare miracoli
Ho racchiuso le mie forze a star lontane dai tentacoli
E qua fanno una firma su una strofa e contraddirla
è la risposta sotto-sopra a un altro manager che assilla
dove resta la sconfitta ma la tasca vuoi riempirla
dove svanisce il credo di essere un artista.
Tra una scena ormai divisa io rimango quaggiù
Coi miei testi, i miei suoni, i miei argomenti e lassù
non arriva, spengo la tua tv
mentre aspetto solo un anno che poi già non ci sei più
Accetto il regolamento – Sezione B
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Povera Giulia
Era seduta sulla solita sedia, al solito tavolo nella solita tea room e aveva ordinato, come sempre, due biscotti con il solito rooibos. Non riusciva a chiamarlo semplicemente tè rosso perché era ossessivamente pignola. Doveva avere sempre tutto sotto controllo per non affrontare l’imponderabile che le creava ansia e quel seccante tremore per il quale era stata in cura da uno psicologo per anni, senza, peraltro, risolvere il problema.
Il locale si affacciava su una storica piazza del centro storico di Roma e dal suo punto di osservazione Giulia poteva godere di un quadro incantevole: una finestra incorniciava una delle più belle fontane della capitale illuminata da lampioni risorgimentali, che le donavano quel non so che di magico. Quella vista la rasserenava, almeno per qualche momento, facendole dimenticare tutta la sua monotona vita.
La sala da tè era una vera macchina del tempo: luci sfumate, candele accese su ogni tavolino, grandi specchi ornati da collane di lampadine, numerosi scaffali dove facevano bella mostra una serie di libri classici: da Hugo a Goethe, da Hesse a Kundera, da Shakespeare a Hemingway. E poi riproduzioni di quadri famosi ovunque.
Il locale era frequentato soprattutto da stranieri e artisti e l’atmosfera che si respirava era quella dei fumosi ambienti bohemiens della Parigi di Baudelaire.
Giulia esile, di media statura, molto chiara di carnagione, amava vestire sobrio, preferendo abiti dai colori tenui. Aveva 35 anni racchiusi in un corpo da bambina.
Non sarebbe stata poi così scialba se solo avesse curato meglio il suo aspetto, ma lei desiderava essere invisibile.
Dei suoi primi anni ricordava solo che il padre se ne era andato di casa il giorno del suo ottavo compleanno, anche se il suo psicologo le aveva detto che quei ricordi erano persi nei meandri della sua mente per qualche evento traumatico capitatole in quel periodo.
Altro particolare non trascurabile era che la donna non aveva mai avuto una relazione amorosa.
Chissà, forse Giulia invece sapeva, ma non poteva o non voleva ammetterlo.
Giancarlo Economo
Sez. A
Accetto il regolamento
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mi pisce questa narrazione lucida
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Bravo Gian
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Ti ringrazio, felice che ti piaccia il mio modo di raccontare
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Matilde
Esiste un luogo in cui i ricordi si fanno spazio nascosti per tanto tempo nella foresta del cuore . Ricordi dolci cullati da una sedia impagliata ondeggiante, tra braccia amorevoli e ninna nanne stonate.
Frammenti di ricordi come spezzoni di film che allietano l’anima.
Custu este su procu
Custu da mortu
Custu da cottu
custu sidda’a papau
a pitticcheddeddu
no dinti anta lassau.
Un mostro feroce , violento, che tocca insudicia, lascia tracce scure indelebili. L’odore del talco non copre il ripugnante odore del mostro.
E il fendente della sua spada,
certi brandelli d’infanzia Matilde non riesce a buttarli via. Ha cambiato età , città , lavoro , il suo sguardo si perde nell’azzurro limpido del cielo, in quella luce giusta ritrova la linfa per continuare il suo progetto.
Lentamente Matilde si avvia combattiva a incontrare quelle donne che hanno avuto la stessa sorte di incontrare nel proprio cammino uomini vestiti da mostri.
. Una leggera brezza le accarezza i capelli, le ombre ora sono quelle degli alberi delle auto che sfrecciano veloci delle nuvole bianche del cielo .Con un sorriso mostra i denti bianchi alla vita e quella luce che nessuno potrà più spegnere .
Giuseppina Carta (sez.A accetto regolamento)
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Un boato
Tutto barcolla
cumuli di macerie, polvere densa
nel nulla
si dileguano i sogni.
Nell’ immensità del cielo
nuvole vestite a lutto
vegliano l’intimità denudata.
in questa terra
il dolore intimo
non conosce regole.
rabbiose febbrili mani
come ali spiegate
volano, afferrano, consolano,
nella voce del silenzio
asciugano lacrime.
La catena della solidarietà
si fa essenziale.
Giuseppina Carta (sez. B accetto regolamento)
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Marco Caredda, sezione B, dichiaro di accettare il regolamento
Icaro (canzone in Do# minore)
Quegli occhi grandi, piccoli, ma grandi
Baluardo silenzioso di un timore celato
Forse non troppo celato
Forse per niente celato
Com’è difficile liberarsi del passato
Spiegare le ali per volare in nuovi oceani
Vedere nuovi orizzonti
Scoprire diversi tramonti, anche se v’è dietro lo stesso sole
Perché in fondo siamo deboli, vittime di un ego crudele
Masochista, orribilmente realista
Una mano invisibile che ci tarpa le ali
Proibendoci di vestire le sembianze di un Icaro sprovveduto
Ma Icaro sa di essere in fondo
Come noi poveri stolti, soggiogati dal tempo
Ma forse un poco più saggio
Ma forse un poco più folle
E allora bevi
Balla la tua musica sciocca
E allora bevi
Bestemmia il tuo dio, abbandona le tue radici
Vola da solo
O forse, sarebbe uno sbaglio
Illudersi, partire, scordare
O forse, il dolore non è
Un qualche cosa da dimenticare
Siamo figli del nostro passato ma artefici del nostro futuro
Più forti, più grandi, più veri, più umani
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Daniela Ferrari
Grillo Pepe
Grillo Pepe
canta alla notte,
canta alle stelle,
canta a noi
al sonno rubato
da maghi e streghe,
canta all’ Angelo Mikael
giunger deve
a portar conforto
nell’ insonne
miscuglio
di pozioni tramate
nel lugubre antro,
dove s’ addensano
le diavolerie,
girano e rigirano
nelle pignatte
chissà quale intruglio
da riversar qua e la
per il piacer
di disordinar,
ruotano vagano
schizzano il miscuglio,
le ore notturne
divengon ansiose,
ed ecco l’ Angelo Mikael
da Pepe attirato
afferra una stella
la disperde nel buio
sovrasta l’ intruglio
e d’ incanto tutto
si quieta …
Pepe canticchia un saluto ..
” creatura celeste ti salutiam
or dunque ritorniam a riposar “…
… Pepe s’ addormentò
con una piccolissima parte di stella.
Daniela Ferrari
Sezione A
Accetto il regolamento
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Alle 5 un suono di pianoforte riempie il quartiere… c’era solo il silenzio ed il pianoforte, sono rimasta lì a sentire quella musica divina. Usciva d’una finestra del palazzo accanto.. accanto a lui una, (la sua vicina) affacciata al balcone e gridava forte .. bastaaa!! ma il pianista che fosse femmina o maschio poco importa, continuava a regalare ai dormienti il più bello dei risvegli.. è stato magico… io sono rimasta lì con la tazza del caffè in mano, la musica si prolungava… l’atmosfera bellissima..
La vicina chiude le veneziane del balcone di casa con forza, e scende, sta suonando il campanello del mio pianista magico.. lei grida frasi incomprensibili… mentre la musica esce in alto all’etere…senza fermarsi mai, il mio caffè si freddava, Milano si sveglia con il consueto traffico, nebbia e sirene.
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Daniela Ferrari
Amore bivalente
Quali solitarie labbra
chiudono spilli morenti,
spostati nel luogo
profondo dell’ amarezza,
un pianto interiore
sul fiume corrente,
di rosse braci
a scottar sentimenti,
si lasciano,
stremati sul ciglio a trovar pace,
nei colori d’ambra possenti
di tramonti abbelliti
da steli elevati
di calle sole,
nella loro bellezza,
includono un cuore intriso
di tristezza,
questo amore,
questo amore bivalente
dove ogni trova
emozioni non assenti,
fendono e rammendano
le tele del cuore,
d’ autore bizzarro
adagiato sul petto
con il suo fastello
di calle in dono a destar parole.
Daniela Ferrari
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[…] Clicca qui: Contest letterario gratuito di prosa e poesia “Aspettando Santander” […]
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Sezione a Rita Donatini
Luce ed ombra
Frenetica vita, non lascia il tempo per riflettere,
non lascia riposare, ridere o cantare.
Vige la nevrosi del fare, lo stress del primeggiare, la psicosi della quotidianità malata.
Nessuno è’ più disponibile ad ascoltar le pene altrui;
non c’è tempo,non c’è voglia, non c’è spazio.
Un giorno non camminerò più sul suolo asciutto ma su di una risma di pagine scritte e di lacrime bagnate che più non riuscirò a leggere perché gli occhi saranno inondati.
Attraverso le lacrime guarderò la luna ed una nenia d’amore canterò per ascoltare la mia voce; solo lei risponderà alla mesta preghiera;
luce ed ombra si confonderanno,amore ed odio confini non avranno e nell’eterna altalena di giochi, insieme come amiche del cuore,aspetteremo l’alba,mentre l’astro suo compagno nel cielo salirà.
Rita Donatini. Sezione A. Accetto il regolamento
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Rita Donatini. Sezione B
Recondita felicità
È’ fiorito sul ramo
un giorno speciale,
ombra non fanno i pensieri
nel frastuono dell’oggi operoso
mentre inebriano aromatici petali
nei giorni a venire
come soffuse musiche
impregnate di cielo.
Speranza di pace
s’intravede lucente
aldilà del sole
dove tutto è oro;
leviga le pene il tempo
e forte si farà l’essenza tua
attraverso le prove
che la sorte t’addice.
Ma tu, recondita e pacata felicità
nel cuor sopito alberghi,
nell’esplosione d’ebbrezza trionfi,
a coronare, quasi per gioco,
l’infinito di nuovi orizzonti,
colmando ogni anfratto
con petali di golosa serenità
e foglie di cosmica fantasia
ad apprezzar il tuo fulgido domani.
Rita Donatini
Accetto il regolamento
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PREGHIERA LAICA
Signore che così mi hai voluto
donandomi una parte di te plasmata nella mia anima,
rendimi capace di sentirla,
rendimi capace di ascoltarla.
Fa che riconosca in ogni essere vivente il mio più caro fratello,
fa che abbia l’umiltà di donargli il mio aiuto.
Dammi la forza per gioire ogni giorno
per il solo motivo che ancora una volta ho la possibilità
di vedere il Sole e le Stelle.
Rendimi gentile e comprensivo,
perché la gentilezza è la parola dell’anima.
Fa che io comprenda che un peccato
è solo un male che faccio a me stesso.
Fammi dispensatore di sorrisi,
spiragli di luce e messaggeri di speranza.
Allevia la sofferenza di chi è malato nel corpo e nello spirito. Che io possa peccare di Altruismo,
di Compassione, di Amore, di Generosità
e che possa ricongiungermi a te con la serenità e la gioia di chi, dopo tanto tempo, ritrova sua Padre.
Ma, soprattutto, fa che io comprenda che nessuna Chiesa,
nessuna Moschea, nessun Tempio ti contiene
più di quanto ti contenga io
Accetto il regolamento sezione B
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” Il nostro Sistema è una struttura ignobile che ci vieta di conoscere le vere potenzialità dell’ibrido umano, ci vieta di avere dei liberi percorsi spirituali che potrebbero portarci a ricordare le esperienze di vite passate e conseguentemente a scegliere il nuovo cammino che desideriamo affrontare. Siamo rinchiusi in una gabbia di menzogne storiche, religiose, economiche e politiche, distratti con problemi e sistemi che ci privano della naturale capacità di percepire le energie cosmiche in modo da comprendere la reale provenienza e natura umana.” – Accetto il regolamento – Sezione A
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L’intenzione elementare di un atomo di luna (a Liam ovvero Luna)
Mi vesto di luna
per riconoscere una sorte di carne al mio nome,
lo riempio con il mio batticuore di falena
nel valicare le ombre che la notte risucchia in sé,
ogni atomo del suo corpo è una lacrima di pioggia
che purifica la recita della mia attrazione
nel suo comprimere l’infinito in una forma,
diafana e donna.
A volte mordo la polvere dei sogni
nell’obliquità di una preghiera concentrata in una sola parola,
altre canto la separazione elementare dalla mia primizia di primavera
che ritarda in me il minuto d’incarnazione della luna
tra le mani a coppa della vita.
Vivo d’aria in ogni suo sinonimo
al limitare della solitudine di un mimo,
vivo di un’intenzione invisibile ad ogni occhio d’uomo
tra le righe dell’impasto che ci forgia all’esterno,
lontano dal silenzio che permea la scia a versi delle nuvole in un cuore.
Sono un uomo luna,
dalla natura indefinita come un binario che s’infrange oltre,
dal profilo d’acacia che innamora e resta.
Credo nel colloquio degli errori,
nell’importanza della congiuntura della parola,
e nel perdono del concepimento.
Sento che tutto questo preme, in me, sottilmente, verso una pentecoste d’amore pervinca.
Come la punta di una spina madre di rosa al cielo.
(Sezione B – accetto il regolamento)
Davide Rocco Colacrai
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Una piccola luce
Scrivo di te,con poche parole.Racconterò di quella volta che hai preferito un’altra a me,storia comune direte voi,storia di passione dico io.Forse quel giorno che ti ho conosciuto non ero al massimo della forma,purtuttavia ti ho affascinato.Ricordo che arrivasti alla mia festa di compleanno a bordo di una Vespa,in compagnia di non so chi.16 anni sono pochi per non restare folgorata da quegli occhi verde mare,capelli biondi scompigliati. Lasciasti il casco ad un amico mentre venivo incontro a te.Forse il ballo non era il mio forte,ma mi stringevi e mi lasciavo guidare.Non so se l’ho sognato,tutta la sera a ballare con te .Chissà cosa mi immaginavo,nemmeno ho capito che succedeva.Lei é arrivata e ti ha baciato.Andasti via come il sole che nasconde dietro le nuvole la sua luce.
Gerardina Rainone
(sez.A-accetto il regolamento)
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Il naufragare della speranza
Naufraga la speranza,
anche se è l’ultima a morire.
Moribonda attende
di sprofondare nella lusinga.
Agonizzante crede
di rinchiudersi nel miraggio.
E invece vive ore di sogno
che nell’idea la cullano.
Annaspa, cerca e freme.
Mai s’arrende perché ha capito,
che ali robuste le hanno solo le chimere.
Cristina Biolcati
(Sezione B – Accetto il regolamento)
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-L’AUTUNNO-
RISPLENDE IL SOLE D’AUTUNNO
SULLE CORDE DELLA VITA
MI SEI VICINA COME MARIA ACCANTO ALLA CROCE MI SONO INNAMORATA DI GESU’ CHE PREGA A MANI GIUNTE GESU’
MI OFFRE LA SUA SANTA CROCE NELLA MIA ATROCITA’
LEGGO I DOLCISSIMI OCCHI DI GESU’
IL RESPIRO TRASPARE VERSO L’ANIMA CIECA
COSA NON SI VEDE CON OCCHI MENTRE IL CUORE BRUCIA
I MARTIRI DELLA VITA ABBANDONANO I CAMPI
DI GRANO OGNI CHICCO HA L’ODORE DI NEBBIA
DI PIOGGIA DI CENERE
CAMMINA UNA DONNA CHINA SUL CAMPO GRIGIO E’ MARIA
CERCA I FIGLI NASCOSTI NELLA POLVERE I SUOI OCCHI
PIANGONO D’AMORE.
PERCHÈ I SUOI FIGLI SONO SONO STOLTI E SORDI
RACCOGLIE AD UNO AD UNO I CHICCHI CADUTI CHE NON POSSONO GERMOGLIARE
SOTTO LA SPADA DI SATANA LI METTO
NEL TUO GREMBO E LI CULLI AFFINCHÈ’ RINASCONO
Sezione B Accetto il regolamento
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Magica notte
In questa strana notte
un po’ magica un po’ no
il vibrare di un violino
intona una seducente melodia
Esco attratto da quell’ipnotico suono
che stordisce la mente
In alto mille diamanti
incastonati in un manto di velluto blu
Mi avvio senza una meta
solo per ascoltarmi nel silenzio
in questa strana notte
un po’ magica un po’ no
Giancarlo Economo
Sez. B
Accetto il regolamento
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Mi piace molto, Giancarlo, Ciaooooo.
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Cristalli di sale
Vado inciampando
Ognora
Su cristalli
Di sale
Inardititi
Ammucchiati
Davanti
Alla soglia
Del tuo cuore
Se accendi
La speranza
Torneranno
Ad essere
Lacrime di gioia
(Sezione B accetto il regolamento)
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L’odore delle cose vecchie
L’odore delle cose vecchie,
delle case dimenticate,
ritrovai
una mattina d’inverno
salendo su quel folle treno.
Conoscevo esattamente la destinazione.
Mai avrei immaginato
che nel correre in avanti
potessi tornare tanto indietro,
nel mondo incantato dove
la neve era zucchero a velo
e la luce era di candela.
Andavo verso lui che conoscevo appena,
eppure da sempre,
e ritornavo bambina,
quando mi alzavo presto al mattino,
e vedevo tutto il cielo in una finestra
e respiravo il vento per volare
e non sapevo ancora
che quell’odore, ascoltato e dimenticato,
sarebbe rimasto tanto dentro,
assorbito come in una spugna,
da riportarmi,
Oggi
in un attimo,
a Ieri.
Erika Petrossi
Sezione B
Poesia edita
Accetto il regolamento
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Gli eventi non succedono
Se non hai la passione,
Il fuoco vivo intenso
Che cambierà la storia.
Quell’alito di vita
Di cui non chiedi nulla
Ma ti accompagna ormai
In tutte le tue scelte.
Gli eventi si succedono
Con rapida sequenza,
La rima é sempre quella
Amara ma bella,
Virare dritto
Verso una stella.
Gerardina Rainone
Accetto il regolamento
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Da questo lato
Con mani come viscere di stelle
ma al di là di questa notte d’argilla
emergi dall’altro lato della tela
priva di scopo e di contorno
indecifrabile dentro il mio sangue
lo so che tutto qui è catena
per questo tu non mi puoi toccare
io non ti chiamo a viva voce
e non esonda il tuo respiro
nemmeno in vento magro
o rabbia lucida
qui non c’è approdo
se non l’immenso
ed è sottile e glabro
come sentore di un delirio
la malattia di vivere
la sua bugia
la tua pienezza
in alba
fetore sacro
da questo lato della tela
Alessandro Fiori, sezione B, accetto il regolamento
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Pescatore
d’anime smarrite,
cacciator di maschere
di demoni scolpite.
Dannato,
folle cantor
di fiabe colorate,
grida di dolore
di vittime,
nell’intimo sfregiate.
Istrione, menestrello,
nudo quando piove,
al sole con l’ ombrello.
Nasce ad ogni alba,
per poi perir
al tramonto,
per tutti i diman
a venire,
sino a perderne il conto.
Spregiudicato e irriverente
persegue la sua meta,
sgomenta, è sorprendente,
carezza l’emozioni,
chiamatelo poeta!
Accetto il regolamento
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“Viscere di stelle”, pulsano in una ferita di luna 🙂 mi piace
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24 Agosto 2016
Il golf azzurro del cielo s’è impigliato
a cespugli di nuvole corvine
che l’hanno scolorito, e poi strappato,
mettendo a nudo i graffi delle spine.
Spinge il vento la pioggia sulle alture,
mentre s’affanna a ritrovare il sole.
E’ a lui che svelerà le sue paure,
e la sciagura che gli morde il cuore.
Lacrime intanto iniziano a cadere
sul pallore spettrale della sera:
si spegneranno infine nel braciere
di una notte silente e menzognera.
S’ode lontano il pianto di un bambino
avvicinarsi ai borghi addormentati,
e una saetta percorre l’Appennino,
accolta da collerici latrati.
Esplode un tuono tra gli alti campanili,
e l’universo sembra vacillare.
Le greggi abbandonano gli ovili,
quando ad oriente comincia ad albeggiare.
Il gemito del bimbo s’allontana,
svanendo in una bolla di sapone.
E una scossa possente, disumana
lascia trionfare morte e distruzione.
Oh madre terra, prodiga nutrice
perché hai tradito chi ti ha sempre amato?
Chiedono affrante le genti di Amatrice
che una risposta avrebbero apprezzato.
Sezione B Dichiaro di accettare il regolamento di Aspettando Santander
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L’ultimo sorriso
Il forte vento della notte aveva strappato via i petali dei fiori del giardino dei nostri ricordi. Divampavano accartocciandosi sfiniti in angoscia, come fiammelle su un fuoco che ardeva. Avevi promesso di farmi leggere i diari della tua vita che rivelavano segreti custodendone infiniti. Una lampada bassa pendeva dal soffitto della tua camera e sulla scrivania giacevano pagine impregnate di lacrime e sogni. Avvertivo il loro fluire dalla rigida forma così severamente immobili in vuoti spazi sbiaditi dal tempo. Pagine, invulnerabili che ci appartenevano perché prigioniere del fiume dei ricordi del nostro passato. Sentivo su di me, i vecchi sogni affidati agli oceani sconosciuti, dove s’affollavano gli echi delle nostre risate. Tutt’attorno ruggiva la doppia coscienza che aveva soffiato via l’ultimo tuo sorriso. Ti esortai a renderti conto che avevi tutta la libertà in te stesso, senza preoccuparti del destino del mondo e di risolvere il tuo problema individuale che non era nient’altro che una questione di liberazione. Avevi viaggiato in lungo e in largo per accorciare questo senso di disagio, immediatamente dissipato dal calore della tua anima. Era in te la pienezza che è così manifesta nella dura esperienza della vita che a volte manifestavi con toni alti e con eco sottile e acuto.Una girandola roteava al lieve soffio di vento quando, quel giorno, la morte bussò alla tua porta. Pensieri che trasudavano di un’esistenza vulnerabile piena di segni, stordita da quel dolore indagatore che ti portavi dentro.
Pensavi di aver perso la tua identità cercavi un nuovo significato, della tua vita. Ti avevo lasciato là seduto, ben lontano dall’immaginazione che sarebbero passate solo poche ore prima di ricevere tue notizie. Forse era quello l’ultimo sorriso, che desideravi lasciarmi, prima di lasciarti andare in quell’acqua oleosa dove sapevi che non ti saresti tenuto a galla. Una partenza che ha segnato la fine del tuo dolore e l’inizio del tuo viaggio per le stupende immaginabili diversioni della vita, dove il tempo e lo spazio non esistono.
Sezione A – Accetto il Regolamento
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Bello
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Ti ringrazio di cuore per il tuo apprezzamento.
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Ventre della follia
Benedetto ventre della follia
da cui discende tutta la bellezza
che ci adorna.
Frenetici pensieri che
dibattendosi fuggono da questo
roseo ordine di nascita.
Piccolo fuoco della procreazione
che vive entro la melma
dell’incoscienza dei mondi.
Radici di vita agganciate
a una realtà che inaridisce i
nascenti germogli dell’essere.
Dubbio che divampa
nella desolazione e come fiamma
roteante s’insinua nelle vene fra
terra e cielo.
Sezione B – Accetto il Regolamento
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di MIXA FORTUNA
CAR* COMPAGN*
Per stupore di genere siamo diventati tutti asteristichi
Per me ha senso solo il plurale e il singolare
Chi l’ha detto che tutt-i è maschile?
L’importante è che sia plurale.
Dico secondo la nuova grafia: io sono bell*
Ma non posso: la desinenza non si può ignorare
La desinenza è dettaglio
Se ho paura di un dettaglio ho già perso la battaglia
Né il maschile si può ignorare
Né il femminile si può imporre
Non avrei fatto altro che invertire l’ordine
Di una discriminazione biologica
Ci sono parole solo femmine
Altre parole sono maschi e basta
Ci sono parole miste e altre sono solo singolari e solo plurali
Ma una parola senza desinenza è un’incompiuta, un abbozzo , una rivoluzione che
si è fermata al giardino di casa
Magari sbaglio la ripeto ancora
Car compagn – car compagn – car compagn
Stride come sapere di una tortura, di una cattura, del Muos e del caporalato
Come si fa a togliere voce alle parole senza abuso?
Piuttosto voglio espandere la Parola piuttosto metto più fiato
E vi dico care compagne e cari compagni
Alla parola /compagno / ci hanno pensato Pagani e Gaber
A voi compagni non ho molto da dire al momento se non che
Spero possiate assomigliare all’idea più bella di voi stessi
E che tra le vostre priorità ci sia un rigoverno dei vostri più bassi istinti
A voi care compagne di sogni di evoluzione di lavoro
Compagne di gioco che dura poco
A volte vorrei dire qualche parola
Tutte con la desinenza visto che siamo in plurale feminino (sic.)
Sono tante le domande che si affastellano, come profughi sui Balcani
Non vorrei ma devo ammetterlo
Ho visto me e ho visto voi scegliere bersagli tra noi
E sfoderare virtù aguzzine per la malcapitata solitaria ignara
Care compagne lo devo cantare
Noi che potremmo unirci ed essere solidali
Come le curde alla guerra fiere e strateghe
E il brivido del potere mette la fregola della dimostrazione al pubblico
Si scelgono le rivali a fior di pelle, per senso di malizia
E desiderio primario di oppressione
Iniziamo dallo sguardo a togliere distinzione
L’asterisco diciamolo agli occhi
Sarà un’alba nuova
Quando tu compagna guarderai Lei, Lei che non ti fa respirare
E vorrai danzare
Senza volerti paragonare
E vorrai parlare
Senza volerti misurare
E vorrai lottare
Senza esser territoriale
Sarà quello un giorno bello
Le donne faranno festa per il Neutrale
Avanzeremo unite acquatiche e composte
Irroreremo la terra di mestruo
E scopriremo nel riso l’innesto
Sezione B – Accetto il Regolamento
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Un testo davvero intelligente. Brava.
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Applauso
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La Frazia Antonella
Dietro le tende
… E non sapete,
il perbenismo di facciata.
L’amore nero nascosto
dietro le tende.
Fiori al balcone,
deserto al cuore.
… E non sapete
la neve che copre l’anima
di paura.
Il saluto al mondo,
il gelo agli occhi.
… E non sapete
i sorrisi gentili,
inamidati per l’occasione.
La bocca imprecante
di parole di lava, nascosta.
… E non sapete
le mani cortesi,
salutano,
accarezzano bambini.
Le mani di pietra,
che si ergono
su teneri agnelli
celati agli sguardi.
No, no,
non sapete
il buio dietro queste mura.
Sez. A accetto il regolamento)
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La Frazia Antonella
Lontano
Vagoni di treni
su rotaie morte,
corrosi,
rugginosi
segnati,
occultano vite
scordate dal tempo.
Ricordi …
Fragranze di viaggi
giornale e caffè.
Lontano …
Partire,
viaggiare.
Sepolto lo scettro
che vincola e incombe
lasciare le lente mattine,
l’andare distratto
di cose già fatte.
Momenti
vissuti,
vissuti,
vissuti.
Lontano
e lasciare le lacrime altrove.
Andare a volare
con gli occhi puliti.
Lontano
e passi su passi
voltare le spalle,
aprire le ali
volare
lontano,
lontano,
lontano …
(Sez.B accetto il regolamento)
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LA FAVOLA MIA
C’era una volta in un paese non molto lontano, un bellissimo bambino dagli occhi profondi e dalla capigliatura biondo cenere. Egli era ammirato da tutti per la sua bellezza, il suo sorriso e per la dolcezza che emanava ad ogni suo sguardo. I suoi genitori erano fieri di lui e nulla poteva turbare questo idillio che univa questa famiglia. Un bel giorno, che tanto bello non fu, il bambino cominciò a stare male. Non aveva mal di pancia, né mal di testa, ma i suoi modi così graziati cominciarono a cambiare. Non riusciva più ad eseguire anche le cose più semplici, come correre nei prati, parlare con i suoi amici e nemmeno con i suoi genitori. Non controllava neanche i suoi bisogni e spesso si bagnava nei pantaloni. I suoi genitori preoccupati corsero dal dottore ma questi sminuì l’accaduto dicendo che era un fatto normale dovuto alla crescita del bambino. Il bambino però stava sempre più male ed allora i poveri genitori si rivolsero ad un dottore ancora più bravo che capì il problema ed iniziò con loro un lungo periodo di cure, per migliorare la malattia che aveva colpito il povero bambino. Questi cominciò a stare meglio e i suoi genitori presero a sperare nella guarigione del proprio figlio, ma il grande dottore un giorno li chiamò dicendo che il bambino non sarebbe mai guarito completamente perché egli era affetto da una malattia quasi inguaribile. Questa malattia si chiamava autismo.
Il grande dottore aveva ragione, essa rimase presente nel ragazzo dai capelli d’oro, ma l’amore dei genitori e le cure costanti resero questo spirito libero sempre più forte ed autonomo.
Questa favola ci insegna che si può convivere con il male che non va mai via, che si accetta guardando al futuro sempre con fiducia e speranza, aiutando il prossimo, il nostro amico vicino, perché non è diverso da noi. Non sarà il colore o il credo ed in questo caso un bizzarro modo di agire a farci desistere nel cercare nell’altro l’amore e l’amicizia di cui noi tutti abbiamo bisogno.
Corrado de Bari Sez.A – Accetto il regolamento
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IL COMPLEANNO INDIMENTICABILE
Z era felicissima, si avvicinava il suo compleanno e poteva organizzare una grande festa. Spedì gli inviti e chiamò anche le colleghe d’oltre mare, l’alfa, la beta, la dabliu. Intervennero tutti, tranne la lettera A. Che strano, si chiedevano, sarà mica influenzata? Sul più bello, comparve A tutta trafelata. Iniziò ad inveire contro la padrona di casa, accusandola di non averla invitata perché gelosa di lei. Z mortificata si difese dicendo che mai avrebbe fatto alla regina delle vocali un torto simile, ma A non le credette e decise seduta stante di entrare in sciopero. A nulla valsero le suppliche delle colleghe e se ne andò tutta impettita. Naturalmente la festa si spense e decisero di riunirsi in Gran Consiglio per sostituire la lettera A. Intervenne la W, dicendo di essere poco impegnata nel vocabolario italiano ed offrendosi di sostituire temporaneamente la A. E così la W cominciò a lavorare: che macello! Nessuno riusciva a farsi comprendere, comprare un alimento semplice come il pane era diventato una gimcana tremenda di torsioni di bocca e vocalizi strani. Qualche folle inventò un congegno per tradurre le parole contenenti la A, ma non funzionava perché la A era sparita da tutti i software. Vennero tempi duri per la comunicazione, tutti balbettavano parole senza senso. Le lettere si riunirono nuovamente in Gran Consiglio e decisero di ingaggiare un investigatore privato. L’investigatore si recò a casa della A per cercare qualche indizio: nella cassetta postale trovò l’invito per la festa di Z ed un appunto indicante un Albergo a Manila. Rintracciò subito la A che, ancora arrabbiata, non voleva nemmeno rispondere al telefono; allora decise di mandare un fax dell’invito in modo che A lo leggesse e si rendesse conto del disguido postale. Così A tornò, molto abbronzata e riposata; il Gran Consiglio ringraziò W per la buona volontà mostrata. Finalmente tutto tornò come prima, o quasi, perché A, con la sua tintarella, provocava una leggera allergia sulle labbra di chi la pronunciava.
Rita Licenziato sezione A – accetto il regolamento
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Mi è piaciuto moltissimo leggerti. Un racconto fantasioso e intelligente, ben scritto davvero.
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Saranno le frequentazioni teatrali? 😀
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Piaciuto molto Rita!
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La favola non è male, ma l’autismo non è una malattia ….
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DISEGNO UN CUORE
Sei in ogni immagine
in ogni momento
della mia giornata
in un cupo sgomento
in un battito di vita
Sei la chiave d’accesso
al mio terminale
perché il tuo nome
mi rimanga impresso
sarà scontato
o forse banale
ma tu per me
sei l’essenziale
Cerco sempre un tuo saluto
un tuo abbraccio
perché ho sete del tuo amore
e sui muri, sulla carta,
sulla roccia o sulla sabbia
disegno un cuore
Si, perché ogni cosa
che io guardo
stranamente
ha la forma di un cuore
e ne resto stupito
nell’anima e nello spirito
Ne ricalco i contorni
e ne ammiro le sfumature
e sento il mio cuore
sorridere
perché tu mi hai insegnato
ad osservare
ciò che la natura dona
nella sua semplicità
nella sua purezza
tu che sei frutto
di un’umana ingenuità.
Sezione B Accetto il regolamento
Corrado de Bari Tdr@
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ICARO
Mai dei versi di mare han voluto
così tanto un corpo; giammai rifiuto
fu come quel del biondo di cera:
cadde la celeste cima con la falce di sera.
Ritrova lo scoglio il corpo,
le ali ormai liquide nel sale orbo
e il sole cattivo non piange sottovento,
né contento ride sul vestito rotto.
Oh rondine di sogno ricuci tu il lutto,
che non fu d’esempio: le parole eterne scottano
nel petto.
MANUEL PAOLINO
Accetto il regolamento
SEZIONE B
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MI MUOVO MALE-
Mi muovo male
tra le (mie) fissazioni
in fila per due col resto per sempre
Ho fatto una faticaccia
mentre mi parlavi
del tuo più e del tuo meno
a cercare di non poggiarti le mani tra i capelli
Ti avrei tolto gli ormeggi.
E ti avrei lasciata andare alla deriva
di una te stessa che non conosci ancora.
Di una me stessa che non conosco ancora.
LUISA LUPICINO
ACCETTO IL REGOLAMENTO
SEZIONE B
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LA PICCOLA PARTE
La piccola parte
mi tengo
che tu non usavi,
la piccola parte
in un canto
che neanche sapevi.
Qua fuori fa freddo,
alle volte
non so come fare.
La piccola parte
ricresce,
non faccio del male.
Sezione B Accetto il regolamento.
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IL CORAGGIO
Non immunizza dai mali
restare ai bordi della vita
senza avere il coraggio
di guardare giù.
Esistere senza essere.
Pedaggio di realtà scontata
e apparente che
esclude il divenire.
Supplizio ben peggiore
di una realtà attiva
e dinamica
qualora il fluire
decidesse di sorprenderci.
Licenziato Rita
Accetto il regolamento sezione B
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No non immunizza dai mali 🙂 bella
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Sezione poesia
-In imperturbabile posa-
Sembro la luna
tanto son tranquilla
e per giunta le guance gonfie
come di acquolina
quasi che il nuovo ostacolo
sia sfida succulenta
Invece non è così
ma si dice ch’è meglio una siepe da scavalcare,
foss’anche più alta di otto giraffe impilate
piuttosto che trascinar le suole
tra sbadigli e mozziconi
da qui o da là
fino all’ombra dei cipressi
Penso io -che bello sarebbe
poter rotolare
in imperturbabile posa
lungo la vita
poi magari una buca
e giù!
in bocca a una stella che strilla
e ritrovarsi appesi all’ugola sua,
liana arricciata
dall’umido senso del nulla.
Claudia Magnasco
Accetto il regolamento
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Short story
Ti sogno Domani
Mentre annodo quest’oggi al tramonto non penso granché al domani.
Potrebbe essere gerla di pace, oppure mazzo di bussole rimbambite
ciascuna a indicare una via per giungere al seno di mamma utopia.
Non fa differenza adesso, non mi va di ascoltare la luna
che stona speranza all’ombra di un’alba forse nefasta o forse no.
Quindi farò i conti col domani non prima di domani,
se non altro risparmio energie ché chissà cosa capiterà domani!
E poi dai, lo sai che io lo sogno e basta il domani,
lo sogno sempre come mi pare, senza cavilli e pensieri
e sogno solo che sarà amore, quello che ancora non conosciamo.
Amore che ingrassi quest’oggi ossuto per farci rinascere tutti…
domani! Oh sì, mi piacerebbe fosse ora domani
invece è sempre e soltanto oggi.
Claudia Magnasco
Accetto il regolamento
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Uno stile davvero interessante.
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Piacere mio, grazie.
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Per fortuna, aggiungerebbe Santander! (Sempre in mezzo ai pensieri altrui…. ahhahaha 😉
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Brava e non solo con la poesia 🙂
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Alice si svegliò di soprassalto.
“Alice…. Alice…”.
Alice scese barcollando e stordita dal divano. Anche quella notte si era addormentata lì senza trovare la forza di raggiungere il letto.
“Alice…. Alice…”, continuava a miagolare sua madre con la bocca impastata.
“Ho sete”.
Senza rispondere, Alice raggiunse la cucina, inciampando in un bicchiere rovesciato a terra.
La cucina odorava di sugo bruciato e di piatti sporchi. Nella penombra si intravedeva il disordine di giorni e una collezione di bottiglie vuote.
La madre bevve tutto d’un sorso e ripiombò sul letto madida di sudore alcolico.
Alice pranzò da sola, nel silenzio della cucina. Sul tavolo anche il piatto della madre, coperto da un altro piatto. Avrebbe mangiato più tardi, quando il torpore etilico avrebbe lasciato il posto a una fame nervosa che si sarebbe placata dopo il primo boccone, affogato in altro alcol.
La madre, dopo il pranzo a base di gin, era tornata a letto barcollando e imprecando contro Alice che era stata la sua rovina, l’ostacolo alla sua carriera nel mondo dello spettacolo…
Alice era abituata a quegli sfoghi, anche se non poteva evitare di sentirsi realmente in colpa per quella madre bellissima ai suoi occhi a cui aveva rovinato la carriera e la vita.
Era assorta in questi pensieri quando udì un tonfo e un grido soffocato.
In camera trovò la madre riversa a terra con un rivolo di sangue che le scendeva dalla tempia.
Alice faticò non poco a sollevarla e a riadagiarla a letto. Poi corse in bagno a prendere il flacone dell’acqua ossigenata, un batuffolo di ovatta e un cerotto. La medicò amorevolmente, nonostante le imprecazioni della madre.
Era ormai ora di cena. Alice tagliò due fette di pane e ci infilò del prosciutto cotto. Si versò del latte e andò a mangiare in soggiorno, sul divano.
Selezionò alla tv il canale dei cartoni animati.
Era stata una giornata pesante, una vita pesante. Troppo, per una bambina di 9 anni.
Flavia Novelli
Sezione A
Accetto regolamento
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un migliaio di cavalli
è possibile acquistare un scala per il paradiso
ma il silenzio della voce della cicala
non si può schiudere
seduto alla finestra ovale dell’orizzonte
immerso nel ondata speroni di erba
quanti secondi di veglia sonno a catena
uno zoppo o infinito senza fine di a?
il numero di stelle che gli incorniciava baldacchino
dove bagna mese come un tondo decimali
l’amore fisserà filigrana
e noi spezziamo fosforo secondi
accarezzando le parole criniera
perché io sventolato sulle spalle
respirare sale bianco
luna piena
/ seppie mari stellato /
chi innca destino
chi notte vapore ancorare vicino alla riva?
Accepto il regolamento – sezione A
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ottimo racconto.
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Mese decimale
un migliaio di cavalli
è possibile acquistare un scala per il paradiso
ma il silenzio della voce della cicala
non si può schiudere
seduto alla finestra ovale dell’orizzonte
immerso nel ondata speroni di erba
quanti secondi di veglia sonno a catena
uno zoppo o infinito senza fine di a?
il numero di stelle che gli incorniciava baldacchino
dove bagna mese come un tondo decimali
l’amore fisserà filigrana
e noi spezziamo fosforo secondi
accarezzando le parole criniera
perché io sventolato sulle spalle
respirare sale bianco
luna piena
/ seppie mari stellato /
chi innca destino
chi notte vapore ancorare vicino alla riva?
SEZIONE B
Accetto il regolamento.
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Accade quando i cani (e noi)
passeggiano e qualche pazzo
ulula
La luna oggi è a metà
e no contiamo nulla
Siamo piccoli chicchi di riso o meno
Tutto gratis (quello che conta)
l’amore che ti porti dentro
fino a sciogliersi
A volte tutto gira attorno alle chiavi
e girano
Qualche porta si apre e scendi fino a perderti in un labirinto
dove soffia l’ariete e mille spezie volano a turno
e tutto profuma di Luna cannella.
Dove vai volano le foglie
Mi avvolgono
Accetto il regolamento – Sezione B
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Molto bella
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grazie mille!
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Bella
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ELENA SPATARU
Giovani dentro
Mille rami
nel nobile ripostiglio della mente
con una particolare atmosfera,
fiore per fiore
rinascono le parole
col filo d’oro
per un tratto di saggezza
in un fuoco continuo
si compie la geometria dei sentimenti
giovani dentro…
magici versi.
SEZIONE B
Accetto il regolamento.
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FOLLE COMPAGNIA
Rifletto sulla vita e sulle sue brutture
Sui problemi della gente e le tante paure
Sugli orrori del mondo ormai allo sbando
Che sempre più morti in giro va lasciando
Guardi la tv e rimani impietrito
Rendendoti conto di quanto l’uomo ha fallito
Le notizie a cui ormai siamo abituati
Son sempre quelle di morti ammazzati
Donne trucidate da compagni gelosi
Anziani uccisi da badanti pericolosi
Gente che in nome della religione
Miete terrore per commissione
Stragi giornaliere sfiorano le nostre esistenze
Provocando dolore per tutte quelle violenze
Trovandoci inermi dinanzi a tanta follia
Che sembra diventata la nostra più grande compagnia !!!
GIUSY FINESTRONE
Accetto il regolamento
sezione B
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Frammenti da UNA VITA SENZA. Quotidiana resilienza. Una provocatoria libertà in cerca di scrittura. Libro e Ebook. P. E. R. O ‘Progetti Editoriali Realizzati Onestamente a cura di Giovanni Tommasini
……
Non erano riusciti a capire il misto assunto.
Tutte insieme.
In un bicchiere, tutta la famiglia sciolta nell’acqua.
Ora in lui.
Il cassetto delle medicine aperto, ogni confezione vuota..
E niente più.
Disteso tra il lavandino e la vasca da bagno.
Pallido, magrissimo, abbracciato ad un diario.
Le sue braccia, ancora vive, lo difendevano, stringevano, in loro era rimasta energia, non riuscirono facilmente a togliere quelle pagine dalle sue mani.
“E’ scivolato”.
Ai soccorritori dissero così.
I genitori, che indicarono il corridoio, la porta in fondo
Chiusa.
Da dentro.
Impronte di calci e pugni sul pannello esterno.
Respirava ancora.
Qualche parola ogni tanto.
Uscendo dal portone le braccia si sciolsero, lasciandosi andare sino a toccare terra.
Il barelliere ripose il diario sul suo petto, il respiro si aprì in lunghi sospiri.
Le mani lo ripresero con sé.
Le sirene lo portarono in salvo.
….
Non so se, dopo aver finito di scrivere questo diario, riuscirò ancora a buttare quel bicchiere e tirare l’acqua.
Non so se avrò ancora voglia di vedere come sarebbe andata a finire. Chi alla fine diventerà il vincitore e chi il vinto. Chi la vittima, chi il carnefice e se ci sarà un salvatore.
Per ora, caro diario mio, posso scriverti che è andata sempre peggio perché non è vero che meno per meno fa più.
Ma prima voglio raccontarti come sono arrivato sino a qui, cercando tutte le parole per descrivere il mio inferno, sino all’ultima e poi non so che sarà di noi, di me e delle tue pagine.
Ma tu che stai leggendo questo diario ricorda che nessuno è riuscito a fare di meglio che così, la vita va da sé ed ognuno fa quel che può.
Io posso e voglio fare questo. Lasciare le mie parole su questi fogli bianchi che sono l’unica cosa pulita e vera che dalla mia nascita ho incontrato. L’unica accoglienza trovata.
Tutti hanno fatto ciò che per loro era meglio pensando lo fosse anche per l’altro. O lo vedi o lo spegni.
L’altro siamo noi.
Sezione A
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taglio di ferro
graffio alla pietra
sudore e sangue
al nome scolpito
a Spoon River non venite
a cercare
rovistare nella terra
becchini di una vita all’osso
a Spoon River
canta la civetta gracida la rana
sibila lingua di serpente
a Spoon River
dormo
finalmente
Antonio Rizzo
sez. B
accetto regolamento
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Mi piace tanto, mi scuote.
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Anton- Il pantheon del culto del cuore–
Nuvole, rose, steli d’ogni fiore
cadono le muse, venature chiare.
languido del vento, il tempo disilluso
fragile futuro, vespertino in raso.
Saturo di cielo, nasce l’asfodelo
dono del tuo cuore, stanco incanto appeso,
volto d’ogni vela, petalo parola,
dono d’ogni riva, nostalgia tardiva.
Come dall’incanto, dolce venatura
Diana nuda in marmo posa velleitaria,
acero di noce, cavalletto e voce
tatto d’un dipinto, Zefiro più spento
e rinasce l’alba, tramontata viola
volto d’un cadere leso sulla gloria,
filo che congiunge d’ogni alstro al cielo,
la mano sul sentiero, il sentimento al velo.
Corrono le spire d’una sera cara
nuda, velleitaria, effimera e più vera-
la fenice in fiamme, la giraffa spenta
l’acqua che trascende il gelo e la parvenza.
L’angolo del sole, persa l’emozione
satura di luce, attraversa il mare.
Effige d’ogni coda, la chimera accesa,
scolorisce e vuole una storia come spesa.
Quando posa il sole, desto nello stilo
la brezza come muove capitello liso,
svetta come e dove, il sandalo e Mercurio
arso smisto ai sogni,le scelta, il sogno fiso.
Verità tradotta, l’asta tende il drappo,
sfalbo, restio, cupo, capitello come sfatto,
il tempo muove vela, il filo della sera,
issare la bandiera, salpare desta venia,
la nenia d’ogni resa.
Mercurio caduce trascende
i sogni saturi, la mente,
volteggia nel suo mito,
aree mero paradiso,
la cadenza più scoscesa, dall’inferno al cielo.
Veltro cupo,
sereno culto intarsia,
l’apice trascende,
la libertà piu’ vasta.
accetto il regolamento- sezione B
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Ma che bella
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Grande Anton, fuori dal tempo
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Di cristallo
La donna di cristallo costringe la trasparente forma nella protetta fragilità della vetrina, esposta agli sguardi, nell’intoccabile spazio in cui non entra un fiore vivo o il pulviscolo attraversato da un pallido nastro di sole.
Trattiene la perfetta evanescenza del corpo, cesellato da valenti artigiani, nell’effimera azzurrità di una luce riflessa, senza vita, senz’acqua per la sua sete di immensità.
E già il tempo le assegna l’inamovibile ruolo icastico, consegnato per sempre ad una superficiale e statica visione, ad una esteriore bellezza priva di respiro; cosa tra le cose pietrificate dalla storia, trascorse in memorie non più fruibili.
Ma se qualcuno, per caso, aprisse la vetrina e dalla teca cadesse quella forma inerte;
se mille nuclei di stella, mille infinitesimali cristalli, risplendessero altrove sfuggiti all’immobile significato di vetro, in rigagnoli di lacrime che, in ruscelli, portano altre lucide pagliuzze fino al mare;
se disfacendo se stessa, la sua forma divenisse pensiero, nome, essenza;
se…
Se qualcuno potesse liberare un’idea, un sogno, risvegliare emozioni, raccogliere in un soffio vitale quei cristalli, dare loro una sostanza che viva.
Marisa Cossu
Sez. A- Accetto il regolamento.
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Com’è dolce
Com’è dolce lasciarsi trascinare
sull’onda dell’ignoto divenire,
come piccolo legno in mezzo al mare
lieve si culla prima di svanire.
Del futuro bruciare solo l’attimo
fuggente nel trascorrere del giorno
e lasciare la pena in fondo all’animo
nel sottosuolo di mistero adorno
che smemora la vita già accaduta,
le toglie il peso greve del timore,
ne allontana il possibile ritorno.
In altra solitudine vissuta
infine tace ogni parola intorno
e nel silenzio cade già il dolore.
Marisa Cossu
Sez. B- ( Accetto il regolamento)
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La star
Lo acclamano. È lui: l’artista. Anzi, l’Artista, con la A maiuscola. Così com’è sempre stato. Un attore apprezzato. Quanta gloria e quanta compiacenza! Davvero troppo, per un solo essere umano. LUI, si siede e ammicca un sorriso. Inclina la testa di lato: è benevolo. Ascolta, li sente parlare. Si pavoneggia contento. Finalmente lo hanno capito. Grande sarà la sua gloria nei secoli, già lo sente.
Il camerino abbozza, fra le piccole mura domestiche, con quella carta da parati ingiallita. Le gambe, rigide, lo seguono a stento, mentre tronfio l’uomo ruota sullo sgabello. Il cerone a lambire quel che l’età ha sciupato; un volto che a malapena riconosce se stesso.
Di fronte a sé, uno specchio. E nell’ombra, ad agire furtivo, “Ego”, il suo solo e ormai unico amico.
Cristina Biolcati
(Sez. A – Accetto il regolamento)
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Maestrale
Picchia freddo e insolente dove
spumeggiano piccoli marosi
Il mare verde cupo è inquieto.
Nero all’orizzonte tra bianchi cumuli
simili a bambagia gonfia di vento.
Sibilano suoni, sinfonie moto ondoso,
scorrono sulla pelle brividi anomali.
Ascolto, suadente mi dici: “fidati,
come l’uomo gioco capriccioso
osservando le emozioni amare
in un mondo… incompreso”.
(Sezione B – – accetto il regolamento)
Luisa Cagnass
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Andare avanti
Incespico
riluttante
sui ricordi smangiati
sulle memorie denutrite
dalla disabitudine alla cura.
Polvere sui cuori
ammuffiti
dal nulla
esacerbati
dalla cattiveria
insuperbiti
dalla noncuranza per gli altri.
Io smetto di sonnecchiare,
devo rispolverare
tutti i luoghi
in cui ho messo piede.
Prima di andare avanti.
Grazia Procino
Accetto il regolamento. Sezione B
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ED È ANCORA PRIMAVERA
Era Primavera,
ti ricordo tra le gialle fresie
e le bianche margherite
sorridere all’alba dei tuoi sedici anni.
Nei tuoi occhi s’accendeva
la dolcezza dell’innocenza
e nel tuo sguardo la purezza
della fanciulla che sognava
di camminare tra i sentieri della vita,
quella vita che avrebbe avuto dinanzi.
Ma nelle tue parole quel presagio
che stringevi forte tra le mani
con la tristezza di chi sente
che non sarebbe mai diventata grande.
Quante volte dicevi
che non era questo il tuo posto,
che non era questa la tua vita
e lasciavi che il tuo sguardo
si perdesse oltre l’orizzonte
a scorgere la strada per l’infinito.
Tu, dolce germoglio reciso,
strappato alla Terra appena fiorito
in un giorno d’inizio Aprile,
quando le rondini sorvolavano il cielo
e in un cerchio cullavano l’arcobaleno,
lo stesso che t’avrebbe condotto là,
verso quella pace che non è di chi resta,
ne di chi raccogliere lacrime di dolore.
O giovane amica cara,
tante Primavere sono passate da allora,
ma l’eco della tua voce solca ancora le onde del silenzio
e il tuo ricordo s’affaccia sempre sui miei giorni.
Ed è ancora Primavera
tra le colline della memoria,
dove vengo a cercarti ogni tanto
per far rivivere la nostra gioventù.
ANNA CAPPELLA
Sez. A
Accetto il regolamento
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CREDO QUIA ABSURDUM
I
Pallide ore sbriciolate in secondi
come grani di un rosario
tra i polpastrelli delle dita
allo scorrere di un fisso mistero,
che avvinto ad un credo traballante
s’inabissa sempre più nei fondali
di un devoto ego paralizzato
dal fumo degli irridenti valori.
La propria fede scheggiata
dall’illusoria immortalità
di un orgoglio che sale la china
nell’ombra rivelatrice del fatuo.
Schiavo si culla incurante
tra l’indifferenza di falsi piaceri
e si copre davanti alle vergogne
il viso ormai segnato dal peccato.
II
Non socchiude più le palpebre
per una preghiera fuori moda
che sfugge ad un Dio senza volto
ormai gettato nel dimenticatoio.
Smarrito nel caos della perdizione,
sorpreso dall’ingannevole idea
di un gioco che inchioda la vita
ad una finta croce di spine,
s’avvia verso quell’altare
senza riiconoscere la luce della salvezza,
perché non trova il sospirato paradiso
in una religione che più non consola.
III
Deluso, cerca insistentemente
una ragione per credere all’assurdo
nella veglia di una calma apparente
al congiungere del timor dell’Ignoto.
E quel bisogno di trovar la Verità,
impazientemente ticchetia nelle ore
in cui crede di vivere un sogno
dando nitor alle apparenti sembianze.
Allor si desta in una tempesta interiore,
dove irrompe saettante il dubbio
e fragile lotta continuamente
nell’errante vita di libero arbitrio.
IV
E cerca sprazzi d’innocenza
ancor preservati dentro sè,
per rubare quell’attimo al tempo
e fresche fonti di spensieratezza
di un equilibrio che si inarca
in passioni pulsanti di voluttà
e disperate corse verso l’effimero
nell’ebbro di un pensiero confuso.
Una trappola che sembra senza uscita
in una notte vigile sulla morte dell’anima,
che al mattino vede la resurrezione
di una sfinge a risalir le sabbie mobili
in una rinascita che replica l’assoluto
o l’onnipotenza che si domanda:
– Ma Dio dov’è?
Allorché, il nulla non consola
l’umana fede e l’assurdo credo.
Anna Cappella
Sez. B
Accetto il regolamento
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Esuli
Sputare sangue e camminare ancora
senza raggiungere mai l’alba, ora vedo
altri volti e schiene piegate che mi attorniano
come corpi in disfacimento e deliro
contando demoni viscidi che sferrano calci e scudisciate.
Qual è la mia terra dunque, dove posarmi stanco?
Stracci e coperte trasciniamo per coprire
le nostre disgraziate membra, e figli piangono
nella fuga, mammelle stanche e sterili
tremulano disperate e vuote, tra il fango e la croce del tempo.
Lontana la Siria, oppure non stiamo fuggendo?
Ogni stazione della croce qualcuno cade
e chiede l’acqua, ma il sentiero è arido e aspro,
la bocca si fa nera e le piaghe ci coprono.
Nessuna pietà per i deboli, campi sterminati
e fili spinati, è tornato il bianco e nero della Shoah
nessuno s’accorge di noi. Quale dio dobbiamo pregare,
ci stendiamo alfine, deboli e sporchi, dormiamo
ad occhi aperti e confidiamo ancora nell’esile respiro
che la vita ci regala… per quanto tempo?
Cataste di corpi inutili ai padroni della terra,
non portiamo oro incenso e mirra,
non abbiamo doni, solo le nostre membra inutili.
Non abbiamo la forza per cantare inni,
aspettiamo l’aurora maldestri, esuli dimenticati.
Emanuela Di Caprio
Accetto il regolamento, sezione A
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Piergigli Matteo accetto il regolamento
Rockford
L’odore di un dopobarba economico
sfiora la memoria.
Rivedo mio padre la mattina
lo specchio, la schiuma, il rasoio.
L’immagine svanisce
schiacciata dal peso dei ricordi
Resta solo l’odore
di te.
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LA LIBANESE (di Valentina Imperiu)
Il mio nome è Layla,
nata sunnita a Beirut.
Mangiavo nuvole e colori.
Sabbia rossa tra le mani
e piccole conchiglie di sale e felicità
i miei giochi.
Fino a quel giorno…
1982.
La morte si è chinata sui miei fratelli
e li ha fatti a pezzi.
Mia madre,
in ginocchio a raccoglierne i resti,
urlava il suo pianto per le strade.
Nessuna parola poté più fiorire nella piccola bocca,
solo il seme metallico della paura.
La follia dell’uomo ha sfregiato i nostri volti e
l’ieri si è schiantato al suolo col fragore delle bombe.
1983.
Ho 8 anni
e nell’anima strappata l’orrore di Damur e di Sabra e Shatila
mi vortica nel sangue come un veleno.
I miei si sono fatti esplodere di rabbia
e sono rimasta sola.
L’istituto,
in cui intrecciavo i capelli coi nastri sbiaditi dei ricordi,
era grigio e mannaro.
Sotto il cuscino
sogni ad occhi aperti,
che non stingevano all’alba.
Ho 14 anni,
parlano di Repubblica Libanese.
Il sole dovrebbe sorgermi dentro,
ma la saggezza del cedro non m’illude
e già so che sarà ancora inverno
con qualche goccia di sole
sulla neve stanca.
Mi chiamo Layla
e sono scura,
come la notte della mia terra.
(Sez. B – Accetto il regolamento)
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I pensieri si spandono
stretti alla notte infinita
dai tramonti ormai perduti
Ed entrano i profumi
nelle stanze tenebrose
dei gelsomini in fiore
Le ombre dei giardini
sanno d’estate e di susini
in cascate di foglie pendule
E appaiono fili di stelle
tra le mani silenziose
sopra chiare penombre
La casa vuota e buia
scandisce passi lenti
dai piedi scalzi e neri
E poi
resta il nulla dei segreti
tra l’erba e i sassi dei cortili
Beatrice Nioi
(sezione B – accetto il regolamento)
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Rivoglio la mia terra libera e selvaggia, moderatamente moderna, ragionevolmente accogliente, ma non sbragata. Via le industrie, poche fabbriche, turismo ragionato, artigianato, agricoltura, cultura, musica, arte…
Questa è la terra che voglio, densa di pietre e di ricordi, e di future meraviglie.
Non è un luogo preciso, che ti richiama ad essa, ma sono, più che altro, dei profumi, certe mescolanze di brezze assolate.
Quando ti inoltri per i sentieri solitari, senti che quello è il tuo posto, e non andresti mai via di lì.
Lontana dagli acciai delle industrie, che vomitano scorie notte e giorno, sebbene le alte montagne alpine, e le foreste intorno, tocchino il mio cuore con nostalgie pendenti, sento che questa è la mia terra.
Piccole, care, sensazioni d’abbandono, mi prendono ad ogni sguardo io volga verso le colline e le rocce immote.
Sono gli inverni grigi, dai freddi tardivi e le teorie di giorni sospesi verso la nuova estate…
Viviamo così, in attesa della stagione che ci ammalia, immersi in lunghe apnee crudeli come prigioni. E’ allora che s’affaccia la tentazione. D’andar via dai lunghi inverni informi. Andare là, dove la pioggia è pioggia, la neve è neve, il freddo è freddo. L’inverno, inverno.
E molti vanno, col pretesto del lavoro o dello studio, in cerca di rumori, di voci, di briosi andirivieni, perché l’estate non è per sempre. Il mare è tetro, la pioggia pigra, i luoghi, troppo solitari. Qui.
Fino alla prossima estate.
Beatrice Nioi
(sezione A – accetto il regolamento)
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Questo sogno ( onirica storia greco-romana )
Possono le ombre del passato risiedere nel pensiero dell’uomo moderno?
Un quesito quasi amletico che s’insinua nella mente quando , assorto, penso ai fasti dell’antichità.
Cammino a piedi nudi, lungo pianori e colli, panorami eccelsi si allargano all’orizzonte.
Statue greche, gradini millimetricamente assemblati da feconde menti matematiche ed artistiche.
Vivo il senso della storia, trafitto dalla beltà di un anfiteatro greco, sento voci di attori in procinto
di declamare versi, mescolati a rauchi fonemi di tragedie.
Vedo Eschilo a spasso con Aristofane, Socrate che tramanda concetti filosofici a Platone che gioca un po festoso con Aristotele.
Un film in bianco e nero, contornato da scene di caccia e immagini rupestri, busti di bronzo che inneggiano al fasto più convulso.
Bighe di gladiatori avanzano verso l’arena.
Vedo la morte e il sangue, greci e romani che danzano al suono di cetre e lire, sinuose ancelle coperte da vesti trasparenti.
Enea che fugge da Troia, Creusa col figlioletto al seno, Anchise morto di vecchiaia.
Osservo Roma in fiamme, Nerone ucciso dalla folla, Pompei coperta da lapilli, lupanari d’amori occasionali.
Vedo la storia negli occhi del domani e mi addormento.
Questo sogno profuma di saggezza!
SEZ.A Accetto il regolamento
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Nuove essenze
Inseguire il vento
nella corsa sfrenata
degli eventi,
amando parole che non dici
nell’esile languore del mattino.
Nutrirsi di molecole
e rimpianti
per non aver mai detto
ciò che sento
quando ti bacio frettoloso
andando via
nell’atrio illuminato del rimpianto.
Fuggo cosi’, senza un motivo,
lontano dai tuoi abbracci consistenti
vestito solamente d’apparenza
credendo di trovare la mia forza
fra braccia sconosciute
e nuove essenze.
Sezione B Accetto il regolamento
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Ho bisogno di parole
Parole calde
Parole avvolgenti
Ho bisogno di abbracci
di carezze
di pelle
Ma vorrei essere a volte un animale
Libero
Selvatico
E nutrirmi di istinto
di tatto
ed olfatto
Accoppiarmi sulla terra umida
fra le foglie
e il muschio odoroso
Leccare il frutto del mio ventre
e allattare al chiarore della luna
la mia numerosa prole
Correre libera
senza coscienza
Ululare alla luna
e inseguire il vento
fino all’ultimo battito del cuore
Flavia Novelli
Sezione B – accetto il regolamento
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Nel mio mondo nessuno è clandestino.
Sono alla ricerca dei nostri comuni progenitori.
Unico indizio: l’oblio.
Duemila anni fa Yeshua di Natzret
sembra non aver lasciato impronta.
Ancora oggi gli negano il permesso di soggiorno.
In nome della civiltà cristiana.
Zitto.
Solo il silenzio cura i difetti della parola.
“Ma noi, scappando dai luoghi degli schiavi
a mezzogiorno,
uomini liberi, siamo approdati in Sardegna
(terra di confino e pena).
Semi di vita e fiori di campo, accolti in aride zolle.
Sopravviviamo senza permesso, relegati ad metalla.
Ferro vecchio e scarti. “
(…nella produzione in serie
l’errore della macchina ridà unicità al pezzo.)
“Usiamo, senza affezionarci alle cose.
Ce ne fanno una colpa.
Rifiutati, accumuliamo rifiuti su rifiuti.
Abitiamo senza abituarci ai luoghi:
la condizione migliore per coglierne l’eccezionalità.”
Scintille che si mischiano alle stelle,
effimero ed immortale si confondono,
si ritorna bambini sotto il cielo più scuro.
“…se non diventerete di nuovo bambini…”
Oltre la luna,
la conquista dell’universo è possibile solo ai piccoli,
i più vicini alla terra.
E la povertà è il miglior mezzo di trasporto.
“Se non siete poveri cercate l’amicizia dei poveri.
E chiedete loro un passaggio. “
Nel mio mondo nessuno è clandestino.
D’altronde non so neanch’io se e quando
ho pagato il biglietto.
Vivo in un continuo dejà –vu.
Struggendomi per nostalgia del domani.
Accetto il regolamento Sezione B
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-LASCERÒ-
Lascerò stupendi tramonti
là
su quell’altura che guarda il mare!
Lascerò aurore e albe da sogno
là
dove soltanto s’accende la passione!
Lascerò inebrianti profumi
là
dove la natura ogni giorno
pare sperimenti il gioco dal suo nascere!
Lascerò ancora gli abbracci e i baci
lasciati cadere silenziosi su tappeti sognanti!
Che altro potrò lasciare …
Forse non lascerò altro che lacrime
per non aver capito che la vita
bisognava viverla ancora intensamente!
(Sez. B – Accetto il regolamento)
FRANCO MACCIONI
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JULIENE (LA MENZOGNA)
Che cos’è la felicità?
Per i miei fratelli che custodiscono il gregge, è di non trovarsi mai,
faccia a faccia, con un lupo affamato, potersi sdraiare all’ombra di una
quercia e srotolare il panno dove nostra madre ha posto un pezzo di
formaggio e del pane, quando c’è, dissetandosi con l’acqua del ruscello che scorre accanto. Per i miei genitori è giungere all’estrema perfezione, separando il corpo materiale dallo spirito, digiunando tre volte la settimana, evitando persino di sfiorarsi per paura di “cadere nel peccato”.
Che cos’è il peccato?
Da quando nostro padre ha conosciuto dei novizi di una nuova religione, …la nostra vita è mutata dall’oggi al domani.
Mutato è una parolona, dal mio punto di vista senza significato; moriamo di fame adesso come allora con la sola differenza che lo facciamo con il sorriso sulle labbra, felici nell’attesa della morte. Prima andavamo in chiesa regolarmente…
ora non lo facciamo più, recandoci in luoghi solitari dove, con altri nostri pari, preghiamo il “Pater Nostrum”, cosa cui siano obbligati per almeno quattro volte il giorno e quattro di notte, chiedendo di liberarci al più presto di queste spoglie “sataniche” e giungere finalmente accanto al Creatore.
Che cosa è la giustizia e dove risiede?
Il parroco del villaggio è una persona di ricca famiglia, …
e come tale, non ha perso l’abitudine di comandare, chiedendo
imperiosamente l’obolo a chi ha le tasche vuote, neppure fosse
una tassa, a suo dire, da utilizzare per “il bene della Chiesa”, oltre a
bestemmiare o derubare. Già; derubare. È così che mio padre definisce il suo ultimo comportamento, riuscendo a invalidare un testamento cui doveva essere beneficiaria una famiglia nostra conoscente, trasferendo la proprietà di un piccolo terreno ma molto fertile, prima alla Chiesa… Il ragazzo che attualmente lavora, suo malgrado, quel terreno è lo stesso che doveva esserne il padrone; spesso lo osservo dissodare o seminare controvoglia, bagnando le piante non solo con secchiate di acqua…ma anche con le proprie lacrime.
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Dall’inizio alla fine!
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